mercoledì 16 marzo 2016

Il canto in ottava rima di Renato Simoni per "Florentia", Gazebo - Recensione di Franca Alaimo

Renato Simoni

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Recensione di Franca Alaimo

 Franca Alaimo - 04/06/2012 21:04:00 leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

La poesia di Roberto Mosi ha la bellezza senza tentennamenti dell’adesione totale e sincera alla materia cantata, che è, direi, un secolo di storia, osservato da quel luogo geografico privilegiato che è Firenze, cardine essenziale nelle vicende storico- sociali e culturali della nostra penisola, amata con lo slancio di chi vi ha trascorso un ormai lungo periodo di vita.
Roberto Mosi ama parlare dei luoghi, in questo caso la città di Firenze, in quanto in essi si stratificano eventi di cui, a volte, restano testimonianze concrete, altre volte, soltanto memorie individuali e/o collettive.
Così, sfogliando le pagine di questo bel libro, rivivono eventi e persone e gesti tratteggiati con viva sobrietà e garbo e, spesso, anche con animo commosso.
La stratificazione storica permette al poeta di creare legami reali o immaginari, come accade in quel testo originalissimo qual è Via Larga, in cui il corteo dei Magi, raffigurato in un affresco, lascia la cappella e "appare nella via", mescolandosi alla vita degli uomini a noi contemporanei, che sembrano costruire per essi un nuovo presepe di angeli, pastori, ma anche tassisti, cuochi e lavavetri ( come dire che la società è sempre caratterizzata dal divario fra potenti ed umili). A tutti i deboli, infatti, egli rivolge uno sguardo partecipe, e in particolare agli extracomunitari che vivono negli stessi luoghi ma non hanno né benessere né memorie e tuttavia costituiscono il nuovo tessuto sociale della città.
Roberto Mosi tiene così fede alla sua poetica che crede nella "poesia civile, di denuncia, di richiamo a principi" altamenti etici.
Rispetto all’edizione del 2008 che possiedo, questa appare arricchita da bellissime, esatte, ed altrettanto poetiche fotografie che rivelano un’altra qualità artistica dell’autore.

Canto in ottava rima di Renato Simoni

Florentia
(Canzone in ottava rima alla Casa di Dante - Link1, link2)

  
Sei, Firenze, la mia città natale,
oppur Florentia, per gloriosa altezza,
che al mondo hai sciolto il nodo universale
dei parametri d’umana bellezza.
In veste di cittadino globale
rifletto, sulla via della vecchiezza,
certo che la mia anima ha arricchita
viver tra le tue mura la mia vita.

D’ingegno umano la vista è nutrita
in mezzo ai monumenti ed ai decori,
negli interni la volontà è rapita
negli affreschi dai vividi colori.
Non s’è ricchezza nel tempo smarrita
e son raccolti nei musei i tesori
che alla cittadinanza fiorentina
affidò l’Elettrice Palatina.

Il centro storico è una vetrina,
ma appena fuori, in periferia,
degrada la città a una latrina,
è un caos con i lavori alla tramvia.
Non-luoghi, inquinamento e diossina,
solo il Mosi sa trarne la poesia:.
dietro sbarre, transenne e reti rotte
è un’avventura anche per don Chisciotte.

Svegliatosi dai sogni della notte,
senza paura è in movimento,
ad affrontar s’accinge dure lotte:
sono le gru i suoi mulini a vento.
S’aggira per le strade malridotte
in mezzo alle colate di cemento
pensando alla dama sua diletta,
per Ronzinante ha la bicicletta.

Chissà se qui si muove la mazzetta?
Una risposta mi darà il Giullare?
Forse il Tarocco ne scopre la ricetta,
non vedo mai nessuno a lavorare.
Tutto è sossopra, vige l’usa e getta,
si confonde la mente a ricordare;
di vederne rifatta la sembianza
son vecchio, ahimé non nutro più speranza.

Per ritrovare un tocco d’eleganza
serve del Mosi l’immaginazione,
umanità cercando con costanza,
ma sono manichini, non persone,
mentre attorno muove la transumanza:
folle d’altre città, d’ogni nazione.
L’unico scampo che mi sia concesso
è entrar delle vetrine nel riflesso.

Ma senza specchio concavo o convesso
Una risorsa viene da lontano:
le figure che vedo ovunque appresso
son di pietra ma hanno un soffio umano
pari a lor sento d’essere io stesso,
questo mio palpitar non paia strano:
d’Umanesimo qui è soffiato il vento
nuova Creazione, il Rinascimento.

Da allora grande è stato il cambiamento:
quelli c’hanno lasciato il Tondo Doni,
altro è lo status symbol del momento,
questi intasan le vie con i gipponi.
Però forte io porto il sentimento
d’aver trascorso qui belle stagioni.
Sono felice e ringrazio il destino
d’avermi fatto nascer fiorentino.
                                                                      
Da voi con poche rime mi commiato,
son stato bene in vostra compagnia,
mi scuso se vi ho forse annoiato
ma è tutto quello che ho di fantasia .
Un’ora bella insieme abbiam passato
fra pittura, poesia e fotografia,
v’invito a unirvi a me con calorosi
sinceri omaggi a Roberto Mosi.

           Renato Simoni, 2 marzo 2016


Roberto Mosi e Renato Simoni