domenica 28 novembre 2021

Il libro "Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiatecon il poeta", Il Foglio, al Circolo di Ponte a Mensola, incontro pieno di colori


Collegamento a "Literary"


Presentazione “colorata” del libro dedicato a Dante

Sabato 20 novembre l’Associazione “Sguardo e Sogno” ha promosso la presentazione del libro di Roberto Mosi, “Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta”, Edizioni Il Foglio, in una serata piena di colori e di suggestioni, presso il Circolo Ricreativo Culturale “Faliero Pucci” di Ponte a Mensola.

Nel libro, dunque, sette passeggiate di un gruppo di amici per le strade di Firenze per riscoprire insieme a pagine emozionanti di poesia, i luoghi che videro Dante crescere come uomo, affermarsi come politico e poeta, fino alla condanna all’esilio. Si percorrono strade dall’antico selciato, a fianco di antiche chiese, case torri che si innalzano ancora nel paesaggio dall’impronta medievale, luoghi carichi di memorie. Per il gruppo di amici sono momenti di serenità, che sollevano, nei tempi della pandemia, dall’atmosfera da incubo che pervade la vita quotidiana.

Si riscopre la città del Medioevo, dell’epoca violenta e straordinariamente ricca di Dante: le voci degli amici, nei commenti, nella lettura corale della poesia, si alzano in alto per le strade strette, in alcuni tratti, cupe, seguendo la musica delle terzine della Divina scandito da oltre trenta lapidi con incise nel marmo parole emozionanti del viaggio del poeta nell’Oltretomba. Le lapidi furono poste dal Comune di Firenze, in varie parti del centro cittadino, agli inizi del Novecento.

Il percorso parte dalla Casa di Dante con i versi” Io fui nato e cresciuto/ sovra ‘l bel fiume d’Arno alla gran villa. Inferno XXIII, 94-95 e termina al bel San Giovanni con riferimento ai primi versi del Canto XXV Paradiso, alla speranza di Dante, exul immeritus, di tornare al bello ovile e per una pubblica incoronazione a Firenze. E noi a distanza di tanti secoli dalla sua scomparsa, viviamo di questa speranza, siamo certi che ogni sera Dante ritorna a casa. Le sette passeggiate si articolano nei giorni: 1. domenica 8 novembre, Le origini; 2. 15 novembre, La borsa degli usurai; 3. 22 novembre. Corso Donati, il nemico; 4. 29 novembre, La scelta: Buondelmonte; 5. 6 dicembre, L’incontro con Beatrice; 6. 13 dicembre, Il vicolo dello Scandalo; 7. 20 dicembre: “ritornerò poeta …”.

Nell’incontro del recente 20 novembre, l’autore ha fatto come da guida alla scoperta delle sette passeggiate nei luoghi danteschi contraddistinti dalle lapidi di marmo con i versi della Commedia che fece apporre il Comune nelle strade fiorentine e i tre poeti presenti all’incontro – Masimiliano Bardotti, Annalisa Ciampalini e Gregorio Iacopini – hanno letto le corrispondenti parti delle Cantiche.



Il pittore Enrico Guerrini ha disegnato, all’impronta, i personaggi delle scene dantesche, da Brunetto Latini a Farinata degli Uberti, a Beatrice, Buondelmente, Paolo e Francesca, Corso Donati, …. L’intera sala del Circolo Ricreativo Culturale “Faliero Pucci” - con la parete di fondo, coperta al centro dal sipario rosso di un piccolo palcoscenico teatrale – è stata coperta dai disegni coloratissimi di Enrico, con tratti di segno di grande potenza e incisività.

Renato Simoni, cantore in ottava rima, ha presentato, con successo, fra la meraviglia dei presenti, un testo da lui preparato ispirato ai sonetti della tenzone fra Dante e Forese Donati. Nel video un brano del “contrasto in ottava rima” di Renato Simoni (indirizzo:

https://poesia3002.blogspot.com/2021/11/dante-aveva-la-barba-la-presentazione.html ).


                                                  Mosi e Dante

(contrasto in Ottava Rima)

Composizione di Renato Simoni

 

Mosi- Sono i' Mosi poeta fiorentino,

son stato dirigente alla Regione,

della cultura percorro il cammino,

di poetare colgo ogni occasione.

Omaggio porgo al mio concittadino,

col mio libello e grande devozione,

sei ora sette secoli distante

venerato, divino aedo Dante.



Dante - Voi, popolo gretto e ignorante,

mi cacciaste con fredda sicumera,

e tu, in modo altero e arrogante,

in casa mi rinchiudi ogni sera.

D'immobiliarista hai sembiante,

ma non è quella la mia casa vera,

dentro pavoneggiate come artisti,

fòri ciondolan torme di turisti.



Mosi -  Col tuo severo accento mi rattristi;

concittadino son, per te poeta.

Tu questa lingua bella mi fornisti

ch'a sé l'anim'avvince e mi rallieta.

D'ingegno e iniziativa non sprovvisti

nel lockdown, ch'ogni incontro vieta,

le ore cupe c'hanno rallegrate

appresso a te le sette passeggiate.



Dante - Brillanti sono state le pensate,

non ti manca inver la fantasia;

Boccaccio in altro tempo ne ha narrate

in simile occasion di pandemia.

Allegre sono state le brigate,

ma far due passi cosa vo' che sia

per me che nel mio viaggio ho messo il viso

su Inferno, Purgatorio e Paradiso.


Mosi - M'inchino a te che in modo ben deciso

il viaggio hai raccontato in cento canti,

ma io non sono stato mica assiso

e di libri ne ho già scritti tanti.

Di frequente la Musa mi ha sorriso,

su molte scene io ne meno vanto.

Se gli anni appresso non saranno avari

chissà ch'io mi ritrovi tra i tuoi pari.



Dante - Tanto gentile e tanto onesto pari,

in fede mia m'ispiri tenerezza.

Ma questo vezzo io non terrò guari

e dirtelo io vo' in tutta franchezza:

passati sono sette centenari,

di questo mondo io non ho contezza

e non mi stupirei se un giorno sia

ch'io trovi la statua tua accanto alla mia.



Un particolare curioso della serata: Gregorio Iacopini si è chiesto, davanti ai disegni di Enrico, se Dante non avesse la barba. Ha ricordato che il Boccaccio nel “Trattatello in laude di Dante”, afferma: “Fu adunque questo nostro poeta di mediocre statura e, poi che alla matura età fu pervenuto, andò alquanto curvetto, e era il suo andare grave e mansueto, d’onestissimi panni sempre vestito in quello abito che era alla sua maturità convenevole. Il suo volto fu lungo, e il naso aquilino, e gli occhi anzi grossi che piccioli, le mascelle grandi, e dal labro di sotto era quel di sopra avanzato; e il colore era bruno, e i capelli e la barba spessi, neri e crespi, e sempre nella faccia malinconico e pensoso”.

In un attimo, il nostro pittore ha disegnato Dante con una spessa barba, fra lo stupore di tutti davanti a questo insolito ritratto, una curiosità che è andata ad arricchire una serata, veramente, piena di emozioni e di colori.






 

martedì 23 novembre 2021

Il contrasto in ottava rima di Renato Simoni ispirato alla tenzone poetica fra Dante e Forese Donati - Per la presentazione del libro "Ogni sera dante ritorna a casa"


Link video

Il video riprende un brano del "Contrasto in ottava rima" di Renato Simoni, ispirato alla tenzone poetica fra Dante e Forese Donati: l'esibizione è nel corso della presentazione - promossa da "Sguardo e Sogno" - alla SMS di Ponte a Mensola, Firenze, del libro di Roberto Mosi: "Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta", Edizioni Il Foglio, Piombino 2021. Il libro illustra sette passeggiate, nel periodo della pandemia, di un gruppo di amici per le strade di Firenze per riscoprire insieme a pagine emozionanti di poesia, i luoghi che videro Dante crescere come uomo, affermarsi come politico e poeta, fino alla condanna all'esilio. La composizione porta il titolo "Dante e Mosi"; si riporta il testo completo. "Composizione di Renato Simoni dopo la lettura dei sonetti della tenzone poetica fra Dante e Forese Donati" "Mosi e Dante" (contrasto in Ottava Rima) Mosi / Sono i' Mosi poeta fiorentino, son stato dirigente alla Regione, della cultura percorro il cammino, di poetare colgo ogni occasione. Omaggio porgo al mio concittadino, col mio libello e grande devozione, sei ora sette secoli distante venerato, divino aedo Dante. Dante / Voi, popolo gretto e ignorante, mi cacciaste con fredda sicumera, e tu, in modo altero e arrogante, in casa mi rinchiudi ogni sera. D'immobiliarista hai sembiante, ma non è quella la mia casa vera, dentro pavoneggiate come artisti, fòri ciondolan torme di turisti. Mosi / Col tuo severo accento mi rattristi; concittadino son, per te poeta. Tu questa lingua bella mi fornisti ch'a sé l'anim'avvince e mi rallieta. D'ingegno e iniziativa non sprovvisti nel lockdown, ch'ogni incontro vieta, le ore cupe c'hanno rallegrate appresso a te le sette passeggiate. Dante / Brillanti sono state le pensate, non ti manca inver la fantasia; Boccaccio in altro tempo ne ha narrate in simile occasion di pandemia. Allegre sono state le brigate, ma far due passi cosa vo' che sia per me che nel mio viaggio ho messo il viso su Inferno, Purgatorio e Paradiso. Mosi / M'inchino a te che in modo ben deciso il viaggio hai raccontato in cento canti, ma io non sono stato mica assiso e di libri ne ho già scritti tanti. Di frequente la Musa mi ha sorriso, su molte scene io ne meno vanto. Se gli anni appresso non saranno avari chissà ch'io mi ritrovi tra i tuoi pari. Dante / Tanto gentile e tanto onesto pari, in fede mia m'ispiri tenerezza. Ma questo vezzo io non terrò guari e dirtelo io vo' in tutta franchezza: passati sono sette centenari, di questo mondo io non ho contezza e non mi stupirei se un giorno sia ch'io trovi la statua tua accanto alla mia. 20 novembre 2021




 

sabato 20 novembre 2021

"Eterno presente" per la Mostra "Firenze calpestata" - 1-30 settembre Hotel Cellai


           
            
             Eterno presente


Evaporano figure fissate al selciato
inquadrature sorprese dal basso
dinamiche degli arti inferiori,
camminare stazionare correre.
L’aria conosce il fumo del rogo.


Emerge dalla lapide il Frate
pantaloni neri a pois
incontra nella piazza figure felici.
Inizia un passo di danza la ragazza
scarpe rosa incrociate,
trascende in un giro di valzer
la coppia dei vigili urbani,
gioisce la diva su altissimi tacchi
e la star d’altri tempi.
Il Capitano del Popolo osserva
il ritorno di una gloriosa stagione,
assiste di lontano il carabiniere
incorniciato dal sole.
L’alano fiuta gli odori
che si spargono nell’aria.








Si muove il corteo per  San Marco
preceduto dallo spazzino
risuona il passo cadenzato dei fanti,
via Vacchereccia via Larga,
scivola silenziosa la monomoto.
Avanza la carrozza
fra ali festose di folla,
si scatena la corsa del popolo
per essere fra i primi ad ascoltare la parola.
Salutano l’arrivo scarpe rosse
macchiate di violenza.










Ho il sogno di vedervi rinsavire
ho il sogno di vedervi
spalancare porte e finestre.
Gettate la zavorra delle vostre sceneggiate
bruciate la vostra chincaglieria.
Basta credersi migliori
se si hanno cose
e zero senso dell’essere. *










La lapide rimane al centro
calpestata dal passo di un’ombra.
Pantaloni neri a pois.

R. M.



* Da Indignati. Prediche di Savonarola, a cura di S.Massini, EdizioniPiagge, Firenze 2012.   

venerdì 12 novembre 2021

Con il mio cane Gilda sul sentiero di Dino Campana e Sibilla Aleamo, nella Valle dell'Inferno - Collegamento a Literary

 

Link a Literary

Mercoledì 3 novembre una bella passeggiata sull’Appennino tra la Toscana e la Romagna, ci ha portato a scoprire, con un gruppo di amici e il mio cane Gilda, i luoghi e il sentiero del celebre incontro che avvenne nel 1916 fra la scrittrice Sibilla Aleramo e il poeta Dino Campana.

Nel ricordo di quell’avvenimento, siamo saliti da Scarperia, antico Borgo del Mugello, al passo del Giogo per scendere poco dopo al Barco dove la mattina di giovedì 3 agosto 1916 Sibilla Aleramo scese dal postale per incontrare il poeta di Marradi.

Fra Dino e Sibilla vi era stato uno scambio di lettere, fra queste troviamola poesia della scrittrice:


Chiudo il tuo libro,

snodo le mie trecce,

o cuor selvaggio,

musico cuore…

con la tua vita intera

sei nei miei canti

come un addio a me.


Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,

meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,

liberi singhiozzando, senza mai vederci,

né mai saperci, con notturni occhi.


Or nei tuoi canti

la tua vita intera

è come un addio a me.


Cuor selvaggio,

musico cuore,

chiudo il tuo libro,

le mie trecce snodo.

Dopo tre giorni passati al Barco, il successivo incontro fu venti giorni dopo a Casetta di Tiara, un paese sperduto nei boschi oltre Moscheta e la vicina Valle dell’Inferno (un’aspra gola incastrata fra i monti, attraversata dal torrente Veccione), un soggiorno che vede la coppia alla scoperta dei luoghi immersi fra i castagni.

Nella recente passeggiata del 3 novembre, siamo arrivati con l’auto fino alla Badia di Moscheta, passando vicino all’imponente struttura costruita recentemente come presa d’aria per il lunghissimo tratto di galleria ferroviaria, che in tempi recenti è stata realizzato sulla linea direttissima Firenze – Bologna.



La Badia di Moscheta è del secolo XI. Sopra il portone d’ingresso risalta l’insegna in pietra della Badia, con l’immagine di San Pietro, patrono del Monastero, la quercia e l’istrice come simbolo della solitudine e del silenzio che circonda l’edificio. Fatti pochi passi siamo arrivati al punto di accesso alla Valle dell’Inferno, in località il Mulino, dove è presente un piccolo edificio, abitato alcuni anni orsono dal poeta – ed amico - Ivo Morini che ha dedicato molto del suo impegno al ricordo di Dino Campana. Una sua poesia descrive bene il paesaggio selvaggio (si veda: Ivo Morini, Il monte della quercia dolce, Pacini Editore 2006):


La Valle è di pietra


La roccia incombe

la serpe striscia

e grotte scavate dall’acqua

e vette spazzate al vento.

La Valle è di pietra.


Alta di massi

la rupe sgretola

se viene l’estate

esplode colori

La Valle fiorisce. …


Un sentiero a mezza costa fra il torrente Veccione (dove è tornata, felicemente, a scorrere l’acqua dopo gli imponenti lavori nel sottosuolo per la costruzione della galleria ferroviaria, che avevano portato al prosciugamento del torrente) e la cima dei monti, fra secolari piante di castagni, in un serpeggiare della valle, porta a Casetta di Tiara, all’incontro con le memorie dei due famosi personaggi.










Il mio cane, Gilda, è stato il protagonista della passeggiata, che felice si è lanciato in un perenne andirivieni fra le acque del torrente, in basso, e il sentiero davanti a noi, comparendo e scomparendo nella vegetazione. Il pensiero è andato, naturalmente, alla presenza in questi luoghi di Sibilla e di Dino nel mese di settembre del 1916, all’immagine della copertina del libro che li ritrae durante una passeggiata, con un magnifico cane, in posa, davanti a loro, che, si dà il caso, rassomiglia a Gilda.



In questo tratto la passeggiata è di grande suggestione, come si puo' vedere dalle foto, in un ambiente isolato dal mondo, invaso dal silenzio, mitigato dal lontano scorrere delle acque del torrente e dal fruscio del vento fra le foglie dei castagni, luminose, accese di rosso fuoco, in questa stagione autunnale. 



In questi luoghi, ci piace ricordare, abbiamo ambientato la prima parte del nostro poemetto L’invasione degli storni, Edizioni Gazebo, 2012, che riporta, appunto, il titolo Valle dell’Inferno. Prendiamo due, fra le prime strofe del poemetto:


L’occhio del campanile

di Casetta di Tiara si affaccia

sopra i miasmi della valle.

La macchina cattura immagini

a misura dell’occhio digitale.

Il treno attraversa la galleria

nel pulsare delle vene d’acqua,

tremano le radici del bosco.

Il cervo scappa spaventato

sul fianco la ferita di uno sparo.


L’acqua canta tra il muschio

dei massi, si scompone in rapide

correnti, si ricompone in pozze

sommerse da morti rami.

Nella radura Gabriella, coronata

di luce, mostra la strada

che dalla valle sale a spirale

per i fianchi della montagna.

Sopra la cima dei castagni

la vertigine delle rocce,

colonne aeree di una cattedrale

aperta sul candeggiare del cielo.

Mi perdo in questi boschi

- le parole di Dino - ritrovo

il centro di me stesso tra i fumi

della Follia. Casetta di Tiara

oltre i fianchi della valle,

approdo per l’incendio d’amore.”


Le rocce parlano dell’essere

le acque giocano con l’apparire.

Le piene dell’inverno trascinano

pupazzi bianchi caduti dal cielo.

Sulle camicie ricamate, Libertà

Uguaglianza Fraternità

si disfano, approdano sui massi.

Immagini di pietra alle pareti,

ideologie sedimentate:

ora il volo libero del gabbiano

ora colonne fino alle guglie

della cattedrale attraversate

da oriente a occidente

da armenti ricamati di nuvole,

guidati dal fantasma della Ragione.







Le immagini di questi luoghi, evocati dalla poesia, sono stati ripresi, in maniera magistrale dal pittore Enrico Guerrini, nell’e-book n. 152 del 2014 delle edizioni www.larecherche.it L’invasione degli storni (indirizzo: https://www.larecherche.it/public/librolibero/L_invasione_degli_storni_di_Roberto_Mosi.pdf ). Il testo del poemetto L’invasione degli storni è riportato anche nell’Antologia Poesie 2009 – 2016, Ladolfi Editore, 2016, p. 145 – 164; il video di presentazione del libro è all’indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=FuSecM_Ox8E





Ci siamo avventurati sul sentiero di Dino e Sibilla, insieme a Gilda, fino al momento in cui, dopo una curva, è apparso in lontananza il paese di Casetta di Tiara, raggomitolato intorno all’aguzzo campanile, una piccola isola nel mare verde dei boschi di castagno. Siamo tornati indietro per il sentiero, fino alla Badia di Moscheta.





Nel ritorno sono usciti dai nostri zaini vari libri, dai Canti Orfici ad Un viaggio chiamato amore e sul sentiero, fra le alte pareti della Valle dell’Inferno abbiamo declamato, a piena voce, con l’eco che si alzava dalle acque del ruscello allo scampolo di cielo azzurro, in alto, versi memorabili, che evocano il ricordo di Dino Campana e di Sibilla Aleramo.


Dino Campana: In un momento.


In un momento

Sono sfiorite le rose

I petali caduti

Perché io non potevo dimenticare le rose

Le cercavamo insieme

Abbiamo trovato delle rose

Erano le sue rose erano le mie rose

Questo viaggio chiamavamo amore

Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose

Che brillavano un momento al sole del mattino

Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi

Le rose che non erano le nostre rose

Le mie rose le sue rose


P. S. E così dimenticammo le rose.

***




Dino Campana: L’invetriata (Canti Orfici)


La sera fumosa d’estate

Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra

E mi lascia nel cuore un suggello ardente.

Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una lampada) chi ha

A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la lampada?

Nella stanza un odor di putredine: c’è

Nella stanza una piaga rossa languente.

Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si veste di velluto:

E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma c’è,

Nel cuore della sera c’è

Sempre una piaga rossa languente.