Società Canottieri Firenze – 21 giugno. “Racconti in volo sull’Arno”
Dalla Raccolta di poesie di R. Mosi “L’invasione degli storni”.
Scaletta del Recital e parti affidate a Carlo Monni
A) Presentazione del Recital (da parte di Carolina) partendo dalle parole di Italo Calvino da “Palomar” , “L’invasione degli storni”. Piero Mencarelli, flauto, suona “Habanera” di Ravel. Inizia dalla Raccolta di poesie, la Lettura della Trilogia, di richiamo dantesco: La Valle dell’Inferno. Si può immaginare che l’azione è ambientata nella Valle dell’Inferno presso Moscheta (Firenzuola).Inizio.
B) Prima parte affidata a Carlo Monni: Trilogia: I - Valle dell’Inferno
La cornacchia conta gli arrivi
li moltiplica per i numeri primi.
Ad ogni arrivo batte le ali
scrive il nome sulla lavagna.
Gracida contenta, mostra
le gore d’acqua putrida
abitate dal gracidio delle rane.
L’occhio del campanile
di Casetta di Tiara si affaccia
sopra i miasmi della valle.
La macchina cattura immagini
a misura dell’occhio digitale.
Il treno attraversa la galleria
nel pulsare delle vene d’acqua,
tremano le radici del bosco.
Il cervo scappa spaventato
sul fianco la ferita di uno sparo.
Il Gigante si scuote dal sonno
si alza vacillando in piedi
le mani alla fronte.
Un lampo illumina la Cupola
il boato squarcia la notte.
Il Palazzo è avvolto dal fumo,
giungono nubi di voci:
“La bomba!”, “Gli Uffizi!”
Il gigante maledice,
gli occhi caverne di fuoco.
La bocca schiuma di bava.
Trema la terra del prato,
si apre il labirinto, cado
come corpo morto cade.
[segue la lettura di 2 strofe da parte di Giulia, Roberto e Renato, per riprendere da parte di Monni]
La Ragione sposò il Progresso
si unì alla Giustizia Sociale
bambini rossi sono nati
sono cresciuti bambini rossi
dispersi dalle piene del fiume.
E’ strana la sera di Mosca
suona il carillon della Piazza,
“Mezzanotte a Mosca”, brilla
la stella rossa sul Cremlino,
vibrano bandiere rosse, rosse
al vento sulle mura, sventolano
all’aeroporto di Mosca.
S’illumina la stella rossa sopra
la Casa del Popolo all’Impruneta,
resiste al maglio della Storia.
Al capezzale della Storia
si spengono serate d’inverno
i vetri, una piaga rossa languente,
brillano ai raggi del tramonto.
Il profilo aguzzo s’illumina
traspare il cielo degli occhi
specchio di altre stagioni
dolciastro infuso di malinconia.
La corrente ha portato via la salma
ha disciolto il sapore della Storia
nel labirinto dei Nonluoghi.
C) Si conclude la Valle dell’Inferno, con lettura di 4 strofe da parte di Giulia, Roberto e Renato. Segue pezzo al flauto”Perorazione di Orfeo” di Gluck. Si passa alla “Via del Purgatorio” della Trilogia (mondo della sofferenza, immaginato in un ospedale). Dopo la lettura della prima strofa, Monni riprende con la strofa:
Il ragno si affaccia dal soffitto,
di notte tesse la tela.
Scende veloce per il filo,
osserva i pazienti distesi,
gli aghi infilati nelle vene.
Mi guarda con simpatia.
Risale svelto, scompare
oltre il tubo del riscaldamento.
L’aspetto, l’Attesa è lunga.
Penso ai tesori del ripostiglio
resti di mosche, di moscerini.
“Cosa si ricorderà di me,
del mio passaggio nella stanza?”
D) Conclusa Via del Purgatorio, si passa a “Nuovo Cinema Paradiso” sempre della Trilogia, si può immaginare ambientato in un cinema all’aperto – tipo il cinema del Dopolavoro Ferrovieri di via Paiesello – pieno dei “sogni” dei film. Dopo le prime 4 strofe, Monni legge (Gabriella, citata nella seconda strofa, rappresenta la “Beatrice” della Trilogia):
Le vie della città nel sole.
Evapora ogni angolo d’ombra
i ventilatori ronzano
intorno ad opachi pensieri.
Ragazzi disegnano spirali
sulle pareti del sottopasso,
lo sguardo di Marylin
il corpo di Jane Russel.
Un sassofono incanta
il cappello di monete.
E’ la tregua della sera, chitarre
si accordano con brezze leggere.
Apre Nuovo Cinema Paradiso,
ombre innamorate
vagano per l’acquario della città.
“Suona la mia canzone,
Sam. Come a quel tempo.”
Implora dallo schermo
lo sguardo innamorato
di Ingrid, vago il suo sorriso.
“Canta: As time goes by.”
Ripeto le sue parole,
seguo Gabriella nel film.
Sono alle spalle di Bogart
sulla pista dell’aeroporto,
sento le parole dell’addio.
La mia mano non stringe
Gabriella, la poltrona è vuota.
E) Finito con un’ultima strofa “Nuovo Cinema Paradiso”, il pezzo al flauto “Interlude” di Debussy; poi Carolina legge un breve estratto da”Storie della citta, dai non luoghi”.
Si passa alla parte finale: “Racconti del mito”, con cinque poesie finali. Monni interviene dopo le prime due poesie, con la poesia “Orfeo”, dedicata a Firenze:
Orfeo
Cerbero il gigante dalle teste
rotanti ha trafitto Firenze.
Nove chilometri di galleria.
La folla attende il treno in arrivo.
“Orfeo è alla guida del treno,
Euridice è vestita di bianco”.
Sospira una voce innamorata.
Nella città divisa dall’odio
la vita si è accesa.
Orfeo ha convinto tutti
a scendere all’inferno,
a gettare i simboli dell’odio
nelle voragini profonde
oltre il suono dell’eco.
“Il canto ci ha conquistati,
siamo scesi in fila indiana
seguendo il suono della voce”.
Paraventi per tramare nell’ombra,
ceste di retorica, simboli
della Chiesa trionfante,
insegne della massoneria.
Euridice è alla guida di Cerbero
la tuta bianca, l’elmetto sopra
i capelli biondi. Orfeo
s’innamorò al primo sguardo.
Implorò Ade di lasciarla salire.
“Uscirà alla fine dello scavo
quando passerà il primo treno”.
Orfeo ha distrutto, Orfeo
ha creato, il suo canto
ha scolpito Firenze.
Il centro è diventato periferia,
la periferia centro. In ogni
quartiere incontri
con i popoli del mondo.
Un boato scuote la terra,
un vortice acre di fumo.
Sul silenzio di gelo
le parole di Orfeo alla radio:
“I binari hanno ceduto.
Scendiamo sotto terra
per gettare altre scorie”.
Euridice è già al lavoro
i motori di Cerbero accesi.
La cornacchia conta gli arrivi
RispondiEliminali moltiplica per i numeri primi.
Ad ogni arrivo batte le ali
scrive il nome sulla lavagna.
Gracida contenta, mostra
le gore d’acqua putrida
abitate dal gracidio delle rane.
L’occhio del campanile
di Casetta di Tiara si affaccia
sopra i miasmi della valle.
La macchina cattura immagini
a misura dell’occhio digitale.
Il treno attraversa la galleria
nel pulsare delle vene d’acqua,
tremano le radici del bosco.
Il cervo scappa spaventato
sul fianco la ferita di uno sparo.
Il Gigante si scuote dal sonno
si alza vacillando in piedi
le mani alla fronte.
Un lampo illumina la Cupola
il boato squarcia la notte.
Il Palazzo è avvolto dal fumo,
giungono nubi di voci:
“La bomba!”, “Gli Uffizi!”
Il gigante maledice,
gli occhi caverne di fuoco.
La bocca schiuma di bava.
Trema la terra del prato,
si apre il labirinto, cado
come corpo morto cade.