A
Firenze l’area di San Miniato è Patrimonio dell’Umanità
Il
Centro Storico di Firenze è sito Patrimonio Mondiale Unesco dal 17 dicembre
1982. Nella Dichiarazione di Eccezionale Valore Universale, quest’area veniva
definita «una realizzazione artistica unica nel suo genere, un capolavoro
d’opera, il risultato di una continua creazione protrattasi per oltre sei
secoli» in grado di esercitare «una influenza predominante sullo sviluppo
architettonico e delle arti monumentali prima in Italia e poi in Europa», che
conserva ancora «antiche strade intatte, palazzi fortificati logge, fontane, un
meraviglioso ponte risalente al quattordicesimo secolo».
Già nel 2019, in occasione del Millenario dell’Abbazia San Miniato al Monte, era stato evidenziato che, al momento dell’iscrizione della città alla Lista del Patrimonio Mondiale, l’Abbazia di San Miniato era stata citata esplicitamente quale bene che aveva contribuito all’eccezionale valore universale del sito, sebbene poi non fosse stata inclusa all’interno della perimetrazione.
Nella nuova area Unesco, viene compreso dunque il Parco della Rimembranza, luogo di celebrazione della cultura della pace e di memoria della Grande Guerra, il Giardino delle Rose e quello dell’Iris, la Chiesa di San Salvatore al Monte, il sistema delle Rampe con la terrazza panoramica di Piazzale Michelangelo e i Viali realizzati su progetto di Giuseppe Poggi in occasione di Firenze Capitale.
La basilica abbaziale di San Miniato è uno dei luoghi iconici della città ed è un capolavoro del romanico fiorentino. Fu costruita nel 1018 dai benedettini, poi sostituiti dagli Olivetani che tuttora la abitano. Il Piazzale Michelangelo, il più famoso punto di osservazione del panorama fiorentino è tappa obbligata di ogni turista. Fu realizzato dal 1869 da Giuseppe Poggi a completamento dei lavori di riqualificazione della riva sinistra dell'Arno. Il Giardino dell’Iris e il Giardino delle Rose: ubicati rispettivamente sul lato destro e sinistro del Piazzale Michelangelo, sono due meravigliosi parchi che offrono vedute sulla città e ospitano piante rare.
Nei
commenti di questi giorni intorno alla decisione dell’Unesco, non si richiama,
credo, a sufficienza quello che fu il merito dell’architetto Giuseppe Poggi nel
determinare una nuova fisionomia paesaggistica in riva sinistra dell’Arno,
nell’area appunto di San Miniato, “nei decenni centrali dell’800, nel
consolidamento e potenziamento di una delle componenti più importanti nella
definizione del primato di città d’arte acquisito da Firenze nei secoli, quello
dei giardini e del paesaggio … le
sorprendenti realizzazioni che portarono in appena un decennio a far nascere a
Firenze un sistema di verde pubblico degno di reggere il confronto con quanto
si era fino ad allora realizzato nelle grandi città europee (vedi M.
Bencivenni, 1864-1974, La nascita del
sistema verde pubblico a Firenze, in “Una Capitale e il suo Architetto”,
Polistampa 2015).
La
cosa naturalmente non nasce dal nulla, vi erano i presupposti fondamentali sia
di una forte cultura nel campo dei giardini e delle sistemazioni a verde di
stampo moderno, sia di una alta cultura orticola e botanica che aveva portato Firenze
ad essere un centro di eccellenza a livello europeo. In Toscana erano all’avanguardia
le ricerche nel campo dell’agricoltura portate avanti dall’Accademia dei
Georgofili che trovavano applicazione nella pratica orticola di imprese e tecnici
giardinieri organizzati nella Società di Orticoltura.
“Quando
Poggi mette mano – ci ricorda il citato studio di M. Bencivenni - al suo
progetto di ingrandimento della Città nel quale la parte delle sistemazioni a
verde avranno un ruolo rilevantissimo, sa di poter contare su un retroterra di
cultura di assoluto valore … Del resto questa scelta non fu né scontata né
facile. Tuttavia essa fu decisiva per fare sì che in un solo decennio la sua
idea progettuale di costruire la nuova città attorno ad un sistema di verde urbano
pubblico prendesse forma e si realizzasse. Il Viale dei Colli, nuovo parco
urbano lineare, e le altre aree indicate dal recente riconoscimento di
Patrimonio dell’Umanità, di grande valore estetico e valenza paesaggistica,
prendono vita in questa congerie progettuale e realizzativa.”
Da
quale prospettiva osservare, godere, l’incanto di questo nuovo paesaggio
collinare? Nelle idee progettuali del Poggi, un punto di osservazione appare
privilegiato: da piazza Beccaria e dallo spazio antistante – “I Pratoni”, alla
Zecca Vecchia, verso l’Arno. Il progetto definito dall’architetto, di
sistemazione dei Pratoni della Zecca Vecchia alberato. era ispirato a due
concetti fondamentali:
1)
creare un cono visivo dalla nuova Piazza Beccaria, di grande suggestione
paesaggistica, verso il tratto collinare oltre l’Arno – l’area del
riconoscimento Unesco! – fra la conclusione del Viale dei Colli, il Piazzale
Michelangelo e la sistemazione a verde delle Rampe di San Niccolò;
2)
garantire “la respirazione” a questo quadrante urbano, già ampiamente saturato,
mediante un’ampia area triangolare con la base sull’Arno in prossimità della
Pescaia di San Niccolò comprendente un servizio pubblico, le nuove terme
fiorentine e un grande parterre alberato.
Purtroppo questa “finestra” verso la collina
non venne realizzata e il Comune, contraddicendo i propositi iniziali, fece
costruire una Caserma di Cavalleria.
In
una relazione compilata nel 1896 – due anni prima dei Moti di Milano e della
repressione del generale Bava Beccaris, in un periodo storico nel quale
potevano sembrare preziose le caserme a ridosso dei centri cittadini – l’architetto
Giuseppe Poggi si lamenta, con forza, che il suo progetto sia stato stracciato:
“Ora poi ogni speranza è perduta, avendo già veduta una parte della detta
Caserma, in forma, in proporzioni ed in stile da far arrossire non solo il
comun ma tutta Firenze. Chi crederebbe che a Firenze, strombazzata per l’Atene
delle arti, e dove esistono reputati Collegi di artisti, si dovesse vedere
iniziata in silenzio la summentovata Caserma, con stile e proporzioni
convenienti appena a una masseria maremmana?”
In
una nostra recente Raccolta di poesia Promethèus.
Il dono del fuoco (Ladolfi), poniamo attenzione a questa parte della città
di Firenze ed evochiamo il “sogno” del Poggi tracciando come le linee di un’utopia
alla quale dare forma ai nostri giorni, con il concorso delle nuove generazioni
e degli artisti più sensibili, per abbattere le mura della Caserma (oggi
Caserma Baldisserra del Comando di Carabinieri per la regione toscana) e
costruire “un passaggio” fra le due sponde dell’Arno, fra la Torre della
Zecca e la Torre della Porta di San
Niccolò, sotto l’area del Piazzale Michelangelo e della Basilica di San
Miniato, appena dichiarata Patrimonio dell’Umanità.
Nella
Raccolta il “passaggio” è indicato come La
grande Porta sul fiume, stabilendo una qualche analogia con La grande Porta di Kiev citata dal compositore
russo Musorgskj nella Suite per
pianoforte Quadri di un’esposizione.
La
grande Porta sul fiume
Omaggio alla grande
Porta di Kiev
Ai
prati della Zecca Vecchia
il
sogno della Porta sul fiume
aperta
sul mito della scienza
Gli
artisti di strada disegnano
il
percorso fra i colori del parco
il
passaggio sopra la Porta
Sulla
cima, la Rosa dei Venti:
si
scorge il pallore rosato dell’alba
il
tramonto che incendia le acque
s’incontra
chi giunge di lontano
si
conoscono nuovi fratelli
si
scambiano parole d’amore
Il
passaggio poi verso le colline
su
archi leggeri dipinti nei giorni
risonanti
di musiche e colori
Il
percorso raggiunge Arcetri
per
il dialogo con Galileo Galilei
sul
destino dei pianeti, delle stelle
Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora, specie dopo il recente riconoscimento dell’Unesco, lo sentiamo vicino, sarebbe in grado di dare un volto nuovo a quella parte della città che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.
Nella
Raccolta Promethéus. Il dono del fuoco presentiamo,
nella parte finale, questa visione su quello che potrebbe essere il futuro,
legata ad un percorso che raggiunga la collina del Pian dei Giullari e di
Arcetri, contigua all’area della Basilica di San Miniato, attraversi la sua storia,
incontri la figura di Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le
sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza,
passiamo per angosce o speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti
che spirano dal mare aperto; e mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno
di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.
Una
domanda finale diventa però impellente: la voce del poeta, la poesia, può
contribuire alla ricerca di nuove strade per l’agire dell’uomo?
Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora, specie dopo il recente riconoscimento dell’Unesco, lo sentiamo vicino, sarebbe in grado di dare un volto nuovo a quella parte della città che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.
RispondiEliminaNella Raccolta Promethéus. Il dono del fuoco presentiamo, nella parte finale, questa visione su quello che potrebbe essere il futuro, legata ad un percorso che raggiunga la collina del Pian dei Giullari e di Arcetri, contigua all’area della Basilica di San Miniato, attraversi la sua storia, incontri la figura di Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce o speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto; e mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.
Una domanda finale diventa però impellente: la voce del poeta, la poesia, può contribuire alla ricerca di nuove strade per l’agire dell’uomo?
In una relazione compilata nel 1896 – due anni prima dei Moti di Milano e della repressione del generale Bava Beccaris, in un periodo storico nel quale potevano sembrare preziose le caserme a ridosso dei centri cittadini – l’architetto Giuseppe Poggi si lamenta, con forza, che il suo progetto sia stato stracciato: “Ora poi ogni speranza è perduta, avendo già veduta una parte della detta Caserma, in forma, in proporzioni ed in stile da far arrossire non solo il comun ma tutta Firenze. Chi crederebbe che a Firenze, strombazzata per l’Atene delle arti, e dove esistono reputati Collegi di artisti, si dovesse vedere iniziata in silenzio la summentovata Caserma, con stile e proporzioni convenienti appena a una masseria maremmana?”
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