lunedì 23 agosto 2021

Il Golfo di Baratti nel 900: Mostra di fotografie

 


Di notevole interesse la Mostra fotografica Baratti 900. Paesaggi dagli archivi, aperta a Piombino presso il Museo archeologico del Territorio di Populonia, che ho visitato nel periodo di Ferragosto. Il Catalogo ricorda che Baratti conserva “una memoria che brilla nella sua sabbia ricca di ematite, il minerale per produrre il ferro degli Etruschi, negli straordinari resti archeologici conservati nel Parco, nella sua natura rasserenante e indomita.”




    La Mostra illustra quattro temi, Ambiente e paesaggio agrario, Paesaggio Minerario, Paesaggio balneare e Paesaggio Ieri e Oggi, collocati lungo il percorso museale a creare dei collegamenti con i periodi storici illustrati e i reperti esposti, raccontati da 150 fotografie: gli scatti provengono da vari archivi privati.

È particolarmente coinvolgente soffermarsi sui vari particolari della Mostra, di particolare significato per chi è incantato dalla storia e dalla bellezza di questo territorio, come le immagini sul passaggio dalla Caffè-Society al turismo di massa, sulla stagione del Club Mediterranée; le scene del recupero industriale delle scorie ferrose; la Casa dei Pescatori e la prima scuola; le immagini della Transumanza e dell’ultimo “pastore di Baratti”.



Da parte mia ho ritrovato diverse tracce della “lettura” che ho svolto nella mia ricerca poetica, riportata nella Raccolta “Concerto per Baratti” (Roberto Mosi, Poesie 2009 – 2016, Ladolfi Ed.): un primo accenno, ad esempio, al turismo di massa di oggi:



1. La fonte di San Cerbone

 

Chi non beve alla fonte di San Cerbone

è un ladro o un birbone!

Detto popolare della Maremma

I.

La fonte fluisce perenne

l’onda del mare attende

moto sinuoso fluente

assorbe materna la espelle

un parto un nascituro.

 

Il rivolo d’acqua invade

i forni fusori emersi

i ricordi della fusione

i fuochi sempre accesi

di un popolo nero di fumo.

 

Brillano al sole d’argento

gli antichi cumuli fusi

il corpo di nubi di fumo

fino ai resti del porto

per le navi dall’Elba.

 

Rivoli di folla a frotte

giungono da Piombino

incoronata di fiamme

scendono sulla spiaggia

borse di frigo in spalla.

 

A branchi irsuti cinghiali

scendono a notte dal bosco

le setole di lucido argento

grufolano si crogiolano

nell’acqua perenne di fonte.

 

Fra le foto, quelle di barche di pescatori arrivate nel golfo di Baratti per la pesca dei tonni e quelle dei primi matrimoni con ragazze del posto:

 

III.

La fonte canta Flora

l’amore del pescatore:

La notte di plenilunio

a maggio portate con voi

mazzi di fiori colorati.”

 

Gigli bianchi gettate

per la candida pelle

gerbere per l’azzurro

degli occhi margherite

per i sogni di fanciulla.”

 

Giunse la mattina presto

la brocca sulla testa

porse l’acqua al pescatore

sceso a terra dalla barca

per dissetarsi alla fonte.

 

Spargete rose rosse

per la fiamma d’amore

violette per l’attesa

non–ti–scordare-di-me

per l’abbraccio delle onde.”

 

Le onde tremule del mare

fasciano il corpo di Flora

formano un cerchio di fiori

una lenta processione

dolce il canto della fonte.

 

 

Sorprendente ancora la serie delle fotografie dell’“ultimo pastore di Baratti” e la storia della transumanza che nel territorio della val di Cornia vedeva uno dei punti di arrivo delle migrazioni stagionali, dal Casentino e dalla Toscana centrale:





 

III.

Il suono del campanaccio

rompe la voce della sorgente

l’agnellone in festa guida

la processione di cani

pastori pecore e cavalli.

 

Un incessante belare

la vasca punto d’arrivo

di dieci giorni di marcia

crinali valli e pianori

dai monti del Casentino.

 

A fianco della palude

il villaggio di capanne

riparo per nove mesi

recinto di pecore e cavalli

fuochi per il formaggio.

 

Ogni pastore quaranta

pecore per il pascolo

il tempo una gora ferma

solitudine freddo

in attesa del maggio.

 

La clessidra si rovescia

per lo spazio di tre mesi

la solitudine svanisce

a settembre sarà tempo

per il ritorno alla sorgente.

 

 

Non rimane infine che soffermarci al Museo Archeologico di Piombino, davanti alla meravigliosa Anfora d’argento di Antiochia e ascoltare dalla voce della poesia, la storia del ritrovamento davanti alla spiaggia del Pozzino nel golfo di Baratti, alcuni anni orsono, davanti a quei terreni raggiunti dai pastori della transumanza:


 

III.

Alla spiaggia del Pozzino

il pescatore di Livorno

trovò nelle reti l’Anfora

d’argento di Antiochia”

il mormorio della sorgente.

 

Cibele Mitra e gli dei

dell’Olimpo incisi a sbalzo

tornano in vita invitano

all’incontro con il divino

ai segni dell’immortalità.

 

Sul fianco dell’Anfora

i mesi le stagioni le parti

del mondo Dioniso conduce

la danza tra Satiro e Arianna

seguaci dalle pelli ferine.

 

Musica coppe di vino

conquista dell’estasi

uomini partecipano

ai riti iniziati ai misteri

aspirano all’immortalità.

 

Si rompe la linea del tempo

nella circolarità del rito

ruota l’Anfora d’Antiochia

mostra l’incontro di Amore

e Psiche illumina la sorgente.

 

E noi ancora presi dagli affanni della nostra difficile epoca, siamo grati ai curatori della Mostra Baratti 900, una bella iniziativa che, attraverso le immagini del secolo passato, ci avvicina alla riconquista del mondo dei miti.




 

 

 

 


giovedì 19 agosto 2021

Venere Euploia sull'Acropoli di Populonia, nel golfo di Baratti, protettrice dei marinai

 



A Baratti la Venere Euploia, protettrice dei marinai

Anche per il Ferragosto di questo anno sono tornato a Baratti e a Populonia, la città etrusco-romana che sovrasta il golfo. Alla bellezza del paesaggio che sempre incanta, si unisce l’interesse per la ricerca storico-archeologica che procede con successo da tanti anni; è un aspetto tipico di questo territorio che i risultati degli scavi vengano in un tempo ragionevolmente breve, resi fruibili per i visitatori.



Di particolare interesse le ultime scoperte che mostrano come la Populonia del tempo dei Romani fosse sotto la protezione di Venere Euploia, venerata dai marinai per la buona navigazione (euploia).


Entriamo nel Parco Archeologico di Populonia, sull’altura davanti al Castello dove si trova l’Acropoli con gli edifici sacri e le case, protetta da una potente cinta di mura. Quando la città passò sotto l’influenza dei Romani negli ultimi tre secoli a. C. la sistemazione dell’acropoli fu profondamente trasformata. Impressiona uno dei luoghi nel quale si sta oggi scavando con particolare alacrità, sulla terrazza delle Logge, sorretta dal basso da imponenti arcate cieche, segni imponenti che nel tempo hanno fatto galoppare la fantasia dei visitatori, che pensavano ad un anfiteatro o a una lussuosa villa, o a strutture termali … 

Con gli scavi recenti degli archeologi sono emersi nello spazio sulla terrazza le strutture di un ninfeo, una fontana monumentale in cui erano riprodotte artificialmente le grotte sacre alle Ninfe. “In origine, le pareti del ninfeo erano ornate con concrezioni calcaree, mentre un mosaico marino, popolato di guizzanti pesci e insoliti molluschi, decorava il pavimento su cui doveva


scorrere l’acqua, con un effetto illusionistico di grande suggestione. Molti indizi suggeriscono che sulle Logge vi fosse il culto di Venere
Euploia, protettrice della buona navigazione. Il principale è la scena di naufragio rappresentata sul mosaico marino: una barca con tre uomini a bordo sta per essere travolta da una grande onda. I marinai alzano le braccia al cielo invocando un intervento divino. Non è immediato vedere la scena nella sua interezza, poiché è capovolta rispetto al punto di vista dell’osservatore. E non è facile capire a chi i marinai stiano invocando le proprie disperate preghiere. Intorno a loro, dei placidi pesci e un mollusco.” 

Il mosaico nasconde un enigma? A un occhio attento, non sfuggirà che il mollusco vicino ai naviganti è diverso dagli altri rappresentati sul mosaico: ruotando la raffigurazione, esso assume le sembianze di una colomba. In antico, il volatile era sacro a Venere e la conchiglia ricorreva nell’iconografia della dea, come allusione al sesso femminile. Il mollusco- colomba potrebbe dunque essere la rappresentazione della dea, giunta in soccorso ai marinai. L’ipotesi che il mosaico sia un ex voto donato alla dea per uno scampato naufragio non è solo affascinante, diventa convincente.” (Dal Blog Invasioni digitali, Marianna Marcucci) 

Accanto al ninfeo, vi era un balneum, un edificio termale pubblico, costruito intorno al 100 a.C., ancora in corso di scavo. Ne vediamo il calidarium, la stanza per il bagno caldo, con piccole nicchie portaoggetti sulle pareti, che ancora conservano l’intonaco. Il calore arrivava da un forno posto nell’ambiente adiacente.

L’Università di Siena sta operando in questa zona e in tempi brevi è attesa una pubblicazione sui risultati di queste ricerche, il confronto con altri luoghi nel mar Mediterraneo dedicati a Venere, un primo quadro di ipotesi sulla vita nel tempio sull’Acropoli di Populonia, il rapporto con la città e la regione, con gli stranieri, la prostituzione sacra, ecc.



L’archeologia è, dunque, un soggetto protagonista in questa area sulla Costa Etrusca con la partecipazione di alcune università italiane e straniere, della Soprintendenza Archeologica della Toscana, la presenza attiva e fattiva dei Parchi della Val di Cornia, che viene incontro a l’interesse diffuso di un largo pubblico di visitatori. Gli interventi sono numerosi, è frequente incontrare giovani archeologi impegnati nelle ricerche, dalla necropoli di San Cerbone a Venturina, presso la via Aurelia, alla stessa spiaggia del golfo di Baratti, sotto gli occhi meravigliati dei bagnanti. 

Si può parlare dunque di lavori continuamente in corso, sotto lo sguardo “amorevole” di Venere Euploia, dall’alto dell’Acropoli, che rivelano i molti volti della storia, del mito di Populonia e del golfo di Baratti, difendono e trasmettono un patrimonio unico per la cultura della nostra società.

Da parte nostra cerchiamo di seguire i passaggi di questa continua ricerca con la lingua della poesia, che abbiamo affidato, fra l’altro, alle Raccolte Navicello Etrusco (Il Foglio), Poesie 2009 -2016 (Ladolfi), Concerto (Gazebo), Sinfonia per Populonia (E-book: https://www.larecherche.it/librolibero_ebook.asp?Id=133), Mito (https://www.larecherche.it/librolibero_ebook.asp?Id=168), Golfo di Baratti. Poesia e misteri (http://www.literary.it/autori/dati/mosi_rob/img/Golfo%20di%20Baratti%201.pdf ). 


In maniera simmetrica alla poesia, abbiamo composto video intorno al fascino di Populonia e del golo di Baatti: Navicello Etrusco ( https://www.youtube.com/watch?v=BSyTBlbCP2U&list=PLKs0dokJPvpjRmTI67DjY7a_uDzyC9NEF ), Visita al Parco Archeologico di Populonia ( https://www.youtube.com/watch?v=vBvm3lofbvk&list=PLKs0dokJPvpjRmTI67DjY7a_uDzyC9NEF&index=26&t=156s ), Il viaggio del Navicello Etrusco ( https://www.youtube.com/watch?v=7d3gWDeXr1w&t=15s ), EcoPoesia al tramonto su Baratti ( https://www.youtube.com/watch?v=EauSz4A1hs0&list=PLKs0dokJPvpjRmTI67DjY7a_uDzyC9NEF&index=36&t=25s ), Roberto Mosi Poesie 2009 – 2016 ( https://www.youtube.com/watch?v=FuSecM_Ox8E&t=3s ). 


Proponiamo i versi della Raccolta Golfo di Baratti. Poesia e misteri che “narrano” l’immagine del naufragio e dell’invocazione dei marinai a Venere Euploia, che ha preso le sembianze di una colomba.


  Per Venere Euploia

(della buona navigazione)

I.

Mi tuffo liquido silenzio

bolle d’aria salgono in alto
schiuma bianca mi avvolge
brividi freddi sul corpo
la maschera appannata.

Scendo rapido verso il fondo
alla ricerca delle mie origini
un suono batte all’orecchio
dolore forte sempre più forte
l’ombra guizzante mi segue.

Attraverso acqua fangosa
invasa da fantastiche figure
in fuga dai racconti del mito
dalle pagine delle mie poesie
percorse da mitiche figure.

Scendo nella luce calda
riflessi del mosaico
delle Logge romane
pesciversi suoni
generati dalla melodia.

Guizzano sirene e delfini
calamari gattucci granchi
intorno al marmo scolpito
due serpi in amore
gorgoglia la voce della risorgiva.

II.
L’onda travolge
la nave, naufragio
al centro del mosaico,
invocano i marinai

Venere Euploia.

Il ribollire della risorgiva
mi porta ricordi di venti
in furia sulla terra
di mari in tempesta
la bocca di acqua salata.

Non riemerge
è affogato!”
Sulla spiaggia di fuoco
il polmone d’acciaio
la folla della domenica.

Si sciolgono neri ricordi
rossi fardelli investiti
dal respiro della morte.
“E’ trascinato sul fondo
si aggrappa allo scoglio”.

Le onde giocano
con le mie forze foschia
una fiaccola dal mare
bolle di versi in memoria
delle storie della risorgiva.

III.
Getto i pesi di piombo
risalgo verso l’alto
in traccia del futuro
la luce verde sconfina
nell’azzurro del cielo.

L’ombra della sirena
mi segue capelli verdi
pescedonna sfuggente
movimento mutevole
pieno rotondo fluido.

Vertigine dell’ascesa
un danzare incessante
conquista e abbandono
muore il passato
nasce il domani.

L’acqua essere fluido
si trasforma
nel ciclo dell’eterno
il freddo si riscalda
il caldo si raffredda.

Non rimarrò lontano
dalla verde sirena
getterò versi ornati
di rose per la voce
d’aria della sorgente.









giovedì 5 agosto 2021

Giuseppe Poggi e il riconoscimento dell'Unesco per l'area del Piazzale Michelangelo - La proposta dalla Raccolta "Promethéus. Il dono del fuoco"

 


A Firenze l’area di San Miniato è Patrimonio dell’Umanità

     La Basilica di San Miniato, insieme al piazzale Michelangelo e le Rampe sono ora Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco: il 28 luglio 2021 è arrivata la conferma di questo riconoscimento dopo che, nello scorso giugno, la richiesta avanzata dal Comune era stata valutata positivamente da ICOMOS International, organo consultivo dell’Unesco.



Il Centro Storico di Firenze è sito Patrimonio Mondiale Unesco dal 17 dicembre 1982. Nella Dichiarazione di Eccezionale Valore Universale, quest’area veniva definita «una realizzazione artistica unica nel suo genere, un capolavoro d’opera, il risultato di una continua creazione protrattasi per oltre sei secoli» in grado di esercitare «una influenza predominante sullo sviluppo architettonico e delle arti monumentali prima in Italia e poi in Europa», che conserva ancora «antiche strade intatte, palazzi fortificati logge, fontane, un meraviglioso ponte risalente al quattordicesimo secolo».



Già nel 2019, in occasione del Millenario dell’Abbazia San Miniato al Monte, era stato evidenziato che, al momento dell’iscrizione della città alla Lista del Patrimonio Mondiale, l’Abbazia di San Miniato era stata citata esplicitamente quale bene che aveva contribuito all’eccezionale valore universale del sito, sebbene poi non fosse stata inclusa all’interno della perimetrazione.


Nella nuova area Unesco, viene compreso dunque il Parco della Rimembranza, luogo di celebrazione della cultura della pace e di memoria della Grande Guerra, il Giardino delle Rose e quello dell’Iris, la Chiesa di San Salvatore al Monte, il sistema delle Rampe con la terrazza panoramica di Piazzale Michelangelo e i Viali realizzati su progetto di Giuseppe Poggi in occasione di Firenze Capitale. 



La basilica abbaziale di San Miniato è uno dei luoghi iconici della città ed è un capolavoro del romanico fiorentino. Fu costruita nel 1018 dai benedettini, poi sostituiti dagli Olivetani che tuttora la abitano. Il Piazzale Michelangelo, il più famoso punto di osservazione del panorama fiorentino è tappa obbligata di ogni turista. Fu realizzato dal 1869 da Giuseppe Poggi a completamento dei lavori di riqualificazione della riva sinistra dell'Arno. Il Giardino dell’Iris e il Giardino delle Rose: ubicati rispettivamente sul lato destro e sinistro del Piazzale Michelangelo, sono due meravigliosi parchi che offrono vedute sulla città e ospitano piante rare.  



Le Rampe è un insieme recentemente restaurato, di viali, verde pubblico, fontane e grotte digradanti, costruite dal Poggi per consolidare la collina sotto il Piazzale. Il Parco della Rimembranza, fu realizzato nel 1927 per riunire in uno solo spazio i parchi sorti dopo la Prima guerra mondiale e vi furono piantati tremila cipressi e lecci a ricordare i tremila caduti fiorentini.




Nei commenti di questi giorni intorno alla decisione dell’Unesco, non si richiama, credo, a sufficienza quello che fu il merito dell’architetto Giuseppe Poggi nel determinare una nuova fisionomia paesaggistica in riva sinistra dell’Arno, nell’area appunto di San Miniato, “nei decenni centrali dell’800, nel consolidamento e potenziamento di una delle componenti più importanti nella definizione del primato di città d’arte acquisito da Firenze nei secoli, quello dei giardini e del paesaggio …  le sorprendenti realizzazioni che portarono in appena un decennio a far nascere a Firenze un sistema di verde pubblico degno di reggere il confronto con quanto si era fino ad allora realizzato nelle grandi città europee (vedi M. Bencivenni, 1864-1974, La nascita del sistema verde pubblico a Firenze, in “Una Capitale e il suo Architetto”, Polistampa 2015). 






La cosa naturalmente non nasce dal nulla, vi erano i presupposti fondamentali sia di una forte cultura nel campo dei giardini e delle sistemazioni a verde di stampo moderno, sia di una alta cultura orticola e botanica che aveva portato Firenze ad essere un centro di eccellenza a livello europeo. In Toscana erano all’avanguardia le ricerche nel campo dell’agricoltura portate avanti dall’Accademia dei Georgofili che trovavano applicazione nella pratica orticola di imprese e tecnici giardinieri organizzati nella Società di Orticoltura.

“Quando Poggi mette mano – ci ricorda il citato studio di M. Bencivenni - al suo progetto di ingrandimento della Città nel quale la parte delle sistemazioni a verde avranno un ruolo rilevantissimo, sa di poter contare su un retroterra di cultura di assoluto valore … Del resto questa scelta non fu né scontata né facile. Tuttavia essa fu decisiva per fare sì che in un solo decennio la sua idea progettuale di costruire la nuova città attorno ad un sistema di verde urbano pubblico prendesse forma e si realizzasse. Il Viale dei Colli, nuovo parco urbano lineare, e le altre aree indicate dal recente riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità, di grande valore estetico e valenza paesaggistica, prendono vita in questa congerie progettuale e realizzativa.”



Da quale prospettiva osservare, godere, l’incanto di questo nuovo paesaggio collinare? Nelle idee progettuali del Poggi, un punto di osservazione appare privilegiato: da piazza Beccaria e dallo spazio antistante – “I Pratoni”, alla Zecca Vecchia, verso l’Arno. Il progetto definito dall’architetto, di sistemazione dei Pratoni della Zecca Vecchia alberato. era ispirato a due concetti fondamentali:

1) creare un cono visivo dalla nuova Piazza Beccaria, di grande suggestione paesaggistica, verso il tratto collinare oltre l’Arno – l’area del riconoscimento Unesco! – fra la conclusione del Viale dei Colli, il Piazzale Michelangelo e la sistemazione a verde delle Rampe di San Niccolò;

2) garantire “la respirazione” a questo quadrante urbano, già ampiamente saturato, mediante un’ampia area triangolare con la base sull’Arno in prossimità della Pescaia di San Niccolò comprendente un servizio pubblico, le nuove terme fiorentine e un grande parterre alberato.     

 Purtroppo questa “finestra” verso la collina non venne realizzata e il Comune, contraddicendo i propositi iniziali, fece costruire una Caserma di Cavalleria.



In una relazione compilata nel 1896 – due anni prima dei Moti di Milano e della repressione del generale Bava Beccaris, in un periodo storico nel quale potevano sembrare preziose le caserme a ridosso dei centri cittadini – l’architetto Giuseppe Poggi si lamenta, con forza, che il suo progetto sia stato stracciato: “Ora poi ogni speranza è perduta, avendo già veduta una parte della detta Caserma, in forma, in proporzioni ed in stile da far arrossire non solo il comun ma tutta Firenze. Chi crederebbe che a Firenze, strombazzata per l’Atene delle arti, e dove esistono reputati Collegi di artisti, si dovesse vedere iniziata in silenzio la summentovata Caserma, con stile e proporzioni convenienti appena a una masseria maremmana?”













    In una nostra recente Raccolta di poesia Promethèus. Il dono del fuoco (Ladolfi), poniamo attenzione a questa parte della città di Firenze ed evochiamo il “sogno” del Poggi tracciando come le linee di un’utopia alla quale dare forma ai nostri giorni, con il concorso delle nuove generazioni e degli artisti più sensibili, per abbattere le mura della Caserma (oggi Caserma Baldisserra del Comando di Carabinieri per la regione toscana) e costruire “un passaggio” fra le due sponde dell’Arno, fra la Torre della Zecca  e la Torre della Porta di San Niccolò, sotto l’area del Piazzale Michelangelo e della Basilica di San Miniato, appena dichiarata Patrimonio dell’Umanità.



Nella Raccolta il “passaggio” è indicato come La grande Porta sul fiume, stabilendo una qualche analogia con La grande Porta di Kiev citata dal compositore russo Musorgskj nella Suite per pianoforte Quadri di un’esposizione.

 

La grande Porta sul fiume

                        Omaggio alla grande Porta di Kiev

 .

Ai prati della Zecca Vecchia

il sogno della Porta sul fiume

aperta sul mito della scienza

 

Gli artisti di strada disegnano

il percorso fra i colori del parco

il passaggio sopra la Porta

 

Sulla cima, la Rosa dei Venti:

si scorge il pallore rosato dell’alba

il tramonto che incendia le acque

 

s’incontra chi giunge di lontano

si conoscono nuovi fratelli

si scambiano parole d’amore

 

Il passaggio poi verso le colline

su archi leggeri dipinti nei giorni

risonanti di musiche e colori

 

Il percorso raggiunge Arcetri

per il dialogo con Galileo Galilei

sul destino dei pianeti, delle stelle

           Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora, specie dopo il recente riconoscimento dell’Unesco, lo sentiamo vicino, sarebbe in grado di dare un volto nuovo a quella parte della città che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.




Nella Raccolta Promethéus. Il dono del fuoco presentiamo, nella parte finale, questa visione su quello che potrebbe essere il futuro, legata ad un percorso che raggiunga la collina del Pian dei Giullari e di Arcetri, contigua all’area della Basilica di San Miniato, attraversi la sua storia, incontri la figura di Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce o speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto; e mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.

Una domanda finale diventa però impellente: la voce del poeta, la poesia, può contribuire alla ricerca di nuove strade per l’agire dell’uomo?