giovedì 5 agosto 2021

Giuseppe Poggi e il riconoscimento dell'Unesco per l'area del Piazzale Michelangelo - La proposta dalla Raccolta "Promethéus. Il dono del fuoco"

 


A Firenze l’area di San Miniato è Patrimonio dell’Umanità

     La Basilica di San Miniato, insieme al piazzale Michelangelo e le Rampe sono ora Patrimonio dell'Umanità dell'Unesco: il 28 luglio 2021 è arrivata la conferma di questo riconoscimento dopo che, nello scorso giugno, la richiesta avanzata dal Comune era stata valutata positivamente da ICOMOS International, organo consultivo dell’Unesco.



Il Centro Storico di Firenze è sito Patrimonio Mondiale Unesco dal 17 dicembre 1982. Nella Dichiarazione di Eccezionale Valore Universale, quest’area veniva definita «una realizzazione artistica unica nel suo genere, un capolavoro d’opera, il risultato di una continua creazione protrattasi per oltre sei secoli» in grado di esercitare «una influenza predominante sullo sviluppo architettonico e delle arti monumentali prima in Italia e poi in Europa», che conserva ancora «antiche strade intatte, palazzi fortificati logge, fontane, un meraviglioso ponte risalente al quattordicesimo secolo».



Già nel 2019, in occasione del Millenario dell’Abbazia San Miniato al Monte, era stato evidenziato che, al momento dell’iscrizione della città alla Lista del Patrimonio Mondiale, l’Abbazia di San Miniato era stata citata esplicitamente quale bene che aveva contribuito all’eccezionale valore universale del sito, sebbene poi non fosse stata inclusa all’interno della perimetrazione.


Nella nuova area Unesco, viene compreso dunque il Parco della Rimembranza, luogo di celebrazione della cultura della pace e di memoria della Grande Guerra, il Giardino delle Rose e quello dell’Iris, la Chiesa di San Salvatore al Monte, il sistema delle Rampe con la terrazza panoramica di Piazzale Michelangelo e i Viali realizzati su progetto di Giuseppe Poggi in occasione di Firenze Capitale. 



La basilica abbaziale di San Miniato è uno dei luoghi iconici della città ed è un capolavoro del romanico fiorentino. Fu costruita nel 1018 dai benedettini, poi sostituiti dagli Olivetani che tuttora la abitano. Il Piazzale Michelangelo, il più famoso punto di osservazione del panorama fiorentino è tappa obbligata di ogni turista. Fu realizzato dal 1869 da Giuseppe Poggi a completamento dei lavori di riqualificazione della riva sinistra dell'Arno. Il Giardino dell’Iris e il Giardino delle Rose: ubicati rispettivamente sul lato destro e sinistro del Piazzale Michelangelo, sono due meravigliosi parchi che offrono vedute sulla città e ospitano piante rare.  



Le Rampe è un insieme recentemente restaurato, di viali, verde pubblico, fontane e grotte digradanti, costruite dal Poggi per consolidare la collina sotto il Piazzale. Il Parco della Rimembranza, fu realizzato nel 1927 per riunire in uno solo spazio i parchi sorti dopo la Prima guerra mondiale e vi furono piantati tremila cipressi e lecci a ricordare i tremila caduti fiorentini.




Nei commenti di questi giorni intorno alla decisione dell’Unesco, non si richiama, credo, a sufficienza quello che fu il merito dell’architetto Giuseppe Poggi nel determinare una nuova fisionomia paesaggistica in riva sinistra dell’Arno, nell’area appunto di San Miniato, “nei decenni centrali dell’800, nel consolidamento e potenziamento di una delle componenti più importanti nella definizione del primato di città d’arte acquisito da Firenze nei secoli, quello dei giardini e del paesaggio …  le sorprendenti realizzazioni che portarono in appena un decennio a far nascere a Firenze un sistema di verde pubblico degno di reggere il confronto con quanto si era fino ad allora realizzato nelle grandi città europee (vedi M. Bencivenni, 1864-1974, La nascita del sistema verde pubblico a Firenze, in “Una Capitale e il suo Architetto”, Polistampa 2015). 






La cosa naturalmente non nasce dal nulla, vi erano i presupposti fondamentali sia di una forte cultura nel campo dei giardini e delle sistemazioni a verde di stampo moderno, sia di una alta cultura orticola e botanica che aveva portato Firenze ad essere un centro di eccellenza a livello europeo. In Toscana erano all’avanguardia le ricerche nel campo dell’agricoltura portate avanti dall’Accademia dei Georgofili che trovavano applicazione nella pratica orticola di imprese e tecnici giardinieri organizzati nella Società di Orticoltura.

“Quando Poggi mette mano – ci ricorda il citato studio di M. Bencivenni - al suo progetto di ingrandimento della Città nel quale la parte delle sistemazioni a verde avranno un ruolo rilevantissimo, sa di poter contare su un retroterra di cultura di assoluto valore … Del resto questa scelta non fu né scontata né facile. Tuttavia essa fu decisiva per fare sì che in un solo decennio la sua idea progettuale di costruire la nuova città attorno ad un sistema di verde urbano pubblico prendesse forma e si realizzasse. Il Viale dei Colli, nuovo parco urbano lineare, e le altre aree indicate dal recente riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità, di grande valore estetico e valenza paesaggistica, prendono vita in questa congerie progettuale e realizzativa.”



Da quale prospettiva osservare, godere, l’incanto di questo nuovo paesaggio collinare? Nelle idee progettuali del Poggi, un punto di osservazione appare privilegiato: da piazza Beccaria e dallo spazio antistante – “I Pratoni”, alla Zecca Vecchia, verso l’Arno. Il progetto definito dall’architetto, di sistemazione dei Pratoni della Zecca Vecchia alberato. era ispirato a due concetti fondamentali:

1) creare un cono visivo dalla nuova Piazza Beccaria, di grande suggestione paesaggistica, verso il tratto collinare oltre l’Arno – l’area del riconoscimento Unesco! – fra la conclusione del Viale dei Colli, il Piazzale Michelangelo e la sistemazione a verde delle Rampe di San Niccolò;

2) garantire “la respirazione” a questo quadrante urbano, già ampiamente saturato, mediante un’ampia area triangolare con la base sull’Arno in prossimità della Pescaia di San Niccolò comprendente un servizio pubblico, le nuove terme fiorentine e un grande parterre alberato.     

 Purtroppo questa “finestra” verso la collina non venne realizzata e il Comune, contraddicendo i propositi iniziali, fece costruire una Caserma di Cavalleria.



In una relazione compilata nel 1896 – due anni prima dei Moti di Milano e della repressione del generale Bava Beccaris, in un periodo storico nel quale potevano sembrare preziose le caserme a ridosso dei centri cittadini – l’architetto Giuseppe Poggi si lamenta, con forza, che il suo progetto sia stato stracciato: “Ora poi ogni speranza è perduta, avendo già veduta una parte della detta Caserma, in forma, in proporzioni ed in stile da far arrossire non solo il comun ma tutta Firenze. Chi crederebbe che a Firenze, strombazzata per l’Atene delle arti, e dove esistono reputati Collegi di artisti, si dovesse vedere iniziata in silenzio la summentovata Caserma, con stile e proporzioni convenienti appena a una masseria maremmana?”













    In una nostra recente Raccolta di poesia Promethèus. Il dono del fuoco (Ladolfi), poniamo attenzione a questa parte della città di Firenze ed evochiamo il “sogno” del Poggi tracciando come le linee di un’utopia alla quale dare forma ai nostri giorni, con il concorso delle nuove generazioni e degli artisti più sensibili, per abbattere le mura della Caserma (oggi Caserma Baldisserra del Comando di Carabinieri per la regione toscana) e costruire “un passaggio” fra le due sponde dell’Arno, fra la Torre della Zecca  e la Torre della Porta di San Niccolò, sotto l’area del Piazzale Michelangelo e della Basilica di San Miniato, appena dichiarata Patrimonio dell’Umanità.



Nella Raccolta il “passaggio” è indicato come La grande Porta sul fiume, stabilendo una qualche analogia con La grande Porta di Kiev citata dal compositore russo Musorgskj nella Suite per pianoforte Quadri di un’esposizione.

 

La grande Porta sul fiume

                        Omaggio alla grande Porta di Kiev

 .

Ai prati della Zecca Vecchia

il sogno della Porta sul fiume

aperta sul mito della scienza

 

Gli artisti di strada disegnano

il percorso fra i colori del parco

il passaggio sopra la Porta

 

Sulla cima, la Rosa dei Venti:

si scorge il pallore rosato dell’alba

il tramonto che incendia le acque

 

s’incontra chi giunge di lontano

si conoscono nuovi fratelli

si scambiano parole d’amore

 

Il passaggio poi verso le colline

su archi leggeri dipinti nei giorni

risonanti di musiche e colori

 

Il percorso raggiunge Arcetri

per il dialogo con Galileo Galilei

sul destino dei pianeti, delle stelle

           Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora, specie dopo il recente riconoscimento dell’Unesco, lo sentiamo vicino, sarebbe in grado di dare un volto nuovo a quella parte della città che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.




Nella Raccolta Promethéus. Il dono del fuoco presentiamo, nella parte finale, questa visione su quello che potrebbe essere il futuro, legata ad un percorso che raggiunga la collina del Pian dei Giullari e di Arcetri, contigua all’area della Basilica di San Miniato, attraversi la sua storia, incontri la figura di Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce o speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto; e mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.

Una domanda finale diventa però impellente: la voce del poeta, la poesia, può contribuire alla ricerca di nuove strade per l’agire dell’uomo?




 

2 commenti:

  1. Il sogno di Giuseppe Poggi affascina ancora, specie dopo il recente riconoscimento dell’Unesco, lo sentiamo vicino, sarebbe in grado di dare un volto nuovo a quella parte della città che si specchia nelle acque del fiume e guarda verso le colline.

    Nella Raccolta Promethéus. Il dono del fuoco presentiamo, nella parte finale, questa visione su quello che potrebbe essere il futuro, legata ad un percorso che raggiunga la collina del Pian dei Giullari e di Arcetri, contigua all’area della Basilica di San Miniato, attraversi la sua storia, incontri la figura di Galileo Galilei che qui visse e compì, in gran parte, le sue scoperte scientifiche. Ci apriamo al mondo, o ai mondi, della scienza, passiamo per angosce o speranze, in un porto aperto allo sconquasso dei venti che spirano dal mare aperto; e mai, come in questo momento, sentiamo il bisogno di affidarci alla scienza, alla ricerca di nuove certezze.

    Una domanda finale diventa però impellente: la voce del poeta, la poesia, può contribuire alla ricerca di nuove strade per l’agire dell’uomo?

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  2. In una relazione compilata nel 1896 – due anni prima dei Moti di Milano e della repressione del generale Bava Beccaris, in un periodo storico nel quale potevano sembrare preziose le caserme a ridosso dei centri cittadini – l’architetto Giuseppe Poggi si lamenta, con forza, che il suo progetto sia stato stracciato: “Ora poi ogni speranza è perduta, avendo già veduta una parte della detta Caserma, in forma, in proporzioni ed in stile da far arrossire non solo il comun ma tutta Firenze. Chi crederebbe che a Firenze, strombazzata per l’Atene delle arti, e dove esistono reputati Collegi di artisti, si dovesse vedere iniziata in silenzio la summentovata Caserma, con stile e proporzioni convenienti appena a una masseria maremmana?”

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