giovedì 9 maggio 2024

Roberto Mosi, "Itinera", Masso delle Fate /E-book collana LaRecherche - Recensione di Giorgina Busca Gernetti

 


E-book LaRecherche "Itinera", LINK



ROBERTO MOSI, ITINERA 

La Recherche.it, Roma 2010 pp. 89. E-book n. 48 (pdf) 

Recensione a cura di Giorgina Busca Gernetti 


"Il libro Itinera del poeta fiorentino Roberto Mosi già nel titolo in latino, non certo per sfoggio culturale ma per suggerire qualcosa di più di un semplice viaggio concreto, lascia intendere che si sta per compiere insieme con l’autore un itinerario esistenziale metaforicamente espresso con parole e immagini, con poesie dal linguaggio simbolico, limpido e lineare, reso ancor più cadenzato dalle frequentissime anafore, e splendide fotografie a colori in parte scattate da Mosi stesso, in parte maggiore da Andrea Mugnaini. 



I versi, però, non si pongono come didascalia delle immagini fiorentine, italiane o esotiche, né le fotografie come illustrazione delle poesie: sarebbe un grave errore nell’impostazione della lettura valutare in questi termini il rapporto tra i due linguaggi, quello verbale e quello iconico, quello della parola e quello dell’immagine fotografica. 
Talora non c’è un nesso evidente, se non il tema del viaggio, tra le persone e i luoghi rappresentati o evocati con i due diversi strumenti espressivi, perché il poeta narra il suo “peregrinare” cambiando linguaggio tra le varie pagine, così come l’organista cambia talora registro fra un tempo e l’altro della composizione che sta interpretando. Ciò che conta è la coerenza della struttura ideata dal poeta o dal musicista per esprimere il suo progetto artistico, utilizzando gli strumenti più consoni a produrre effetti icastici. Insito in quest’itinerario simbolico, oppure parallelo a esso, è il viaggio reale che Roberto Mosi ha compiuto in varie epoche della sua vita in svariati luoghi della Terra, traendone emozioni profonde e riportando alla luce, grazie alla vista di quei luoghi affascinanti o al ricordo di quelli legati per consuetudine alla sua vita reale, i sentimenti più nobili del suo animo, talora la sua sottile ironia, molto spesso una dolente malinconia e un presagio d’angoscia. 


La fine di ogni viaggio segna l’inizio di un nuovo viaggio, di un’esperienza esistenziale nuova, come si evince dagli ultimi versi della poesia Aqaba: “Ad Aqaba inizia il viaggio / nelle angosce del nostro tempo.”; oppure dagli ultimi di Capo Nord: “Una fredda paura m’invade / a Capo Nord / davanti al mare sconosciuto / un nuovo viaggio comincia / nel mondo dell’angoscia.”. È proprio la fine del viaggio in un luogo che ha appagato l’animo, unita al pensiero del ritorno alla mediocre vita concreta, ciò che suscita quel senso d’angoscia che amareggia e quasi impaurisce il viaggiatore. 
Tutto ha avuto inizio in una corte chiusa da un cancello di ferro in un quartiere dell’amata Firenze, sia nella vita reale, sia nell’itinerario poetico-esistenziale di Roberto Mosi, poiché proprio “nell’infanzia è già accaduto tutto”, come affermava Cesare Pavese nella sua celebre definizione del mito dell’infanzia, cui si deve tornare per comprendere il presente. Perciò nell’explicit della prima poesia, La corte, Roberto scrive: “Con la scatola dei sogni in mano / ho superato il cancello di ferro.”, come volesse dire che dal luogo della nascita e degli anni infantili, in cui ha sognato e fantasticato tra i suoi libri d’avventure e i tesori serbati in una scatola, in breve dall’infanzia, è uscito per andare verso la vita, che è appunto un continuo viaggiare con un “bagaglio” di sogni.



 Il libro è strutturato in sei sezioni: La partenza, Terre di Toscana, Mare, Terre del Sud, Deserti, Nord. Esse pare descrivano un periplo che inizia nell’omfhalόs, nell’ombelico del mondo che per lui è l’amata natia Firenze, la “città cupola” secondo l’icastica definizione metaforica ideata dal poeta per tradurre in icona la sua e altre città dalla forma o particolarità singolare (la “città piazza”, la “città nave”, la “città luna”, la “città dispensa”). 


Il periplo passa poi per vari splendidi paesaggi campestri o città e cittadine della Toscana ricche d’arte e di vestigia storiche; prosegue verso il mare dalla Versilia, solare ambiente di tanti soggiorni estivi, e vaga per il Mediterraneo e per l’Egeo, tra le mitiche isole ove “abitano ancora gli eroi di Omero”; raggiunge i luoghi più belli dell’Italia meridionale, nella terraferma o presso il mare cristallino; discende nell’Africa settentrionale, centrale e nel vicino Medio Oriente dove il poeta subisce il fascino dei deserti di fine sabbia dai vari colori, di cui ha conservato qualche ricordo in cinque coppe di cristallo (la poesia Coppe di sabbia apre appunto la sezione dedicata ai deserti). Giunge infine al “mite calore del mare” solcato dai Vichinghi, da Erik il Rosso invece che da Ulisse, e arriva al gelido vento che sferza Capo Nord dove “ogni viaggio finisce” ai confini del mondo (Capo Nord). “Una magia solleva le nubi / per un momento infinito / il mare vasto di onde senza / alcun riparo di terre, brilla / a Capo Nord.”. 



Dinanzi a questo mirabile spettacolo naturale il poeta sente che è vicino il momento del ritorno dal viaggio iniziatico e, come si è scritto sopra, prova un senso di timore e una profonda angoscia, quella stessa che aveva provata ad Aqaba alla fine di quel viaggio tra i deserti. Il periplo si conclude nel porto di Copenagen, nella cui acqua si riflette lo sfavillio di luci del Teatro dell’Opera (“A Copenagen il filo / si spezza // è l’addio / ai paesi del nord (…). / All’aurora boreale / lego i miei pensieri.”). Molti luoghi senza dubbio compaiono in questo viaggio, ma anche persone della sua famiglia ormai fissate nei ricordi; personaggi celebri delle varie arti immaginati nei luoghi in cui hanno vissuto o soggiornato; vittime strazianti dell’eccidio nazista a Sant’Anna di Stazzema; viaggiatori “pendolari” su un treno affollato; persone ciarliere nelle piazze cittadine; persone singolari incontrate in vari luoghi del Sud; uomini simbolo di una civiltà millenaria come il Tuareg velato dalla tagelmust blu, raffigurato in una bella fotografia scattata a Timbouctou nel Mali. 



Queste presenze dimostrano una volta ancora la natura metaforica del viaggio di Roberto Mosi, compiuto “a divenir del mondo esperto”, “per seguir virtute e canoscenza”. Un viaggio iniziatico, dunque, per conoscere e conoscersi sempre più profondamente. Non è finito, però, tale peregrinare, poiché ad ogni espressione di fine si accompagna la dichiarazione di un nuovo inizio, quasi fosse un “moto perpetuo” che ricomincia daccapo, percorre varie tappe e giunge alla fine per ricominciare dall’inizio, come dimostrano i versi già citati prima: “Ad Aqaba finisce il viaggio”, “Ad Aqaba inizia il viaggio / nelle angosce del nostro tempo.”; “(…) ogni viaggio finisce / a Capo Nord”, “(…) a Capo Nord / (…) / un nuovo viaggio comincia / nel mondo dell’angoscia.” 
Rafforza questo concetto la figura retorica dell’anafora così diffusa nel corpo dei testi poetici. La ripetizione di una frase intera all’inizio di ogni strofa (la più frequente), di un verbo, di un numero dà l’impressione di un continuum che vuole suggerire qualcosa di più del puro significato letterale o dell’effetto formale. 
Chi ha presente il celebre “scherzo” di Johann Strauss Perpetuum Mobile (Moto Perpetuo), oppure quello di Mendelssohn o di Paganini, comprende perfettamente la continuità perenne del viaggio di Roberto Mosi e forse riesce a decifrarne la simbologia. 

Recensione a cura di Giorgina Busca Gernetti 






1 commento:

  1. ROBERTO MOSI, ITINERA
    La Recherche.it, Roma 2010 pp. 89. E-book n. 48 (pdf)
    Recensione a cura di Giorgina Busca Gernetti

    "Il libro Itinera del poeta fiorentino Roberto Mosi già nel titolo in latino, non certo per sfoggio culturale ma per suggerire qualcosa di più di un semplice viaggio concreto, lascia intendere che si sta per compiere insieme con l’autore un itinerario esistenziale metaforicamente espresso con parole e immagini, con poesie dal linguaggio simbolico, limpido e lineare, reso ancor più cadenzato dalle frequentissime anafore, e splendide fotografie a colori in parte scattate da Mosi stesso, in parte maggiore da Andrea Mugnaini.

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