mercoledì 22 gennaio 2014

Un regalo diverso! "L'invasione degli storni", un viaggio nella speranza - Recensione "Semicerchio"


ROBERTO MOSI,
L’invasione degli storni,
Firenze, Gazebo, 2012, pp. 44
ALLA LIBRERIA SALVEMINI - FIRENZE


"Per ispirazione e struttura, la ‘trilogia’
di Mosi si presenta come una contemporanea
rivisitazione della Commedia
dantesca che ambisce ad un disegno
universale e allo stesso tempo ad una
marcata connotazione fiorentina. Un percorso
ascensionale che, tripartito nelle
sezioni Valle dell’Inferno, Via del Purgatorio,
Nuovo Cinema Paradiso, dà vita a
un affresco a forti immagini, giocato tra
mimesi di luoghi reali, citazioni letterarie
ed incontri con personaggi e simboli,
nella ricreazione visiva/vissuta di un patrimonio
acquisito e comune. È il viaggio
di speranza e significato da parte di un
uomo che osserva, registra e testimonia
quella frattura conflittuale tra umanità ed
ambiente che l’impegno poetico è chiamato
a sanare, ma che il ‘maglio della
Storia’ pare riconfermare ad ogni passo.
Nella prima parte, la valle dell’Inferno, sorvegliata
dalla vigile Cornacchia, altro non
è che la postmoderna discarica del mondo,
o come scrive Giuseppe Panella nella
Prefazione «il non-luogo del consumo e
della disarmonia»: l’immagine altrimenti
positiva del passaggio degli uccelli migratori
si riflette sul degrado della comunità
speculatrice, in una paludosa congestione
dalla quale tra i miasmi affiorano mostruose
presenze alla coscienza, tra reale
e virtuale, tradizione ed espressionismo;
anche il ritmo sembra rallentare al peso
di alcuni giudizi sulla storia recente. 

Si passa quindi all’atmosfera umbratile e
alla più scarna precisione del linguaggio
della parte centrale, ovvero il bianco inesorabile
«Tempo dell’Attesa» scandito tra
le squallide mura di un purgatoriale Reparto
oncologico, nel quale l’unica linfa è
la chemioterapia e il paziente è un provvisorio
homo viator osservato in silenzio
dal Ragno che tesse la tela degli umani
destini. 

Poi la malattia sembra vinta e,
sempre con la guida di Gabriella, novella
Beatrice coronata di luce, si conclude
l’ascesa salvifica: come sullo schermo di
un Cinema scorrono in tripudio uno dopo
l’altro fotogrammi luminosi e ‘trasfigurati’.
E qui, nella fucina dove «Appare il senso,
la forma, / il fuoco abbraccia la creta, / l’opera
è pronta per brillare...», approda l’epilogo
di un cammino pensoso ed umano
che non rinuncia a stemperare i mortali
vizi nelle immortali virtù dell’arte. Mentre
anche le presenze naturali, gli uccelli, si
fanno parte integrante della Commedia
in una sintesi che ricompone a scrigno il
cosmo di Mosi: «Nei nidi appesi alle gronde
/ riposano i racconti del mondo, / la
testa sotto le ali».
(Caterina Bigazzi)
Semicerchio nn. 48-49 2013, pag. 231