Video
Eratoterapia
Roberto
Mosi
“Me pascunt olivae,
me cichorea levesque
malvae.
Frui paratis et valido
mihi,
Latoe, dones, at, precor, integra
cum mente, nec turpem senectam,
degere nec cithara carentem”.
Orazio, Odi, I, 31, vv. 16-21*
Indice
Eratoterapia
Il nonno poeta
Il canto
La Cupola
Il sentiero Garibaldi
Le nozze
Parola-poesia
L’arcobaleno
Poeti
Le pietre della piazza
La lotteria
Il sentiero
Terapia
La parrucca
Aleppo è vicina
Messaggi d’amore
Labirinti
La badante
Le stanze della memoria
Il contratto
Populonia
Le nozze d’oro
Passi sulla neve
La valle
Ricordi
Passione
Il viale dell’ospedale
Il cimitero
Spirali di nebbia
L’anello delle colline
Festa con gli amici
Lupo solitario
Sinfonia
Lettera per Marta, “Curarsi con la poesia”
Note
L’autore
Il nonno poeta
"Il nonno
lavora?"
"Sì". "Che
lavoro fa?"
"Fa il poeta".
Non è colpa mia
se Anna crede questo,
del nonno.
E' nell'età
dell'innocenza, le si può
concedere tutto.
Avrà pazienza, la poesia,
se la credono presente
in un centro per anziani.
Il
canto
L’angolo dello studio
è invaso da bambole
culle, lettini fino
ai piedi della scrivania.
Anna col biberon
della sera, rimbocca
le coperte, canta
la ninna nanna.
Barbie non dorme
piange disperata.
La prende in braccio
e, improvviso, il canto:
“Avanti popolo
alla
riscossa, bandiera
rossa,
bandiera
rossa,
trionferà!”
Barbie s’addormenta
di colpo. Sono stupito.
Dalla rivoluzione
alla nenia per Barbie!
La Cupola
Conta le persone in fila
in piazza Duomo,
corre avanti e indietro.
La musica del violino
la insegue.
Conta gli scalini,
quattrocentosessanta,
per salire
al ballatoio, alla volta
affrescata dal Vasari.
Conta i diavoli
del Giudizio
Universale.
Le bocche spalancate
divorano schiere
di dannati ignude.
Conta affannata
i gradini dell’ultima
rampa, avvolta fra
le ali della Cupola.
Conta dalla balaustra
ai piedi della Lanterna,
i luoghi della sua vita
nel paesaggio di strade
e colline.
Felice, chiama
la mamma al telefono.
Il
sentiero Garibaldi **
Venticinque
bambini vocianti
sul sentiero da Marradi,
in mano palloni
per la partita
al rifugio Valsole.
Il generale Garibaldi
apre il cammino
a cavallo del mulo,
suona l’armonica:
“Va fuori d’Italia,
va
fuori che è l’ora,
va
fuori straniero”.
Il brigante Buriga
osserva la scena
dal profondo del bosco.
Chiudo la lunga fila,
il sentiero s’impenna,
in alto il cielo sereno.
Seguo, felice, il suono
dell’armonica.
Le nozze *
Oggi
ho salito le scale del Palazzo
Costanza al mio braccio,
con noi la poesia
di Neruda, il poeta
giunto dalle Ande cilene:
“E quando in Palazzo Vecchio,
bello
come un’agave di pietra,
salii
i gradini consunti
uscì
a ricevermi un operaio
capo
della città”,
Ieri,
sessanta anni fa,
il sindaco della città
“ che da
queste
strade
contorte venne a mostrare
il
cuore della bellezza
a
tutte le strade del mondo”.
Oggi,
ancora,
la semplicità
della bellezza
nella
nostra “vecchia città
di
pietra e d’argento”.
Parola - poesia
Libera vola
parola - poesia
dipinta di celeste,
gli occhi di Giulia.
Siedi elegante,
al fianco di Proust
alla cena dell’Hotel Ritz,
Place Vendôme.
Scendi leggera
nel frastuono
dei non luoghi,
nella città.
Esci coperta di fiori
nel prato di Botticelli,
trionfante
immagine di Fiorenza.
Risplendi di rosso
affacciata al finestrino
dell’ultimo tram,
nella notte.
Vesti l’abito
bianco,
guida preziosa
al poeta smarrito
nella rete dei versi.
Vola sulle ali
della voce
parola - poesia
oltre la monotonia della vita.
L’arcobaleno
Il temporale lascia
la valle dei mulini,
risuona l’allegria
delle acque, il
cigolio
delle ruote, lo scricchiolio
delle pale luccicanti
ai raggi del sole.
L’aria si fa iridescente
germogliano archi
di luce, s’inarca
improvviso l’arcobaleno
abbraccia le valli vicine.
In ogni angolo della vita
i colori dell’arcobaleno.
Poeti
Erato guarda dall'alto,
le mani nei capelli,
il pubblico adorante
sull'aia della casa.
Maria sospira d'amore
Anna alza il braccio al cielo
Miriam si tormenta le mani
Fosca è piena d'allegria
Gianna gesticola parole
Lucio stravolge gli occhi
Lelio canta lugubre la morte.
Erato volge la testa,
le mani nei capelli,
verso le ombre
della notte.
Le pietre della piazza
Alle nove si accende
sulle pietre della piazza
bagnate di pioggia,
l’insegna luminosa.
Le
sabbie dei giardini
fioriscono
di profumi,
il
falco si tuffa nel blu
del
mare d’oriente,
un
pesce fra gli artigli.
Nel
campo beduino
le
ragazze ballano
occhi
neri d’antracite,
la
veste nera del cielo
respira
di stelle.
Alle nove della sera
si spenge sulle pietre
bagnate di pioggia,
l’insegna luminosa.
La lotteria
L’edicola all’angolo della strada
ha i colori dei manifesti della lotteria.
Acquisto per trenta euro, tre biglietti
per la crociera intorno al mondo.
La valigia dei sogni è già pronta.
Amin in fila dietro di me, compila
un modulo, in mano trenta euro
da spedire. “Questa sera mia moglie,
al villaggio, potrà accendere il fuoco.”
Il sentiero
Sono giunto al prato
dove sorge la baita,
a tre quarti del cammino.
Avanzo per i fianchi
della montagna
fino alla vetta
vestito da scalatore
corde, chiodi
ramponi, piccozza.
Riuscirò a scoprire
all’arrivo sulla cima
il senso della vita?
Terapia
Nella notte mi sveglio
il sonno sparisce,
vola via lontano.
La poesia prende il posto
dei sogni, compongo
in versi suoni e silenzi.
Nella mente cresce
l’ammasso d’argilla,
cerco il colore, la forma.
Un verso brilla di rara
luce, lo ripeto all’infinito
felice per la conquista.
Al mattino mi fermo
alla casa di Erato
per il conto da saldare.
La parrucca
Il leone ruggisce
dalla maglietta bianca,
sopra le parole: “Per me
tutto è possibile”.
Le leonesse intorno,
lo sguardo stupito.
Sulla criniera bianca
una folta parrucca bionda.
Aleppo è vicina
Il sole tramonta
alle venti e tredici
il venti di agosto.
Si sale al Piazzale
per il Monte alle Croci.
Folla di flash
occhi di meraviglia
selfie
straordinari
in dono agli amici.
Una sposa cinese,
il fotografo a fianco,
corre, le ciabatte ai piedi,
per cogliere l’ultimo raggio.
Un manto di luce rossa
sulle acque dell’Arno
fino all’orizzonte.
Grigia la fuga dei ponti.
Sullo sfondo un aereo
in discesa, trafitto
da schegge di fuoco.
Aleppo è vicina.
E il rosso del sangue.
Messaggi d’amore
La rete mi vuole bene
mi abbraccia di messaggi
si preoccupa della salute,
del mio futuro.
Come va il tuo udito,
non devi isolarti:
senti quando gli amici
parlano a bassa voce?
Hai vuoti di memoria
giramenti di testa?
Villa Serena ti aspetta
per
un controllo.
Il miglior prezzo
per il tuo funerale,
cerimonia sontuosa
bara di palissandro.
Benedico la rete,
si occupa anche dei fatti
del cuore: Maria mi manda
messaggi per incontrarmi.
Sarà vero amore?
Labirinti
Destra e sinistra
sono uguali,
non c’è differenza.
Segui la voce del popolo
le parole del capo.
Avanzo nel buio
del labirinto, inciampo
batto la testa alle pareti.
Brucia l’angoscia
della solitudine.
La badante
Dove vanno le badanti
a Ferragosto?
Maria giunta dall’altra
parte del mare,
profumi di fiori
la pelle lucida d’ambra.
Al suo braccio,
sicuro, attraverso
il paesaggio
del quartiere, di periferia.
La panchina di legno verde,
il giardino deserto.
Ci raggiunge un
gatto nero,
gli parlo della giornata.
Suona il cellulare.
Dall’altra parte del mondo
le parole ballano
sul registro dell’allegria
della tristezza,
piangi, urli, premi
l’apparecchio dentro di te.
All’ora di pranzo
mi solleva dalla panchina.
In posizione eretta
lancio in avanti la gamba
sinistra poi la destra.
Al suo braccio scompare
il tremito delle mani.
La memoria non mi assiste.
Di notte i denti nel bicchiere
i bottoni aperti
sul bianco pannolone.
Dove vanno le badanti
a Ferragosto?
Le stanze della memoria
Cianfrusaglie nelle stanze
quadri di vecchie ideologie,
- le cornici dipinte di rosso -
canti del lavoro e della riscossa
manifesti gremiti di bandiere.
Squadre di operai raschiano
dalle pareti le ombre dei ricordi,
tracce di gioia, di dolore.
Stendono il bianco della calce
bagnano d'olio i cardini
delle porte e delle finestre.
Vago per le stanze vuote
alla ricerca del mio io.
Il contratto
Dopo la curva della strada
i
vecchi scendono dal pullman,
il notaio presenta il contratto.
Per ogni firma sul registro
dieci anni di meno,
vacanze a Bivigliano.
Il sogno avanza con le onde
il mare investe la spiaggia
bambini costruiscono castelli
scendono in acqua barche,
giovani ai remi, ragazze
smaglianti, vecchi gagliardi.
Il mare è gremito di vele
fino all’orizzonte, alle pinete
di Monte Morello.
Populonia
Bufere d’acqua, di vento
una sarabanda di follia
ha sconvolto il golfo,
ferite profonde, alberi
abbattuti, radici contorte
sospese nell’aria
ai margini della Necropoli.
La spiaggia è coperta
dalla
posidonia strappata
dal
fondo del mare.
Nubi
bianche guidate
dai
raggi al tramonto
si
muovono verso
l’Acropoli.
Un
antico sepolcro
emerso dalla sabbia,
mostra
lo scheletro
di
uno schiavo,
una
catena al piede.
Dalle
ombre emerge
la storia dell’uomo.
Le nozze d’oro
Confetti d’oro per te,
Lucia
dalla dolce bellezza,
nello sguardo colori
verdi, cangianti.
Onore a te, nobile
cavaliere
della terra degli Umbri,
che abiti l’incanto della
collina
e porgi agli amici il
vino
della tua campagna.
Onore a voi, che da
cinquanta
anni intrecciate danze
nel giardino di Amore.
Passi sulla neve
I
miei passi pesanti
seguono
i tuoi leggeri
nella
neve, sul sentiero
che
sale alla vetta
nella
mattina di sole
e
di solitario silenzio.
Impronte
innamorate
rimangono
sul cammino,
fianco
a fianco,
lasciate
sulla neve
dal
nostro andare
da lontane stagioni.
La valle
Le
ali verdi della valle
s’incontrano
sulle nevi
assolate
del Cevedale,
racchiudono
il lucente
silenzio
dei paesi posati
sul
declivio dei prati.
Non
trovo lo scampanio
al
pascolo delle mucche,
i
campanacci battenti
delle
capre, le stalle
al
confine dei boschi.
Si
racconta ai turisti
come
si faceva il formaggio,
si
tessevano i panni,
s’incontrava
la morte
nella
guerra fra fratelli.
L’ombra
della vita di ieri
riposto con cura nelle vetrine
di
un museo: fra non molto
saranno
in mostra le foto
sfocate
del nostro tempo.
Ricordi
La
mente un magazzino
pieno
di ricordi, negli angoli
montagne
di parole.
Si mette in moto il motore
della
mente, non trovo
l’interruttore
per staccare.
Non
riesco a gettare in mare
la
zavorra, la nave avanza
fra
nostalgie e rimpianti.
Invidio
il computer, un tasto
spenge
folle di segni, riprende
nuova vita la sua memoria.
Passione
Accarezzo
le forme
prorompenti
adoro
gli occhi
trasparenti
sospiro
per il profumo
inebriante
per
l’eleganza del vestito.
Non
so staccarmi da lei,
la
passione mi tormenta.
Il
tempo, però, è scaduto
mi hanno ritirato la patente.
Il viale dell’ospedale
I
vecchi padiglioni
sgranano
i grandi
occhi
illuminati,
i
platani del viale
dormono
nel gelo.
Da un lato
Babbo
Natale
sale
per le pareti,
sui
vetri volano
bianche
cicogne.
Dall’altra
parte
tutto
è immobile,
a
tratti si alza
la
falce fienaia
dell’ossuta signora.
Il cimitero
Il
prato d’erba copre
la
terra del cimitero,
sono
sparite le croci.
Dieci
anni è lunga
la
stagione del cimitero,
ne
ho già contate sei.
Solo
un mucchio di terra,
una
croce appoggiata,
macchia
il verde del prato.
Arriveranno
le altre
croci,
la normalità
delle
tombe dei vecchi
lo
strazio lancinante
della morte dei giovani.
Spirali di nebbia
Spirali
di nebbia
dalle
radici della campagna,
il
respiro opaco dei fossi.
Davanti
fanali rossi
e
l’angoscia del nulla
seduta
al mio fianco.
Alla
curva svaniscono
i
fanali, al mio urlo
risponde
l’eco del padule.
I
frutti si sciolgono
in
bocca, corbezzoli
rossi,
rose canine.
Il
corpo galleggia
nell’aria,
arrivano
altri
fanali.
Si spengono.
Afferrano
i frutti
fra spirali di nebbia.
L’anello delle colline
Una fila d’amici cammina
per il sentiero delle colline
che circonda Firenze,
al centro la Cupola vestita
d’embrici e marmi.
Altri amici raggiungono
il sentiero da ogni lato
della città, s’intrecciano
mani d’ogni colore
per l’anello delle colline.
Canti si sciolgono nell’aria.
Fauni e ninfe escono
alla sera dai boschi,
si uniscono alla festa
fra l’incanto del mondo.
Festa con gli amici
Benvenuti alla mia tavola
amici giunti dai tempi lontani,
per voi ho apparecchiato
le storie più belle.
Lontano, oggi, affanni
malattie ed ospedali
il tremolio delle mani
la perenne stanchezza.
Ho apparecchiato per tutti
quelli che erano in viaggio:
sono seduti accanto a noi
vivi nei nostri discorsi.
Alziamo i bicchieri, il vino
migliore ci riscalda, ci fa
cantare canti liberi,
d’amore, di nostalgia.
La tavola gira, gira
intorno, forte sempre più
forte, ci solleviamo in alto
nella notte piena di stelle.
Lupo solitario
Ho
attraversato stagioni, regioni
paesi
ho
attraversato amicizie, passioni
amori
ho
attraversato epoche, scontri
battaglie
mi
hanno gettato su terre sconosciute
nubifragi
si
alzano scogliere davanti alla barca
la
prua scompare, riappare fra le onde
emergono
nel ricordo i contorni
di
terre ospitali
rimangono
i colori, la musica
delle
parole.
Tengo
fermo il timone
sul mare aperto.
Sinfonia
Sinfonia
per Bivigliano,
per
immagini e movimenti
l’infrangersi
di onde brevi
lunghe,
abbandoni e riprese,
un
motivo si accende
si
spenge, poi il canto,
aurora
di parole, si alza
sfuma,
si disperde.
Bolle
la pentola bolle
il
sogno d’Europa il sogno
ballano
le fiamme ballano
le
streghe agitano il brodo
sul
Monte Asinajo.
Le
vecchie gettano il dito
del
banchiere ottomano
il
sorriso di un giullare.
Estate: la barca
a ruote, la vela bianca
scende
per il prato,
Gabriella
al timone,
quattro
nobili signore,
immagine
translucida
di
Stefano regista
al
Teatro Oklaoma.
Autunno: la corona
di
cammei sulla testa
di
Mirta e Lando
l’intreccio
di storie,
il
sorriso dei giullari
giunti
da Florentia
ai
luoghi malandrini
di
Monsignor Varchi.
Inverno: la solitudine
il
vento gelido, quest’anno
come
non mai, l’urlo
fra
le cime dei monti
l’eco
nelle grotte dei santi,
contro
le finestre sbarrate
delle
case abitate
da
fantasmi di ghiaccio.
Primavera: nei campi
al
bordo dei boschi
sorprendono
i fiori
rosa
del pesco, le macchie
di
mimosa, il sorriso
d’amore
delle donne,
i
progetti annunciati
per
un’estate fantastica.
Per
il crinale dei monti
settantacinque
cavalieri
galoppano
al tramonto
solenni, inseguiti
dalle
raffiche del vento
dall’urlo
incessante
della
tempesta oltre i sogni
di
ieri, il sonno di oggi.
Bolle
la pentola bolle
il
sogno d’Europa il sogno
ballano
le streghe ballano
sul
Monte Asinajo.
Tamburi
, squillare di trombe
in
crescendo per il gran
finale
della Sinfonia. Poi,
il
freddo silenzio del bosco.
Lettera per Marta
Curarsi con la poesia
Curarsi con la poesia per vincere le paure, stati di
sofferenza, il peso dell’età che avanza, per stringere sogni che passano in
volo, per divertirsi. La voce della poesia arriva dal dentro, potente nelle ore
della notte, debole e distratta il giorno. Porta sollievo, se non guarigione,
dolcezza di ricordi, sapori tenui di malinconia.
Fai che sia una voce essenziale, senza fronzoli, che navighi
in mezzo al vero della vita, senza finzioni, giocando, a volte, se credi, con i
riflessi che brillano dagli specchi del mito. Nella ricerca dei toni della
voce, fatti governare dall’equilibrio, lontano da accenti eccessivi o sbiaditi,
tieni la barra del timone sul quadrante della leggerezza, la vela aperta sul
respiro dei venti che spirano dal mondo degli affetti, dell’emozione,
dell’amore.
La voce risuoni di un timbro autentico, non oscuro, lascia passare
lontano la nostalgia del passato, indossa, se credi, a volte, la giubba del
giullare pronto a sorprendere, a sorridere con gli altri, lontano dalla
solitudine. Evita, poi, i cascami ammuffiti delle vecchie stagioni della poesia
che hanno fatto il loro tempo.
Prendi, dunque, con mano leggera la poesia e cammina con lei
oltre il presente, lancia lo sguardo, con quello che di bello e sensibile c’è
in te, ai tempi prossimi che stanno per arrivare, saggia la loro consistenza, crea percorsi
coinvolgenti per te e per gli altri.
Erato può essere la tua farmacopea, garantirti la salute, salvarti dalle sfere opache della nostra epoca,
distillare per te gocce di felicità.
::::::::::
Note
* “A me
bastano, per nutrirmi
un po’ di olive, di cicoria, di malva fresca.
Di godere dei beni che ho, in buona salute,
o figlio di Latona, concedimi, e soprattutto, ti
prego,
di poter trascorrere, lucido di mente, una dignitosa
vecchiaia
accompagnata fino all’ultimo dalla cetra”.
Orazio, Odi,
I, 31, vv. 16-20
** Il “Sentiero
Garibaldi” trae origine da una delle vicende storiche di maggior
interesse avvenuta nel periodo risorgimentale: “La Trafila”, il percorso fatto da Garibaldi nell’agosto del 1849
per porsi in salvo dagli Austriaci dopo il fallimento della Repubblica romana e
l’impossibilità di raggiungere Venezia che ancora resisteva. Da qui l’idea di
questo tracciato escursionistico che si sviluppa per i sentieri dell’Appennino
Tosco-romagnolo, in un ambiente naturale molto bello, tipico della Valnera e dell’Alto Mugello.
*** Pablo
Neruda nel suo soggiorno a Firenze, dell’agosto 1951, dedicò la poesia “La
città” – citata in parte nel testo, in corsivo - a Firenze e al sindaco del’epoca,
Mario Fabiani.
Lettera per Marta
RispondiEliminaCurarsi con la poesia
Curarsi con la poesia per vincere le paure, stati di sofferenza, il peso dell’età che avanza, per stringere sogni che passano in volo, per divertirsi. La voce della poesia arriva dal dentro, potente nelle ore della notte, debole e distratta il giorno. Porta sollievo, se non guarigione, dolcezza di ricordi, sapori tenui di malinconia.
Fai che sia una voce essenziale, senza fronzoli, che navighi in mezzo al vero della vita, senza finzioni, giocando, a volte, se credi, con i riflessi che brillano dagli specchi del mito. Nella ricerca dei toni della voce, fatti governare dall’equilibrio, lontano da accenti eccessivi o sbiaditi, tieni la barra del timone sul quadrante della leggerezza, la vela aperta sul respiro dei venti che spirano dal mondo degli affetti, dell’emozione, dell’amore.
La voce risuoni di un timbro autentico, non oscuro, lascia passare lontano la nostalgia del passato, indossa, se credi, a volte, la giubba del giullare pronto a sorprendere, a sorridere con gli altri, lontano dalla solitudine. Evita, poi, i cascami ammuffiti delle vecchie stagioni della poesia che hanno fatto il loro tempo.
Prendi, dunque, con mano leggera la poesia e cammina con lei oltre il presente, lancia lo sguardo, con quello che di bello e sensibile c’è in te, ai tempi prossimi che stanno per arrivare, saggia la loro consistenza, crea percorsi coinvolgenti per te e per gli altri.
Erato può essere la tua farmacopea, garantirti la salute, salvarti dalle sfere opache della nostra epoca, distillare per te gocce di felicità.
Lettera per Marta
RispondiEliminaCurarsi con la poesia
Curarsi con la poesia per vincere le paure, stati di sofferenza, il peso dell’età che avanza, per stringere sogni che passano in volo, per divertirsi. La voce della poesia arriva dal dentro, potente nelle ore della notte, debole e distratta il giorno. Porta sollievo, se non guarigione, dolcezza di ricordi, sapori tenui di malinconia.
Fai che sia una voce essenziale, senza fronzoli, che navighi in mezzo al vero della vita, senza finzioni, giocando, a volte, se credi, con i riflessi che brillano dagli specchi del mito. Nella ricerca dei toni della voce, fatti governare dall’equilibrio, lontano da accenti eccessivi o sbiaditi, tieni la barra del timone sul quadrante della leggerezza, la vela aperta sul respiro dei venti che spirano dal mondo degli affetti, dell’emozione, dell’amore.
La voce risuoni di un timbro autentico, non oscuro, lascia passare lontano la nostalgia del passato, indossa, se credi, a volte, la giubba del giullare pronto a sorprendere, a sorridere con gli altri, lontano dalla solitudine. Evita, poi, i cascami ammuffiti delle vecchie stagioni della poesia che hanno fatto il loro tempo.
Prendi, dunque, con mano leggera la poesia e cammina con lei oltre il presente, lancia lo sguardo, con quello che di bello e sensibile c’è in te, ai tempi prossimi che stanno per arrivare, saggia la loro consistenza, crea percorsi coinvolgenti per te e per gli altri.
Erato può essere la tua farmacopea, garantirti la salute, salvarti dalle sfere opache della nostra epoca, distillare per te gocce di felicità.