domenica 29 gennaio 2023

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Roberto Mosi, “Il nostro giardino globale”, online

 

Presentazione  di Giuseppe Baldassarre

 

 

Invito a ri-conoscere il giardino globale

 

San Francesco nel Cantico di Frate Sole:

per sora nostra matre terra,

la quale ne sustenta et governa,

et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

 

Thich Nhat Hanh:

la tua coscienza è la coscienza della Terra.

 

Il nostro santo di Assisi nel 1200 e il monaco buddista vietnamita pochi anni fa, entrambi affermano il profondo rapporto che c'è fra l'uomo e la natura: oltre le parole, belle e profonde, ci indicano una verità tangibile e un monito inevitabile.

 

E padre Ernesto Balducci con semplicità: L’uomo planetario è il nuovo cittadino del villaggio globale, in ascolto e in dialogo.

 

Nella problematica uomo-natura, uomo-terra, uomo-vita nelle molteplici forme esistenti ci introduce Roberto Mosi con la sua silloge poetica dedicata al 'giardino globale'. Metafora per indicare la terra-cosmo in cui noi uomini ci troviamo ad esistere interagendo con le molte specie viventi e con tutti gli elementi inorganici. La problematica della presenza dell'uomo e dell'antropizzazione della Terra, della cosiddetta sostenibilità o anche decrescita felice, trova nella scrittura poetica la giusta attenzione, la partecipazione intelligente e colta, accompagnata dall'emotività e  sensibilità consone al tema.

'Leggère le mie parole' dice l'autore proprio all'inizio del testo introduttivo. E vengono elencate piante e animali che l'uomo deve considerare alleate nello svolgimento di premuroso custode passeggero del creato. Rinominare quasi per ricreare e riscoprire.

Rispetto per tutto e tutti, anche per le erbacce che crescono spontaneamente dovunque, nei posti abbandonati e quelli più impensati. Si evidenzia in questo quadro il contrasto tra quanto l'uomo riesce ancora a costruire di grandioso e in armonia con la natura e quanto produce di tragico e brutale operando con violenza e sopraffazione, con la crudele guerra.

            Mentre sarebbe così semplice ritornare a vedere con occhi ingenui di una bambina (Anna), che con i suoi compagni disegna come vedono il quartiere:

 

Le pagine piene di colori

vivaci, di facce allegre

un pensiero per tutti, giovani

e vecchi, piante e animali.

Una vera lezione per tutti.

 

La biodiversità riconosciuta come elemento primigenio dell'essere vive in questo momento.

Invitandoci ad entrare nel giardino globale, partecipi, consapevoli e attenti, Roberto Mosi sottolinea come la poesia e lo sguardo ingenuo del poeta e dell’artista sia quello più appropriato per dialogare con la Natura. E questo è invito e compito di tutti, proprio tutti.

 

L’amore

finisce dove finisce l’erba

e l’acqua muore.

 

Scriveva il poeta Giorgio Caproni nei suoi 'Versicoli quasi ecologici'. E siamo ancora in tempo, per poco forse, a ritornare in armonia con la Natura.

 

                                                             Giuseppe Baldassarre

  * * *  * * 



       Roberto Mosi, “Il nostro giardino globale”, Raccolta online, 19-1-2023

         Postfazione dell’Autore

 

 L’Arte e la crisi climatica

 

L’arte scuote dall’animo la polvere accumulata

nella vita di tutti i giorni

Pablo Picasso

 

L’arte è in grado di dare risonanza a fenomeni che incombono sul destino dell’uomo e coinvolge la sfera emotiva di ognuno di noi, riesce a cambiare la prospettiva di osservazione di chi guarda: le opere d’arte si trasformano in “oggetti parlanti” ricchi di significato che possono trasmettere l’urgenza di una certa tematica e allo stesso tempo spingere l’osservatore ad agire.

L’attivista Bill McKibben, scrittore e giornalista, avvertì venti anni orsono la necessità di sensibilizzare gli artisti sulla crisi climatica in atto, convinto del fatto che non fosse ancora stata compresa la sua portata tragica. Lanciò così un appello alla comunità artistica sottolineando l’urgenza di un ritorno all’immaginazione che solo gli artisti sono in grado di ricreare. L’immediatezza e le la forza del messaggio artistico rendono infatti più accessibili i dati scientifici all’uomo comune e trasmettono in modo diretto lo status della crisi.

 

Si pone in questa prospettiva la mostra “Il giardino globale”, organizzata dal Circolo degli Artisti “Casa di Dante” di Firenze con il proposito di promuovere l’impegno degli artisti, in dialogo con il pubblico, su argomenti di grande attualità: la salvaguardia del pianeta, il riscaldamento globale, l'energia e il destino della stessa umanità e della Terra, da considerare come il nostro giardino globale.

Emerge sempre più nell'arte contemporanea la consapevolezza di una pluralità di legami che connettono tra loro forme di vita differenti, ecosistemi, tecnologie, frammenti di natura e storia. La natura, le nature, in forma plurale, ibrida, frammentata, tornano così ad essere focali anche nel mondo dell'espressione.

Ci si chiede in che modo la poesia contemporanea, in dialogo con le arti figurative, il pensiero filosofico e le scienze naturali e sociali, sia impegnata in un processo di ridefinizione del rapporto con la natura. Di questi tempi, infatti, l’attenzione non solo è concentrata sulla crisi ecologica ma si parla anche di ecologia della parola, di poesia-paesaggio e di poesia come ossigeno (si veda di Niccolò Scaffai Letteratura e ecologia, Carocci 2017, e Racconti del Pianeta Terra, Einaudi 2022).

La catastrofe che viene prospettata in cosa consiste? Qualche dato scientifico: l‘osservatorio americano di Manua Loa indica che la concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera ha superato i 416 ppm (parti per milione). Oltre a registrare la trasformazione del clima di origine antropica, questo dato mostra che la realtà ecologica si degrada a una velocità sorprendente, specialmente se si pensa che questo valore è sempre rimasto al di sotto dei 300 ppm fino agli inizi del `900 (le variazioni del tasso di diossido di carbonio si possono consultare sul sito https://gml.noaa.gov/ccgg/trends/). Un altro rapporto, pubblicato dall‘IPBES (The Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), rileva una perdita di biodiversità e di funzioni ecosistemiche senza precedenti (il rapporto dell’IPBES è consultabile al link: https://ipbes.net/global-assessment). Senza considerare poi l’inquinamento marino dovuto alla plastica, moltiplicato per 10 dal 1980, quello dei rifiuti non trattati, delle discariche selvagge… L’umanità non ha mai sfruttato tanto il pianeta né prodotto tanti rifiuti (si veda Lucia della Fontana, La poesia all’epoca dell’Antropocene, in “L’Ulisse”, n.24, 2021, pagg. 226-234).

Ma che cosa si può fare di fronte al disastro ecologico? La crisi ecologica, scrive Amitav Ghosh, è anzitutto, una crisi dell’immaginazione: se c’è una cosa che il cambiamento climatico ha chiarito, è che continuare a pensare al mondo così com’è equivale a un suicidio collettivo (Ghosh, La grande cecità : il cambiamento climatico e l’impensabile, Vicenza, Neri Pozza, 2017,  cap. II.). È necessario rivedere le strutture di pensiero che ci condizionano e che hanno dato forma alla nostra soggettività e ai nostri canoni rappresentativi, a partire dallo schema binario che ci ha consentito di separare cultura e natura, “togliendo l’anima” ad una parte di mondo. È necessario assottigliare le barriere tra le discipline scientifiche e umanistiche, tra la storia naturale e la storia umana, tra soggetto e oggetto, tra corpo e mente, tra umano e disumano, tra attivo e passivo, tra animato e inanimato…

Laura Pugno sostiene che la poesia sa trovare gli espedienti per sopravvivere in un ambiente ostile: «ha bisogno di mezzi minimi, neanche della scrittura a rigore, è capace di sopravvivere ovunque, come gli scorpioni, con la stessa implacabile natura che alla fine riemergerà» ( L. Pugno, In territorio selvaggio: corpo, romanzo, comunità, Milano, Nottetempo, 2018, pp. 29-30).

Anche Poesia come ossigeno, il libro a tre voci in cui Antonella Anedda e Elisa Biagini dialogano con Riccardo Donati, propone la metafora della poesia che preserva la specie-scrittura e con essa una parte di mondo che altrimenti andrebbe estinto (A. Anedda, E. Biagini, Poesia come ossigeno : per un'ecologia della parola, a cura di Riccardo Donati, Milano, Chiarelettere, 2021). Emerge l‘immagine di una poesia resistente e pioniera che richiama la ginestra leopardiana, una poesia che nonostante la precarietà, o proprio grazie ad essa, sopravvive ai margini, tra gli scarti. Da questa visione “marginale” scaturisce l’analogia tra poesia e Terzo Paesaggio, ampiamente esplorata da Laura Pugno nella sua rubrica sul sito «Le parole e le cose» (la rubrica di Laura Pugno è consultabile all’indirizzo http://www.leparoleelecose.it/).

L’ecologia può collegare la poesia e la cittadinanza, può mettere in relazione l’io e gli altri e considerarli come ‘noi’. La poesia che anima queste sfere di interessi, può investire più livelli, dalla bellezza di determinati ”quadri naturali” alla crisi climatica, alla relazione tra noi e la vita delle cose.

Laura Pugno ha parlato della poesia come di un essere vivente, tenace al pari degli scorpioni, la poesia è dotata di una sua ‘natura’ e di un habitat ideale: il bosco, il «territorio selvaggio», che vale anche come emblema e metafora di una scrittura libera dalle regole e dalle imposizioni cui spesso devono sottostare altri generi letterari. È anche in questo senso che la poesia può definirsi, attraverso un’analogia ambientale, come Terzo Paesaggio.

Com’è noto, l’espressione «terzo paesaggio» è ripresa da un libro di Gilles Clément (Gilles Clément, “Manifesto del Terzo paesaggio”, Quodlibet 2005). Per Clément, il terzo paesaggio include gli spazi che non sono luoghi funzionalmente abitati e antropizzati; sono piuttosto territori marginali, che l’uomo ha disertato: non tanto e non solo, cioè, le riserve naturali, ma anche le aree industriali dismesse, i margini delle periferie tra città e campagna, gli interstizi del paesaggio urbano come le aiuole e i terreni vaghi. In questi ambienti si forma un ecosistema che ospita specie adattate a vivere in quel contesto, che è perciò da conoscere e preservare a vantaggio della biodiversità. Metafore e immagini del terzo paesaggio contribuiscono ormai a delineare un panorama dai confini aperti, in cui emergono, insieme ad autori di generazioni più recenti, le voci canoniche della poesia italiana contemporanea. Emerge una visione del mondo, un insieme di idee e considerazioni consonanti con la figura dell’uomo planetario quale è stata delineata da Ernesto Balducci: è il nuovo cittadino del villaggio globale, in ascolto e in dialogo con il diverso per cultura, etnia, religione, in nome della comune umanità e della sopravvivenza della specie e dell’intero pianeta (Ernesto Balducci, L’uomo planetario, Giunti 2005).

 

La raccolta poetica Il nostro giardino globale fa riferimento alle coordinate ora indicate, declina le angosce che ci tormentano sul destino dell’uomo e del giardino nel quale vive, sia nel respiro della vita quotidiana che nella visione di orizzonti più ampi: cerca di suscitare scintille di ragionevolezza e di speranza per la comune salvezza.

 

 





 

martedì 24 gennaio 2023

Il tremendo re Radagaiso di Guerrini, Libreria Salvemini - Presentazione del libro "Barbari" con Chiostri e Campinoti - Il commento di Nicoletta Manetti

Re Radagaiso disegnato da Enrico Guerrini

La locandina dell'incontro

L'autore



Libreria Salvemini: Jacopo Chiostri, Roberto Mosi, Renato Campinoti e Mauro


       Libreria Salvemini



La battaglia del Pian del Mugnone, sotto Fiesole, 406 d.C., di Enrico Guerrini


La battaglia di Giorgio Vasari, Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio


Rufo, il protagonista del libro, nella sua villa di Montereggi, in alto Vetta le Croci (Guerrini)


Mappa geografica dell'epoca


Il generale Stilicone, la moglie Serena e il figlio Eucherio (Guerrini)


Il Sentiero di Stilicone, da Fiesole all'Olmo


Stilicone e Radagaiso (Guerrini)


La recensione al libro di jacopo Chiostri, in Toscana Nuova, dic. 2022


La recensione di Renato Campinoti


Segnaletica sul Sentiero di Stilicone


Scheda editoriale del libro

BARBARI

Dalle Steppe a Florentia alla porta Contra Aquilonem

Roberto Mosi - Masso delle Fate Edizioni, 2022, pagg.90, 12

info@massodellefate.it ; t. 055 8734952

 

Sono arrivati i barbari a migliaia e migliaia dai lontani confini dell’Impero romano, comandati dal re Radagaiso!

Hanno invaso l’Italia del nord devastando e depredando e si stanno per muovere verso Roma per infliggere un colpo mortale alla potenza più grande che l’umanità abbia mai conosciuto. Sulla strada per Roma si trova Florentia, centro importante della Tuscia.

Rufo, il protagonista del libro, parla dei momenti di terrore che sta vivendo la città; ha combattuto a fianco di famosi comandanti romani, come il generale Stilicone, e ha presto parte a prestigiose ambascerie presso altri popoli. Nell’anno 405 d.C., quando i barbari irrompono in Italia, si è già ritirato dall’esercito, partecipa alla vita politica di Florentia e dedica gran parte del suo tempo alla cura dei suoi possedimenti sulle colline di Fiesole.

Al centro del racconto di Rufo l’arrivo di Radagaiso davanti a Florentia, la resistenza eroica dei cittadini nelle lunghe, infinite settimane dell’assedio in attesa dell’arrivo dell’esercito romano comandato da Stilicone e la sanguinosa battaglia nella valle del Mugnone, presso la città di Fiesole, nella quale il re Radagaiso è sconfitto e fatto prigioniero. E’ l’ultima vittoria di Roma contro i barbari, prima del crollo finale dell’impero!

Nelle parole di Rufo si coglie la nostalgia per il mondo del passato legato alla gloria di Roma e nel contempo sono messi in evidenza argomenti che sentiamo ancora attuali, di rilievo per la nostra epoca: lo scontro fra religioni, il crollo di grandi potenze, la migrazione di interi popoli. Un aspetto questo che rende particolarmente interessante il romanzo.

 

Libreria Feltrinelli, via de’ Cerretani 4 Firenze

Libreria Salvemini, piazza Salvemini 18 (Arco di San Pierino), Fi


                                                          Copertina del libro

* * * * *

                                      Il luogo, oggi, della battaglia


“BARBARI”, Roberto Mosi - Commento di Nicoletta Manetti

 

Ogni libro di Roberto Mosi è un invito a un viaggio, per mete mai uguali, ogni volta sorprendenti. Le sue pagine si fanno tappeto volante. Dove ci porta stavolta? Non lontano geograficamente - protagonista è la sua città, Firenze - ma lontanissimo nel tempo, in un’epoca di cui conoscevo pochissimo e comunque  poco trattata e descritta finora se non nei saggi storici. Siamo nella Florentia romana del 410 d.c. Dall’alto del nostro tappeto volante vediamo Rufo che, dopo una vita spedizioni militari e ambascerie a difesa dell’Impero, finalmente può godere agi e riposo nella sua bella villa di Montereggi, sulle pendici di Faesulae. Sono appena terminati i lavori di restauro dopo la devastazione a opera dei barbari, quattro anni prima. Nella “stanza dei ricordi”, affacciata sulla campagna che pare un anfiteatro ad abbracciare il Mugnone, la sua mente  torna a quei giorni terribili, quando la terra aveva tremato di terrore per l’imminente arrivo dei Goti, diretti a Roma. Si sapeva che insieme a loro, guidati dal feroce re Radagaiso, sarebbe arrivato l’inferno, già divampato a Mutina e poi a Bononia. Solo l’abilità del generale Stilicone e la grandezza dell’esercito romano erano riusciti a fermare sotto le mura di Florentia l’assalto dei barbari, che furono sterminati. Testimoni le diecimila croci sul monte alle spalle della villa di Rufo. L’ultima vittoria dei romani prima della fine.

Le descrizioni sono minuziose, tali da restituirci un mondo tridimensionale, ma la scrittura non perde mai di leggerezza. Questa la cifra di Mosi: porgere la cultura con semplicità. E la lettura dei suoi libri è sempre piacevolissima.





giovedì 19 gennaio 2023

Roberto Mosi "Il nostro giardino globale", in mostra alla Collettiva "Il giardino globale", Circolo degli Artisti "Casa di Dante" 11-23 febbraio '23 - #librosostenibile


La Raccolta di poesia online

* * * * *

Roberto Mosi, “Il nostro giardino globale”, online 19-1-2023

 

Prefazione  di Giuseppe Baldassarre

 

 

Invito a ri-conoscere il giardino globale

 

San Francesco nel Cantico di Frate Sole:

 

per sora nostra matre terra,

la quale ne sustenta et governa,

et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.

 

Thich Nhat Hanh:

 

la tua coscienza è la coscienza della Terra.

 

Il nostro santo di Assisi nel 1200 e il monaco buddista vietnamita pochi anni fa, entrambi affermano il profondo rapporto che c'è fra l'uomo e la natura: oltre le parole, belle e profonde, ci indicano una verità tangibile e un monito inevitabile.

 

E padre Ernesto Balducci con semplicità: L’uomo planetario è il nuovo cittadino del villaggio globale, in ascolto e in dialogo.

 

Nella problematica uomo-natura, uomo-terra, uomo-vita nelle molteplici forme esistenti ci introduce Roberto Mosi con la sua silloge poetica dedicata al 'giardino globale'. Metafora per indicare la terra-cosmo in cui noi uomini ci troviamo ad esistere interagendo con le molte specie viventi e con tutti gli elementi inorganici. La problematica della presenza dell'uomo e dell'antropizzazione della Terra, della cosiddetta sostenibilità o anche decrescita felice, trova nella scrittura poetica la giusta attenzione, la partecipazione intelligente e colta, accompagnata dall'emotività e  sensibilità consone al tema.

'Leggère le mie parole' dice l'autore proprio all'inizio del testo introduttivo. E vengono elencate piante e animali che l'uomo deve considerare alleate nello svolgimento di premuroso custode passeggero del creato. Rinominare quasi per ricreare e riscoprire.

Rispetto per tutto e tutti, anche per le erbacce che crescono spontaneamente dovunque, nei posti abbandonati e quelli più impensati. Si evidenzia in questo quadro il contrasto tra quanto l'uomo riesce ancora a costruire di grandioso e in armonia con la natura e quanto produce di tragico e brutale operando con violenza e sopraffazione, con la crudele guerra.

            Mentre sarebbe così semplice ritornare a vedere con occhi ingenui di una bambina (Anna), che con i suoi compagni disegna come vedono il quartiere:

 

Le pagine piene di colori

vivaci, di facce allegre

un pensiero per tutti, giovani

e vecchi, piante e animali.

Una vera lezione per tutti.

 

La biodiversità riconosciuta come elemento primigenio dell'essere vive in questo momento.

Invitandoci ad entrare nel giardino globale, partecipi, consapevoli e attenti, Roberto Mosi sottolinea come la poesia e lo sguardo ingenuo del poeta e dell’artista sia quello più appropriato per dialogare con la Natura. E questo è invito e compito di tutti, proprio tutti.

 

L’amore

finisce dove finisce l’erba

e l’acqua muore.

 

Scriveva il poeta Giorgio Caproni nei suoi 'Versicoli quasi ecologici'. E siamo ancora in tempo, per poco forse, a ritornare in armonia con la Natura.

 

                                                             Giuseppe Baldassarre


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Roberto Mosi, “Il nostro giardino globale”, online

 

Scheda dell’Autore

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L’Arte e la crisi climatica

 

L’arte scuote dall’animo la polvere accumulata

nella vita di tutti i giorni

                                        Pablo Picasso

 

L’arte è in grado di dare risonanza a fenomeni che incombono sul destino dell’uomo e coinvolge la sfera emotiva di ognuno di noi, riesce a cambiare la prospettiva di osservazione di chi guarda: le opere d’arte si trasformano in “oggetti parlanti” ricchi di significato che possono trasmettere l’urgenza di una certa tematica e allo stesso tempo spingere l’osservatore ad agire.

L’attivista Bill McKibben, scrittore e giornalista, avvertì venti anni orsono la necessità di sensibilizzare gli artisti sulla crisi climatica in atto, convinto del fatto che non fosse ancora stata compresa la sua portata tragica. Lanciò così un appello alla comunità artistica sottolineando l’urgenza di un ritorno all’immaginazione che solo gli artisti sono in grado di ricreare. L’immediatezza e le la forza del messaggio artistico rendono infatti più accessibili i dati scientifici all’uomo comune e trasmettono in modo diretto lo status della crisi.

Si pone in questa prospettiva la mostra “Giardino globale”, organizzata dal Circolo degli Artisti “Casa di Dante” di Firenze con il proposito di promuovere l’impegno degli artisti, in dialogo con il pubblico, su argomenti di grande attualità: la salvaguardia del pianeta, il riscaldamento globale, l'energia e il destino della stessa umanità e della Terra, da considerare come il nostro giardino globale.

Emerge sempre più nell'arte contemporanea la consapevolezza di una pluralità di legami che connettono tra loro forme di vita differenti, ecosistemi, tecnologie, frammenti di natura e storia. La natura, le nature, in forma plurale, ibrida,

frammentata, tornano così ad essere focali anche nel mondo dell'espressione.

Ci si chiede in che modo la poesia contemporanea, in dialogo con le arti figurative, il pensiero filosofico e le scienze naturali e sociali, sia impegnata in un processo di ridefinizione del rapporto con la natura. Di questi tempi, infatti, l’attenzione non solo è concentrata sulla crisi ecologica ma si parla anche di ecologia della parola, di poesia-paesaggio e di poesia come ossigeno (si veda di Niccolò Scaffai Letteratura e ecologia, Carocci 2017, e Racconti del Pianeta Terra, Einaudi 2022).

La catastrofe che viene prospettata in cosa consiste? Qualche dato scientifico: l‘osservatorio americano di Manua Loa indica che la concentrazione di diossido di carbonio nell’atmosfera ha superato i 416 ppm (parti per milione). Oltre a registrare la trasformazione del clima di origine antropica, questo dato mostra che la realtà ecologica si degrada a una velocità sorprendente, specialmente se si pensa che questo valore è sempre rimasto al di sotto dei 300 ppm fino agli inizi del `900 (le variazioni del tasso di diossido di carbonio si possono consultare sul sito https://gml.noaa.gov/ccgg/trends/). Un altro rapporto, pubblicato dall‘IPBES (The Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services), rileva una perdita di biodiversità e di funzioni ecosistemiche senza precedenti (il rapporto dell’IPBES è consultabile al link: https://ipbes.net/global-assessment). Senza considerare poi l’inquinamento marino dovuto alla plastica, moltiplicato per 10 dal 1980, quello dei rifiuti non trattati, delle discariche selvagge… L’umanità non ha mai sfruttato tanto il pianeta né prodotto tanti rifiuti (si veda Lucia della Fontana, La poesia all’epoca dell’Antropocene, in “L’Ulisse”, n.24, 2021, pagg. 226-234).

Ma che cosa si può fare di fronte al disastro ecologico? La crisi ecologica, scrive Amitav Ghosh, è anzitutto, una crisi dell’immaginazione: se c’è una cosa che il cambiamento climatico ha chiarito, è che continuare a pensare al mondo così com’è equivale a un suicidio collettivo (Ghosh, La grande

cecità : il cambiamento climatico e l’impensabile, Vicenza, Neri Pozza, 2017, cap. II.). È necessario rivedere le strutture di pensiero che ci condizionano e che hanno dato forma alla nostra soggettività e ai nostri canoni rappresentativi, a partire dallo schema binario che ci ha consentito di separare cultura e natura, “togliendo l’anima” ad una parte di mondo. È necessario assottigliare le barriere tra le discipline scientifiche e umanistiche, tra la storia naturale e la storia umana, tra soggetto e oggetto, tra corpo e mente, tra umano e disumano, tra attivo e passivo, tra animato e inanimato…

Laura Pugno sostiene che la poesia sa trovare gli espedienti per sopravvivere in un ambiente ostile: «ha bisogno di mezzi minimi, neanche della scrittura a rigore, è capace di sopravvivere ovunque, come gli scorpioni, con la stessa implacabile natura che alla fine riemergerà» ( L. Pugno, In territorio selvaggio: corpo, romanzo, comunità, Milano, Nottetempo, 2018, pp. 29-30).

Anche Poesia come ossigeno, il libro a tre voci in cui Antonella Anedda e Elisa Biagini dialogano con Riccardo Donati, propone la metafora della poesia che preserva la specie-scrittura e con essa una parte di mondo che altrimenti andrebbe estinto (A. Anedda, E. Biagini, Poesia come ossigeno : per un'ecologia della parola, a cura di Riccardo Donati, Milano, Chiarelettere, 2021). Emerge l‘immagine di una poesia resistente e pioniera che richiama la ginestra leopardiana, una poesia che nonostante la precarietà, o proprio grazie ad essa, sopravvive ai margini, tra gli scarti. Da questa visione “marginale” scaturisce l’analogia tra poesia e Terzo Paesaggio, ampiamente esplorata da Laura Pugno nella sua rubrica sul sito «Le parole e le cose» (la rubrica di Laura Pugno è consultabile all’indirizzo http://www.leparoleelecose.it/).

L’ecologia può collegare la poesia e la cittadinanza, può mettere in relazione l’io e gli altri e considerarli come ‘noi’. La poesia che anima queste sfere di interessi, può investire più livelli, dalla bellezza di determinati ”quadri naturali” alla crisi climatica, alla relazione tra noi e la vita delle cose.

Laura Pugno ha parlato della poesia come di un essere vivente, tenace al pari degli scorpioni, la poesia è dotata di una

sua ‘natura’ e di un habitat ideale: il bosco, il «territorio selvaggio», che vale anche come emblema e metafora di una scrittura libera dalle regole e dalle imposizioni cui spesso devono sottostare altri generi letterari. È anche in questo senso che la poesia può definirsi, attraverso un’analogia ambientale, come Terzo Paesaggio.

Com’è noto, l’espressione «terzo paesaggio» è ripresa da un libro di Gilles Clément (Gilles Clément, “Manifesto del Terzo paesaggio”, Quodlibet 2005). Per Clément, il terzo paesaggio include gli spazi che non sono luoghi funzionalmente abitati e antropizzati; sono piuttosto territori marginali, che l’uomo ha disertato: non tanto e non solo, cioè, le riserve naturali, ma anche le aree industriali dismesse, i margini delle periferie tra città e campagna, gli interstizi del paesaggio urbano come le aiuole e i terreni vaghi. In questi ambienti si forma un ecosistema che ospita specie adattate a vivere in quel contesto, che è perciò da conoscere e preservare a vantaggio della biodiversità. Metafore e immagini del terzo paesaggio contribuiscono ormai a delineare un panorama dai confini aperti, in cui emergono, insieme ad autori di generazioni più recenti, le voci canoniche della poesia italiana contemporanea. Emerge una visione del mondo, un insieme di idee e considerazioni consonanti con la figura dell’uomo planetario quale è stata delineata da Ernesto Balducci: è il nuovo cittadino del villaggio globale, in ascolto e in dialogo con il diverso per cultura, etnia, religione, in nome della comune umanità e della sopravvivenza della specie e dell’intero pianeta (Ernesto Balducci, L’uomo planetario, Giunti 2005).

 

La raccolta poetica Il nostro giardino globale fa riferimento alle coordinate ora indicate, declina le angosce che ci tormentano sul destino dell’uomo e del giardino nel quale vive, sia nel respiro della vita quotidiana che nella visione di orizzonti più ampi: cerca di suscitare scintille di ragionevolezza e di speranza per la comune salvezza.