martedì 25 maggio 2021

Roberto Mosi, "Prometéus. Il dono del fuoco" - Giuliano Ladolfi Editore, 2021


Roberto Mosi, Promethéus. Il dono del fuoco, Ladolfi Editore, 2021


Prometeo si sacrifica per il bene dell’umanità, dona la civiltà e la scienza che risolleva gli uomini dalla barbarie. “Prima di me guardavano ed era cieco guardare - dal Prometeo incatenato di Eschilo - udivano suoni e non era sentire … Era tutto un darsi da fare senza lume di mente…”. Ed ecco l’essenza del dono concesso all’umanità: “Fu mia – e a loro bene – l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e fu mio il sistema dei segni tracciati, memoria del mondo, fertile madre delle Muse”.

La poesia può essere il mezzo per interpretare il dono del “calcolo”, o della scienza, nel tempo del mito e della civiltà contemporanea, nel momento in cui la scienza diviene “speranza” e nel momento, attuale, in cui precipita nell’angoscia e segna il rischio dell’intera umanità di perdersi, di vanificare l’amore manifestato alle origini da Prometeo.

Roberto Mosi (Presentazione)


Uno dei più suggestivi e sempre attuali miti riguarda il furto del fuoco come dono agli uomini da parte di Prometeo (“colui che riflette prima”) ... Soggetto di tragedia di Eschilo, viene ripreso da Roberto Mosi in chiave di stretta attualità mediante due significati fondamentali: l’arte e la scienza, testimonianze dell’intelligenza, della coscienza, dell’innato desiderio di conoscere e di creare da parte dell’essere umano.

L’azione del semidio si configura come ribellione allo strapotere di Zeus, qui indicata come esercizio di libertà nel momento storico in cui la pandemia l’ha necessariamente limitata. Il poeta-fotografo si aggira per le strade mondo alla scoperta dell’arte di strada con l’occhio di chi intende scoprire entro la raffigurazione il significato profondo delle opere. Si affrontano temi capitali del genere umano, come la follia, gli orizzonti della sperimentazione scientifica, la pace, la libertà, la povertà, l’ecologia. Lo sguardo dell’autore, quindi, viene attratto dalla sofferenza provocata dalla pandemia e dai suoi tragici rituali e protagonisti. Nell’ultima sezione tramite personaggi letterari, storici e mitologici si raffigurano i principali sentimenti umani, quali la speranza, l’angoscia e la salvezza, sottoposti al vaglio della scienza.

Giuliano Ladolfi (Prefazione)


ROBERTO MOSI, Promethéus. Il dono del fuoco,

Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero 2021, € 10



 

Presentazione

 

Prometeo e il dono del fuoco agli uomini

 

Prometeo si sacrifica per il bene dell’umanità, dona la civiltà e la scienza che risolleva gli uomini dalla barbarie.

 

“Prima di me guardavano ed era cieco guardare - nel Prometeo incatenato di Eschilo -  udivano suoni e non era sentire … Era tutto un darsi da fare senza lume di mente…”.

 

Ed ecco l’essenza del dono concesso all’umanità:

“Fu mia – e a loro bene – l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e fu mio il sistema dei segni tracciati, memoria del mondo, fertile madre delle Muse”.

 

La poesia può essere il mezzo per interpretare il dono del “calcolo”, o della scienza, nel tempo del mito e della civiltà contemporanea, nel momento in cui la scienza diviene “speranza” e nel momento, attuale, in cui precipita nell’angoscia e segna il rischio dell’intera umanità di perdersi, di vanificare l’amore manifestato alle origini da Prometeo.

 

Il logos si è fatto macchina,

lo spirito soffia sul non vivente.

L’arte disegna le figure dell’angoscia.

 

La Raccolta Promethéus rappresenta un percorso alla scoperta della natura del dono del fuoco. Nella prima parte il sistema dei “segni intrecciati”, incontra l’arte di strada, che invade i paesaggi delle città, specie le parti più lontane dal centro. I quadri di strada, nel cammino per le città, ti vengono incontro, ti investono, spesso si trasformano, scompaiono.

Passeggiando per la città alla ricerca di questi segni, è venuta in mente la musica di Musorgskij, in particolare la Suite per pianoforte Quadri di un'esposizione, concepita come “composizione strumentale in più tempi, ognuno dei quali definito nel quadro di una danza”.

 

“Il motivo che ne determinò la creazione fu la mostra di acquarelli e disegni del pittore Victor Hartmann, scomparso nel 1874 e ottimo amico del musicista. È una serie di dieci pezzi, ognuno dei quali porta il titolo originale del quadro che lo ha ispirato, preceduto da una introduzione detta promenade, che si ripete spesso fra l'uno e l'altro episodio con variazioni di tonalità e mutamenti di colorito armonico. Con questi interludi l'autore ha voluto descrivere sé stesso mentre si aggira nelle sale dell'esposizione”.

                               Simone Ciolfi, Accademia Filarmonica Romana.

 

La Galleria d’arte del compositore russo, è per noi la strada delle nostre città, i luoghi dove oggi fiorisce l’arte di strada. Nei passaggi fra uno spazio e l’altro, fra un tipo di segni e l’altro, un interludio – o movimento – dà la cadenza al nostro andare.

Le soste sono davanti a immagini con forme e colori diversi, di forte realismo (Quadri), dipinte sul limitare di contesti diversi (Confini), in trasformazione (Metamorfosi), di antica o appartata realizzazione (Grotte), bagnate dal profumo della diversità (Follia).

La meta di questa parte del percorso è, anche per noi, la Grande Porta di Kiev o, in altre parole, La grande Porta sul fiume, posta al centro della composizione.

 

“I Quadri di un’esposizione terminano con l’evocazione musicale della Grande Porta di Kiev. La grande porta chiude la composizione ma sembra aprire i suoi battenti verso il futuro”.

                  Simone Ciolfi, Accademia Filarmonica Romana

 

Anche per noi, dunque, l’aspirazione è quella di gettare lo sguardo verso un mondo “altro”, un domani diverso. La nostra immagine simbolo – La grande Porta sul fiume – è posta sulle rive dell’Arno, fra la Torre della Zecca Vecchia e la Porta di San Niccolò, dove il fiume entra nella città “murata”.

Giuseppe Poggi, architetto e urbanista, aveva immaginato, alla fine dell’Ottocento, di realizzare in questo luogo, un parco per dare respiro e conforto alla città, progetto poi stracciato dal Comune con la costruzione di un’enorme caserma. Il progetto originario di Giuseppe Poggi, volto a creare “un cono visivo” dalla nuova Piazza Beccaria verso la collina, fu bocciato dal Comune e fu fatta costruire un enorme edificio, destinato ad usi militari, alla Cavalleria, che tutt’oggi impedisce la visione dell’Arno e delle Colline. Questa costruzione tarpa le ali al sogno del Poggi di aprire nuove prospettive alla città.

Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora: abbattere, oggi, le mura della caserma e costruire un volto nuovo della città, che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.

Si apre quindi una nuova visione sul futuro – è la seconda parte della Raccolta Promethéus, dedicata al dono del calcolo e della scienza– un percorso che raggiunge la collina di Arcetri, attraversa la sua storia, incontra Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce e speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto. E mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.

 

Roberto Mosi


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ROBERTO MOSI, Promethéus. Il dono del fuoco,

Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero 2021, € 10

 

Prefazione di Giuliano Ladolfi

 

«Incontro Prometeo / e il tempo del Covid»

 

Il mito è «lo schema di un fatto avvenuto una volta per tutte, e trae il suo valore da questa unicità assoluta che lo solleva fuori del tempo e lo consacra rivelazione. Per questo esso avviene sempre alle origini, come nell’infanzia» (Cesare Pavese).

 

         Uno dei più suggestivi e sempre attuali miti riguarda il furto del fuoco come dono agli uomini da parte di Prometeo (“colui che riflette prima”) ... Soggetto di tragedia di Eschilo, viene ripreso da Roberto Mosi in chiave di stretta attualità mediante due significati fondamentali: l’arte e la scienza, testimonianze dell’intelligenza, della coscienza, dell’innato desiderio di conoscere e di creare da parte dell’essere umano.

         L’azione del semidio si configura come ribellione allo strapotere di Zeus, qui indicata come esercizio di libertà nel momento storico in cui la pandemia l’ha necessariamente limitata.       Il poeta-fotografo si aggira per le strade mondo alla scoperta dell’arte di strada con l’occhio di chi intende scoprire entro la raffigurazione il significato profondo delle opere. Si affrontano temi capitali del genere umano, come la follia, gli orizzonti della sperimentazione scientifica, la pace, la libertà, la povertà, l’ecologia. Lo sguardo dell’autore, quindi, viene attratto dalla sofferenza provocata dalla pandemia e dai suoi tragici rituali e protagonisti. Nell’ultima sezione tramite personaggi letterari, storici e mitologici si raffigurano i principali sentimenti umani, quali la speranza, l’angoscia e la salvezza, sottoposti al vaglio della scienza.

         Ci troviamo di fronte a un testo di grande intensità creativa, in cui il mondo interiore dell’autore si attua in situazioni concrete che di esso divengono “significato”. Attraverso uno stile nudus ac venustus si crea una vera e propria epopea dell’umanità, che dalle raffigurazioni presenti nelle grotte di Lascaux giunge ai giorni nostri come celebrazione dell’ingegno umano, portatore di una scintilla divina.

         Arte e scienza vengono celebrati come suprema espressione della nostra stirpe, bisogno insopprimibile dell’essenza umana, foscolaniamente apportatrici di civiltà e di progresso.

         Il tema affrontato da Roberto Mosi farebbe “tremar le vene e i polsi” a chiunque; egli lo affronta con il piglio di chi possiede una ricchezza di ispirazione, un bagaglio culturale e una vasta gamma di strumenti poetici che gli permettono di evitare sia la facile tentazione della retorica sia il pericolo di un’intellettualizzazione della tematica.

         La forza dei versi fa colta soprattutto nell’aspetto “visivo” che si innesta senza soluzione di continuità sulle diverse rappresentazioni:

 

Il dio, ladro del fuoco, porge

ad Antigone la fiamma della scienza

Antigone sfida le leggi di Creonte

 

         La suggestione del testo non permette di raggiungere inquadrature interpretative definitive, il lettore viene, pertanto, invitato a proseguire nell'analisi personale per comprenderne la ricchezza.

Giuliano Ladolfi

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- Mostra :

“Il fuoco di Prometeo” al Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, ottobre 2020: 

da “Literary” 6 ottobre 2020: LINK

http://www.literary.it/occhio/dati/mosi_rob/2020/39-il%20fuoco%20di%20prometeo/il_fuoco_di_prometeo.html































 “Il "Prometeo" di Roberto Mosi al Circolo degli Artisti "Casa Dante", ott. 2020”:

https://www.youtube.com/watch?v=MZYV6CuIJMs





 

 

 

 

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venerdì 14 maggio 2021

"Ogni sera Dante ritorna a casa", Il Foglio. Biblioteca Buonarroti - In tempi di pandemai e dopo ...

 


Link Literary 17 maggio

Si parla di Dante, finalmente, anche “in presenza”


È una gioia poter riprendere ili dialogo in presenza con gli altri durante la presentazione dei libri, almeno in questa fase della evoluzione pandemica – e speriamo, per sempre. Si avverte chiaramente un’avversione riguardo alle video conferenze, online, con lo strano effetto, anodino, da pesci rossi immersi in un acquario. È una sensazione di gioia che abbiamo provato recentemente, il 12 maggio, alla presentazione del libro “Ogni sera Dante ritorna a casa”, Il Foglio Edizioni, alla Biblioteca Buonarroti, nel quartiere di Novoli, a Firenze. 





Grazie all’impegno del personale della Biblioteca, la presentazione ha avuto due modalità, sia la presenza di un piccolo gruppo in una sala dell’edificio sia il contemporaneo collegamento, sulla piattaforma zoom, con un pubblico di persone interessate. Sono novità che cominciano a comparire in questa primavera fiorentina, piena di fiori, nei giardini, nei parchi, a cominciare dal Parco dell’iris – il simbolo della città di Firenze – aperto nel mese di maggio, che abbiamo fotografato nella bellezza delle fioriture di questa stagione: si veda il video: “È primavera, Firenze. Il profumodell’iris” (indirizzo: https://youtu.be/YtjJeWCPNc4 ).







Nella presentazione del libro su Dante Alighieri alla Biblioteca Buonarroti, sono stati illustrati alcuni passaggi del libro dedicati alle passeggiate di un gruppo di amici per le strade di Firenze, per riscoprire insieme a pagine emozionanti di poesia, i luoghi che videro Dante crescere come uomo, affermarsi come politico e poeta, fino alla condanna all’esilio. Si percorrono strade dall’antico selciato, a fianco di antiche chiese, case torri che si innalzano ancora nel paesaggio dall’impronta medievale, luoghi carichi di memorie. Per il gruppo di amici sono momenti di serenità, che sollevano, nei tempi della pandemia, dall’atmosfera da incubo che pervade la vita quotidiana. Si riscopre la città del Medioevo, dell’epoca violenta e straordinariamente ricca di Dante: le voci degli amici, nei commenti, nella lettura corale della poesia, si alzano in alto per le strade strette, in alcuni tratti, cupe, seguendo la musica delle terzine della Divina scandito da oltre trenta lapidi con incise nel marmo parole emozionanti del viaggio del poeta nell’Oltretomba. 






Le lapidi furono poste dal Comune di Firenze, in varie parti del centro cittadino, agli inizi del Novecento. Il percorso parte dalla Casa di Dante con i versi” Io fui nato e cresciuto/ sovra ‘l bel fiume d’Arno alla gran villa. Inferno XXIII, 94-95 e termina al bel San Giovanni con riferimento ai primi versi del Canto XXV Paradiso, alla speranza di Dante, exul immeritus, di tornare al bello ovile e per una pubblica incoronazione a Firenze. E noi a distanza di tanti secoli dalla sua scomparsa, viviamo di questa speranza, siamo certi che ogni sera Dante ritorna a casa.





Da parte di Maurizio Caponnetto sono stati letti nel corso della serata, con competenza e partecipazione, tre parti della Commedia riferiti al personaggio di Farinata degli Uberti, a Cacciaguida e a Paolo e Francesca. Nel corso dell’incontro sono state proiettate numerose immagini dei luoghi legati alle vicende della Commedia e alle 34 lapidi in marmo con i versi del sommo poeta che segnano gli itinerari più celebri; uno dei passaggi importanti dell’incontro è stato, infine, la proiezione del video “Dante ogni sera torna acasa. Circolo degli Artisti: passeggiata nella storia guidata daRoberto Mosi “, curato dalla Società delle Belle Arti Circolo degli Artisti, che si sofferma sul Sestiere di San Pier Maggiore, “il quartiere di Dante”, e sui ricordi ancora vivi di una vicenda umana unica, memorabile (video: https://www.youtube.com/watch?v=JsVwCG7SsaU ).



La Biblioteca Buonarroti ha curato la registrazione dell'intero incontro: si veda all'indirizzo: https://zoom.us/rec/share/VMqJYX1DxgtvnSm5yktGxvgYHgke86l_n2uDgLmKhlNXBEgI1YVJfI39zpajzAO.wNvfbV8NGskfME8A






domenica 2 maggio 2021

"NAPOLEONE OGNI ANNO RITORNA ALL'ELBA" - E-book Enrico Guerrini e Roberto Mosi


Riguardo all’E-book – liberamente accessibile all’indirizzo: https://draft.blogger.com/u/1/blog/post/edit/2110027057557964521/491748566012255323?hl=it - è stato richiamato il filo del racconto che riporta: “ Un gruppo di amici nel periodo della pandemia si ritrovano, con tutte le attenzioni possibili, a Firenze nella piazzetta davanti alla Casa di Dante, nelle settimane che precedono il 5 maggio e le celebrazioni per i duecento anni dalla morte di Napoleone Bonaparte.

Il loro è un modo particolare per ricordare le gesta del generale corso, le vittorie e le sconfitte, in un'epoca nella quale s'invita, specie in Francia, a guardare “con occhi aperti” le vicende storiche del personaggio. Non potendo raggiungere luoghi lontani legati a Napoleone, gli amici si affidano a brevi escursioni con il treno, per raggiungere ogni volta la Costa Etrusca, il tratto di mare che va da Piombino a Populonia e il sentiero dei Cavalleggeri, che guarda l'isola d'Elba - dove l'imperatore regnò, dopo la sconfitta di Lipsia, per otto mesi - e, in lontananza, la patria natale, la Corsica.

Le mete finali delle escursioni, sono ogni volta diverse, dalla Cittadella di Piombino dove Elisa Baciocchi aveva la sua residenza di principessa napoleonica, a Punta Falcone, Calamoresca, Populonia. Il gruppo di amici da questi luoghi alti sul mare del Canale di Piombino, ricorda fatti memorabili, l'arrivo di Napoleone davanti a Portoferraio il 3 maggio 1814, prigioniero sulla fregata inglese Undauted, l'incontro con Maria Walenska nella “reggia sotto le stelle”, vicino al monte Capanne, la fuga verso la Francia e l'avventura dei “cento giorni” fino alla sconfitta finale nella battaglia di Waterloo.

Gli incontri, il tempo trascorso in treno, le camminate sul Sentiero dei Cavalleggeri, rappresentano momenti importanti per ricordare il personaggio e le sue contraddizioni, il suo ruolo nella storia europea e non solo, dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione, soffermandosi sule trasformazioni politiche, civili e culturali dell'epoca.”

Il racconto finale riguarda proprio la giornata del fatidico 5 maggio: “Il loro ultimo appuntamento, il 5 maggio, è ancora una volta nella piazzetta della Casa di Dante, alle 17.47, l'ora della morte a Sant'Elena, l'isola sperduta in mezzo all'Oceano Atlantico. Per gli amici è l'occasione per cercare di dare un giudizio finale, comune sul personaggio ma non ci riescono e scoppia un vero e proprio parapiglia, all'ombra della Torre della Castagna e del Campanile della Badia Fiorentina. Per un giudizio più sereno, tutto è rinviato alle prossime, future celebrazioni.”


 

La fuga di Napoleone dall'Elba e l'avventura dei cento giorni - Link a Literary


 Link a Liteary 3 maggio

Ci siamo ritrovati la domenica del 25 aprile, Festa della Liberazione, per l’ultimo viaggio del nostro gruppo di amici verso Piombino e la Costa Etrusca, davanti all’isola d’Elba. Questa volta abbiamo preso il caffè da Paszkowski, in piazza della Repubblica, e poi di corsa alla stazione.

Il tema della giornata è quanto mai interessante, la fuga dall’isola d’Elba: abbiamo scelto come punto panoramico per il racconto della vicenda, il suggestivo paesaggio di Punta Falcone. Lo spirito è alto, anche perché i dati sulla pandemia sono più rassicuranti.

Davanti al mare del canale di Piombino, seguiamo, nei nostri racconti,

la prima parte del percorso compiuto la sera del 26 febbraio 1814 da Napoleone imbarcato sul brigantino Incostant seguito da altre tre imbarcazioni, per raggiungere il porto di Frejus in Francia e da lì, Parigi venti giorni dopo.

Al momento dell’imbarco, alle otto della sera, nella darsena di Portoferraio dominava – ci ricorda Renato - il silenzio rotto dai secchi ordini per le operazioni della partenza. L’Imperatore indossa l’uniforme verde con i risvolti rossi, la redingote grigia e il cappello di castoro. È un’uniforme che ama, ben diversa dal vestito della festa data la sera prima alla Palazzina dei Mulini e al teatro, fra suoni e canti, animata da Paolina, per fare allontanare ogni sospetto, da parte degli inglesi, riguardo a progetti di fuga. La piccola flotta, lasciata Portoferraio avanza in forma sparsa per non avere l’aria d’essere un convoglio, in direzione nord-ovest. Se la seguiamo con l’immaginazione, le luci del faro del porto si allontanano sempre più, compaiono in lontananza quelle dell’isola di Capraia e della Gorgona, e poi la navigazione procede lontana dalla terra mentre sopraggiungono i primi chiarori dell’alba.”


Ha proseguito Elisa: “Un altro teatro in una parte più a sud della costa toscana, è luogo di musica e spettacolo nel momento del declino della vicenda napoleonica: il Teatro dei Vigilanti fatto costruire non lontano dalla Residenza dei Mulini. Dall’ottobre del 1814 Paolina ritorna nell’Isola d’Elba e prende “la direzione suprema” dei divertimenti e degli spettacoli e si adoperò per organizzare rappresentazioni con persone prese alla corte e in città e talvolta prendendovi parte anche lei: altre volte vi dava un corso di recite una compagnia francese appena scritturata e vi si fecero anche feste da ballo.”

Dagli scogli di Punta Falcone abbiamo seguito con la nostra immaginazione, il viaggio dell’imperatore dei francesi, lo sbarco in Francia nel golfo di Cannes, a Golfe Juan, vicino ad Antibes, l’ arrivo a Parigi il 20 marzo, l’inizio dell’avventura dei “cento giorni” cominciava il periodo che sarà noto come i «Cento giorni»; ed ancora , la sconfitta di Waterloo, il 18 giugno, l’imbarco, il 5 luglio, sulla nave inglese Bellerofonte alla volta di Sant’Elena, l’isola sperduta nell’oceano Atlantico, dove muore il 5 maggio 1821.

È subito piaciuta l’idea di Hannah di ritrovarci nella ricorrenza del 5 maggio, a duecento anni della scomparsa del generale francese, nella piazzetta dei nostri tradizionali incontri davanti alla Casa di Dante, per aprire una comune riflessione, ad alta voce, su questa figura così complessa, controversa, difficile da inquadrare come uomo e come personaggio storico.


Il viaggio in treno è stata questa volta l’occasione per parlare del cambiamento dei costumi in questa epoca.

I cambiamenti della moda – Rosa ha illustrato questo tema - investono, a cominciare dalla capitale francese, tutti gli strati della popolazione. In questo periodo sono sempre più diffusi i negozi di stoffe e le botteghe dei sarti ed escono numerosi giornali sulla moda. Le donne delle classi meno agiate riprendono i modelli da questi giornali e cuciono i vestiti in casa o si rivolgono ai grandi empori. Grazie allo sviluppo della tecnica, compaiono sul mercato tessuti più fini e solidi che rispondono meglio alle nuove tendenze della moda. Napoleone incoraggia i nuovi indirizzi sia con l’esempio che viene dalla corte sia con il sostegno diretto all’industria nazionale. Sempre per le donne, alle quali i nuovi canoni della bellezza impongono una figura snella, magra, dalle linee scultoree, la moda suggerisce nuovi tipi di calzature, fra cui gli stivaletti, e nuovi accessori. La moda maschile cambia poco in questo periodo e i richiami sono alla divisa militare e, per certi versi, all’abito inglese per la caccia. Napoleone aveva un enorme guardaroba diviso fra gli abiti di rappresentanza e quelli per la vita di tutti i giorni (uniformi, abiti da viaggio, da caccia, borghesi, scarpe, biancheria). A volte aveva a che ridire per i conti che gli presentavano i sarti e avanzava il sospetto che se ne approfittasse per la sua posizione. Preferiva comunque indossare, di solito, l’abito da cacciatore a cavallo della sua Guardia. Ogni capo costava solo duecento franchi. La giacca era di stoffa verde con i seguiti rossi”.

A Elisa il compito di parlare dei piatti e della cucina: “Nell’epoca napoleonica i cambiamenti nel modo di preparare le pietanze e il nuovo interesse per la tavola investe tutti i ceti sociali. A Parigi, per richiamare un dato significativo, il ristorante Véry per rispondere alle richieste della clientela, presenta nell’inverno del 1802 una carta con centocinquanta portate diverse, cinquantacinque vini, fra quelli francesi e quelli stranieri, e venticinque tipi di liquori: la sua lettura richiede almeno mezz’ora. Sono sempre più numerosi i ristoranti nella città, con prezzi per tutte le tasche, dove ci si va volentieri, per mettersi in mostra, si discute di politica e di affari, si danno appuntamenti galanti. Nel 1814 appare la prima Guida dei ristoranti per orientare i clienti fra la moltitudine dei locali. È sempre in questa epoca che si può collocare la nascita della “scienza della gola”, ossia della gastronomia. Grimon de La Reynière, uomo di lettere, crea nel 1803 una giuria di degustazione, formata da cinque autorevoli membri, che si riunisce periodicamente per assaggiare un gran numero di piatti e di prodotti. “Nel corso della seduta, i membri della giuria, si fanno portare un menu stampato e si fanno servire i piatti che indicano. I risultati della degustazione, chiamati legittimazioni, sono pubblicati dall’Almanach des gourmands che traccia un vero e proprio itinerario nutritivo di Parigi.” Nasce così un nuovo genere letterario, la critica gastronomica che orienterà le scelte in fatto di cucina, dalle tavole dei re a quelle della gente comune.


Dal 1795 si afferma una nuova tecnica per conservare le derrate, che si deteriorano facilmente, ponendole in piccoli recipienti di vetri sigillati, messi a riscaldare a bagnomaria dentro una grande pentola. Le verdure, la frutta, le carni conservano la loro fragranza a distanza di mesi e mesi. Il punto debole di questa tecnica è che i prodotti conservati vengono a costare una fortuna. Ma la Grande Armata e la Marina svilupperanno la tecnica che porta all’utilizzo di piccoli recipienti di latta, con il coperchio saldato. Nasce la carne in scatola!”

E come non parlare delle feste? Paul ha ripreso l’argomento: “Alla magnificenza della vita di corte facevano riscontro gli scenari delle feste organizzate nelle piazze e nelle vie delle città per celebrare le ricorrenze ufficiali e i successi della dinastia al potere. Uno dei primi atti di Napoleone fu di sopprimere le feste legate alla Rivoluzione, che ricordavano l’odio e la divisione del popolo francese, e la data del 14 luglio fu ribattezzata festa della Concordia. Sono poi istituite le nuove feste ufficiali: il 15 agosto, compleanno dell’Imperatore, il 2 dicembre anniversario dell’incoronazione e della vittoria ad Austerlitz. Le ricorrenze ufficiali, l’incoronazione, il matrimonio con Maria Luisa, il battesimo del Re di Roma o l’annuncio delle vittorie, sono l’occasione per allestire grandi feste popolari, a cominciare da Parigi e dalle città più importanti dell’Impero. Le campane suonano a festa, nelle chiese si celebra il Te Deum, si sparano salve di artiglieria e la sera si fanno i fuochi d’artificio, con le vie illuminate anche da candelabri alle finestre delle case che diminuiscono negli ultimi anni della stagione napoleonica. Per cogliere veramente lo spirito dell’epoca occorre, in effetti, allargare lo sguardo a tutta la società, nelle sue diverse componenti. In visita a Parigi nel periodo del Consolato, un viaggiatore inglese si meraviglia della passione dei parigini per la danza: “In quest’allegra capitale, i balli si succedono ai balli in maniera incredibile. Non mi stupisco d’altra parte più del fatto che le francesi sanno ballare così bene, poiché è noto che prendono frequenti lezioni da maestri.” Le distrazioni non mancano certo in una Francia che consacra le domeniche al riposo e ai divertimenti. Ce n'è per tutti i gusti e per tutte le borse, dalla passeggiata lungo i viali ai musei, dalla trattoria di campagna, ai caffè, agli spettacoli dell’Opéra.

Fra le feste ricompare, dopo i divieti posti nel periodo della Rivoluzione, il carnevale, a cominciare dalle città di provincia, dove i balli mascherati sono tenuti nelle sale per gli spettacoli. A Parigi il corso mascherato si svolge il Martedì grasso e partecipano al corteo Pierrot, Colombine e altri personaggi della commedia all’italiana insieme a varie figure come pastori, fauni, mugnai, contadini. Hanno poi molto successo le corse dei cavalli, fra le quali la corsa che si svolge, fra una grande folla, al Champ-de-Mars dove è sistemato un percorso a forma di anfiteatro.”

Al momento dei saluti, alla stazione di Santa Maria Novella, è stato ribadito l’appuntamento per la fatidica data del 5 maggio.