Esercizi
di volo “Una follia splendida” - recensione di Annalisa Macchia
Chi conosce Roberto Mosi, la sua
vasta cultura orientata in vari settori dell’arte e il suo grande impegno speso
per diffonderla, segni inequivocabili di una mente rigorosa e aperta, stenterà
a ritrovare nello strampalato e tormentato personaggio principale di
quest’opera, un suo riconosciuto alter ego.
Ricorrendo a una terapeutica
scrittura, suggerita da un’analista per vincere le sue ossessioni, questo
personaggio dà il via a uno stravagante e interessante mondo interiore,
gradualmente formando la vera storia di questo libro, tutta incentrata sulla celebrazione
della “Follia”, il cuore centrale e pulsante del racconto.
Fin dall’inizio ci troviamo così
coinvolti in un vortice tumultuoso, depositati a ogni capitolo in territori
abitati da luoghi e personaggi oltre le righe, come ogni Follia che si rispetti
comanda, ma dotati di incredibile fascino, di una sostanza liberatoria e
talmente deliziosa che anche i crimini che visi compiono a suo nome non
spaventano, anzi attraggono e intrigano. Una sarabanda di fantastiche e
pittoresche figure dà vita a questa scrittura, che sarebbe limitato confinare
nella definizione “racconto”, poiché si sviluppa su una molteplicità di piani
narrativi e, in misura non indifferente, anche quelli della fiaba e della
favola. Parole, queste ultime, erroneamente e troppo di frequente scambiate per
sinonimi, in realtà differenti per modalità, luoghi e personaggi. Se la fiaba
mette in scena storie senza tempo né luogo in cui i personaggi sono solitamente
rappresentati da uomini e donne, la favola, di genere più giocoso, ha spesso
per protagonisti gli animali, alle prese talvolta con situazioni paradossali.
In forma scherzosa e ironica vuole trasmettere insegnamenti e ammonimenti utili
alla società.
Questo lungo racconto Esercizi di
volo, o comunque lo si voglia definire, mette efficacemente in risalto una
follia splendida e desiderabile, seppure costretta a misurarsi con una più
problematica e difficile realtà. Roberto Mosi gioca proprio su questa alternanza,
sul continuo confronto, sul ricorrente anelare al perfetto e gioioso stato
della follia fino al raggiungimento dei miti estremi della stessa, poiché
sembra assicurare ogni felicità a che lo abbraccia.
La storia si svolge fra le
montagne di Bolzano. Gli abitanti sono in procinto di celebrare la grande festa
della Follia, con riferimento alle reali feste che intorno a Ferragosto, si
svolgono in questa zona, tra il Castello e la Stazione di Salorno. Oltre al
luogo geografico, descritto con gli occhi appassionati di chi bene conosce e
ama la montagna e, forse, questi luoghi in particolare, di attinente al reale
c’è però ben poco di altro nel libro.
Tra i personaggi che si alternano
e si accavallano, spiccano figure ispirate a uomini e donne famosi, alcune ben
conosciute dall’autore, come la sorella di Napoleone, Elisa Baciocchi. Si fa
allusione a grandi pensatori, a cominciare da Erasmo da Rotterdam e al suo
Elogio della Follia, saggio dedicato all’amico Tommaso Moro, nato con
intenzioni di divertissement ma lucido nel colpire i costumi dell’epoca.
Immancabile l’accenno a poeti come Dino Campana, a letterati illustri come
Rabelais, Cervantes, Ariosto, autori di creature e opere indimenticabili, più
vere della realtà stessa nel loro fantastico, folle territorio e, naturalmente,
non mancano musicisti e artisti. Tutti quanti legati in qualche modo al filo di
una follia che potremmo definire “creativa”, capace di ispirare e produrre
grandi capolavori.
Altri personaggi, invece, prendono
inaspettatamente vita dal mondo animale e da quello inanimato, ma, proprio come
accade nelle migliori fiabe e favole, interagiscono con grande naturalezza con
quelli umani. Turri quanti tesi e uniti nell’unico obiettivo di celebrare al
meglio la prevista Festa della Follia.
Il fragile e ossessionato alter
ego dell’autore, assegnato o, meglio, rassegnato alle cure di un essere ancora
più fragile di lui, si trova inaspettatamente avviato alla meravigliosa
scoperta della scrittura, fantastico volo della mente, e salutare alternativa
al suo più pericoloso impulso di volare gettandosi nel vuoto. Sarà utile per la
guarigione il suggerimento dell’analista? Lascio il nostro Icaro alle prese con
il terribile sole della sua (e nostra) società, intorpidita da un’inflazione di
paure, soffocate da farmaci e ansiolitici, dispersa in un proliferare di falsi
profeti (argutamente si sottolinea nel testo anche il recente moltiplicarsi
delle scuole di scrittura …), facilmente arresa a impotenza e indifferenza,
dove diventa arduo riconoscere le voci autentiche e riuscire ad accettare gli
altri e se stessi, follie incluse. Il tocco fiabesco, visionario e la
leggerezza di cui ogni pagina si nutre, disegnano non soltanto un libro
ricreativo e divertente, ma suggeriscono riflessioni profonde, invitando al
ripensamento di tanti, comuni, superficiali atteggiamenti e suscitando nel
lettore domande positivamente inquietanti. Esercizi di volo preziosi per il
lettore attento.
Esercizi di volo “Una follia splendida” - recensione di Annalisa Macchia
RispondiEliminaChi conosce Roberto Mosi, la sua vasta cultura orientata in vari settori dell’arte e il suo grande impegno speso per diffonderla, segni inequivocabili di una mente rigorosa e aperta, stenterà a ritrovare nello strampalato e tormentato personaggio principale di quest’opera, un suo riconosciuto alter ego.
Ricorrendo a una terapeutica scrittura, suggerita da un’analista per vincere le sue ossessioni, questo personaggio dà il via a uno stravagante e interessante mondo interiore, gradualmente formando la vera storia di questo libro, tutta incentrata sulla celebrazione della “Follia”, il cuore centrale e pulsante del racconto.
Fin dall’inizio ci troviamo così coinvolti in un vortice tumultuoso, depositati a ogni capitolo in territori abitati da luoghi e personaggi oltre le righe, come ogni Follia che si rispetti comanda, ma dotati di incredibile fascino, di una sostanza liberatoria e talmente deliziosa che anche i crimini che visi compiono a suo nome non spaventano, anzi attraggono e intrigano. Una sarabanda di fantastiche e pittoresche figure dà vita a questa scrittura, che sarebbe limitato confinare nella definizione “racconto”, poiché si sviluppa su una molteplicità di piani narrativi e, in misura non indifferente, anche quelli della fiaba e della favola. Parole, queste ultime, erroneamente e troppo di frequente scambiate per sinonimi, in realtà differenti per modalità, luoghi e personaggi. Se la fiaba mette in scena storie senza tempo né luogo in cui i personaggi sono solitamente rappresentati da uomini e donne, la favola, di genere più giocoso, ha spesso per protagonisti gli animali, alle prese talvolta con situazioni paradossali. In forma scherzosa e ironica vuole trasmettere insegnamenti e ammonimenti utili alla società.