Il viaggio del Navicello Etrusco è
tratto dalla Raccolta: Roberto Mosi, Navicello
Etrusco – Per il mare di Piombino, Edizioni
Il Foglio , Piombino 2018
Il
Navicello
Etrusco è il simbolo della
raccolta, composta da due parti, la
prima “Lo specchio di Turan” in onore della dea etrusca dell’amore,
della rinascita, raffigurata spesso nell’atto di ammirarsi allo specchio. La seconda, “L’Ombra della sera”,
richiama la statuetta votiva, conservata nel museo di Volterra. Fu proprio
Gabriele D’Annunzio a darle questo nome perché nel guardarla, con la sua forma
allungata, venivano in mente al poeta le lunghe ombre del tramonto. Le due
parti della Raccolta riguardano momenti diversi, la prima legata al motivo
della luce del giorno in sintonia con lo specchio di Turan; la seconda
all’oscurità della sera, della notte.
Il
Navicello Etrusco naviga per il mare di Populonia che fu un antico
insediamento etrusco, di nome Fufluna (da Fufluns, dio etrusco del vino e
dell'ebbrezza) o Pupluna,
l'unica città etrusca sorta lungo la costa. Era una delle dodici città
della Dodecapoli etrusca,
le città-stato che facevano parte dell'Etruria, governate da un lucumone.
Il Navicello percorre, sospinto dai venti della costa, il tratto di mare dal golfo di Baratti al
promontorio dell’attuale città di Piombino, alle spiagge del golfo di
Follonica, sempre al cospetto dell’isola d’Elba. Attraversa, poi, sotto il
nostro sguardo curioso, le acque, per lo più tempestose, della storia che
separano il mondo degli etruschi dai nostri giorni, giorni pieni di ansie e di
sconfitte, dall’alto dei quali ci rivolgiamo sovente all’indietro per porre
domande al mondo delle nostre origini. Nella nostra costante ricerca, troviamo
di continuo tracce, materiali e immateriali.
Populonia
deve il suo splendore, oltre che allo sfruttamento delle risorse minerarie
della vicina isola d'Elba, che la resero uno dei centri più fiorenti della
metallurgia antica del bronzo e del ferro, anche alla sua felice posizione
geografica. Fin dall'Età del Bronzo Populonia diventa un importante crocevia
dei traffici medio tirrenici, vero porto di mare e luogo d'incontro
privilegiato di influssi provenienti dal resto del Mediterraneo. La vicinanza
con l'Arcipelago toscano, che si connota presto come un vero ponte di isole e
sul quale la città inizia presto a esercitare una forma di controllo, la rende
un interlocutore di rilievo nei rapporti
con la vicina Corsica e la Sardegna. Nel VI secolo a.C. visse il suo periodo di
massimo splendore, arrivando ad ospitare molte migliaia di abitanti, con un'acropoli,
una necropoli, diversi quartieri portuali ed industriali (presso la marina, sul
golfo di Baratti), munita di un'imponente cinta muraria. L'acropoli e l'abitato
erano difesi da una prima cinta, mentre una seconda cinta era a protezione dei
quartieri industriali situati presso il porto; questi si erano estesi al di
sopra delle necropoli più antiche, lasciando una notevole quantità di scorie
di ferro residuate dall'attività
metallurgica.
Sono
appunto queste ultime tracce materiali che noi oggi rinveniamo di continuo
sulle in-cantevoli spiagge dei nostri soggiorni al mare, residui impalpabili
che luccicano come lamine d’oro, come brillanti al sole e appaiono fra i
componimenti poetici della presente raccolta (Il vulcano, Fonte di San Cerbone). Presenze
costanti sono, poi, i ritrovamenti archeologici e il fascino dei luoghi in cui
sono avvenuti, che in-cantano come la voce delle sirene (L’anfora di Antiochia, La fonte
del Pozzino, Lo schiavo, L’archeologo).
Al centro della scoperta del mondo
etrusco, vi è naturalmente l’olimpo delle sue divinità e dei miti (Tagete,
Turan dea dell’amore, Tular Dardanium, Il navicello), l’arte e la sapienza dei sacerdoti (I fulmini degli dei, L’aruspice). In questo paesaggio storico e mitico,
risalta la figura della donna etrusca (Velia), presente nella vita pubblica e
privata, al pari dell’uomo, disprezzata, come è noto, da autori greci e latini,
per i quali era inconcepibile la sua libertà, fuori luogo il suo comportamento
Il
navicello fa vela, a ritroso, come si è
detto, verso i tempi della contemporaneità.
Un passaggio importante è
rappresentato dalle invasioni barbariche e dal passare del tempo (Barbari),
dal rovinare dell’imponente città etrusca – e poi romana - di Populonia . Rutilio
Namaziano, nel viaggio per mare che lo porterà da Roma a Narbona, dalla
nave ancorata nel golfo di Baratti (anno 415) scorge le rovine della città, ne
rimane colpito e ne dà conto nel poema De
reditu (vv. 413-414):
Non indignamoci che i corpi
mortali si disgreghino:
ecco che possono anche le città
morire.
Seguiranno i tempi delle invasioni dei
Goti e dei Longobardi e l’emergere della figura di San Cerbone, vescovo di
questa terra (La fonte di San Cerbone).
Recenti ricerche archeologiche per individuare i resti della tomba del
santo e della cattedrale sulle rive del golfo di Baratti, hanno fatto
emergere, presso l’attuale chiesetta di
San Cerbone, un cimitero medievale con oltre trecento sepolcri: fra questi, due
con i resti di due donne: l’una “segnata” da un sacchetto di diciassette dadi,
gioco del diavolo, da osteria, infamante per una donna, forse messo nella tomba
per indicare il mestiere di meretrice; l’altra, forse una strega, segnata da
una serie di chiodi ricurvi nella bocca e da altri chiodi che la trafiggevano,
per fissare corpo e spirito al terreno (La
strega, Diciassette dadi). Una scoperta dunque che ci riporta a un’epoca
denotata da riti magici e da una marginalizzazione della donna.
Il
Navicello continua a navigare verso la contemporaneità ed è significativo l’incontro con la
figura di Napoleone, relegato dalle
maggiori potenze europee, dopo la sua avventura da imperatore, all’isola
d’Elba, come re di un minuscolo regno. Una composizione poetica della Raccolta
(Elba) evoca questa epoca e, in particolare,
l’incontro con Maria Walewska nella “reggia sotto le stelle”, nell’accampamento
alzato presso la Madonna del Monte, sopra il paese di Marciana.
In
questo percorso s’insinuano ricordi più recenti legati all’ultima guerra, al
promontorio di Punta di Falcone, dove era piazzata una batteria navale a
guardia del Canale di Piombino (Punta Falcone), e al Castello di Populonia, sopra il quale passava la rotta
aerea per bombardare l’Italia Centrale – e Firenze, in particolare. I
bombardieri alleati, provenienti dagli aeroporti della Tunisia e della Corsica,
sfioravano la torre del Castello, prendevano quota e si gettavano con il loro
carico di bombe, sulle città (Aerei su Populonia).
Il porto di arrivo del viaggio poetico
per il mare di Populonia e di Piombino,
è rappresentato dal “luogo del nonlavoro”, la grande acciaieria con i forni
spenti, un ammasso inutile di ferraglia sul quale non svettano più le fiamme
dell’altoforno. I personaggi della poesia (La Sterpaia, Cigli erbosi), lavoratori disoccupati, animano il nuovo
paesaggio industriale, visto dalla lunga striscia di spiaggia che si distende
all’inizio del golfo di Follonica. Un breve componimento (Temporale) rappresenta la figura del diavolo che scappa sotto il
temporale, con una mantella rossa: forse, per metafora, la figura di un operaio
che fugge dall’inferno dell’altoforno.
Al porto d’arrivo del Navicello possono essere ritrovate anche
ragioni di speranza, uno stare bene, in definitiva, un essere felici, in un
luogo incantevole, ricco di storia, di bellezze naturali e artistiche, qualità
che possono marcare il futuro cammino culturale e economico di questa terra (Turan
dea dell’amore, Città nave, Città libro, Città lanterna, Solstizio d’estate,
Buca delle Fate, Parole, Dalla loggia).
Il Navicello,
infine, è pronto a salpare di nuovo per tornare ai tempi delle origini, per le
vie del mito. Nello scritto poetico Tular Dardanium – Migrare, si riprende la figura mitica di Dardano che partì
dall’Etruria per andare a fondare la città di Troia, attraversando il
Mediterraneo. Questo mare vede i migranti del nostro tempo che, al pari degli
Etruschi di una volta, superano, al prezzo di infiniti sacrifici e tragedie, i
confini, alla ricerca di una nuova terra che li possa accogliere. La Raccolta si chiude con il pensiero rivolto
ai sacrifici dei migranti (Mani, Uccelli migratori, La stella cometa,
35.5 Latitudine Nord – 12,6 Longitudine Est) nell’auspicio che si
aprano nuove rotte sulla via della solidarietà e della pace, che popoli diversi
s’incontrino per far germogliare nuove vitalità culturali.
R.
M.
Grande Arte di Enrico, Roberto
RispondiEliminal Navicello Etrusco è il simbolo della raccolta, composta da due parti, la prima “Lo specchio di Turan” in onore della dea etrusca dell’amore, della rinascita, raffigurata spesso nell’atto di ammirarsi allo specchio. La seconda, “L’Ombra della sera”, richiama la statuetta votiva, conservata nel museo di Volterra. Fu proprio Gabriele D’Annunzio a darle questo nome perché nel guardarla, con la sua forma allungata, venivano in mente al poeta le lunghe ombre del tramonto
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