lunedì 23 dicembre 2013

L'usignolo augura BUON NATALE


L’usignolo

Triste il mio animo
nella mente pensieri neri
di opale

intorno il silenzio
invaso dal fruscio delle foglie

variazioni limpide
di strofe, chiare e forti

il canto dell’usignolo
mi sorprese

divenne padrone
del mio animo

mi parve discorrere
con il fruscio delle foglie

svanì la tristezza
nella mente pensieri leggeri
di pomice.


                           Roberto Mosi

lunedì 16 dicembre 2013

E' uscito "Pegaso", Commento di Silvia Ranzi a "Concerto per Flora"


"Concerto" di R. Mosi, Edizioni Gazebo, in vendita Libreria Salvemini, dall'Arco di S. Pierino, euro 8
“CONCERTO” per  FLORA
Roberto Mosi, poeta e fotografo, affascinato dall’ interdipendenza fra le Arti, ha di recente pubblicato la Raccolta poetica “Concerto”  in cui il materiale poetico viene orchestrato secondo una pluralità di partiture: i frammenti lirici del vissuto interpretano una sonorità semantica e fonosimbolica che si avvale di suites linguistiche ora vivaci, ora andanti, ora riflessive in adagi. Il testo risulta composito per la struttura polifonica  del verseggiare che si avvale di tempi stagionali metaforici nell’alternanza di ritmi interni tra vita attiva e contemplativa. Le strofe vengono accorpate per temi nel pentagramma del vivere con accenti introspettivi ed istanze etico-sociali. Tra attività diurna e notturna / nella polvere del giorno/ si affaccia, a sanare le contraddizioni, il riscatto del Mito nel rinvigorirsi della consapevolezza di un passato da riscoprire, un presente da sostenere verso un futuro da ricostruire nel miraggio dell’utopia solidale.L’andamento ora allegro, ora meditativo della ferialità si impenna nella riproposizione della bellezza come ideale che si incarna nelle Arti figurative di un glorioso passato da ammirare: la Firenze Medicea in cui il Neoplatonismo, filtrato da Marsilio Ficino, trovava il suo corrispettivo allegorico nell’Arte del Botticelli. Nella sezione a preludio “Sinfonia per Populonia”- sito archeologico prominente il Golfo di Baratti - il poeta riesuma le antiche origini etrusche della Toscana, evocando la fase aurorale del Mito nella fase italica, cui consegue la celebrazione del Mito umanistico del fecondo Rinascimento nella dialettica della memoria storica con le dinamiche inquiete del presente: l’arte fecondi / la sterilità dei tempi… inseguendo / le esili tracce dell’utopia.  --   Oggi c’è bisogno/ di bellezza, di simboli / sereni del bello.
Il  CONCERTO PER FLORA, nel cuore  pulsante della Silloge,  è dedicato alla  figura mitica della Ninfa Flora che richiama l’antico appellativo della città di Firenze, “Florentia”, cantata attraverso una serie di liriche coreograficamente concepite che ruotano attorno ai noti capolavori “la Primavera” e “ La nascita Di Venere”, rifacendosi alle tesi di Cristina Acidini Luchinat - “Botticelli. Allegorie mitologiche”, Electa, 2001 - che mette in campo una chiave di lettura storica sul piano iconologico.
Le iconografie, ispirate alla poesia di Agnolo Poliziano “Stanze per la Giostra di Giuliano”, incarnano la celebrazione della rinnovata fioritura di Firenze “nell’eterna primavera ristabilita dai Medici” grazie alla pace riconquistata dall’abile politica diplomatica del Magnifico che riuscì a porre fine ai due anni di guerra con Ferdinando d’Aragona e di interdetto papale dopo la congiura dei Pazzi, personificata da Mercurio, raffigurato con i calzari alati mentre caccia le nubi con il bastone o“caducéo”( due serpenti avvinghiati: simbolo, nella tradizione del Dio Eusculapio, di concordia, unione e pace).
Le  figure allungate e flessuose - Venere dea dell’Amore casto e generatore vicino ad un cespuglio di mirto a lei sacro; Cupido che scocca una freccia verso le tre Grazie ( le facoltà spirituali dell’humanitas); Zefiro, il vento che introduce la primavera, rapisce la ninfa Clori dalla cui bocca fuoriescono tralci di fiori; Flora, personificazione di Firenze, divinità giovane e feconda protettrice dei lavori agricoli e della fertilità femminile, prende fiori dal lembo della veste sul suo grembo - si muovono al passo di una danza che si staglia in un hortus conclusus: spazio ideale, dove tutto è armonia di forme e sentimenti.
La stessa“ Nascita di Venere “ su una conchiglia dalla spuma del mare è simbolo dell’Amore divino riservato agli spiriti eletti, simbolo della purezza e dello splendore dell’anima per cui  i due Zefiri ( figure intrecciate nella coppa Farnese) la sospingono verso terra dove l’attende Flora, Firenze, per coprirla con un ricco manto….                     
  Rinnoverà alla felice/ terra di Toscana/ i doni dell’amore
Dall’itinerario rinascimentale i frammenti lirici si ricollegano a tempi più recenti per ritrovare e tessere / il filo della memoria/ nelle parole rimembranti del poeta: Il suono della poesia. / Shelley alla Fonte del Narciso,/ i Futuristi alle Giubbe Rosse, Montale all’antico Istituto,/ Campana a S.Salvi. Dante per ogni dove./
Lo stesso omaggio alle “Tredici tempere su tela” di Vinicio Berti, (artista esponente dell’ Astrattismo classico fiorentino anni Sessanta ), donate alla storica Società di Mutuo Soccorso di Peretola ed esposte nella Casa del Popolo a Firenze - II° tempo del Concerto per Flora, denominato “Tesori”- si inarca nel Mito odierno del travaglio storico del dopoguerra. La gestualità astraente tra Cubismo e Futurismo genera trame segniche dalle verticalità ascensionali costruttive ed energiche (Manifesto della “Morfologia costruttiva” 1972) che ricostruiscono la fisionomia storica dell’antico borgo e ne interpretano il sostrato mitico popolare: dagli episodi della Resistenza antifascista di Liberazione-Ricostruzione alla rivisitazione di racconti e leggende legate al territorio nella definizione dell’identità di un popolo in cammino, cui fanno  da controcanto i versi che liberano l’idea di spazialità e progettualità dell’architettura brunelleschiana: Longarine e ganasce, /tavole di cantiere/ si spingono in alto. Lo slancio della cupola,/ delle idee in fermento/ per la nuova società. … nel segno di una auspicata Primavera di ideali.
Un respiro cosmico di fraternità francescana CANTO “Sora nostra matre terra” chiude la poliritmicità poetica nell’umile trasfondere del naturalismo primigenio dei quattro elementi  per un’ ascesi  alle origini della creaturalità nella dimensione  universale.                                                             

 SILVIA RANZI

domenica 8 dicembre 2013

14 maggio 1814, 200 anni dall'arrivo di Napoleone all'isola d'Elba


"In queste acque della rada davanti al porto, la sera del 3 maggio 1814 arrivò dalla Francia, dal quadrante nord, e gettò le ancore, la fregata inglese Undauted: portava Napoleone verso il suo nuovo regno insieme con alcuni fedeli compagni, il generale Bertrand, il conte Drouot, il tesoriere Peyrusse.
Alla luce ancora del sole Napoleone poté vedere dalla nave le possenti fortificazioni: Forte Stella, Forte Falcone, Fronte di terra, Forte della Linguella, incastonati in un paesaggio dai colori tipici di un’isola del mediterraneo. Dalla bocca del porto alzando poi lo sguardo in alto dalla parte del mare aperto, scorse il basso profilo della Palazzina dei Mulini, posta in una posizione incantevole e allo stesso tempo strategica, nella verde sella che la collina forma fra il Forte Stella e il Forte Falcone.

Dopo il Castello di Fontainebleau, in Francia, che aveva lasciato tredici giorni prima rivolgendo un accalorato saluto ai suoi soldati, sarebbe stata la sua prossima residenza. Quando arrivò poi l’oscurità, la notte fu rischiarata da un’infinità di luci, piccole e grandi, appese alle finestre delle case per significare l’eccezionalità dell’evento.
Il giorno successivo fu innalzata la nuova bandiera sul Forte Stella, bianca divisa in due triangoli da una striscia rossa, ognuno ornato da tre api d’oro. Nel primo pomeriggio Napoleone scese dall’Undauted, salutato dai colpi di cannone della fregata e dagli hurrah dei marinai inglesi. Un corteo di barche con le bandiere sventolanti, fra grida festanti e il suono degli strumenti musicali di alcuni, fece da scorta alla sua imbarcazione. Quando giunse alla bocca del porto, gli apparve lo spettacolo della folla di cittadini esultanti assiepata sui moli, tutto intorno all’ovale dell’antica darsena. Le grida di saluto e gli evviva l’Imperatore erano ripetuti dall’eco sonora delle mura del porto. Era ad attenderlo il maire Pietro Traditi, che gli fece dono delle chiavi della città, con le autorità dell’isola. L’intero clero dell’isola lo scortò poi sotto un gran baldacchino fino al Duomo, la chiesa intitolata alla Natività di Maria, dove fu celebrato un solenne Te Deum di ringraziamento. Terminata la cerimonia, si diresse al palazzo municipale, scelto provvisoriamente per sua residenza fra due file di guardia nazionale, con i balconi e le finestre delle case addobbate con drappi e tappeti.

Ogni anno, il pomeriggio del 4 maggio, è ricordato lo sbarco dell’Imperatore nell’isola con una manifestazione in costume che si svolge nello specchio d’acqua e sui moli dell’antica darsena."
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Alla Libreria Salvemini (dall'Arco di San Pierino):
Elisa e il fratello NAPOLEONE
COncerto
- 8 euro -

Anno 2014, 14 maggio: 200 anni dall'arrivo di Napoleone all'isola d'Elba


. "In queste acque della rada davanti al porto, la sera del 3 maggio 1814 arrivò dalla Francia, dal quadrante nord, e gettò le ancore, la fregata inglese Undauted: portava Napoleone verso il suo nuovo regno insieme con alcuni fedeli compagni, il generale Bertrand, il conte Drouot, il tesoriere Peyrusse.
Alla luce ancora del sole Napoleone poté vedere dalla nave le possenti fortificazioni: Forte Stella, Forte Falcone, Fronte di terra, Forte della Linguella, incastonati in un paesaggio dai colori tipici di un’isola del mediterraneo. Dalla bocca del porto alzando poi lo sguardo in alto dalla parte del mare aperto, scorse il basso profilo della Palazzina dei Mulini, posta in una posizione incantevole e allo stesso tempo strategica, nella verde sella che la collina forma fra il Forte Stella e il Forte Falcone.

Dopo il Castello di Fontainebleau, in Francia, che aveva lasciato tredici giorni prima rivolgendo un accalorato saluto ai suoi soldati, sarebbe stata la sua prossima residenza. Quando arrivò poi l’oscurità, la notte fu rischiarata da un’infinità di luci, piccole e grandi, appese alle finestre delle case per significare l’eccezionalità dell’evento.
Il giorno successivo fu innalzata la nuova bandiera sul Forte Stella, bianca divisa in due triangoli da una striscia rossa, ognuno ornato da tre api d’oro. Nel primo pomeriggio Napoleone scese dall’Undauted, salutato dai colpi di cannone della fregata e dagli hurrah dei marinai inglesi. Un corteo di barche con le bandiere sventolanti, fra grida festanti e il suono degli strumenti musicali di alcuni, fece da scorta alla sua imbarcazione. Quando giunse alla bocca del porto, gli apparve lo spettacolo della folla di cittadini esultanti assiepata sui moli, tutto intorno all’ovale dell’antica darsena. Le grida di saluto e gli evviva l’Imperatore erano ripetuti dall’eco sonora delle mura del porto. Era ad attenderlo il maire Pietro Traditi, che gli fece dono delle chiavi della città, con le autorità dell’isola. L’intero clero dell’isola lo scortò poi sotto un gran baldacchino fino al Duomo, la chiesa intitolata alla Natività di Maria, dove fu celebrato un solenne Te Deum di ringraziamento. Terminata la cerimonia, si diresse al palazzo municipale, scelto provvisoriamente per sua residenza fra due file di guardia nazionale, con i balconi e le finestre delle case addobbate con drappi e tappeti.

Ogni anno, il pomeriggio del 4 maggio, è ricordato lo sbarco dell’Imperatore nell’isola con una manifestazione in costume che si svolge nello specchio d’acqua e sui moli dell’antica darsena."
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Alla Libreria Salvemini (dall'Arco di San Pierino):
Elisa e il fratello NAPOLEONE
COncerto
- 8 euro -

venerdì 6 dicembre 2013

Libreria SALVEMINI, già Chiari, dall'Arco di S. Pierino :Da "CONCERTO", di R. Mosi, "Per Flora"



Da "Concerto", Concerto per Flora, 
 Tosca - Trame

Escono dai quadri,
per le strade dietro le torce
delle guardie di notte.
Tra le ombre delle fabbriche,
dei supermercati,
le zolle degli ultimi campi.

“Lo sciopero delle trecciaiole.
Mi distesi sulle rotaie
 il bambino in braccio.”
Tosca ricorda agli amici:
“La cavalleria ci attaccò
da ogni parte, nella piazza.”

Remo al villino
di via della Stazione:
“Chiusi questo cancello,
partii per la guerra.
Lo riaprii dopo sei anni,
per compagna la tubercolosi.”

Cesare porta gli amici
fino all’Arno,
alla barca da renaiolo:
“Fatica dura dall’alba
al tramonto, un carico
per un pezzo di pane.” 

Orlando indica le luci
di Monte Morello:
“Un anno sul Monte,
da partigiano. Fummo
circondati dai tedeschi.
Solo io mi salvai.”

All’alba i primi voli,
le sirene dell’Osmannoro.
Alla Casa del Popolo
Tosca, Remo e gli altri
riprendono  posto
nei quadri di Vinicio Berti.

- Libreria Salvemini: euro 8 - (disegni di Enrico Guerrini)


lunedì 18 novembre 2013

"La speranza è contagiosa"/ L'invasione degli storni


Rivista “Il Segnale”, n. 96 . Anno XXXII, ottobre 2013
 Recensione di Marco Furia, pp. 86-87 

Roberto Mosi, L’invasione degli storni, Gazebo Libri, Firenze 2012 

Con L’invasione degli storni, Roberto Mosi presenta una raccolta di versi le cui solide cadenze tendono ad ampliare il discorso poetico per via di consistenti immagini.

L’argomento della malattia è affrontato con forme verbali precise, composte, e verrebbe da dire, rispettose del lettore, come del tema proposto. Un tema trattato in maniera molto attenta ma non ossessiva, secondo un atteggiamento linguistico inteso a promuovere l’altrui partecipazione. La vita c’è, è lì, anche nei momenti meno felici.

Leggo a pag. 23 “Sulle pareti carte disegnate/ dal gemito dell’acqua dei tubi/ dal gorgoglio delle docce".” Rumore d’acqua che scorre in impianti idraulici sono dunque in grado di disegnare misteriosi lineamenti che attirano l’attenzione del poeta, qui fossero carte geografiche appese al muro: non importa, qui, sapere ciò che davvero accade, ma prendere atto che qualcosa accade.

Più oltre viene proposta una sorta d’immagine-dichiarazione: “Le colline sono illuminate/ dallo sguardo indifferente del sole.” Anche la natura inanimata c’è, ma non parla: forse compito precipuo degli uomini, è proprio quello di farla parlare (secondo modelli scientifici, ad esempio).

Leggo a pag. 25: “L’edificio galleggia sugli aghi/ di pini che sfiorano il cielo/ scuro, in attesa della notte.” In questi tre versi, in cui non è rappresentata alcuna figura umana, si avverte un persistere vivo non, come nel caso del “sole”, distaccato.

L’esperienza dolorosa, non chiusa in se stessa, riesce a farsi tramite di riflessioni che non annullano certo il patimento, ma nemmeno inibiscono il sorgere di fecondi impulsi poetici.

Il Nostro, nell’affrontare con quotidiano coraggio malattia e cure, trova (sarebbe più esatto dire vive) in sfavorevoli frangenti un quid che è ancora sofferenza, ma non è più unicamente tale.

L’ultima sezione, dedicata al cinema, tratteggia mondi virtuali con amorevole intensità.

Non ci sono dubbi: l’autore, come molti di noi, porta con sé le sequenze cinematografiche che l’hanno maggiormente colpito, conservandole, assieme agli altri ricordi, nella memoria.

Dopo aver citato il capolavoro di Federico Fellini Otto e mezzo, il poeta scrive due versi che paiono riferirsi alla scena finale del film e, contemporaneamente, al suo stesso stare al mondo come essere umano: “Gli altri sono parte di me/ nel cerchio della vita.”

La Postfazione consiste in un breve “Dialogo tra l’autore e la Cornacchia della Valle dell’Inferno”, le cui ultime parole sono: “la speranza è contagiosa”.

La perspicace Cornacchia, proprio alla fine, ci fornisce la chiava di lettura dell’intera raccolta e, nello stesso tempo, ci rende consci di un contagio che tutti accomuna. Un contagio provvidenziale, non soltanto nei momenti difficili.

lunedì 11 novembre 2013

Il Teatro della principessa Elisa Baciocchi


La principessa Elisa Baciocchi
In scena la Passione, il Potere
a cura di Roberto Mosi 

Da Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone di R. Mosi, Ed. Il Foglio 

Una vita da principessa
Elisa Baciocchi fu la sorella maggiore di Napoleone Bonaparte, nata ad Ajaccio nel 1777. Il 18 marzo 1805 Napoleone annunziò davanti al Senato francese che aveva concesso lo stato di Piombino alla principessa imperiale Elisa e al marito, principe Felice Baciocchi. La concessione di Piombino fu la prima con la quale l’Imperatore affidava il governo di uno stato a un membro della sua famiglia; il principato di Lucca fu assegnato ai Baciocchi tre mesi dopo. Successivamente furono assegnati Massa e Carrara. Nel 1809 fu conferito ad Elisa il titolo di Granduchessa di Toscana. Nel 1814, con il rovesciarsi della fortuna del fratello in Europa e in Francia, la principessa Elisa lascia Firenze per rifugiarsi a Lucca. E’ poi costretta ad abbandonare anche questa città e la Toscana. Le resta solo il titolo di contessa di Compignano. E’ costretta dai governi alleati ad andare in Moravia, come internata, dove passa un inverno di freddo e di ristrettezze. Ci va con la figlia Napoleona. Successivamente Metternich, capo, del governo austriaco, l’autorizza a trasferirsi a Trieste. Nel 1816 fa costruire a Villa Vicentina una villa dove vive anni sereni, circondata da una sorte di corte francese. Muore nel 1820 all’età di 43 anni, per una forte febbre che sopraggiunge dopo che ha fatto il bagno nell’ “acqua minerale” di una palude vicino a Monfalcone. 

Il teatro tra finzione e realtà

Scena I            Elisa. l’amore per il teatro
Scena II          L’amore
Scena III         Elisa sovrana di Lucca, Piombino e Carrara
Scena IV         Elisa donna d’azione
Scena V          Le arti
Scena VI        L’entusiasmo dei Pisani per Elisa
Scena VI I      La contessa d’Albany, Lungarni di Firenze
Scena VIII      Napoleona Bonaparte parla della fuga della madre Elisa da Lucca
Scena  IXI     Finale 

Scena I
Elisa, la passione per il teatro 

Voce guida
 “Elisa amava, aveva una vera passione per il teatro” 

Elisa recita  Fedra di Racine 

Phèdre – Atto I, vv. 273 – 279 

Je le vis, je rougit, je pâlis à sa vue;
Un trouble s’éleva, dans mon âme éperdue;
Mes yeux ne voyaient plus, je ne pouvais parler;
Je sentis tout mon corps et transir et brûler;
Je reconnus Vénus et ses feux redoutables,
D’un sang qu’elle poursuit tourments inévitable. 

(Elisa si ritira) 

Voce guida
“L’amore di Elisa per il teatro è testimoniato dai molti spettacoli che organizza in Francia nel Castello di Plessis, con il fratello Luciano, o nel suo palazzo di Parigi. E ad appena un mese dal suo arrivo in Toscana non perde occasione per recitare Fedra nel piccolo teatro di Bagni di Lucca davanti alla sua corte, in uno scenario di grande suggestione.” 

Scena II

L’amore

Voce guida

 “Elisa amava l’amore 

- Elisa racconta alla sorella Paolina:  

Prima voce
“Ah l’amore di Fedra! Ah l’improvviso sussultare per amore. Bartolomeo aveva trent’anni, due più di me. Lo incontrai in una delle prime feste che si tennero a corte, a Lucca. Era charmant, poli, irresistible, la figura nobile, la voce calda da tenore. Scoccò la freccia dell’amore. Lo nominai Grande Scudiere, poi senatore del principato, ambasciatore a Parigi. L’amore fiorì con le rose fiammanti sbocciate sui verzieri della villa di Marlia. Veniva nei pomeriggi d’estate alla villa, per incontrare, la sua Briseide.” 

Seconda voce
 “Ero schiava non di un amore volubile ma dell’affetto di tenero abbandono che durò per sette anni, fino al suo vile tradimento. E’ vero, in questo periodo il nostro legame s’incrinò più volte, per violente gelosie, ma riprese sempre con la cieca ebbrezza di una passione giovanile. Mi trovava in villa all’ombra del portico di marmi bianchi, distesa sui cuscini della chaise-longue che mi aveva regalato, presa dalla conversazione con i miei ospiti. Dopo che questi si erano congedati, proseguivano i nostri colloqui alla luce delle stelle. Ci prendeva la seduzione dell’ora,della magica cornice del luogo.”  

Terza voce
La febbre dei sensi si accendeva, a un tratto, ancor più per la musica ardente di Paganini. Il violinista diabolico, nascosto – nel giardino di Marlia - dietro una spalliera di bosso, attaccava all’improvviso le sue variazioni stregate ed io cadeva in un ardente, profondo delirio.”  

Scena III
Elisa, sovrana di Lucca, Piombino e Carrara 

Voce guida
“Elisa si mostrò nello splendore di una regina”

*LUCCA

Voce guida
Elisa e il suo marito Felice Baciocchi fanno il loro ingresso nella città di Lucca a mezzogiorno preciso della domenica del 14 luglio 1805. L’ingresso non poteva né più magnifico né più brillante ma, allo stesso tempo, né più quieto né più melanconico perché non si poteva scordare la dolce libertà che si andava a perdere.” 

Prima voce
“Il corteo si apriva con cento cavalieri della Guardia Imperiale, e
quattro distaccamenti di Guardie d’onore delle principali città d’Italia.
La carrozza delle loro Altezze Imperiali e Serenissime era a sei
cavalli, scortata da sei scudieri e seguita dalle molte altre della Corte,
dei Ministri e dei Consiglieri della Stato. Alle porte S. Maria o del
Giannotti si presentarono sopra un cuscino di velluto le simboliche
chiavi d’argento, mentre tuonavano le artiglierie e tutte le campane
erano sciolte a festa.  

* PIOMBINO

 
Prima voce
 “Elisa accompagnata dal suo consorte, fece il suo ingresso a Piombino il 22 febbraio 1806 dalla Porta a Terra, inserita nella Torre di difesa detta del Rivellino, accolta dal sindaco e dai cittadini festanti.” 

Seconda voce
La carrozza dei principi passò sotto l’arco trionfale d’alloro con iscrizioni di saluto, fra le quali il verso virgiliano “Iam redit et Virgo et redeunt Saturna regna”.
Al momento del passaggio, furono sciolte a festa le campane di tutte le chiese e le postazioni di artiglieria alla Fortezza e ai due porti spararono a salve, a piena carica, facendo tremare nelle strade, gli edifici tappezzati con i manifesti per i festeggiamenti. 

* MASSA

Voce guida
Finalmente il 20 dicembre del 1807, i sovrani fecero il loro ingresso a Massa dopo che il palazzo aveva ripreso “un’ombra di decoro
principesco” ed era in grado di accogliere la corte.” 

Terza voce
 “ Fu allestito per il loro arrivo, un grande arco di trionfo di legno ed Elisa aprì il palazzo a una grande festa da ballo, alla quale invitò le famiglie più in vista di Massa e Carrara. Paganini rallegrò magistralmente la festa.” 

Scena IV
Elisa donna d’azione 

Voce guida
“Elisa è un’instancabile donna d’azione, la sua attività si esplica in molti campi economici e amministrativi” 

 Prima dama
“Cara Elisa, vi rendete conto che la difficoltà di sviluppo di queste zone è causata dalla situazione delle strade? Sono talmente degradate che sono difficili i trasporti, gli scambi, le comunicazioni …”

Elisa
“Certamente, ma io costituirò un organismo, il Corpo dei Ponti e Argini, sul modello francese, che studierà e migliorerà la situazione”

Seconda dama
“Se ci fossero delle buone strade si potrebbero sfruttare le nostre risorse”

Elisa
“Aprirò nuove strade che porteranno ai Bagni di Lucca. Sarà molto importante valorizzare le terme, perché attirano turisti ricchi e raffinati. Con le strade che farò aprire le terme si potranno raggiungere in due ore, anziché in quattro”

Terza dama
“Ma costruirete nuove strade anche a Massa e a Piombino?”

Elisa
“Certamente, a Massa per favorire il trasporto del marmo. A Piombino invece farò costruire una strada litoranea, fino a San Vincenzo.

Terza dama
La chiameremo la via della Principessa?

Elisa
Si d’accordo.

Terza dama
“Ci sarebbe un gran bisogno di sviluppare l’agricoltura. Non si produce niente qui!”
 
Elisa
“Sarà ancora il Corpo dei Ponti e Argini, che provvederà a bonificare le paludi intorno al Serchio, in tutta la campagna lucchese e intorno al lago  di Massaciuccoli, accrescendo così i terreni coltivabili. Farò sistemare le zone della costa, così da renderle luoghi di villeggiatura. Voglio che venga gente a fare i bagni di mare nelle nostre acque!”

Prima dama
 “I lavori bonifica saranno difficili, c’è da prendersi la malaria. Soldati e condannati lavoreranno insieme.”

Elisa
“Non mi spaventa nulla, ci riusciremo! Sono lavori necessari allo sviluppo di questa zona!”

Prima  dama  
“Benissimo! Ed avete anche altri progetti?

Elisa 
“Certamente! Voglio sfruttare tutte le risorse di questa terra! Qui c’è il ferro e c’è il marmo! Queste sono le nostre ricchezze. E poi a Montioni c’è l’allume, ci sono le miniere, che sono state abbandonate, dovremo rimetterle in funzione e sviluppare il commercio dell’allume per la concia delle pelli. Ma sarà il marmo la vera fonte di ricchezza per tutto il nostro territorio! Il nostro marmo è prezioso! È il materiale più pregiato che architetti e scultori possano trovare! E dovranno lavorarlo qua! Non potranno portare via il materiale grezzo, dovranno utilizzare la nostra manodopera!” 

Seconda dama 
“Cara  Elisa, io penso che per valorizzare la zona voi, che ne avete la capacità e la possibilità, dovreste puntare anche sull’incremento del turismo termale. A Bagni di Lucca ci sono già le terme, vanno dotate di attrezzature e di strutture tali da renderle più accoglienti. Devono diventare un luogo di villeggiatura elegante e raffinato. L’impresario dei bagni dovrà organizzare feste e all’interno ci saranno sale da gioco, appartamenti sontuosi. I bagni dovranno diventare un soggiorno di delizia e di passatempo!” 

Voce guida
“Elisa, durante la sua Reggenza, si cimenta continuamente in progetti
innovativi, con il suo tipico gusto per le imprese e per le nuove
esperienze: allevamento dei mufloni, manifatture di sete e velluti,
piantagioni di cotone. In ricordo dell’educazione scolastica ricevuta
da bambina nell’istituto di Saint-Cyr, la Principessa fonda l’Istituto
Elisa per l’educazione delle fanciulle dove chiama insegnanti francesi.
E’ presente Paganini fra i musicisti, Tofanelli nell’Accademia delle
Belle Arti. Le servono due teatri: uno per la musica italiana, l’altro
per i drammi francesi." 

Scena V
Le arti 

Una voce
“Nel campo dell’arte, le decisioni di Elisa riprendono le tendenze francesi.Fra i primi passi, vi è quello i commissionare il proprio ritratto ufficiale, a un’allieva di David. Elisa è raffigurata con il vestito sontuoso per la cerimonia dell’incoronazione nella cattedrale di Notre-Dame, seduta in atteggiamento di comando. 
 

Scena VI
L’entusiasmo dei Pisani per Elisa 

Voce guida 
Nel maggio del 1806 si ebbe a Livorno il celebre incontro fra l’ ”ossuta” Elisa e la “lardosa” Maria Luisa – come riferisce lo storico Lazzareschi - reggente del Regno d’Etruria, di cui i francesi non si fidano affatto, dal momento che pensano a possibili intese con gli Inglesi. L’incontro è una sfida tra due donne di potere per la conquista del primato in Toscana, obiettivo che ad Elisa riuscirà raggiungere tre anni dopo. Dopo l’incontro/confronto a Livorno, Elisa e Maria Luisa s’incontrano di nuovo a Pisa, a distanza di poche settimane. Dopo Livorno dunque “il ghiaccio era rotto, anzi sciolto dal calore dell’effusione delle due sovrane, che dovevano rivedersi e stringersi in amplesso più stretto, ma ancora meno sincero, pochi giorni dopo a Pisa. 

Voce di Elisa 
“Per ammirare sul Lungarno la Luminara nella vigilia della festa del patrono San Ranieri, il 16 giugno, andai a Pisa. Ero accompagnata da un piccolo seguito, nel quale figurava Cenami.  Feci a cavallo la lieta gita, smontando al Palazzo reale davanti al fiume, pavesato della sua fantastica veste a specchiarsi e a riflettersi moltiplicata nelle acque correnti. Pisa mi riservò il suo spettacolo più bello, del tutto particolare per la luce tremula dei “lampanini” che, riflettendosi nelle acque dell’Arno, produce magici, incredibili effetti.” 

Voce guida 
Di un altro avvenimento festoso è protagonista Elisa tre anni dopo, questa volta da sola, quando arrivò a Pisa da Firenze dopo che ha ricevuto dall’Imperatore il titolo di Granduchessa d’Etruria.  

Voce di Elisa
“Successe una cosa incredibile. I cittadini staccarono i cavalli per condurre la carrozza a mano. La città era tutta illuminata e a Palazzo Reale si dette una grande festa da ballo mentre davanti, sul Lungarno, l’architetto Poccianti“aveva fatto innalzare una macchina rappresentante il peristilio di un antico tempio. Debbo dire che episodi di un pari entusiasmo si ebbero a Livorno e Pontedera, mentre debbo dire che i fiorentini rimasero di gelo alla notizia dell’assegnazione del titolo di Granduchessa.”
 

Scena VII
La Contessa d’Albany, Lungarni di Firenze 

Voce guida
 “Ma non tutti amavano Elisa. Significativa la lettera della Contessa d’Albany a Madame de Staël 

La contessa d’Albany legge la  lettera  

A Madame de Staël
Castello di Coplet
Svizzera 

     Carissima amica, 

Come sai, ho esultato per le conquiste politiche e civili della Francia rivoluzionaria ma non ho potuto sopportare le continue e celebrazioni dell’imperatore e dei suoi familiari, le feste, il suo modo di mostrare il suo potere al mondo.
Nel mio Salotto sui Lungarni si è parlato, discusso di questi fatti, con gli uomini, le donne in visita alla città, provenienti da ogni parte d’Europa. Per questo mio comportamento, Napoleone decretò tre anni orsono il mio allontanamento da Firenze, per più di una anno, perché non recassi intralcio agli affari di stato di sua sorella Elisa. Ti voglio raccontare un episodio particolare. Ad una festa che si tenne a Palazzo Pitti, la granduchessa Elisa mi chiese, all’improvviso: “Perché, cara contessa, Alfieri era un così grande nemico dei francesi”. Le risposi, senza scompormi: “Voi mi dimostrate che aveva ben ragione di esserlo!”

                                        Firmata
                        Luisa Stolberg, Contessa d’Albany 

 Scena VIII
 Napoleona Bonaparte parla della fuga della madre Elisa da Lucca 

Voce guida
 “Gli ultimi giorni di Elisa ci vengono raccontati dalla figlia Napoleona con queste parole, nell’incontro che ha in Bretagna nel 1865 con il cugino Imperatore Napoleone III.” 

(Le persone arrivano una per volta) 

- Voce di Napoleona Bonaparte (Nota: l’incontro è a Colpo, Bretagna 1865. Napoleona amava vestirsi con il costume tradizionale locale). 

Prima voce
“Ricordo bene quel giorno di cinquanta anni fa, il 14 marzo 1814. Avevo otto anni. Dall’imponente portone del Palazzo di Lucca, due ore avanti il giorno, tre carrozze scortate dalla Gendarmeria uscirono veloci nella grande piazza. Ero a fianco di maman,  sprofondata in un silenzio di gelo.  Di fronte a lei il marchese Lucchesini, il giovane uomo che stava in quel periodo sempre con la mamma.
Maman,  con un filo di voce, ricordò che erano passati dieci anni dal giorno del suo trionfale ingresso nella città di Lucca.” 

Seconda voce
“Maman si ritirò a Lucca, nella speranza di poter rimanere nell’amata città. Ma il messaggero mandato a Livorno, dal comandante inglese Lord Bentinck, ritornò indietro con un risultato disastroso.  Dite a quella donna che se non fugge io la piglio !”, mandò a dire il vecchio corsaro inglese.
A maman non  rimase altro che di andarsene di gran fretta. Salutò commossa tutti quelli che le erano rimasti vicini fino all’ultimo, i ministri, le persone della Corte. La ruota del destino anche fra le magiche mura della città, era girata in senso contrario.” 

Terza voce
“Mi è rimasto impresso nella mente  il passaggio dalla città di Massa, alle nove del mattino, dalla piazza “grande”, illuminata dai primi raggi del sole, fra due ali di folla silenziosa, gelida, ostile.
Superata la città di Carrara, una cosa mi colpì: vidi maman cambiare atteggiamento, riprendere animo. Svanì dopo tanti giorni di tribolazione, la commozione dei ricordi.  Sorrise, accarezzò i miei capelli, prese le mani del suo giovane compagno. Nuovi pensieri le invasero la mente. Fu per lei il momento di riprendere il filo dei progetti per il futuro, di affrontare le avversità del momento facendo forza sul suo carattere.
Mi fa piacere parlare di queste cose, ricordare il carattere di donna forte, deciso di mia madre, nel quale mi riconosco.”

Quarta voce
“Dopo i rovesci subiti dalla nostra famiglia, superò con coraggio le infinite prove alle quali fu sottoposta, per decisione di Metternich. Sento ancora dentro le ossa, il gelo dell’inverno che passai insieme con lei, prigioniera nella fortezza di Brno, in Moravia. Arrivarono poi i giorni felici di Villa Vicentina, nella campagna triestina.  La famiglia - e il gruppo degli amici più cari - si ricompose. Tornarono i giorni della passione per la lettura, il teatro, l’arte; per l’archeologia, in particolare, resa viva dalla vicinanza dell’antica città di Aquileia. E questo fino al fatale agosto del 1820, al fatale bagno nelle acque termali della palude di Monfalcone.”  

Scena IX
 Finale

Elisa recita Fedra di Racine 

Atto V Scena VII, vv. 1637 – 1644 

J’ai pris, j’ai fait couler dans mes brulântes veines
Un poison que Médée apporta dans Athènes.
Déjà jusqu’à mon coeur le venin parvenu
Dans ce coeur expirant jette un froid inconnu;
Déjà je ne vois plus qu’à travers un nuage
Et le ciel et l’époux que ma présence outrage;
Et la mort, à mes yeux dérobant la clarté,
Rend au jour, qu’ils souillaient, toute sa pureté. 

I disegni sono di Enrico Guerrini
 
 I disegni sono di Enrico Guerrini
Il libro "Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone" è in vendita alla Libreria Salvemini, già Chiari, di Firenze.