venerdì 30 aprile 2021

NAPOLEONE ALL'ELBA - Enrico Guerrini e Roberto Mosi

 


Napoleone

allElba

Enrico Guerrini - Roberto Mosi


Indice

* Presentazione

* Domenica 28 marzo 2021

La Firenze di Dante e di Napoleone, “ghibellino”

* Domenica 4 aprile 2021

Ricordare Napoleone a duecento anni dalla morte

* Domenica 11 aprile 2021

Da Piombino, a Calamoresca, il belvedere sulla storia di Napoleone all’Elba

* Domenica 18 aprile 2021

L’incontro con Maria Walewska all’Elba nella reggia sotto le stelle

* Domenica 25 aprile 2021

La fuga dall’Elba verso l’avventura dei “cento giorni”

. * Mercoledì 5 maggio 2021

Processo all’Imperatore dei Francesi


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Presentazione

Un gruppo di amici nel periodo della pandemia si ritrovano, con tutte le attenzioni possibili, a Firenze nella piazzetta davanti alla Casa di Dante, nelle settimane che precedono il 5 maggio e le celebrazioni per i duecento anni dalla morte di Napoleone Bonaparte. 

Il loro è un modo particolare per ricordare le gesta del generale corso, le vittorie e le sconfitte, in un'epoca nella quale s'invita, specie in Francia, a guardare “con occhi aperti” le vicende storiche del personaggio. Non potendo raggiungere luoghi lontani legati a Napoleone, gli amici si affidano a brevi escursioni con il treno, per raggiungere ogni volta la Costa Etrusca, il tratto di mare che va da Piombino a Populonia e il sentiero dei Cavalleggeri, che guarda l'isola d'Elba - dove l'imperatore regnò, dopo la sconfitta di Lipsia, per otto mesi - e, in lontananza, la patria natale, la Corsica.

Le mete finali delle escursioni, sono ogni volta diverse, dalla Cittadella di Piombino dove Elisa Baciocchi aveva la sua residenza di principessa napoleonica, a Punta Falcone, Calamoresca, Populonia. Il gruppo di amici da questi luoghi alti sul mare del Canale di Piombino, ricorda fatti memorabili, l'arrivo di Napoleone davanti a Portoferraio il 3 maggio 1814, prigioniero sulla fregata inglese Undauted, l'incontro con Maria Walenska nella “reggia sotto le stelle”, vicino al monte Capanne, la fuga verso la Francia e l'avventura dei “cento giorni” fino alla sconfitta finale nella battaglia di Waterloo.

Gli incontri, il tempo trascorso in treno, le camminate sul Sentiero dei Cavalleggeri, rappresentano momenti importanti per ricordare il personaggio e le sue contraddizioni, il suo ruolo nella storia europea e non solo, dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione, soffermandosi sule trasformazioni politiche, civili e culturali dell'epoca.

Il loro ultimo appuntamento, il 5 maggio, è ancora una volta nella piazzetta della Casa di Dante, alle 17.47, l'ora della morte a Sant'Elena, l'isola sperduta in mezzo all'Oceano Atlantico. Per gli amici è l'occasione per cercare di dare un giudizio finale, comune sul personaggio ma non ci riescono e scoppia un vero e proprio parapiglia, all'ombra della Torre della Castagna e del Campanile della Badia Fiorentina. Per un giudizio più sereno, tutto è rinviato alle prossime, future celebrazioni.

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Domenica 28 marzo 2021


La Firenze di Dante e di Napoleone, “ghibellino”


Grande evento domenica 28 marzo per il gruppo di amici protagonista delle passeggiate dedicate alla ri-scoperta dei luoghi del sommo poeta, dalla “Casa di Dante” al bel San Giovanni. Renato, l’amico più intraprendente della passata esperienza, ha proposto di incontrarci di nuovo, a distanza di tre mesi, proprio nella piazza all’angolo fra via Santa Margherita e via Dante Alighieri, davanti alla sede della Società delle Belle Arti Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, all’ombra della Torre della Castagna e del campanile della Badia Fiorentina. Un incontro secondo le regole di questo tremendo periodo di pandemia, per parlare delle cose eccezionali che sono successe in questo periodo. Nel messaggio che ci aveva mandato c’era scritto che ci avrebbe riservato una sorpresa. L’invito era rivolto anche all’amico Enrico Guerrini, scenografo e pittore.

Siamo arrivati puntuali, incuriositi, ancora con le nostre mascherine, alla giusta distanza, in una Firenze deserta e silenziosa, vuota del tradizionale afflusso di turisti, nell’ultimo giorno di zona arancione e alla vigilia della proclamazione della zona rossa: sempre preoccupanti i dati per la Toscana della pandemia del giorno precedente, sabato 27 marzo: 1417 nuovi contagiati, 19 morti, 30 nuovi ricoveri, 7 persone in più nelle terapie intensive. Una tristezza, dunque, di fondo in ciascuno di noi con il desiderio ancora forte di rivolgersi alle cose belle della poesia, dell’arte, alle scoperte che riserva in ogni angolo la nostra città per la sua bellezza e la sua storia.

Nei primi mesi dell’anno, dunque, è uscito il libro (Ogni sera Dante ritorna a casa, Ed. Il Foglio)  prima del Natale, per le strade medievali di Firenze (vedi Literaryhttp://www.literary.it/occhio/dati/mosi_rob/2021/05-ogni%20sera%20dante%20ritorna%20a%20casa/ogni_sera_dante_ritorna_a_casa.html ), il video realizzato a cura del Circolo degli Artisti, nei luoghi intorno alla Casa di Dante ( https://www.youtube.com/watch?v=JsVwCG7SsaU), la nostra partecipazione alla Giornata della Poesia (si veda: https://www.facebook.com/watch/live/?v=5240970512642758&ref=watch_permalink ), la festa del DanteDì, 25 marzo, celebrata davanti alla Casa di Dante, con l’esposizione delle sorprendenti sagome di legno dipinte, realizzate dai pittori Enrico Guerrini e Andrea Simoncini, raffiguranti Dante, Beatrice e Corso Donati (si veda: https://www.facebook.com/circoloartisticasadante/videos/156568312993424 ).

Nella generale euforia per questi risultati, Renato ha deciso di rivelare la sorpresa: è salito sul pozzo dalle forme antiche presente nella piazza, è salito sopra e in piedi, con tono trionfante, ha detto: “Vi dico che la nostra esperienza deve continuare! Fra poco più di un mese c’è un altro appuntamento, il 5 maggio, il giorno nel quale si ricordano i 200 anni dalla scomparsa di Napoleone Bonaparte. Ricordate?

Ei fu. Siccome immobile,

dato il mortal sospiro,

stette la spoglia immemore

orba di tanto spiro,

così percossa, attònita

la terra al nunzio sta …


Ho scoperto che la famiglia di Napoleone, come lui afferma nelle Memorie, era originaria di Firenze ed apparteneva al partito dei Ghibellini.”



Ha ricordato che Napoleone nel libro Memorie raccolte dal dottor Antommarchi a Sant’Elena, 1819-1921, dichiara che i suoi antenati erano originari di Firenze e furono banditi dalla città perché Ghibellini e trovarono asilo a Sarzana e poi in Corsica. Superato un primo momento di meraviglia, ci siamo trovati d’accordo nel progettare una nuova esperienza dedicata alla memoria di Napoleone, vicino a noi anche per le sue lontane “origini fiorentine”, tenendo conto dei limiti imposti dalla pandemia per gli spostamenti e delle difficoltà per raggiungere i luoghi, anche in Toscana, dove è ancora viva la memoria del suo passaggio e delle persone a lui vicine, come le sorelle Elisa, Paolina e Carolina, il fratello Giuseppe, la madre Maria Letizia Ramolino.



Enrico ha detto che ci teneva a far parte dell’avventura con i suoi pennelli e il suo cavalletto e ha iniziato subito, nella piazza, a disegnare, secondo un’idea improvvisa: ha voluto dare il senso della continuità delle esperienze disegnando, all’impronta, la figura di Dante Alighieri vicina a quella di Napoleone Bonaparte, i loro vestiti, e ha immaginato, con una certa ironia, lo scambio dei vestiti fra i due personaggi. Ha invitato anche noi a partecipare a questo gioco, eseguendo una serie divertente di nuove figure, ad avvicinarci, come nei riflessi di uno specchio, alle dimensioni umane di questi personaggi. I risultati sono stati esilaranti: Napoleone si trova a disagio con i vestiti, abbondanti, di Dante e il sommo poeta, imbarazzato, nei vestiti più corti di Napoleone, deve sostenere i pantaloni ( video: https://www.youtube.com/watch?v=G3A3oO2mj6I&t=131s ).


Raffaello, da esperto di viaggi e di programmazione, poi, dopo aver consultato il suo smartphone, ha proposto, fra l’entusiasmo di tutti, di incontrarci le prossime domeniche prima dell’anniversario del 5 maggio, per andare con il treno delle 7.28 da Firenze, a Piombino, in riva al mare , nella zona di Cala Moresca e camminare lungo il Sentiero dei Cavalleggeri, in direzione di Populonia, in vista dell’Isola d’Elba, dell’Arcipelago e della Corsica e, lungo il percorso, ricordare episodi memorabili della storia, come l’arrivo a Portoferraio dell’imperatore, prigioniero degli inglesi, il 4 maggio del 1814, la fuga verso la Francia, la notte del 26 febbraio 1815, ed altri episodi che riguardano Elisa Baciocchi, Paolina Bonaparte, Maria Walewska.

La mattinata si è conclusa con una passeggiata verso Palazzo Pitti, passando per il Ponte Vecchio. In questo palazzo Napoleone incontrò, il 30 giugno del 1796, il granduca Ferdinando III: l’incontro memorabile di due giovani di ventisette anni, l’uno il generale venuto dal nulla, l’altro, figlio dell’imperatore d’Austria. Nello stesso palazzo, la principessa Elisa Baciocchi, la sorella maggiore di Napoleone, regnò, con la sua corte, come Granduchessa di Toscana, dal 1809 al 1814.



La passeggiata è proseguita fino a via Ghibellina, presso la Badia Fiorentina, di dantesca memoria, per sostare davanti al Palazzo della famiglia Borghese dove trascorse una parte degli ultimi giorni fiorentini, Paolina Bonaparte, la sorella minore, prima della sua morte il 9 giugno 1925, a Villa Fabbricotti.




L’appuntamento del gruppo è stato fissato, dunque, per le prossime domeniche, prima del fatidico 5 maggio, il giorno della morte di Napoleone, alle ore 17.49, a Sant’Elena, la piccola isola sperduta in mezzo all’Oceano Atlantico. Abbiamo deciso di indicare il 5 maggio come il NapoDaDei.

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4 aprile 2021

Ricordare Napoleone Bonaparte a duecento anni dalla scomparsa


Domenica 4 aprile si è incontrato nella piazzetta davanti alla “Casa di Dante”, fra via Dante Alighieri e via Santa Margherita, a Firenze, il gruppo di amici che negli ultimi due mesi del 2020 ha progettato sette passeggiate dedicate al sommo poeta nei luoghi dove visse l’infanzia e la gioventù, si innamorò, formò la sua famiglia, si affermò come poeta, partecipò alla vita politica del Comune prima dell’esilio.

Per questa data era stata programmata la prima delle escursioni sulla costa del mare, a Piombino, davanti all’Isola d’Elba e alla Corsica, per ricordare la figura di Napoleone e i personaggi a lui vicini, a duecento anni dalla scomparsa dell’imperatore francese, il 5 maggio 1821 nell’isola di Sant’Elena: giorno “battezzato” dal gruppo di amici come il NapoDaDay, per il coincidere, per il periodo, delle due celebri ricorrenze. Purtroppo la Toscana è precipitata ancora in zona rossa. I dati della pandemia si sono aggravati, sono di notevole rilievo: domenica 4 aprile, 18.017 i nuovi casi di contagio, 24 i morti, i ricoverati sono 1888, sono aumentati di 4 unità i ricoverati in terapia intensiva.

Abbiamo deciso nell’imminenza di questa data, di incontrarci lo stesso, con tutte le precauzioni e le regole previste, presso la Casa di Dante, rinunciando alla tradizionale videoconferenza, online. Così alle nove del mattino siamo comparsi nella piazzetta, alla spicciolata, una parte portando un animale domestico a prendere aria … e l’altra vestita in abito sportivi per fare jogging. Anna era al seguito della sua canina, ancora cucciola Gilda, Elisa ha portato il suo gatto soriano, Kamel, ribattezzato, per l’occasione, come gatto da passeggio, e così via.

Un piccolo inconveniente, Gilda non sopporta il suono delle campane e quando alle nove si sono sentiti i rintocchi del campanile della Badia Fiorentina, ha cominciato a ululare, fra la sorpresa di tutti.

Secondo le intese, ognuno ha portato, uno dei libri che aveva in casa, su Napoleone e la sua epoca. Sono stati posti, in mostra, sul pozzo dalle forme medievali, che troneggia in una parte della piazza, vicino a libri su Dante che oggi vanno per la maggiore, circondati da disegni realizzati dall’amico pittore Enrico su Dante e su Napoleone. Un successo particolare continuano a riscuotere i disegni nei quali i due personaggi, dal fisico assai differente, si cambiano i vestiti.


Si è visto così accanto ai recenti libri su Dante Alighieri di Alessandro Barbero, Aldo Cazzullo e Marco Santagata, la voluminosa monografia di George Lefebvre, Napoleone (Laterza, Bari 1991), l’importante lavoro di Jean Tulard, Napoleone. Il mito del salvatore ((Bompiani, Milano 2000), il prezioso libro di Luigi Mascilli Migliorini, Napoleone (Salerno Editore, Roma 2001), un libro della sterminata produzione di Fréderic Masson, Napoléon che lui. La Journée de l’Empereur aux Tuileries (A. Michel Editeur, Paris 1929), l’agile opera di Vittorio Criscuolo, Napoleone (Il Mulino, Bologna 1997).

Ragguardevoli i libri sulla vita quotidiana: Jean Tulard, La Francia ai tempi di Napoleone (Bur, Milano 2000), La vie de Français au temps de Napoléon (Danzer-Kanof Larousse-Vuef, Paris 2003). Molti poi, nella mostra improvvisata sul pozzo della piazza, dedicati a Paolina Bonaparte, Maria Waleska, Carolina Murat, Letizia Bonaparte; fra questa rassegna, il libro di Roberto Mosi Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio, Piombino 2013).


Renato in piedi sugli scalini del pozzo, ha richiamato la nostra attenzione, con un’aria un po’ contrita: “Sono stato io a proporre di ricordare la figura di Napoleone Bonaparte ma ho scoperto questo articolo di Stefano Montefiore sul Corriere della Sera del 18 marzo: “L’anniversario dei 200 anni dalla morte, è giusto celebrare Napoleone? - Alla vigilia del 5 maggio il dibattito è aperto. Il governo di Parigi promette un ricordo con «occhi spalancati» sui lati oscuri (misoginia, razzismo) di un protagonista della Storia”

Ha posto questa domanda: “Che si fa? Si va avanti nella nostra iniziativa, sapendo, fra l’altro, come ricorda il giornale, che he nel 1802 ripristinò la schiavitù dopo l’abolizione a opera della Convenzione, otto anni prima.”

Si è aperta un’accesa discussione che, penso, non aveva niente da invidiare a quelle, di una volta, fra Guelfi e Ghibellini, negli stessi luoghi. La naturale conclusione è stata quella di andare avanti con spirito critico, senza alcuna “santificazione” della figura di Napoleone. Raffaello ha ribadito il programma degli incontri domenicali del gruppo fino al 5 maggio, il NapoDaDay, da tenere a Firenze, nella piazzetta della “Casa di Dante”, se i dati della pandemia rimarranno da zona rossa o, altrimenti, raggiungere con il treno delle 7.28, Piombino e, da lì, Cala Moresca e il Sentiero dei Cavalleggeri, in direzione di Populonia, per ricordare, davanti all’isola dell’Elba e la Corsica, vicende di oltre duecento anni fa, personaggi, storie, leggende.

Rosa e Elisa, nella piazzetta della “Casa di Dante”, hanno raccontato la storia dell’arrivo di Elisa Baciocchi, la sorella maggiore di Napoleone, a Piombino, da principessa:

Il 18 marzo 1805 Napoleone annunziò davanti al Senato francese che aveva concesso lo Stato di Piombino alla principessa imperiale Elisa e al marito, principe Felice Baciocchi. La concessione di Piombino fu la prima con la quale l’Imperatore affidava il governo di uno stato a un membro della sua famiglia; il principato di Lucca fu assegnato ai Baciocchi, tre mesi dopo.

Elisa fece il suo ingresso il 22 febbraio 1806: alla porta della città – dove il sindaco e i cittadini erano ad attenderla – era stato costruito un arco trionfale d’alloro con iscrizioni di saluto, fra le quali un verso virgiliano “Iam redit et Virgo et redeunt Saturnia regna”.

Nei giorni successivi raccolse l’invito delle autorità di Portoferraio e “si compiacque di visitare l’Elba, traversando coraggiosamente nelle sue condizioni interessanti il tratto di mare di solito mosso e scrivendo con entusiasmo a Napoleone, il 4 marzo 1806, che “le paysage est très agréable”.

La residenza della nuova principessa è stabilita nell’area della Cittadella, nel luogo, dove gli Appiani tre secoli prima avevano stabilito la loro residenza, su una sommità che, in posizione strategica, sovrasta il centro storico della città. Da qui lo sguardo spazia per gran parte del territorio del Principato e, dalla parte del mare, che brilla in basso, abbraccia la vicina Isola d’Elba, le altre isole dell’Arcipelago Toscano e, in alcune giornate rese chiare dal vento, le montagne della Corsica, la terra di origine dei Bonaparte.

I Principi si trattennero “per tutta la Quaresima e vollero tornare più volte negli anni successivi alla “palazzina delle delizie”, come gli abitanti del luogo chiamavano la piccola villa dietro la chiesetta della Madonna di Cittadella, dalla quale la vista corre libera sul mare”.

Fra i primi atti, uno rivolto all’organizzazione dell’esercito: fu costituito il Battaglione dei Cacciatori di Piombino che due anni dopo si fuse con la compagnia cacciatori di Lucca per formare il Battaglione del Principe Felice.”

Hannah e Paul hanno ricordato lo spettacolo teatrale su Elisa Baciocchi tenuto al Teatro Oklahoma di Casa al Vento, a Monte Senario (

http://www.literary.it/occhio/dati/mosi_rob/2020/22-a%20teatro/a_teatro_per_ricordare_una_princ.html ).



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Domenica 11 aprile 2021


Da Calamoresca il belvedere sulla storia dell’Elba


L’appuntamento di domenica 11 aprile è stato ancora una volta nella piazzetta davanti alla “Casa di Dante”, fra via Dante Alighieri e via Santa Margherita, proprio all’incrocio delle antiche strade che possono essere dette, l’una, del sommo poeta e, l’altra, di Beatrice.

Alle 7 del mattino intorno al pozzo storico, al rintocco delle campane della Badia Fiorentina, ci siamo ritrovati, abbiamo salutato l’effigie di padre Dante e, con passi rapidi, siamo andati alla stazione di Santa Maria Novella, a prendere il treno in partenza dal binario 1, per Livorno e da qui per Piombino. Componente prezioso del gruppo di amici, questa volta, anche Enrico, pittore, con il suo cavalletto leggero, da viaggio. La meta del giorno, Calamoresca, il locale “La Gatta Rossa”, in alto sulla costa del mare, all’aperto, affacciato sul mare sopra il Canale di Piombino, proprio di fronte all’isola d’Elba e all’Arcipelago, con sullo sfondo la Corsica:



uno splendido belvedere per godere dello spettacolo del mare e per rievocare – specie in tempo di pandemia - vicende storiche memorabili, a cominciare dall’arrivo, oltre 200 anni orsono, a Portoferraio dell’imperatore dei francesi, prigioniero degli Inglesi. I dati della pandemia hanno leggermente rallentato, 1.222 i nuovi contagiati, 30 i decessi, - 22 i ricoveri rispetto al giorno prima; - 2 persone in terapia intensiva.

Siamo saliti sulla prima carrozza del treno, dove di solito è minore l’afflusso dei passeggeri, prendendo posti ben distanziati fra loro, con le mascherine dai diversi colori, bianche, nere: Armando, il solito tifoso, con la mascherina viola. Raffaello, alla partenza, ha ricordato i passaggi della giornata, stabiliti negli incontri online nelle sere precedenti, legati alle varie vicende del personaggio Napoleone e della famiglia dello stesso imperatore.

Così al passaggio del treno da San Miniato, dopo mezz’ora di viaggio, Renato ha ricordato che il padre di Napoleone, Carlo Maria Buonaparte, si recò per la prima volta a San Miniato nel 1778, con i figli Giuseppe e Napoleone, per cercare, dallo zio Canonico, facilitazioni per essere ammesso al prestigioso Collegio Militare di Brienne. Quasi vent’anni dopo, nel 1796 la Gazzetta Toscana del 2 luglio, racconta il pernottamento del giovane generale Napoleone presso lo stesso zio.

Il nostro Signor Canonico Filippo Buonaparte, Patrizio fiorentino, di nobiltà samminiatese, teologo dottissimo e Canonico di questa chiesa, fu invitato, e più volte, dall’illustre suo parente, da Sua eccellenza il Sig. generale e Comandante in Capo Bonaparte, di recarsi alla stazione di posta della Regia via maestra desiderando il suddetto di stringerlo fra le braccia”

Renato ha proseguito ricordando che la sosta del generale a San Miniato fu quanto mai breve: al mattino discese la collina verso la valle dell’Arno e coperte le 20 miglia della strada per Firenze, entrò la sera nella città da Porta San Frediano, “accompagnato dal suo stato maggiore e da dodici dragoni, fra due ali di folla silenziosa e oscillante fra curiosità e paura.” Il giorno si recò a visitare la Galleria degli Uffizi e fu poi invitato alla tavola del Granduca a Palazzo Pitti. L’incontro vide a confronto, con toni di reciproco rispetto e, a momenti, di simpatia, due ventisettenni, l’uno Ferdinando III, figlio di un imperatore, e l’altro Napoleone, il generale venuto dal nulla.

Superata la stazione di Pontedera, Rosa ha cominciato a parlare di Pisa: negli anni napoleonici: si gettano le basi per la creazione della Scuola Normale, oggi ospitata nello storico Palazzo dei Cavalieri di Santo Stefano. Il decreto di Napoleone del 18 ottobre 1810 sancisce ufficialmente la sua nascita come “succursale” della Scuola Normale di Parigi.

Poco dopo il treno è entrato nella stazione di Livorno e Paul ha sottolineato che l’immagine della città è condizionata dalla situazione dei commerci dell’epoca. Nel periodo della Rivoluzione e in quello napoleonico si alternano per Livorno, dopo una prima fase di grande prosperità, dovuta allo status neutrale della città (fino all’anno 1793), periodi di “sfrenata e intensissima attività accompagnati da una ricchezza anch’essa eccezionale”, a periodi “nei quali avrebbe potuto sembrare che Livorno fosse stata abbandonata da tutti quelli che poco tempo prima ne avevano fatto un continuo punto di riferimento e un necessario approdo per le loro imbarcazioni.” Il porto è evidentemente l’elemento centrale della vita della città, animata dalla presenza di molte comunità straniere impegnate nei traffici commerciali. È uno dei maggiori porti del Mediterraneo, grande rivale del porto di Marsiglia. Per i francesi, nel lungo confronto con la potenza inglese, riveste un ruolo strategico per la sua posizione e per il sistema difensivo di cui è dotato. Nel corso del “Blocco Continentale” dei porti, imposto da Napoleone contro gli inglesi, subì pesanti conseguenze.

Superata Livorno, Elisa ha ricordato che è di notevole interesse la storia della striscia costiera attraversata dalla ferrovia. La costa che si estende da Avenza, al confine settentrionale della Toscana, fino al golfo di Follonica, la parte meridionale del Principato di Piombino, può essere considerata come un avamposto contro il nemico di sempre, gli inglesi. Forti e torri, regolarmente intervallati lungo plaghe per lo più deserte, sorvegliano la costa per impedire sbarchi dei nemici, di pirati e contrabbandieri, e l’arrivo di bastimenti tenuti al rispetto del periodo di quarantena. Paludi e macchie impraticabili, in più parti, alle spalle della striscia di sabbia, ostacolano il passo di chi volesse inoltrarsi nell’entroterra. Ha citato queste splendide terzine della Divina Commedia per richiamare il sistema delle torri lungo la costa e i segnali trasmessi da una torre all’altra.

Io dico, seguitando, ch’assai prima

che noi fossimo al piè dell’alta torre,

li occhi nostri n’andar suso alla cima


per due fiammette che i’ vedemmo porre,

e un’altra da lungi render cenno

tanto, ch’a pena il potea l’occhio torre.


E io mi volsi al mar di tutto ‘l senno:

dissi: “Questo che dice? E che risponde

quell’altro foco? E chi son quei che ‘l fenno?

Dante - Inferno, Canto 8, vv. 1-9


Elisa ha fatto presente: “Il controllo di questo territorio è particolarmente attento da quando è proclamato il blocco continentale. L’Inghilterra era assoluta padrona dei mari dopo la vittoria di Trafalgar. Nel 1806 quando appare la possibilità di fare dell’Europa una grande federazione sotto il controllo francese, Napoleone concepisce l’idea di colpire l’Inghilterra rendendola come prigioniera dei mari che domina con la sua flotta. Con il decreto di Berlino dello stesso anno, dichiara la chiusura del continente europeo alle navi e alle merci inglesi. Per tutti i paesi del continente fu inevitabile adeguarsi a questa misura. Il blocco continentale provocò gravi conseguenze fra i paesi sotto il dominio francese. Nella linea di difesa lungo il mare, è importante la posizione del Principato di Piombino, di fronte all’Isola d’Elba, con 35 miglia di costa nelle quali era compreso il sistema di difesa urbano del capoluogo e il sistema difensivo litoraneo, formato da venti torri, dalla Torraccia a Nord del Principato, fino all’isola della Troja o Sparviero a Sud, nel golfo di Follonica. Una parte delle torri lungo la costa toscana fu costruita nei secoli XII-XII dalla Repubblica di Pisa e dal secolo XVI in poi si trovano quelle erette dai Medici e Lorena e dal Principato di Piombino. I Baciocchi approntarono nel litorale di Lucca e di Massa alcuni nuovi punti di difesa o restaurarono quelli esistenti.”

Armando si è interessato al tema delle bonifiche: “Secondo la tradizione francese, è il Corpo dei Ponti e Argini che si occupa di progetti ad ampio respiro come le bonifiche. Nell'ottica napoleonica di intervenire su scala territoriale più che urbana, si formulò dal 1806 un piano di miglioramento per procedere alla bonifica delle paludi intorno al Serchio e accrescere così i terreni coltivabili. La commissione preposta elaborò un piano che riguardava sia la campagna lucchese circostante, il lago di Massaciuccoli, che la pianura toscana nel territorio bientinese.

Per il recupero dell’ambiente nell’area di Piombino, furono approntati progetti di notevoli dimensioni realizzati poi in alcune parti. Le paludi esistenti nell’agro piombinese, formatesi presso le foci del fiume Cornia e di altri corsi d’acqua, erano diverse e la più estesa era detta “Lago di Piombino”, ribattezzato dai francesi “Grand Marais de Piombino”. I lavori di risanamento idraulico, che videro impegnati l’esercito e gruppi di forzati, avanzarono gradualmente fra mille difficoltà: in particolare lo scavo dei canali di deflusso dovette essere sospesa per molti mesi dell’anno, per il pericolo di prendere la malaria. “A metà dell’anno 1813 era finalmente approntato, grazie ai soldati del Genio imperiale – comandati dal capitano Dalmasse di origini parigine – il Fosso della Sdriscia, nel cui alveo furono convogliate le acque del Cornia dirette a bonificare la zona di Campo all’Olmo.”

Superata la stazione di San Vincenzo, Raffaello è intervenuto sul tema dei lavori stradali: “In una situazione di generale arretratezza, la principessa Elisa Baciocchi provvide ad ampliare e rettificare la sede delle strade postali insieme all’apertura di nuovi tronchi viari. Fra gli interventi effettuati nel territorio di Piombino, uno dei più significativi riguarda la strada che conduce a San Vincenzo, prima denominata la “Strada Nuova”, poi “Via Maestra Pisana” e ora, in onore a Elisa, “Strada Provinciale della Principessa”. Saranno altresì favorite le comunicazioni, per un verso, con l’Elba e per l’altro, con il Nord. Un’opera d’ingegneria come la “Strada Nuova”, affidata al lavoro prevalentemente manuale, apparve di rilievo tanto che il geografo Emanuele Reperti afferma: “È una delle memorie del beneficio recato da quella principessa, la nuova e bella strada litoranea che dalla Torre di San Vincenzo guida direttamente a Piombino.”

Arrivati alla Stazione di Piombino, in fila indiana, con in testa i ragazzi Claudio e Anna, e in fondo Enrico con il suo cavalletto da pittore, abbiamo attraversato la città, passando dalla porta del Rivellino, da dove, come abbiamo visto nell’incontro di una settimana fa, il 22 febbraio del 1806 fece l’ingesso nella città la principessa imperiale Elisa Baciocchi con il consorte principe Felice Baciocchi, siamo passati sotto la Cittadella e alla villa dove una volta vi era la “Casetta delle delizie” della principessa, da dove si apre lo splendido paesaggio marino sull’Elba e, in lontananza, sulla Corsica, la sua terra d’origine.

Il cammino è proseguito per circa un’ora, passando da Salivoli, sempre in vista del mare, un gande conforto per tutti, stressati dall’infinito periodo della pandemia. Abbiamo raggiunto così l’inizio della via dei Cavalleggeri, dove c’è il locale “La gatta rossa”, sopra Calamoresca e ci siamo fermati sulla panchina e il prato che guarda l’isola, con lo sguardo rivolto verso il golfo di Portoferraio.

Renato si è preso il compito di ricordare l’arrivo nella baia della nave Undauted che portava prigioniero l’imperatore Napoleone Bonaparte: “Il trattato di Fontainebleau dell’aprile 1814 accordò a Napoleone la sovranità sull’isola d’Elba, che una delibera del Senato del 1802 aveva annesso alla Francia e che era stata incorporata nel 1809 nel governo generale dei dipartimenti della Toscana.

L’arrivo nella rada di Portoferraio la sera del 3 maggio, dopo i giorni dolorosi della sconfitta, assume quasi un valore liberatorio e, mentre le descrizioni dell’approdo a Sant’Elena parleranno dell’ostilità del paesaggio, l’Elba, al contrario, si presenta nella sua luminosa veste mediterranea.

Le potenze avversarie dopo che ha sottoscritto l’abdicazione, gli hanno concesso la sovranità su una piccola isola, che conosce a malapena e per questo nelle ultime ore di Fontainebleau consulta le carte che ha a portata di mano nella biblioteca. Sull’isola tutto è a scala ridotta rispetto al passato, en diminutif, ma con grande energia si dedicherà all’opera di governo.

Nella rada davanti al porto di Portoferraio, la sera del 3 maggio 1814 arrivò, dunque, dalla Francia, dal quadrante nord, e gettò le ancore, la fregata inglese Undauted: portava Napoleone verso il suo nuovo regno insieme con alcuni fedeli compagni, il generale Bertrand, il conte Drouot, il tesoriere Peyrusse.


Alla luce ancora del sole Napoleone poté vedere dalla nave le possenti fortificazioni: Forte Stella, Forte Falcone, Fronte di terra, Forte della Linguella, incastonati in un paesaggio dai colori tipici di un’isola del mediterraneo. Dalla bocca del porto alzando poi lo sguardo in alto dalla parte del mare aperto, scorse il basso profilo della Palazzina dei Mulini, posta in una posizione incantevole e allo stesso tempo strategica, nella verde sella che la collina forma fra il Forte Stella e il Forte Falcone.










Dopo il Castello di Fontainebleau, in Francia, che aveva lasciato tredici giorni prima rivolgendo un accalorato saluto ai suoi soldati, sarebbe stata la sua prossima residenza. Quando arrivò poi l’oscurità, la notte fu rischiarata da un’infinità di luci, piccole e grandi, appese alle finestre delle case per significare l’eccezionalità dell’evento”.


Si stava facendo tardi, era l’ora di riprendere il treno per la città di Dante e le luci rosse del tramonto, ci hanno consigliato di muoverci in fretta verso la stazione.


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domenica 18 aprile


L’incontro con Maria Walewska all’Elba, nella reggia sotto le stelle


È stata quanto mai eccitante la spedizione sulla Costa Etrusca di domenica 18 aprile: la meta della giornata è stata Populonia e la sua meravigliosa vista sulle isole dell’Arcipelago, con il pensiero rivolto alla storia dell’imperatore Napoleone Bonaparte, nell’anniversario dei 200 anni dalla scomparsa.

La curva della pandemia sta leggermente flettendo: 958 sono i contagi, 28 i decessi.

La mattina presto il tradizionale incontro nella piazzetta di Dante, un buon caffè in via del Corso, vicino al luogo dove sorgevano gli edifici dei Portinari, la famiglia di Beatrice, e poi siamo corsi alla stazione per prendere il treno. Il viaggio in treno verso la Costa è stata anche questa volta l’occasione per il nostro scambio di idee e di riflessioni sull’epoca napoleonica, questa volta ponendo l’accento sui cambiamenti nel mondo della cultura. Rosa ha avviato il discorso partendo dalla pittura: “Il primato nella pittura spetta al pittore David che rappresenta il simbolo stesso dell’arte figurativa di questo periodo.

Egli immortala nei suoi quadri i grandi momenti dell’epopea napoleonica: Bonaparte al passo del San Bernardo, La distribuzione delle Aquile, L’incoronazione. I suoi allievi sono una schiera infinita, molti dei quali sono ritratti nel quadro Lo studio di David. Fra questi si può ricordare Gros e i suoi quadri storici delle battaglie come Abukir ed Eylau, o Gérard, che si specializza nei ritratti della famiglia imperiale e dei grandi dignitari. David si era affermato per la sua capacità fin dai tempi della Rivoluzione. “Ognuno di noi - aveva sostenuto davanti all’assemblea della Convenzione - deve rendere conto alla Nazione del talento che ha ricevuto dalla Natura.” L’arte con la Rivoluzione era diventata uno strumento di governo e ad essa era affidato il compito di istruire e spronare all’azione. L’influsso di David si manifesta anche dopo l’ascesa di Napoleone al potere e la sua concezione artistica, legata allo stile classico, risponde alle finalità politiche perseguite nel periodo dell’Impero. L’attenzione è però rivolta in misura maggiore ai personaggi dell’impero romano mentre la Rivoluzione si era richiamata al pe-riodo repubblicano”.

Interessante il racconto di Armando sui musei e sul Museo Napoleone a Parigi, in particolare: “Si registrano circa trentamila visitatori per la mostra dei quadri venuti dall’Italia, presso il Museo Napoleone, un pubblico animato forse più che dall’interesse artistico, dall’orgoglio delle vittorie militari che hanno permesso l’accumulo di tanti capolavori. In più di una circostanza, l’arte diventa uno dei più efficaci strumenti di propaganda. Il classicismo trionfa anche fra gli scultori fra i quali emerge l’italiano Canova che, nonostante le sollecitazioni di Napoleone, preferì rimanere a Roma. Fra le sue opere, la statua dell’Imperatore ispirata all’Apollo di Belvedere, di Paolina nelle sembianze di Venere e Madame Mère in quelle di Agrippina.



Dopo la Rivoluzione è di moda la visita ai musei pubblici, undici in Francia e sette nei territori annessi. Il Louvre è ribattezzato “museo Napoleone” alla proclamazione dell’Impero ed è aperto ai parigini tre giorni la settimana, con la regola di lasciare all’ingresso il pro-prio bastone da passeggio. Nel 1811, le opere prese in Italia, nelle Fiandre e in Germania, comprendono 1176 quadri, fra i quali 606 della scuola del Nord, 463 dall’Italia, fra i quali Le nozze di Cana del Veronese”.

Sul tema della stampa si è soffermata Elisa: “I giornali devono riprendere per quanto riguarda gli atti del governo e gli avvenimenti militari, gli estratti dedicati al tema da le Moniteur. Fra i mezzi di comunicazione, il Bollettino della Grande Armata ha il compito di informare militari e civili su quello che accade nel corso delle campagne militari. Alcuni articoli del Bollettino sono dettati dallo stesso Napoleone, indubbiamente un grande giornalista e, oggi si direbbe, ottimo comunicatore dei messaggi da far giungere all’opinione pubblica. Per quanto riguarda la letteratura, la censura nata sotto la Rivoluzione, è confermata nel periodo seguente. I librai e i tipografi devono depositare al Bureau de la presse due esemplari di ogni opera prima di metterla in vendita. I libri più diffusi nelle fiere, grazie ai venditori ambulanti, sono quelli di natura religiosa come il Catechismi o l’Imitation de Jésus. Seguono i manuali di natura educativa, i piccoli libri blu stampati a Troyes, pieni di storie edificanti e di racconti, poi gli almanacchi su tutti gli argomenti, dal Messager boiteux alle Prophéties de Nostradamus”.



Michele si è documentato sul tema delle biblioteche e della Biblioteca imperiale, in particolare che raccoglieva nelle sue sale trecento mila volumi, era aperta al pubblico il mercoledì e il venerdì e tutti i giorni per gli uomini di lettere.

Ha ricordato il rapporto di Napoleone con il libro e le sue biblioteche, che era del tutto particolare e merita di essere osservato con attenzione per comprendere le qualità dell’uomo, la capacità di tenersi aggiornato e il suo operare quotidiano fino ai giorni trascorsi all’Isola d’Elba, dove rimangono una parte dei libri che ha scelto nell’ultima notte trascorsa presso il Castello di Fontainebleau. Dopo il 1807, l’incarico di bibliotecario ufficiale di Napoleone Bonaparte fu affidato a Barbier, celebre bibliografo. “Con Barbier Napoleone poteva essere tranquillo, afferma Michele, nessun libro che egli non conoscesse o non sapesse procurarsi; nessuna domanda che lui lasciasse senza risposta; nessun progetto di biblioteca da formare che lo vedesse esitante.



Si potrebbe dire, con termini attuali, che il bibliotecario Barbier svolge presso il Gabinetto di Napoleone, le funzioni degli odierni “motori di ricerca”. Napoleone era un lettore particolare, gettava dai finestrini della sua berlina i libri che non gli piacevano! Vede, infatti, nei libri soprattutto degli strumenti di lavoro necessari per le decisioni da prendere. Le rilegature, di solito di pelle di vitello di qualità mediocre, presentano sul davanti le insegne imperiali e il nome della biblioteca dalla quale provengono. Fra le molte biblioteche alle quali dette vita Napoleone, è da considerare quella che costituì a Portoferraio, nei dieci mesi trascorsi dal 1814 alla Residenza dei Mulini, come sovrano dell’Isola d’Elba. Anche qui le opere erano classificate secondo il solito criterio di ripartizione: teologia e religione, diritto e giurisprudenza, storia, scienze ed arti, belle lettere. Tutti i libri in qualunque modo acquisiti, furo-no contrassegnati da una “N” sul dorso, circondata da due rami di lauro incrociati”.



Sulle conversazioni intrecciate nel corso del viaggio in treno da Firenze al mare della Costa Etrusca, merita ricordare le cose dette da Hannah: “Dopo la prima campagna d’Italia, è organizzata la spedizione contro l’Egitto per colpire il commercio inglese con l’oriente e, in prospettiva, far pesare una minaccia sull’India, dove il sultano del Mysore, Tippoo Sahib, alleato della Francia, combatteva contro gli inglesi. Compagni d’armi vicino a Napoleone, parlano del “sogno orientale” di Bonaparte. La spedizione d’oriente unisce obiettivi militari ed economici con interessi scientifici e può, per questo, essere assimilata ai grandi viaggi di esplorazione del Settecento. Con la divulgazione di disegni e racconti sulla spedizione in Egitto si diffuse fra il grande pubblico la passione per i paesaggi, i monumenti, i motivi decorativi del mondo egiziano e del mondo classico. Gli artisti e gli artigiani ripresero spunti e modelli favorendo lo sviluppo di una tendenza che andò ben oltre l’epoca napoleonica. I segni della passione per l’oriente, li ritroviamo con grande evidenza alla Villa di San Martino, residenza di campagna di Napoleone quando diventa sovrano dell'Isola d'Elba. Elemento centrale del-la Villa è la Sala Egizia, decorata in trompe-oeil con scene della valle del Nilo, inquadrate da trabeazioni sorrette da colonne ornate da palme e geroglifici. Al centro della sala è posta, alla maniera orientale, una vasca ottagonale, dove risuona lo zampillo delle acque. Ubicumque felix recita poi un cartiglio poggiato sulle colonne dipinte, fra le scene che evocano le glorie egiziane”.



Dopo oltre due ore di viaggio in treno, l’arrivo a Populonia Scalo, la stazione prossima a Piombino. Una camminata fino al golfo di Baratti, attraversando la via della Principessa – la strada costruita al tempo della principessa Elisa Baciocchi e poi la salita alla rocca di Populonia da dove si apre l’ampia vista sull’Arcipelago toscano, sull’isola d’Elba con l’alto rilievo del monte Capanne e, più lontano, sulla Corsica.


Da questo particolare belvedere, uno fra i punti più belli della costa toscana, abbiamo ricordato insieme l’arrivo della nave di Napoleone, quella lontana sera del 3 maggio 1814.

Alla luce ancora del sole Napoleone – ci ha detto Renato - poté vedere dalla nave le possenti fortificazioni: Forte Stella, Forte Falcone, Fronte di terra, Forte della Linguella, incastonati in un paesaggio dai colori tipici di un’isola del mediterraneo. Dalla bocca del porto alzando poi lo sguardo in alto dalla parte del mare aperto, scorse il basso profilo della Palazzina dei Mulini, posta in una posizione incantevole e allo stesso tempo strategica, nella verde sella che la collina forma fra il Forte Stella e il Forte Falcone.



Dopo il Castello di Fontainebleau, in Francia, che aveva lasciato tredici giorni prima rivolgendo un accalorato saluto ai suoi soldati, sarebbe stata la sua prossima residenza. Quando arrivò poi l’oscurità, la notte fu rischiarata da un’infinità di luci, piccole e grandi, appese alle finestre delle case per significare l’eccezionalità dell’evento. ““Il giorno successivo – ha proseguito Raffaello - fu innalzata la nuova bandiera sul Forte Stella, bianca divisa in due triangoli da una striscia rossa, ognuno ornato da tre api d’oro. Nel primo pomeriggio Napoleone scese dall’Undauted, salutato dai colpi di cannone della fregata e dagli hurrah dei marinai inglesi. Un corteo di barche con le bandiere sventolanti, fra grida festanti e il suono degli strumenti musicali di alcuni, fece da scorta alla sua imbarcazione. Quando giunse alla bocca del porto, gli apparve lo spettacolo della folla di cittadini esultanti assiepata sui moli, tutto intorno all’ovale dell’antica dar-sena. Le grida di saluto e gli evviva l’Imperatore erano ripetuti dall’eco sonora delle mura del porto. Era ad attenderlo il maire Pietro Traditi, che gli fece dono delle chiavi della città, con le autorità dell’isola”.

Abbiamo ricordato che la residenza fu stabilita a Portoferraio, nella parte alta della cittadina, nella Palazzina dei Mulini, che domina il porto e un’ampia parte della costa del mare. Sarà questa una delle mete principali da raggiungere in altri momenti, liberi dai rischi del contagio.

La Palazzina dei Mulini fu la reggia urbana, di Napoleone. Paul ci ha spiegato il percorso della visita, che, oggi, ha inizio dalla galleria al piano terreno, un ampio salone aperto sul giardino, con il soffitto decorato a velario, utilizzato da Napoleone per ricevere le visite non ufficiali. L’attuale arredo è dei primi decenni dell’Ottocento; fra i quadri una copia del celebre Napoleone al San Bernardo del famoso pittore francese David. La biblioteca conserva in gran parte i libri provenienti dal castello di Fontainebleau. Originariamente la raccolta era costituita da un nucleo di oltre 2.000 volumi, classici francesi, sto-ria, geografia, scienze. I libri, legati in marocchino rosso, riportano sul dorso e sui piatti esterni la “N” dorata, impressa insieme allo stemma imperiale. La camera da letto di Napoleone è arredata da mobili di manifattura italiana databili al primo Ottocento. Il letto è appartenuto, secondo la tradizione, allo stesso Napoleone. Alle pareti il quadro che raffigura il Re di Roma, il figlio dell’imperatore, copia del celebre dipinto di Pierre Paul Prud’hon. Nella sala successiva, l’anticamera, sono presenti due secrétaires, esemplari di notevole fattura dello stile dell’epoca. La visita prosegue al primo piano, con il vestibolo, dove è da segnalare la raffinata testa femminile ispirata alla Danzatrice con le mani sui fianchi, famosa opera di Antonio Canova oggi all’Ermitage di San Pietroburgo. Si apre poi il grande salone delle feste che si affaccia sul giardino della Palazzina e dal quale si coglie una splendida vista sul mare.

La Villa di San Martino, la maison rustique di Napoleone – ci ha spiegato poi Hannah - è posta fra la verde vegetazione di una collina in vista di Portoferraio. La città dista da Portoferraio, sei chilometri, sul percorso in direzione di Marciana Marina. La Villa è costituita da un piccolo edificio disposto su due piani, costruito nel 1814 su disegno dell’architetto Paolo Bargigli e decorato all’interno da Vincenzo Revelli.



Arrivando alla Villa si percorre il viale immerso nel verde e, oltrepassato l’imponente cancello di ferro battuto con corone di foglie di lauro che racchiudono il monogramma napoleonico, si giunge alla Galleria Demidoff, imponente costruzione in forme neoclassiche. La Galleria accoglie esposizioni temporanee legate alla storia napoleonica. Si passa alla visita della residenza salendo per le scalinate che attraversano il giardino, dove lo stesso Napoleone, che aveva una vera passione per il verde, piantò davanti alla stessa residenza un bagolaro fatto venire appositamente dalla Provenza. L’accesso alla dimora è dall’anticamera dei generali, per passare poi nella camera del generale Drouot, dove sullo sfondo di una tenda rosa, le colonne a trompe - l’oeil scandiscono motivi floreali, e quindi nella camera del maresciallo Bertrand. La stanza del nodo d’amore si caratterizza per la scena al centro del soffitto che sembra far cenno, simbolicamente, alla separazione di Napoleone dalla moglie lontana: in volo, nell’azzurro del cielo, delimitato da una ghirlanda di fiori, due colombe tengono nel becco gli estremi di un nastro con un nodo al centro, che stringono, allontanandosi. Nella camera da letto di Napoleone, il pittore Revelli dipinse le forme del soffitto a cassettoni, dove lo stemma dell’ape si alterna all’insegna della Legione d’Onore. Si passa poi nel vestibolo e nello studio di Napoleone, arredato oggi con i mobili provenienti da un’antica farmacia dell’isola. La parte di maggiore rilievo della Villa, è rappresentata dalla sala egizia. Le pareti sono decorate in trompe - l’oeil con motivi che richiamano la campagna d’Egitto: il susseguirsi di scene di carattere esotico riprese dalle illustrazioni di Vivant Denon, è scandito da colonne e inquadrato in architetture decorate con il motivo dei geroglifici. Al centro del pavimento è posta, alla maniera orientale, una vasca per l’acqua a forma ottagonale. In corrispondenza, al centro del soffitto, è dipinto lo zodiaco sullo sfondo del cielo.

Michele ci ha parlato della reggia estiva, “la reggia sotto le stelle”. Il generale corso aveva scoperto la bellezza dei boschi vicino al Santuario della Madonna del Monte, sotto il monte Capanne, nelle sue escursioni a cavallo ed era rimasto incantato dalla vista, dove lo sguardo si poteva spingere sul mare fino alla natia Corsica. Da questo punto poteva dominare il mare da Capo Corso a Piombino a Livorno, e distinguere, con il tempo chiaro, alcuni particolari fra i quali, le alte case di Bastia. Scelse questo luogo sospeso fra cielo e mare, di notte rischiarato dalle tenui luci del cielo stellato, come sua residenza d’estate. Si fece alzare la tenda da campo e un vicino eremo, costruito dai monaci molti anni prima, servì da alloggio per il suo seguito. Ogni sera, prima del tramonto, scendeva a cavallo per il lungo sentiero fino a Marciana per porgere un saluto alla madre, per risalire poi alla sua tenda. Colpisce la scelta, da parte di un uomo d’azione, di un posto così appartato ma, allo stesso tempo, ideale per raccogliersi in sé stessi, pensare al percorso compiuto e tessere la tela dei progetti per il futuro.



Rosa ha ricordato poi che il Campo al castagno fu testimone dell’incontro con la contessa polacca Maria Walewska, devota amante di Napoleone. La donna raggiunse l’isola, in grande incognito, con il piccolo figlio Alessandro, il 1° settembre del 1814. Sbarcò in una località appartata e raggiunse insieme all’amante la Madonna del Monte. Ripartì il giorno successivo da Porto Longone, oggi Porto Azzurro”.

Era l’ora del ritorno, annunciata da velature rossastre del cielo, di riprendere il percorso fino a Populonia Scalo, con la certezza che le ore del viaggio fino a Firenze sarebbero state dedicate ad un rilassante dormiveglia, dopo la lunga escursione del giorno.




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Domenica 25 aprile 2021


La fuga dall’isola d’Elba verso l’avventura dei “cento giorni”


Ci siamo ritrovati la domenica del 25 aprile, Festa della Liberazione, per l’ultimo viaggio del nostro gruppo di amici verso Piombino e la Costa Etrusca, davanti all’isola d’Elba. Questa volta abbiamo preso il caffè da Paszkowski, in piazza della Repubblica, e poi di corsa alla stazione.



Il tema della giornata è quanto mai interessante, la fuga dall’isola d’Elba: abbiamo scelto come punto panoramico per il racconto della vicenda, il suggestivo paesaggio di Punta Falcone. Lo spirito è alto, anche perché i dati sulla pandemia sono più confortevoli.

Davanti al mare del canale di Piombino, seguiamo, nei nostri racconti,

la prima parte del percorso compiuto la sera del 26 febbraio 1814 da Napoleone imbarcato sul brigantino Incostant seguito da altre tre imbarcazioni, per raggiungere il porto di Frejus in Francia e da lì, Parigi venti giorni dopo.

Al momento dell’imbarco, alle otto della sera, nella darsena di Portoferraio dominava – ci ricorda Renato - il silenzio rotto dai secchi ordini per le operazioni della partenza. L’Imperatore indossa l’uniforme verde con i risvolti rossi, la redingote grigia e il cappello di castoro. È un’uniforme che ama, ben diversa dal vestito della festa data la sera prima alla Palazzina dei Mulini e al teatro, fra suoni e canti, animata da Paolina, per fare allontanare ogni sospetto, da parte degli inglesi, riguardo a progetti di fuga. La piccola flotta, lasciata Portoferraio avanza in forma sparsa per non avere l’aria d’essere un convoglio, in direzione nord-ovest. Se la seguiamo con l’immaginazione, le luci del faro del porto si allontanano sempre più, compaiono in lontananza quelle dell’isola di Capraia e della Gorgona, e poi la navigazione procede lontana dalla terra mentre sopraggiungono i primi chiarori dell’alba.”


              









                      




Ha proseguito Elisa: “Un altro teatro in una parte più a sud della costa toscana, è luogo di musica e spettacolo nel momento del declino della vicenda napoleonica: il Teatro dei Vigilanti fatto costruire non lontano dalla Residenza dei Mulini. Dall’ottobre del 1814 Paolina ritorna nell’Isola d’Elba e prende “la direzione suprema” dei divertimenti e degli spettacoli e si adoperò per organizzare rappresentazioni con persone prese alla corte e in città e talvolta prendendovi parte anche lei: altre volte vi dava un corso di recite una compagnia francese appena scritturata e vi si fecero anche feste da ballo.”

Dagli scogli di Punta Falcone abbiamo seguito con la nostra immaginazione, il viaggio dell’imperatore dei francesi, lo sbarco in Francia nel golfo di Cannes, a Golfe Juan, vicino ad Antibes, l’ arrivo a Parigi il 20 marzo, l’inizio dell’avventura dei “cento giorni” cominciava il periodo che sarà noto come i «Cento giorni»; ed ancora , la sconfitta di Waterloo, il 18 giugno, l’imbarco, il 5 luglio, sulla nave inglese Bellerofonte alla volta di Sant’Elena, l’isola sperduta nell’oceano Atlantico, dove muore il 5 maggio 1821.



È subito piaciuta l’idea di Hannah di ritrovarci nella ricorrenza del 5 maggio, a duecento anni della scomparsa del generale francese, nella piazzetta dei nostri tradizionali incontri davanti alla Casa di Dante, per aprire una comune riflessione, ad alta voce, su questa figura così complessa, controversa, difficile da inquadrare come uomo e come personaggio storico.

Il viaggio in treno è stata questa volta l’occasione per parlare del cambiamento dei costumi in questa epoca.

I cambiamenti della moda – Rosa ha illustrato questo tema - investono, a cominciare dalla capitale francese, tutti gli strati della popolazione. In questo periodo sono sempre più diffusi i negozi di stoffe e le botteghe dei sarti ed escono numerosi giornali sulla moda. Le donne delle classi meno agiate riprendono i modelli da questi giornali e cuciono i vestiti in casa o si rivolgono ai grandi empori.



Grazie allo sviluppo della tecnica, compaiono sul mercato tessuti più fini e solidi che rispondono meglio alle nuove tendenze della moda. Napoleone incoraggia i nuovi indirizzi sia con l’esempio che viene dalla corte sia con il sostegno diretto all’industria nazionale. Sempre per le donne, alle quali i nuovi canoni della bellezza impongono una figura snella, magra, dalle linee scultoree, la moda suggerisce nuovi tipi di calzature, fra cui gli stivaletti, e nuovi accessori. La moda maschile cambia poco in questo periodo e i richiami sono alla divisa militare e, per certi versi, all’abito inglese per la caccia. Napoleone aveva un enorme guardaroba diviso fra gli abiti di rappresentanza e quelli per la vita di tutti i giorni (uniformi, abiti da viaggio, da caccia, borghesi, scarpe, biancheria). A volte aveva a che ridire per i conti che gli presentavano i sarti e avanzava il sospetto che se ne approfittasse per la sua posizione. Preferiva comunque indossare, di solito, l’abito da cacciatore a cavallo della sua Guardia. Ogni capo costava solo duecento franchi. La giacca era di stoffa verde con i seguiti rossi”.

A Elisa il compito di parlare dei piatti e della cucina: “Nell’epoca napoleonica i cambiamenti nel modo di preparare le pietanze e il nuovo interesse per la tavola investe tutti i ceti sociali. A Parigi, per richiamare un dato significativo, il ristorante Véry per rispondere alle richieste della clientela, presenta nell’inverno del 1802 una carta con centocinquanta portate diverse, cinquantacinque vini, fra quelli francesi e quelli stranieri, e venticinque tipi di liquori: la sua lettura richiede almeno mezz’ora. Sono sempre più numerosi i ristoranti nella città, con prezzi per tutte le tasche, dove ci si va volentieri, per mettersi in mostra, si discute di politica e di affari, si danno appuntamenti galanti. Nel 1814 appare la prima Guida dei ristoranti per orientare i clienti fra la moltitudine dei locali.






È sempre in questa epoca che si può collocare la nascita della “scienza della gola”, ossia della gastronomia. Grimon de La Reynière, uomo di lettere, crea nel 1803 una giuria di degustazione, formata da cinque autorevoli membri, che si riunisce periodicamente per assaggiare un gran numero di piatti e di prodotti.

Nel corso della seduta, i membri della giuria, si fanno portare un menu stampato e si fanno servire i piatti che indicano. I risultati della degustazione, chiamati legittimazioni, sono pubblicati dall’Almanach des gourmands che traccia un vero e proprio itinerario nutritivo di Parigi.” Nasce così un nuovo genere letterario, la critica gastronomica che orienterà le scelte in fatto di cucina, dalle tavole dei re a quelle della gente comune.


Dal 1795 si afferma una nuova tecnica per conservare le derrate, che si deteriorano facilmente, ponendole in piccoli recipienti di vetri sigillati, messi a riscaldare a bagnomaria dentro una grande pentola. Le verdure, la frutta, le carni conservano la loro fragranza a distanza di mesi e mesi. Il punto debole di questa tecnica è che i prodotti conservati vengono a costare una fortuna. Ma la Grande Armata e la Marina svilupperanno la tecnica che porta all’utilizzo di piccoli recipienti di latta, con il coperchio saldato. Nasce la carne in scatola!”


E come non parlare delle feste? Paul ha ripreso l’argomento: “Alla magnificenza della vita di corte facevano riscontro gli scenari delle feste organizzate nelle piazze e nelle vie delle città per celebrare le ricorrenze ufficiali e i successi della dinastia al potere. Uno dei primi atti di Napoleone fu di sopprimere le feste legate alla Rivoluzione, che ricordavano l’odio e la divisione del popolo francese, e la data del 14 luglio fu ribattezzata festa della Concordia. Sono poi istituite le nuove feste ufficiali: il 15 agosto, compleanno dell’Imperatore, il 2 dicembre anniversario dell’incoronazione e della vittoria ad Austerlitz. Le ricorrenze ufficiali, l’incoronazione, il matrimonio con Maria Luisa, il battesimo del Re di Roma o l’annuncio delle vittorie, sono l’occasione per allestire grandi feste popolari, a cominciare da Parigi e dalle città più importanti dell’Impero. Le campane suonano a festa, nelle chiese si celebra il Te Deum, si sparano salve di artiglieria e la sera si fanno i fuochi d’artificio, con le vie illuminate anche da candelabri alle finestre delle case che diminuiscono negli ultimi anni della stagione napoleonica. Per cogliere veramente lo spirito dell’epoca occorre, in effetti, allargare lo sguardo a tutta la società, nelle sue diverse componenti. In visita a Parigi nel periodo del Consolato, un viaggiatore inglese si meraviglia della passione dei parigini per la danza: “In quest’allegra capitale, i balli si succedono ai balli in maniera incredibile. Non mi stupisco d’altra parte più del fatto che le francesi sanno ballare così bene, poiché è noto che prendono frequenti lezioni da maestri.” Le distrazioni non mancano certo in una Francia che consacra le domeniche al riposo e ai divertimenti. Ce n'è per tutti i gusti e per tutte le borse, dalla passeggiata lungo i viali ai musei, dalla trattoria di campagna, ai caffè, agli spettacoli dell’Opéra.



Fra le feste ricompare, dopo i divieti posti nel periodo della Rivoluzione, il carnevale, a cominciare dalle città di provincia, dove i balli mascherati sono tenuti nelle sale per gli spettacoli. A Parigi il corso mascherato si svolge il Martedì grasso e partecipano al corteo Pierrot, Colombine e altri personaggi della commedia all’italiana insieme a varie figure come pastori, fauni, mugnai, contadini.

Hanno poi molto successo le corse dei cavalli, fra le quali la corsa che si svolge, fra una grande folla, al Champ-de-Mars dove è sistemato un percorso a forma di anfiteatro.”


Al momento dei saluti, alla stazione di Santa Maria Novella, è stato ribadito l’appuntamento per la fatidica data del 5 maggio.


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Mercoledì 5 maggio 2021


Napoleone 5 maggio 1821, Ei fu - Processo all’Imperatore dei Francesi



Abbiamo deciso come gruppo di amici, di ricordare in maniera particolare, creativa, la ricorrenza dei duecento anni dalla scomparsa di Napoleone Bonaparte, dopo un percorso di conoscenza e di scambio di idee, iniziato un mese fa, il 28 marzo. Ci sono stati cinque incontri fra noi, iniziati a Firenze e proseguiti con brevi viaggi in treno verso luoghi della memoria bagnati dal mare. Anche in queste occasioni abbiamo tenuto un diario delle esperienze fatte che sarà portato a conoscenza di altri amici, eventualmente, interessati. La decisione è stata presa in un momento nel quale i dati della pandemia continuano a diminuire.

Il 5 maggio siamo dunque arrivati nella piazzetta davanti alla Casa di Dante, fra via Dante Alighieri e via Santa Margherita, mentre la campana della Badia Fiorentina faceva sentire i rintocchi delle cinque della sera. Alla testa del gruppo Renato che già ci aveva parlato delle polemiche che la ricorrenza legata al generale francese, sta suscitando in tutto il mondo, ad iniziare dalla Francia: questa volta ha tenuto a vestirsi con una delle divise che Napoleone prediligeva, da cacciatore a cavallo della sua guardia imperiale, la giacca di stoffa verde con i seguiti rossi. È salito sui gradini del pozzo a fianco della Casa e ha ricordato a voce alta, in maniera solenne:

Napoleone è morto a Sant’Elena il 5 maggio di duecento anni orsono, alle 17.49. Il giorno successivo, il governatore dell'isola, sir Hudson Lowe, venne personalmente alla casa, col suo stato maggiore ed il commissario francese, il marchese di Montchenu, a constatarne ufficialmente la morte. Lowe dichiarò al suo entourage: "Ah, bene, signori, è stato il più grande nemico dell'Inghilterra, ora è qui; ma tutto gli è perdonato. Alla morte di un uomo così grande, bisogna solo provare un profondo dolore e un profondo rispetto".

Ci siamo disposti, i dodici amici del gruppo, in un largo circolo nella piazzetta e i due ragazzi, che fanno parte della scuola di teatro “Venti Lucenti”, hanno letto le prime strofe, con voce sostenuta, intonata, la poesia del Manzoni “Cinque maggio”, Anna dalla parte della Torre dei Giuochi, sotto il busto di Dante e Claudio, di fronte, dalla parte della Torre della Castagna.


Ei fu. Siccome immobile,

dato il mortal sospiro,

stette la spoglia immemore

orba di tanto spiro,

così percossa, attonita

la terra al nunzio sta,


muta pensando all'ultima

ora dell'uom fatale;

nè sa quando una simile

orma di piè mortale

la sua cruenta polvere

a calpestar verrà …

Le parole dei due ragazzi sono risuonate fresche e, allo stesso tempo, solenni sotto le mura delle torri che circondano l’antico spazio: all’inizio della poesia quelle due sillabe secche, Ei fu, che hanno la gravità di uno squillo, mentre i versi Fu vera gloria? Ai posteri/ L’ardua sentenza, sono l’interrogativo che Manzoni ancoraci consegna.

Abbiamo preparato nei nostri incontri online della settimana precedente, partendo dalle nostre riflessioni, una rassegna di considerazioni sulla figura del generale francese che emergono dal dibattito acceso che si sta sviluppando in questo periodo, nel mondo politico, sui giornali, fra gli studiosi, a partire dalla Francia. Particolarmente utili per noi, antologie di critica storica e la monografia dedicata recentemente al personaggio dalla Lettura del Corriere della sera.

Renato si è posto al centro del cerchio e ha dato il via alla rassegna.

Rosa ha fatto un passo in avanti:

Trovo interessante la definizione di Ernesto Ferrero, l’autore del romanzo N: Napoleone è un repubblicano rivoluzionario che arriva a commissariare la Repubblica trasformandola in Impero. Sospende le garanzie costituzionali perché ritiene che la situazione sia deteriorata da essere divenuta ingestibile e da richiedere l’intervento di un sol uomo, dotato di immense capacità, per riportare l’ordine e garantire la crescita: lui stesso. Ma poi l’impero assume tali proporzioni da non poter essere più gestito da un solo uomo con un accentramento maniacale, come Bonaparte pretendeva di fare.”

Armando ha detto che l’ha convinto lo storico Franco Cardini:

Un tratto tipico di Napoleone è la presenza nella sua personalità e nella sua opera di due diversi aspetti, come il dottor Jekyl e mister Hide. Da una parte c’è il costruttore dello Stato francese, è un genio organizzativo, sa scegliersi validi collaboratori ed è molto attento alla Borsa e all’industria. Però la sua sollecitudine verso l’economia deriva dal fatto che gli serve denaro per fare la guerra, che è la sua più spiccata vocazione. Napoleone guarda all’Europa e addirittura al mondo con una sorta di bulimia di conquista. Ha l’ambizione di prendere fra le mani il destino della Terra, ipotizza nel futuro un governo unico per l’intero genere umano.”

A questo punto dell’incontro Renato/Napoleone si è rivolto a Raffaello, sperando in un riequilibrio dei giudizi:

La discussione è accesa, con gli occhi dei francesi di oggi Napoleone commise atti imperdonabili, si tende a parlare di lui come misogino, guerrafondaio, imperialista, schiavista. Sostengo però che è un vizio giudicare i grandi del passato attraverso i valori della società di oggi. Sono d’accordo con Thierry Lentz, direttore della Fondazione Napoléon, secondo il quale dobbiamo a lui quel che siamo oggi, il suo codice civile è alla base della vita quotidiana dei cittadini, pensa che tra duecento anni Napoleone sarà come Carlo Magno, un grande personaggio europeo del quale non importerà più sapere se fosse francese o tedesco. Per via della Rivoluzione francese e delle riforme politiche, istituzionali e civili di Napoleone, la traccia è rimasta, Napoleone è all’origine di una sorta di “modello francese”, che significa la fine del feudalesimo e anche di una forma di rigore amministrativo.”



Renato/Napoleone si è rivolto poi dalla parte di Elisa, sicuro di un giudizio equilibrato sul fatto che le riforme modernizzatici francesi favorirono la formazione della coscienza che generò il Risorgimento italiano:

Sono d’accordo con lo storico Vittorio Criscuolo: certamente Napoleone non avrebbe mai permesso la formazione di un’Italia unita e indipendente. La dominazione napoleonica fu però un fattore oggettivo di sviluppo della coscienza nazionale e rappresentò un passaggio decisivo sulla via della modernizzazione della Penisola.”

Fa un passo avanti anche Enrico, lasciando per un attimo il cavalletto da pittore: “Mi ha colpito lo scrittore Ernesto Ferrero quando dice che Napoleone fu il maggiore allievo di Machiavelli. Il messaggio del Principe è che al momento opportuno bisogna sapersi sporcare le mani: Napoleone non esita a farlo se lo ritiene necessario. Aveva poi, come Machiavelli, una concezione pessimista dell’uomo, sviluppata, forse, in Corsica e poi nel collegio militare di Brienne, dove aveva sofferto perché i compagni provenienti dall’alta aristocrazia si facevano beffe di lui. Amava dire che nulla poteva sorprenderlo in negativo perché del suo prossimo pensava tutto il male possibile.”

È la volta di Hannah che interviene come se avesse da liberarsi di un peso:

Mi hanno sempre colpito le parole della scrittrice francese Madame de Staël che tenne un salotto letterario anche a Firenze. Aveva più volte incontrato Napoleone e scriveva nel libro Considerazioni sulla Rivoluzione francese: “Sentivo che nessuna commozione del cuore poteva agire su di lui. Guarda una creatura umana come un fatto o una cosa, ma non come un simile. Non odia più di quanto ami. Per lui non esiste che sé stesso.: il resto delle creature sono cifre. La forza della sua volontà consiste nell’imperturbabile calcolo del suo egoismo: è un abile giocatore di scacchi, il cui avversario è il genere umano, a cui si propone di dare scacco matto.”

Nella piazzetta della Casa di Dante, con un piccolo pubblico che seguiva, commentando e prendendo partito, la rassegna di giudizi su Napoleone preparata da noi amici, la rappresentazione prendeva una brutta piega per Renato/Napoleone, sempre al centro del nostro cerchio, con l’aria sempre più preoccupata. È sembrato poi dare un colpo decisivo alla fama dell’imperatore, l’intervento di Paul sul “saccheggio dell’Italia”:

Non ho che da ricordare l’ordine che rivolse a Napoleone il Direttorio il 7 maggio 1796 all’inizio della Campagna d’Italia: “Cittadino generale, il Direttorio è convinto che per voi la gloria delle belle arti e quella dell’armata ai vostri ordini siano inscindibili. L’Italia deve all’arte la maggior parte delle sue ricchezze e della sua fama; ma è venuto il momento di trasferirne il dominio in Francia, per consolidare e abbellire il regno della libertà. Il Museo nazionale deve racchiudere tutti i più celebri monumenti artistici, e voi non mancherete di arricchirlo …”. E sappiamo bene che il generale corso obbedì a questi ordini!”

Mentre il pubblico continuava a rumoreggiare, Renato/Napoleone, sicuro di calare un asso a suo favore, si è rivolto a Michele:

Sono d’accordo con Sergio Romano, storico e già ambasciatore: dichiara che un giudizio su Napoleone non è facile, il personaggio ha troppi volti, È un guerriero, uno stratega, un uomo di Stato; e anche un legislatore, un amministratore e appassionato lettore dell’Enciclopédie. È vero che è stato spesso un combattente spietato, ma quante persone hanno approfittato delle sue strade, delle sue leggi e delle sue grandi opere? Ha vissuto in un’epoca in cui la Rivoluzione francese aveva esautorato tutte le autorità del passato, da quella dei monarchi a quella dei sacerdoti. Di tutti coloro che erano stati privati del loro potere Napoleone fu l’instancabile erede. Possiamo condannare i suoi errori, ricordare le cose meno nobili, come il suo familismo corso. Però a quali giurati possiamo pensare per un suo processo? Alle folle che accolsero in Francia la sua salma nel dicembre 1840° le migliaia di persone che ogni giorno visitano la sua tomba all’Hotel des Invalides? Da loro non può che venire un verdetto di assoluzione.”

L’intervento di Michele ha avuto l’effetto di accendere gli animi nel nostro gruppo di amici e fra i passanti che si erano fermati ad ascoltare. Si sono create varie discussioni accese ai quattro lati della piazza, con voci convulse sempre più alte. Renato/Napoleone andava da una parte all’altra per calmare gli spiriti ma con risultato opposto. Fra le persone pro-imperatore e anti-imperatore ci sono stati anche degli spintoni, minacce, offese nel nome del generale corso tanto che sono usciti dalla Casa di Dante anche dei soci del Circolo degli Artisti, che stavano preparando una manifestazione per la celebrazione dell’anniversario del sommo poeta, chi vestito da Dante Alighieri, chi da Virgilio o da Beatrice o Corso Donati. Ma è stato come versare benzina sul fuoco, ne è nata una vera e propria bolgia infernale.

Nell’angolo della piazza Renato/Dante si teneva la testa fra le mani e continuava a ripetere: “Che celebrazione di strana ! Speriamo che la celebrazione per i 300 anni vada meglio!!!”

Indice

* Presentazione

* Domenica 28 marzo 2021

La Firenze di Dante e di Napoleone, “ghibellino”

* Domenica 4 aprile 2021

Ricordare Napoleone a duecento anni dalla morte

* Domenica 11 aprile 2021

Da Piombino, a Calamoresca, il belvedere sulla storia di Napoleone all’Elba

* Domenica 18 aprile 2021

L’incontro con Maria Walewska all’Elba nella reggia sotto le stelle

* Domenica 25 aprile 2021

La fuga dall’Elba verso l’avventura dei “cento giorni”

. * Mercoledì 5 maggio 2021

Processo all’Imperatore dei Francesi


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1 commento:

  1. Sinossi
    Enrico Guerrini e Roberto Mosi, OGNI ANNO NAPOLEONE RITORNA ALL'ISOLA D'ELBA. In viaggio fra sogni, fughe e naufragi,
    fra le contraddizioni di un mito E-book illustrato, 2021.

    Un gruppo di amici nel periodo della pandemia si ritrovano, con tutte le attenzioni possibili, a Firenze nella piazzetta davanti alla Casa di Dante, nelle settimane che precedono il 5 maggio e le celebrazioni per i duecento anni dalla morte di Napoleone Bonaparte. Il loro è un modo particolare per ricordare le gesta del generale corso, le vittorie e le sconfitte, in un'epoca nella quale s'invita, specie in Francia, a guardare “con occhi aperti” le vicende storiche del personaggio. Non potendo raggiungere luoghi lontani legati a Napoleone, gli amici si affidano a brevi escursioni con il treno, per raggiungere ogni volta la Costa Etrusca, il tratto di mare che va da Piombino a Populonia e il sentiero dei Cavalleggeri, che guarda l'isola d'Elba - dove l'imperatore regnò, dopo la sconfitta di Lipsia, per otto mesi - e, in lontananza, la patria natale, la Corsica. Le mete finali delle escursioni, sono ogni volta divese, dalla Cittadella di Piombino dove Elisa Baciocchi aveva la sua residenza di principessa napoleonica, a Punta Falcone, Calamoresca, Populonia. Il gruppo di amici da questi luoghi alti sul mare del Canale di Piombino, ricorda fatti memorabili, l'arrivo di Napoleone davanti a Portoferraio il 3 maggio 1814, prigioniero sulla fregata inglese Undauted, l'incontro con Maria Walenska nella “reggia sotto le stelle”, vicino al monte Capanne, la fuga verso la Francia e l'avventura dei “cento giorni” fino alla sconfitta finale nella battaglia di Waterloo. Gli incontri, il tempo trascorso in treno, le camminate sul Sentiero dei Cavalleggeri, rappresentano momenti importanti per ricordare il personaggio e le sue contraddizioni, il suo ruolo nella storia europea e non solo, dalla Rivoluzione Francese alla Restaurazione, soffermandosi sule trasfomazioni politiche, civili e culturali dell'epoca. Il loro ultimo appuntamento, il 5 maggio, è ancora una volta nella piazzetta della Casa di Dante, alle 17.47, l'ora della morte a Sant'Elena, l'isola sperduta in mezzo all'Oceano Atlantico. Per gli amici è l'occasione per cercare di dare un giudizio finale, comune sul personaggio ma non ci riescono e scoppia un vero e proprio parapiglia, all'ombra della Torre della Castagna e del Campanile della Badia Fiorentina. Per un giudizio più sereno, tutto è rinviato alle prossime, future celebrazioni.


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