La
strega del golfo di Populonia
La
strega del golfo di
Populonia
Roberto
Mosi
Firenze,
Experimentum
dicembre
2017
Fotografie
dell’autore
Lo
specchio di Turan
Il vulcano
Il vulcano sprigiona fuoco,
fumo solenne sulla spiaggia.
Il gioco di questa mattina.
Le onde lo circondano,
a tratti, lo lasciano libero.
Alimentiamo il fuoco
con i legni raccolti in pineta.
Si rinnova l’arte degli Etruschi:
i forni fusori per fondere la pirite
dell’Elba e sulla sabbia ai nostri
piedi brillano al sole la polvere
di ferro, i pezzi di argilla rossa,
i frammenti della storia.
Un’onda travolge il vulcano,
il gioco di questa mattina.
Turan,
dea dell’amore
La primavera sta per aprire
il suo mantello di fiori,
Marta e Anna sono
padrone della spiaggia.
Marta compone un tappeto
di ciottoli, pezzi di rossi
mattoni, di neri rosticci
dai forni di fusione.
Anna con una canna
scrive sulla
sabbia
bagnata le ultime
parole che ha imparato.
Lancio, felice, nell’acqua
sassi piatti, levigati
dal mare, alla ricerca
di un tiro da cinque rimbalzi.
Nell’aria la presenza
di Turan, la dea etrusca
dell’amore, della rinascita.
Ferragosto
E’ arrivato al mattino
il serpente di macchine.
Una striscia ininterrotta
di lamiere scintillanti.
Si è disteso ai margini
delle pinete, nei prati.
Nuvole di gas di scarico
si sono alzate fino al cielo,
hanno danzato con i venti.
La spiaggia si è riempita
di variopinti ombrelloni
di colorati asciugamani
di giochi di bambini.
Le onde gremite di gente:
si annaspa, si schizza
acqua, si lancia la palla,
ci si affanna immemori
coi cellulari in mano.
A metà giornata, tovaglie
dispiegate sulla sabbia
e in pineta, il
cibo più ghiotto
liberato dalle borse.
Più tardi tutto si è messo
in movimento, a singhiozzo,
verso strade e autostrade.
Il silenzio e il rumore
del mare, padroni del mondo.
Il gabbiano scende con ampi
giri sulla spiaggia fra i resti
della festa: Ferragosto
il giorno più bello dell’anno.
Le
vacanze di Tommy
Tommy al cellulare,
sta fissando le vacanze.
Basta con le spiagge popolari,
quest’anno al bagno “Baubau”.
Nessun
limite alla libertà?
Fissa lettino e ombrellone
i servizi per la toilette.
Quali
eventi in programma?
Si iscrive ai giochi di società
al corso di salvamento a mare.
Alla
sera, il drink a sei zampe?
Che cuore grande Tommy,
pensa sempre anche a noi.
Acquari
Nell’acquario casa
si è accesa la vita del giorno,
i bambini si rincorrono allegri.
S’illumina il tele acquario
bocche parlano, urlano
scene di facce insanguinate.
Una mano getta del cibo nel mio
acquario, un’altra posa un sottomarino
una zampa s’infila nell’acqua.
Brividi sulle pinne, giro intorno
alle rocce, prendo fiato
nascosto tra le erbe del fondo.
L’acquario casa ora si svuota
cessa il rumore del sottomarino
il gatto esce dalla finestra.
Mi addormento. Sogno, sogno.
Il
cavaliere della centrale elettrica
Cavaliere solitario, fiero
sul ronzino, nella mano
la lancia, la sciarpa
tricolore degli
Appiani
per scudo la bisaccia
colma di storie degli eroi.
Sta di vedetta sulla torre
della Centrale Elettrica
seicento yard da terra,
pronto a vendicare
ogni ingiustizia, ogni
offesa alla cavalleria.
Per primo vede l’arrivo
dei pirati, dei banditi,
dà l’allarme alla città,
accendendo le caldaie,
nuvole di fumo tricolori
si alzano dalla ciminiera.
Percorre a
cavallo
il Sentiero dei Cavalleggeri
da Torre Mozza alla Fortezza.
Mette a tacere le donne
petulanti, recupera
aquiloni fuggiti di mano.
Ogni sera ritorna alla Centrale
Elettrica, lega il cavallo
al portone, sale sulla torre.
Nuovo Don Chisciotte
gode nel silenzio
delle storie degli eroi etruschi.
La città nave
Si spezza la risacca
sulla prua del faro,
le ciminiere liberano a poppa
i fumi dell’altoforno,
al centro il lungo ponte
il corso costellato di torri.
Dalla terrazza dell’albergo
respiro l’aria del mare
scorgo la linea rosa
dei monti. I gabbiani
saettano striduli
padroni del cielo.
Marta passerà nel corso
sul passeggino, da principessa.
Saluteremo gli errabondi
gabbiani in un girotondo
di risa felici per liberare
gli ormeggi della città nave.
La
città libro
Lascia il porto la nave
sfiora il promontorio. Piombino
dal mare è un libro aperto,
dai contrafforti della Fortezza
all’altura della Cittadella
e alla casa di Elisa Baciocchi.
La piazza, al centro, oggi
è in festa, vestita
delle tende bianche
arruffate dal maestrale.
Sui banchi uno stormo di libri
con le ali di ogni colore.
Si levano in volo
leggeri come pensieri
la musica delle storie
il suono della poesia
il fragore delle utopie.
Tracciano nel cielo
le speranze della città libro.
La
città lanterna
Sera di fine estate,
l’occhio rosso del faro,
le onde lunghe sugli scogli
bianche di spume. Il vento
ha mangiato ogni nube
sotto il cielo stellato.
Si alzano dalla piazza
lanterne di carta
gonfie d’aria e di pensieri
per la stagione che verrà.
Navicelle che portano
in volo sogni e desideri.
Si allontanano in fila
al vento, incrociano
le ombre che lievitano dalla terra
le luci dei paesi sul mare
le navi di passaggio
le luci delle stelle.
L’
arrivo dei Francesi
Elisa Baciocchi entra
dalla porta del Rivellino,
raggiante nel riflesso
del diadema di brillanti.
La carrozza a sei cavalli
scortata dai cavalieri
della guardia imperiale.
Si ferma sotto l’arco.
Sparano i cannoni
alla fortezza, ai porti,
tremano le case,
si sciolgono le campane.
Il frastuono è rimasto
ancora nell’aria.
Quattro
donne
L’ultimo giorno di febbraio
quattro donne innamorate
s’incontrano a Piazza
Bovio, davanti al mare.
Maria, fedele amante,
indica la nave che esce
da Porto Ferraio
nell’oscurità della notte.
Paolina alla luce del faro
muove passi di danza,
innamorata dell’amore,
porge bicchieri di cristallo.
Letizia grida “Mio
figlio
è
libero, lontano dagli Inglesi.
La
Francia l’attende,
ancora
il bacio della Vittoria.”
Elisa versa champagne,
alza il calice in alto
innamorata del potere.
“Sarò di nuovo
Principessa”.
Brindano a nuovi
tempi felici, gettano
i calici sugli scogli,
ebbre d’amore.
Elba
La finestra è aperta
su un velo di stelle, l’isola
profuma di tutti i profumi.
Le onde mormorano alla spiaggia
bianca, la luna invade
il silenzio della camera.
All’eremo della Madonna
del Monte, il Corso
attende Maria Walenska
per il loro incontro.
Sopra il colle la musica risuona.
I ragazzi in festa aspettano l’alba:
aprirà le braccia sul mare
dalle colline di Populonia.
Che l’alba rallenti il cammino,
che rimanga il profumo della notte.
Solstizio
d’estate
Io. Principe dell’estate,
entro dalla porta del Rivellino
alla festa del solstizio.
In mano la carta
del percorso gastronomico,
sul petto il calice in affitto
per l’assaggio dei vini.
Mi accoglie la folla
nella calca del corso,
si fa strada la banda
dixieland:
ogni piede
si muove, le braccia
in alto, fra le mani piatti
dai sapori del mare.
Nella piazza i fuochi
incendiano la folla.
Cautha, divinità solare
La spiaggia è un anfiteatro, gli
spettatori
in attesa dello spettacolo di ogni sera,
l’acqua pulsa di luci multicolori,
scomposte
dagli ultimi raggi del sole al tramonto
oltre la punta del promontorio, intorno
le braccia aperte del golfo, verdi di
pinete.
Mi lascio andare alle onde, il fresco
dell’acqua accarezza il mio nuoto leggero.
Sotto di me l’oscurità, le creature del
mare
vivono già il mistero della notte.
Davanti la luce, il trionfo di Cautha,
l’idea
della bellezza a portata di mano.
Nuoto nell’ultimo chiarore della sera
per raggiungere Cautha, sorgente di luce.
Buca
delle Fate
Un canto si alza dalle acque,
volti sorridenti appaiono
fra le onde e scompaiono.
Il girotondo dei cavallucci
di mare, il corteo saltellante
del gioco dei delfini,
Immobile il mare, solo
l’eco delle leggende.
Vortici improvvisi
travolgono i pescatori,
li trascinano in antri
rischiarati da meduse
fosforescenti: giardini
fantastici di alghe, coralli
e conchiglie dove giocano
le sirene. Un incanto
che fa prigionieri. Stiamo
lontano dalla Buca delle Fate!
La
fonte di San Cerbone
Chi
non beve alla fonte di San Cerbone
è un ladro o un birbone!
Detto popolare della Maremma
La fonte fluisce perenne
invade le bocche dei forni,
i fuochi sempre accesi
di un popolo nero di fumo.
La condanna di Totila.
“L’orso
assale Cerbonio.
Si
ferma, cade ai suoi piedi,
agnello
mansueto.”
“Sgorga
l’acqua. La fonte
copre il corpo di Cerbonio,
dopo
il trasporto
dei
compagni dall’Elba.”
Barbari sulla spiaggia
biondi capelli sciolti.
La campana avverte
la furia degli invasori.
Bambini, castelli
di ciottoli neri,
racconti dei padri
arrivati dal nord.
La fonte del Pozzino
Sulla rotta Rodi Marsiglia
L’acqua cade sulla pietra.
Un rivolo per la spiaggia,
nera di sassi, raggiunge
il mormorio del mare.
Tra il fasciame del relitto
coppe di vetro, di rame,
fiale, anfore, resina e vino.
Rotta Rodi Marsiglia.
Sulla rotta sud nord
evapora in cielo la scia
dell’aereo. Si specchia
nell’acqua della fonte.
Transumanza
Tutti mi dicon Maremma, Maremma,
ma a me mi pare una
Maremma amara.
L'uccello che ci va
perde la penna …
Canto popolare della Maremma
Il campanaccio rompe
la voce della fonte, va
la processione di pastori,
pecore, cani e cavalli.
Un incessante belare,
la fonte punto d’arrivo:
dieci giorni di marcia tra
crinali, valli e pianori.
Il villaggio di capanne
riparo per nove mesi,
recinti di animali,
fuochi per il formaggio.
Ogni pastore quaranta
pecore per il pascolo,
fredda solitudine
in attesa del maggio.
La clessidra si rovescia,
svanisce la solitudine.
A settembre il ritorno
alla fonte del Pozzino.
L’anfora di Antiochia
“Davanti
alla spiaggia
il pescatore di Livorno
trovò l’Anfora d’argento
di Antiochia”,
il mormorio della fonte.
Cibele, Mitra e gli dei
dell’Olimpo, a sbalzo,
invitano all’incontro
con il divino, ai segni
dell’immortalità.
Sull’Anfora le stagioni,
le parti del mondo:
Dioniso danza
tra Satiro, Arianna,
gli amici di pelli ferine.
Musica, coppe di vino,
conquista dell’estasi:
uomini, donne
iniziati ai misteri
al sapore dell’immortalità.
Il tempo avvolge
la sfera del rito,
ruota l’Anfora, mostra
Amore e Psiche riflessi
nell’acqua della fonte.
Il navicello etrusco
Al Porticciolo di Marina la sorgente è conosciuta come la Fonte delle Serpi in Amore. Sul marmo che sovrasta
la fonte sono scolpite due bisce aggrovigliate.
Guida Turistica di Piombino
Acqua fangosa. Immagino
fantastiche figure in fuga
dai racconti del mito,
dalle pagine della poesia.
Luce calda, riflessi
del mosaico etrusco,
mille tessere di suoni
intrecciati in una melodia.
Guizzano naselli e calamari
mormore e gattucci.
Sul marmo due serpi in amore.
Gorgoglia la sorgente.
Il naufragio al centro. L’onda
travolge il navicello,
intorno la foresta di alghe
i resti di antichi relitti.
Il ribollire della risorgiva
scioglie neri ricordi,
scioglie bolle di versi
per le serpi in amore.
Tagete
Mentre si lavorava la terra, un certo Tagete balzò su
all'improvviso e rivolse la parola all'aratore….Tagete aveva l'aspetto di un
bambino, ma la sapienza di un vecchio. Poiché il contadino levò un alto grido
di meraviglia, ci fu un accorrere in massa; e, in breve tempo, tutta l'Etruria
convenne in quel luogo.
M. T. Cicerone, Della
Divinazione , L. II, P. 23
“Ho
sentito un gemito dal trattore.
Dal solco appena scavato,
si sono alzate zolle di terra,
è comparsa una testa ricciuta”,
le parole di
Fatima.
Occhi di
meraviglia intorno,
scattano i
flash degli obiettivi,
ronzio di
telecamere.
Il bambino
ora alza la testa,
sorride e
parla, parla!
“Sono Tagete, figlio di Genio
e di Terra. Sono venuto fra voi
per mostrare i segni del Cielo.”
Racconta. Si
allontana poi
fra i
solchi, verso Populonia.
Nella valle
scende il silenzio,
la folla si
disperde, pensosa.
Fatima è
sola. Si aggiusta
il velo,
avvia il trattore,
Massey
Ferguson.
I fulmini degli dei
Il
sacerdote, salmodiando
preghiere,
guida
la
processione al tempio.
Nelle mani
l’antico Libro,
cerca nella
volta celeste
quale dio
scagli la saetta,
osserva la
traiettoria,
il colore
del fulmine.
Vuole
spaventare o portare
morte e
distruzione?
Nella
violenza della tempesta
legge il
volere divino,
interpella
gli dei
sulle
angosce dell’oggi.
Il
sacerdote, incerto
sul
messaggio, annuncia:
alla
prossima tempesta
comprenderemo,
forse,
la volontà
degli dei.
L’Ombra
della Sera
L’aruspice
Ascolto il
silenzio
dalla Rocca,
lontano
da spiagge
affollate.
L’aruspice
etrusco
segue il
volo del falco,
coglie i
segni del cielo
La violenza
del giorno
è lontana,
la città
torna
all’antico mistero.
La
processione sale
all’altare
sulla collina
per il
sacrificio. Il sangue
nutre la
vita del mito.
Lo schiavo
Bufere
d’acqua, di vento.
La follia
sconvolge il golfo.
Ferite
profonde
alberi
abbattuti
radici
contorte nell’aria.
Il temporale
scioglie
la notte, la
melma
dei ruscelli
uccide
le creature
del mare.
Le frane
hanno dissepolto
la città dei
vivi.
Sepolture
scoperte.
Lo schiavo,
ancora
la catena al
piede.
La strega
Dormiva nel
suo sepolcro
catalogato
S64 nel corso
degli scavi
in riva al mare,
alla Chiesa
di San Cerbone.
Dormiva dal
milletrecento.
Alta di
statura, di media età,
la testa
adagiata sulla pietra,
di mestiere,
filatrice.
Cinque
chiodi, tre ricurvi,
le avevano
messo in bocca,
un rito
magico, quando
era ancora
fra i vivi.
Nove chiodi,
inchiodavano
il corpo al
terreno. Al cuore,
alle gambe,
ai piedi.
Né il corpo
né lo spirito
devono
tornare fra i vivi.
Le luci
delle navi
S’incrociano
le luci
delle navi, s’inseguono
fra
Montecristo e il Giglio.
Quale la
meta, quali
destini
portano con sé?
Dalla
panchina sul lungomare
fra la
Cittadella e l’Ospedale,
lo sguardo
si posa lontano.
Dal basso le
onde lente
portano
ricordi.
Per questo
mare passò
la nave da
guerra di Vasco,
giovane
marinaio di leva,
diretta
verso l’esito finale.
Quando
passerà la mia
nave, a luci
spente?
Parole
Piovono
parole
dal canto,
parole
sempre
nuove.
Spuntano nel
giorno
coriandoli
di colore.
Bolle di
sapone
si gonfiano,
si gonfiano.
Scoppiano
nell’aria.
Cadono parole
sempre
nuove,
volano via i
nomi.
Se il nome
riemerge
è festa,
l’incontro
con l’amico
ritrovato.
Al centro
della mente
s’innalza la
dimora dell’Io.
La porta
aperta
per l’ultimo
volo.
Dalla loggia
Dalla loggia
sul giardino
assaporo lo
stupore
della notte
che avvolge
la casa. La
linea delle colline
disegna i
confini
dell’Acropoli di Populonia.
La campagna
sonora di grilli
si immerge
nella Necropoli
tra le tombe
abitate
dalle ombre
degli Etruschi.
Lontano si è
spenta
la fiamma
dell’alto forno.
Nella casa
volano via
le favole,
le domande
i perché. Le labbra
assaporano
il sapore
dei sogni.
Si raccoglie
sul fianco
un gomitolo
piccino, una
soffice piuma.
Poi il
silenzio, il respiro
leggero di
Anna.
Anna si è
intrufolata
nella nostra
vita.
Capo
Palinuro
O nimium caelo et pelago confise sereno,
nudus in ignota, Palinure, iacebis
harena.
Virgilio, Eneide, C. V, vv.
870-871
Vele
lasciano il porto
festoni
sugli alberi,
la prua vola
a Capo Palinuro,
onde
sollevano le chiglie.
La sosta e
poi in acqua
verso le grotte
e i loro miti.
Grotta delle
Ossa fra gli scogli
sonanti, rauchi per l’incessante
battere dell’onde,* sui resti
di naufragi,
il nocchiero di Enea
vinto dal
sonno, i marinai
incantati
dalle sirene.
Nella Grotta
delle Ossa
le onde
padrone del corpo.
“Aiuto”, l’eco rimbomba
dilata la
paura. Intorno
biancheggiano
ossa infisse
nella malta
delle pareti.
Il sole
precipita. Vespero
si affaccia
sopra di noi.
Sono
l’ultima vedetta
ai piedi
della grotta,
in attesa.
* Virgilio,
Eneide, C. V, vv. 1228-1229.
Trad. G. Vitali.
Moby Prince
Ogni sera
sulla
Terrazza Mascagni
di fronte al
mare
i gabbiani
guidano
le navi
colorate
all’entrata
del porto.
Si alzano
alti,
si scambiano
striduli
messaggi.
Si accende l’occhio
rosso alla
Meloria
sul tremolio
delle acque.
Alla bocca
del porto
si affaccia
la Moby Prince
diretta al
suo destino di fuoco.
Il temporale
Una mantella
rossa
attraversa
Piombino
nel diluvio
di pioggia
seguita dall'ululato
degli allarmi
colpiti
dalle
saette.
Il ciclista
pedala
come un
forsennato,
le ruote
sollevano
profonde
scie d'acqua.
Il diavolo
scappa
dall'inferno?
La spiaggia della Sterpaia
La
capanna, tronchi e rami
d’albero
portati dal mare
tegole,
embrici di un naufragio
sulla
spiaggia della Sterpaia,
bagno
del Nano Verde.
Il
falò illumina il bambino
la mamma, Maria, giunti dalla Palestina
su un barcone di migranti.
Intorno
il villaggio di sabbia
il
disegno di strade e capanne
di
animali in cammino
nel
profumo di alghe e conchiglie
di
pini e macchie sempre verdi.
Lontano
le luci affacciate
sul
golfo, stelle comete il volo
degli
aerei in arrivo da oriente.
Spente le fiamme dell’alto forno.
Davanti a noi un ammasso
nero, scheletri e antenne
rugginose. Siamo il popolo
del non lavoro, portiamo
in dono al bambino
la rabbia per le sconfitte
per la vita ai margini del villaggio.
Dal
largo del mare le orate
guardano
stranite, costrette
nelle
vasche d’allevamento
sospese
sul gelo delle acque.
Il
Nano Verde, la giacca
sonante
di sonagli
batte
le mani e sorride
dalla
cima dei pini.
Al
margine della città
“Frammento
indeciso del giardino planetario, il Terzo paesaggio è costituito dall’insieme
dei luoghi abbandonati dall’uomo. Questi margini raccolgono una diversità
biologica che non è a tutt’oggi
rubricata come ricchezza.”
Gilles Clément, “Manifesto del Terzo paesaggio”, pag.11
Al margine della città
i cigli erbosi della strada
i bordi dei campi dove nasce
un’erba strana, senza nome
l’aiuola dismessa, indecisa
sulla sua natura,
indefinita sul suo destino.
Zone libere
zone che sfuggono al nostro controllo,
meritano rispetto per la loro verginità
per la loro disposizione naturale all’indecisione.
La diversità
trova rifugio su il ciglio della strada
l’orlo dei campi, un acquitrinio
o un piccolo orto non più coltivato
un piazzale invaso da erbacce
o il margine di un’area industriale
laddove non ci sia l’intervento dell’uomo.
Residui dove nascono cose nuove,
idee nuove, forze nuove. No.
Potrebbero nascere
ma
non è detto che nascano.
L’arrivo
dei barbari
“Restano solo tracce fra crolli e
rovine di muri,
giacciono
tetti sepolti in vasti ruderi.
Non
indigniamoci che i corpi mortali si disgreghino:
ecco
che possono anche le città morire.”
Rutilio
Namaziano “Il Ritorno”, vv. 411- 414
Dalla
nave sotto Populonia
Rutilio
scorge ruderi, rovine,
il
crollo delle mura intorno
alle
colline, forni spenti
montagne
nere di residui.
Il
viaggio da Roma lungo
la
costa vicino a terre
devastate,
senza strade,
ponti,
stazioni di posta,
solo
immobili acquitrini.
Il
sorriso degli dei,
la
gloria del passato
lo guida. Ora il presente
devastato dai barbari,
giunti
alle porte di Roma.
Le
isole vicine, Capraia
la
Gorgona, abitate
da
quelli che fuggono
la luce,
monaci devoti
al
Dio dei cristiani.
Avanti
ora verso il futuro,
marinai
alla voga. Vada
Pisa,
Luni, le terre
delle
origini, da ri - costruire
nel
nome di Roma,
bellissima regina del mondo.
*
* Rutilio Namaziano, “Il
Ritorno”, verso 47.
Il
castello di Populonia
Due
euro e cinquanta
per
salire al castello con Anna..
Un cartello sugli spalti:
la
rocca centro d’avvistamento
per
l’arrivo dei bombardieri nemici.
Populonia
sulla rotta verso
Firenze:
all’erta in quei
giorni
sugli spalti, giovani
ciechi,
l’orecchio teso,
le
mani pronte sul trasmettitore.
Stringo
le mani di Anna.
Brividi
freddi. Come sarà
stato
il mare il 25 settembre
nel
terzo anno di guerra e
le
bombe su Firenze ?
“ Conosco l’ululare delle sirene
il rumore degli aerei, lo scoppio
delle bombe alla Porta del Prato,
alla stazione del Campo di Marte:
le
mani strette al panierino, la corsa
al rifugio fra le macerie bianche
delle case abbattute.”
“Anna,
inutilmente giovani
ciechi
avevano avvertito la città
dell’arrivo
della morte.”
Il
mestiere dell’archeologo
Spesso
Riccardo batte
alla porta di casa,
non
lontano da Baratti,
mi
aspetta nel giardino
vestito
di velluto verde
la
pipa di radica in bocca.
S’incammina
per la strada
di
San Silvestro, parla
a
scatti, la voce roboante.
Passiamo
dalla miniera,
partono
i vagoni gialli
sferragliando
nella galleria.
Racconta
a ogni passo
la
storia degli scavi, sfoglia
le
pagine dei progetti
per
questa terra che ha smesso
le
vesti proletarie per i vestiti
a
scacchi della cultura.
Al
ritorno attraversiamo
il
sentiero delle cave,
i
detriti dello scoppio
delle
mine, la ferita
mortale
al Monte,
al
Parco archeologico.
Riccardo
urla di rabbia,
tornerà
a battere ogni sera
alle
porte delle case
addormentate.
In memoria
dell’archeologo Riccardo Francovich.
(Firenze,
1946 – Fiesole 2007)
Punta
Falcone
A
Punta Falcone
la batteria navale
del
tempo della guerra
a
guardia del Canale
di
Piombino: bunker,
fissaggi
per gli affusti
di
cannone, la polveriera.
Nella
sala della punteria,
l’osservatorio,
oggi,
per
guardare le stelle,
conoscere
altri mondi,
immaginare,
forse,
un futuro diverso.
Tular
Dardanium
Il
confine dei Dardani
Dardano partì dall’Etruria,
per fondare la città di Troia,
superò ogni confine
sulle rotte del Mediterraneo.
Piantò germogli di vita
fra popoli diversi sul mare,
scenario oggi di morte
dei migranti in fuga
dalla guerra, dalla fame.
L’eroe Dardano guida
ancora oltre i confini
il suo popolo,
pari
nel genere, di uomini
e di donne, alla conquista
della dignità,
sul mare
in tempesta dell’utopia.
Mani
Mani
piccole mani nere
mani
bianche mani ferite
battono
ai vetri della macchina.
Sguardi
grandi assediano
incombenti
il mio mondo.
Mani
fioriscono nella città,
mostrano
i dolori del mondo.
Uccelli
migratori
È
arrivato dai paesi dell’est
lo
stormo di uccelli migratori,
la
notte dormono in stazione.
All’alba nascondono le coperte
tra
i nidi dei piccioni,
sopra
i chioschi delle aranciate.
Uccelli
rapaci afferrano i sacchi
al
mattino. La sera altri ripari,
ai
nidi delle rondini più vicino.
La
stella cometa
Mario
insegna a guardar le stelle
dalla
radura sopra Lagonegro.
Al
tramonto risalgono il monte
s’immergono
nel silenzio.
In
cerchio sfogliano i perché,
per
lavagna la volta celeste.
Ognuno
immagina l’incontro
con
altri cieli, con altri mondi.
I
pensieri, il colore dell’attesa
alla
ricerca della stella cometa.
35.5
Latitudine Nord -12.6 Longitudine Est
Parte
a mezzanotte il traghetto
da
Trapani a Lampedusa
il
mare dei 366 figli annegati
Stabat Mater dolorósa
iuxta crucem lacrimósa,
dum pendébat Fílius
Sono
sul camion, giorni
da
Tamara a Misurata
tempeste
di sabbia, violenza
Eia,
mater, fons amóris,
me
sentíre vim dolóris
fac, ut tecum lúgeam
Sono
sul barcone carico
da
Misurata a Lampedusa
nafta
paura fame
Fac me vere tecum flere,
Crucifíxo condolére
donec ego víxero
Sono
nell’urlo dei disperati
sprofondo
nell’acqua
conquisto
il silenzio, la pace
Iuxta crucem tecum stare,
te libenter sociáre
in planctu desídero
L’autore
Vive a
Firenze ed è stato dirigente per la Cultura alla Regione Toscana. Ha lavorato
al Consiglio Regionale, presso la presidenza e le commissioni consiliari.
Si interessa di
letteratura, saggistica, fotografia.
Per
la poesia ha pubblicato
Eratoterapia (Ladolfi Editore 2017) e
l’Antologia “Poesie 2009-2016” (Ladolfi Editore 2016), che comprende pagine
dalle raccolte La vita fa rumore, Concerto, L’invasione degli storni, Luoghi del mito, Nonluoghi, Florentia; composizioni
dedicate all’opera di Marcel Proust). L’Antologia è stata premiata (III class.) al Concorso Alda Merini
2017, al Premio Firenze 2017 (III class.) e ha ottenuto il riconoscimento
speciale al Premio Casentino 2017. Nella collana Libri Liberi, www.laRecherche.it sono pubblicati gli
e-book di poesia dell’autore. Recensioni sulle
opere, sono riportate nel sito www.literary.it.
Per
la prosa ha pubblicato,
nel 2016, il romanzo Esercizi di volo,
Europa Edizioni (riconoscimento speciale al Premio Casentino 2017). In
precedenza ha pubblicato il romanzo Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni, 2014) e la guida Elisa
Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi”
(Foglio Edizioni, 2013).
Ha realizzato mostre fotografiche
presso il Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, caffè letterari,
biblioteche, dedicate, in particolare, al rapporto fra testo, immagine
fotografica e pittura. Nel lavoro di ricerca, collabora in più occasioni, con
il pittore Enrico Guerrini.
Roberto Mosi è nella redazione delle riviste “Testimonianze” e “L’area di Broca”; nel consiglio direttivo
della Scuola di Scrittura della rivista “Semicerchio”. Collabora con “Il Foglio
Letterario” di Piombino.
Cura i blog www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it.
Indice
Lo Specchio di Turan
Il
vulcano
Turan,
dea dell’amore
Ferragosto
Le
vacanze di Tommy
Acquari
Il cavaliere
della centrale elettrica
La città
nave
La città
libro
La città
lanterna
L’arrivo
dei Francesi
Quattro
donne
Elba
Solstizio
d’estate
Cautha,
divinità solare
Buca
delle Fate
La fonte
di San Cerbone
La fonte
del Pozzino
Transumanza
Il
navicello etrusco
Tagete
I fulmini
degli dei
L’Ombra della Sera
L’aruspice
Lo
schiavo
La strega
Le luci
delle navi
Parole
Dalla
loggia
Capo
Palinuro
Moby
Prince
Il
temporale
La
spiaggia della Sterpaia
Al
margine della città
L’arrivo
dei barbari
Il
castello di Populonia
Il
mestiere dell’archeologo
Punta
Falcone
Tular
Dardanium
Mani
Uccelli
migratori
La stella
cometa
35.5
Latitudine Nord – 12.6 Longitudine Est