martedì 25 maggio 2021

Roberto Mosi, "Prometéus. Il dono del fuoco" - Giuliano Ladolfi Editore, 2021


Roberto Mosi, Promethéus. Il dono del fuoco, Ladolfi Editore, 2021


Prometeo si sacrifica per il bene dell’umanità, dona la civiltà e la scienza che risolleva gli uomini dalla barbarie. “Prima di me guardavano ed era cieco guardare - dal Prometeo incatenato di Eschilo - udivano suoni e non era sentire … Era tutto un darsi da fare senza lume di mente…”. Ed ecco l’essenza del dono concesso all’umanità: “Fu mia – e a loro bene – l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e fu mio il sistema dei segni tracciati, memoria del mondo, fertile madre delle Muse”.

La poesia può essere il mezzo per interpretare il dono del “calcolo”, o della scienza, nel tempo del mito e della civiltà contemporanea, nel momento in cui la scienza diviene “speranza” e nel momento, attuale, in cui precipita nell’angoscia e segna il rischio dell’intera umanità di perdersi, di vanificare l’amore manifestato alle origini da Prometeo.

Roberto Mosi (Presentazione)


Uno dei più suggestivi e sempre attuali miti riguarda il furto del fuoco come dono agli uomini da parte di Prometeo (“colui che riflette prima”) ... Soggetto di tragedia di Eschilo, viene ripreso da Roberto Mosi in chiave di stretta attualità mediante due significati fondamentali: l’arte e la scienza, testimonianze dell’intelligenza, della coscienza, dell’innato desiderio di conoscere e di creare da parte dell’essere umano.

L’azione del semidio si configura come ribellione allo strapotere di Zeus, qui indicata come esercizio di libertà nel momento storico in cui la pandemia l’ha necessariamente limitata. Il poeta-fotografo si aggira per le strade mondo alla scoperta dell’arte di strada con l’occhio di chi intende scoprire entro la raffigurazione il significato profondo delle opere. Si affrontano temi capitali del genere umano, come la follia, gli orizzonti della sperimentazione scientifica, la pace, la libertà, la povertà, l’ecologia. Lo sguardo dell’autore, quindi, viene attratto dalla sofferenza provocata dalla pandemia e dai suoi tragici rituali e protagonisti. Nell’ultima sezione tramite personaggi letterari, storici e mitologici si raffigurano i principali sentimenti umani, quali la speranza, l’angoscia e la salvezza, sottoposti al vaglio della scienza.

Giuliano Ladolfi (Prefazione)


ROBERTO MOSI, Promethéus. Il dono del fuoco,

Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero 2021, € 10



 

Presentazione

 

Prometeo e il dono del fuoco agli uomini

 

Prometeo si sacrifica per il bene dell’umanità, dona la civiltà e la scienza che risolleva gli uomini dalla barbarie.

 

“Prima di me guardavano ed era cieco guardare - nel Prometeo incatenato di Eschilo -  udivano suoni e non era sentire … Era tutto un darsi da fare senza lume di mente…”.

 

Ed ecco l’essenza del dono concesso all’umanità:

“Fu mia – e a loro bene – l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e fu mio il sistema dei segni tracciati, memoria del mondo, fertile madre delle Muse”.

 

La poesia può essere il mezzo per interpretare il dono del “calcolo”, o della scienza, nel tempo del mito e della civiltà contemporanea, nel momento in cui la scienza diviene “speranza” e nel momento, attuale, in cui precipita nell’angoscia e segna il rischio dell’intera umanità di perdersi, di vanificare l’amore manifestato alle origini da Prometeo.

 

Il logos si è fatto macchina,

lo spirito soffia sul non vivente.

L’arte disegna le figure dell’angoscia.

 

La Raccolta Promethéus rappresenta un percorso alla scoperta della natura del dono del fuoco. Nella prima parte il sistema dei “segni intrecciati”, incontra l’arte di strada, che invade i paesaggi delle città, specie le parti più lontane dal centro. I quadri di strada, nel cammino per le città, ti vengono incontro, ti investono, spesso si trasformano, scompaiono.

Passeggiando per la città alla ricerca di questi segni, è venuta in mente la musica di Musorgskij, in particolare la Suite per pianoforte Quadri di un'esposizione, concepita come “composizione strumentale in più tempi, ognuno dei quali definito nel quadro di una danza”.

 

“Il motivo che ne determinò la creazione fu la mostra di acquarelli e disegni del pittore Victor Hartmann, scomparso nel 1874 e ottimo amico del musicista. È una serie di dieci pezzi, ognuno dei quali porta il titolo originale del quadro che lo ha ispirato, preceduto da una introduzione detta promenade, che si ripete spesso fra l'uno e l'altro episodio con variazioni di tonalità e mutamenti di colorito armonico. Con questi interludi l'autore ha voluto descrivere sé stesso mentre si aggira nelle sale dell'esposizione”.

                               Simone Ciolfi, Accademia Filarmonica Romana.

 

La Galleria d’arte del compositore russo, è per noi la strada delle nostre città, i luoghi dove oggi fiorisce l’arte di strada. Nei passaggi fra uno spazio e l’altro, fra un tipo di segni e l’altro, un interludio – o movimento – dà la cadenza al nostro andare.

Le soste sono davanti a immagini con forme e colori diversi, di forte realismo (Quadri), dipinte sul limitare di contesti diversi (Confini), in trasformazione (Metamorfosi), di antica o appartata realizzazione (Grotte), bagnate dal profumo della diversità (Follia).

La meta di questa parte del percorso è, anche per noi, la Grande Porta di Kiev o, in altre parole, La grande Porta sul fiume, posta al centro della composizione.

 

“I Quadri di un’esposizione terminano con l’evocazione musicale della Grande Porta di Kiev. La grande porta chiude la composizione ma sembra aprire i suoi battenti verso il futuro”.

                  Simone Ciolfi, Accademia Filarmonica Romana

 

Anche per noi, dunque, l’aspirazione è quella di gettare lo sguardo verso un mondo “altro”, un domani diverso. La nostra immagine simbolo – La grande Porta sul fiume – è posta sulle rive dell’Arno, fra la Torre della Zecca Vecchia e la Porta di San Niccolò, dove il fiume entra nella città “murata”.

Giuseppe Poggi, architetto e urbanista, aveva immaginato, alla fine dell’Ottocento, di realizzare in questo luogo, un parco per dare respiro e conforto alla città, progetto poi stracciato dal Comune con la costruzione di un’enorme caserma. Il progetto originario di Giuseppe Poggi, volto a creare “un cono visivo” dalla nuova Piazza Beccaria verso la collina, fu bocciato dal Comune e fu fatta costruire un enorme edificio, destinato ad usi militari, alla Cavalleria, che tutt’oggi impedisce la visione dell’Arno e delle Colline. Questa costruzione tarpa le ali al sogno del Poggi di aprire nuove prospettive alla città.

Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora: abbattere, oggi, le mura della caserma e costruire un volto nuovo della città, che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.

Si apre quindi una nuova visione sul futuro – è la seconda parte della Raccolta Promethéus, dedicata al dono del calcolo e della scienza– un percorso che raggiunge la collina di Arcetri, attraversa la sua storia, incontra Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce e speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto. E mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.

 

Roberto Mosi


                                              * * * 

 

ROBERTO MOSI, Promethéus. Il dono del fuoco,

Giuliano Ladolfi Editore, Borgomanero 2021, € 10

 

Prefazione di Giuliano Ladolfi

 

«Incontro Prometeo / e il tempo del Covid»

 

Il mito è «lo schema di un fatto avvenuto una volta per tutte, e trae il suo valore da questa unicità assoluta che lo solleva fuori del tempo e lo consacra rivelazione. Per questo esso avviene sempre alle origini, come nell’infanzia» (Cesare Pavese).

 

         Uno dei più suggestivi e sempre attuali miti riguarda il furto del fuoco come dono agli uomini da parte di Prometeo (“colui che riflette prima”) ... Soggetto di tragedia di Eschilo, viene ripreso da Roberto Mosi in chiave di stretta attualità mediante due significati fondamentali: l’arte e la scienza, testimonianze dell’intelligenza, della coscienza, dell’innato desiderio di conoscere e di creare da parte dell’essere umano.

         L’azione del semidio si configura come ribellione allo strapotere di Zeus, qui indicata come esercizio di libertà nel momento storico in cui la pandemia l’ha necessariamente limitata.       Il poeta-fotografo si aggira per le strade mondo alla scoperta dell’arte di strada con l’occhio di chi intende scoprire entro la raffigurazione il significato profondo delle opere. Si affrontano temi capitali del genere umano, come la follia, gli orizzonti della sperimentazione scientifica, la pace, la libertà, la povertà, l’ecologia. Lo sguardo dell’autore, quindi, viene attratto dalla sofferenza provocata dalla pandemia e dai suoi tragici rituali e protagonisti. Nell’ultima sezione tramite personaggi letterari, storici e mitologici si raffigurano i principali sentimenti umani, quali la speranza, l’angoscia e la salvezza, sottoposti al vaglio della scienza.

         Ci troviamo di fronte a un testo di grande intensità creativa, in cui il mondo interiore dell’autore si attua in situazioni concrete che di esso divengono “significato”. Attraverso uno stile nudus ac venustus si crea una vera e propria epopea dell’umanità, che dalle raffigurazioni presenti nelle grotte di Lascaux giunge ai giorni nostri come celebrazione dell’ingegno umano, portatore di una scintilla divina.

         Arte e scienza vengono celebrati come suprema espressione della nostra stirpe, bisogno insopprimibile dell’essenza umana, foscolaniamente apportatrici di civiltà e di progresso.

         Il tema affrontato da Roberto Mosi farebbe “tremar le vene e i polsi” a chiunque; egli lo affronta con il piglio di chi possiede una ricchezza di ispirazione, un bagaglio culturale e una vasta gamma di strumenti poetici che gli permettono di evitare sia la facile tentazione della retorica sia il pericolo di un’intellettualizzazione della tematica.

         La forza dei versi fa colta soprattutto nell’aspetto “visivo” che si innesta senza soluzione di continuità sulle diverse rappresentazioni:

 

Il dio, ladro del fuoco, porge

ad Antigone la fiamma della scienza

Antigone sfida le leggi di Creonte

 

         La suggestione del testo non permette di raggiungere inquadrature interpretative definitive, il lettore viene, pertanto, invitato a proseguire nell'analisi personale per comprenderne la ricchezza.

Giuliano Ladolfi

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- Mostra :

“Il fuoco di Prometeo” al Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, ottobre 2020: 

da “Literary” 6 ottobre 2020: LINK

http://www.literary.it/occhio/dati/mosi_rob/2020/39-il%20fuoco%20di%20prometeo/il_fuoco_di_prometeo.html































 “Il "Prometeo" di Roberto Mosi al Circolo degli Artisti "Casa Dante", ott. 2020”:

https://www.youtube.com/watch?v=MZYV6CuIJMs





 

 

 

 

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1 commento:

  1. Ed ecco l’essenza del dono concesso all’umanità:

    “Fu mia – e a loro bene – l’idea del calcolo, primizia d’ingegno e fu mio il sistema dei segni tracciati, memoria del mondo, fertile madre delle Muse”.



    La poesia può essere il mezzo per interpretare il dono del “calcolo”, o della scienza, nel tempo del mito e della civiltà contemporanea, nel momento in cui la scienza diviene “speranza” e nel momento, attuale, in cui precipita nell’angoscia e segna il rischio dell’intera umanità di perdersi, di vanificare l’amore manifestato alle origini da Prometeo.

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