lunedì 20 maggio 2024

Carlo Monni in "Racconti in volo sull' Arno", giugno 2011, Società Canottieri Firenze - Fantastico ricordo dell' INVASIONE DEGLI STORNI


 




Società Canottieri Firenze – 21 giugno. “Racconti in volo sull’Arno”

Dalla Raccolta di poesie  di R. Mosi “L’invasione degli storni”.

Scaletta del Recital e parti  affidate a Carlo Monni

A) Presentazione del Recital (da parte di Carolina) partendo dalle parole di Italo Calvino da “Palomar” , “L’invasione degli storni”.  Piero Mencarelli, flauto, suona “Habanera” di Ravel. Inizia dalla Raccolta di poesie, la Lettura della Trilogia, di richiamo dantesco: La Valle dell’Inferno. Si può immaginare che l’azione è ambientata nella Valle dell’Inferno presso Moscheta (Firenzuola).Inizio.

B)  Prima parte affidata a Carlo Monni  Trilogia:    I - Valle dell’Inferno

La cornacchia conta gli arrivi

li moltiplica per i numeri primi.

Ad ogni arrivo batte le ali

scrive il nome sulla lavagna.

Gracida contenta, mostra

le gore d’acqua putrida

abitate dal gracidio delle rane.

L’occhio del campanile

di Casetta di Tiara si affaccia

sopra i miasmi della valle.

La macchina cattura immagini

a misura dell’occhio digitale.

Il treno attraversa la galleria

nel pulsare delle vene d’acqua,

tremano le radici del bosco.

Il cervo scappa spaventato

sul fianco la ferita di uno sparo.

 

Il Gigante si scuote dal sonno

si alza vacillando in piedi

le mani alla fronte.

Un lampo illumina la Cupola

il boato squarcia la notte.

Il Palazzo è avvolto dal fumo,

giungono nubi di voci:

“La bomba!”, “Gli Uffizi!”

Il gigante maledice,

gli occhi caverne di fuoco.

La bocca schiuma di bava.

Trema la terra del prato,

si apre il labirinto, cado

come corpo morto cade.

[segue la lettura di 2 strofe da parte di Giulia, Roberto e Renato, per riprendere da parte di Monni]

 


La Ragione sposò il Progresso

si unì alla Giustizia Sociale

bambini rossi sono nati

sono cresciuti bambini rossi

dispersi dalle piene del fiume.

E’ strana la sera di Mosca

suona il carillon della Piazza,

“Mezzanotte a Mosca”, brilla

la stella rossa sul Cremlino,

vibrano bandiere rosse, rosse

al vento sulle mura, sventolano

all’aeroporto di Mosca.

S’illumina la stella rossa sopra

la Casa del Popolo all’Impruneta,

resiste al maglio della Storia.

 

Al capezzale della Storia

si spengono serate d’inverno

i vetri, una piaga rossa languente,

brillano ai raggi del tramonto.

Il profilo aguzzo s’illumina

traspare il cielo degli occhi

specchio di altre stagioni

dolciastro infuso di malinconia.

La corrente ha portato via la salma

ha disciolto il sapore della Storia

nel labirinto dei Nonluoghi.

 



C) Si conclude la Valle dell’Inferno, con lettura di 4 strofe da parte di Giulia, Roberto e Renato. Segue pezzo al flauto”Perorazione di Orfeo”  di Gluck. Si passa alla “Via del Purgatorio” della Trilogia (mondo della sofferenza, immaginato in un ospedale). Dopo la lettura della prima strofa, Monni riprende con la strofa:

Il ragno si affaccia dal soffitto,

di notte tesse la tela.

Scende veloce per il filo,

osserva i pazienti distesi,

gli aghi infilati nelle vene.

Mi guarda con simpatia.

Risale svelto, scompare

oltre il tubo del riscaldamento.

L’aspetto, l’Attesa è lunga.

Penso ai tesori del ripostiglio

resti di mosche, di moscerini.

“Cosa si ricorderà di me,

del mio passaggio nella stanza?”

 


D) Conclusa Via del Purgatorio, si passa a “Nuovo Cinema Paradiso” sempre della Trilogia, si può immaginare ambientato in un cinema all’aperto – tipo il cinema del Dopolavoro Ferrovieri di via Paiesello – pieno dei “sogni” dei film. Dopo le prime 4 strofe, Monni legge (Gabriella, citata nella seconda strofa, rappresenta la “Beatrice” della Trilogia):

 

 

Le vie della città nel sole.

Evapora ogni angolo d’ombra

i ventilatori ronzano

intorno ad opachi pensieri.

Ragazzi disegnano spirali

sulle pareti del sottopasso,

lo sguardo di Marylin

il corpo di Jane Russel.

Un sassofono incanta

il cappello di monete.

E’ la tregua della sera, chitarre

si accordano con brezze leggere.

Apre Nuovo Cinema Paradiso,

ombre innamorate

vagano per l’acquario della città.

“Suona la mia canzone,

Sam. Come a quel tempo.”

Implora dallo schermo

lo sguardo innamorato

di Ingrid, vago il suo sorriso.

“Canta: As time goes by.”

Ripeto le sue parole,

seguo Gabriella nel film.

Sono alle spalle di Bogart

sulla pista dell’aeroporto,

sento le parole dell’addio.

La mia mano non stringe

Gabriella, la poltrona è vuota.

 


 

E) Finito con un’ultima strofa “Nuovo Cinema Paradiso”, il pezzo al flauto “Interlude” di Debussy; poi Carolina legge un breve estratto da”Storie della citta, dai non luoghi”.

Si passa alla parte finale: “Racconti del mito”, con cinque poesie finali. Monni interviene dopo le prime due poesie, con la poesia “Orfeo”, dedicata a Firenze:

 


 

Orfeo

 

Cerbero il gigante dalle teste

rotanti ha trafitto Firenze.

Nove chilometri di galleria.

La folla attende il treno in arrivo.

“Orfeo è alla guida del treno,

Euridice è vestita di bianco”.

Sospira una voce innamorata.

 

Nella città divisa dall’odio

la vita si è accesa.

Orfeo ha convinto tutti

a scendere all’inferno,

a gettare i simboli dell’odio

nelle voragini profonde

oltre il suono dell’eco.

 

“Il canto ci ha conquistati,

siamo scesi in fila indiana

seguendo il suono della voce”.

Paraventi per tramare nell’ombra,

ceste di retorica, simboli

della Chiesa trionfante,

insegne della massoneria.

 

Euridice è alla guida di Cerbero

la tuta bianca, l’elmetto sopra

i capelli biondi. Orfeo

s’innamorò al primo sguardo.

Implorò Ade di lasciarla salire.

“Uscirà alla fine dello scavo

quando passerà il primo treno”.

 

 

Orfeo ha distrutto, Orfeo

ha creato, il suo canto

ha scolpito Firenze.

Il centro è diventato periferia,

la periferia centro. In ogni

quartiere incontri

con i popoli del mondo.

 

Un boato scuote la terra,

un vortice acre di fumo.

Sul silenzio di gelo

le parole di Orfeo alla radio:

“I binari hanno ceduto.

Scendiamo sotto terra

per gettare altre scorie”.

 

Euridice è già al lavoro

i motori di Cerbero accesi.


Link e-book L'invasione degli storni, LaRecherche


1 commento:

  1. La cornacchia conta gli arrivi

    li moltiplica per i numeri primi.

    Ad ogni arrivo batte le ali

    scrive il nome sulla lavagna.

    Gracida contenta, mostra

    le gore d’acqua putrida

    abitate dal gracidio delle rane.

    L’occhio del campanile

    di Casetta di Tiara si affaccia

    sopra i miasmi della valle.

    La macchina cattura immagini

    a misura dell’occhio digitale.

    Il treno attraversa la galleria

    nel pulsare delle vene d’acqua,

    tremano le radici del bosco.

    Il cervo scappa spaventato

    sul fianco la ferita di uno sparo.



    Il Gigante si scuote dal sonno

    si alza vacillando in piedi

    le mani alla fronte.

    Un lampo illumina la Cupola

    il boato squarcia la notte.

    Il Palazzo è avvolto dal fumo,

    giungono nubi di voci:

    “La bomba!”, “Gli Uffizi!”

    Il gigante maledice,

    gli occhi caverne di fuoco.

    La bocca schiuma di bava.

    Trema la terra del prato,

    si apre il labirinto, cado

    come corpo morto cade.

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