domenica 19 maggio 2024

Franca Alaimo interviene per: "L 'invasione degli storni", R. Mosi, Gazebo Edizioni, Prefazione di Giuseppe Panella -

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Franca Alaimo - 06/03/2014 22:01:00 

Lo scempio della Bellezza sembra diventato da qualche tempo il tema di molte opere d’arte. Impossibile non citare il film di Sorrentino, La grande bellezza, vincitore in questi giorni del premio Oscar, e non ricordare chè e stato il filo conduttore perfino di uno spettacolo come il Festival di Sanremo. Anche la silloge di Mosi si fa carico di tanto insulto ( a partire dallo scempio di una delle più belle biblioteche fiorentine per continuare con quello dell’ambiente naturale e del paesaggio urbano) per farne la metafora di un decadimento dell’io interiore, o, meglio, vista la struttura della silloge, dell’inferno dell’uomo contemporaneo che con la bellezza ha perduto se stesso. Per recuperare la bellezza ( ma la storia dell’esilio dall’Eden imbeve di sè la Poesisa in genere, anche se spesso sottintesa) è necessario un viaggio di ritorno grazie alla guida di una donna, che ha lo stesso nome dell’angelo nunziante il Salvatore, e quello - come precisa l’autore stesso - di una sorellina vissuta solo un giorno. La figura femminile si carica, allora, come per gli stilnovisti e Dante stesso, di un ruolo di intermediatrice fra terra e cielo.
Mosi, in questa come nelle precedenti sillogi, sceglie sempre di collocare i suoi testi in percorsi dinamici e poco a poco disvelanti della natura della sua meta. E questa volta lo fa con un apparato simbolico imponente e con la sua abituale intelligenza ed attenzione verso gli eventi della Storia dell’uomo parallelamente a quella personale, attraversata e mutata da una lunga malattia fisica.
Tornare a Dante, alla sua idea di viaggio catartico ( che Mosi compie attraverso il Regno del male e poi attraverso, come si diceva, quello della malattia per approdare al paradiso dell’arte cioè alla Bellezza d matrice divina), non solo è il segnale della sua fiorentinità, ma testimonia anche l’intramontabile valore della tradizione, che sempre si rinnova adattandosi ai tempi ed agli scopi.
Così dimostra anche il felice connubio tra i testi di Mosi e le immagini di Guerrini dialoganti fra loro, spesso delle vere e proprie scenografie in cui fatti e persone si muovono.
Il prodotto finale è di notevole qualità etica ed estetica, frutto com’è di un lavoro davvero fine d’interpretazione dei testi da parte del Guerrini. In particolare mi sembra un’esperienza tutta nuova coniugare la poesia con l’arte del fumetto e mi sembra un ascommessa bellissima e feconda.
Viene proprio voglia di averlo questolibro. Come si fa? 


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