lunedì 5 agosto 2024

"Mots et paysages" - Commentaire de Ladolfi et Guidi : "Ainsi le jeu, d'abord léger et insouciant, avec les mots devient peu à peu essentiel et témoigne d'une vocation poétique née d'une longue et fructueuse métabolisation de lectures et d'études menées tout au long de la vie."


Roberto Mosi, Parole e paesaggi, 

Libroitaliano World, Ragusa 2006.

 "Mots et paysages" - Commentaire de Ladolfi et Guidi : "Ainsi le jeu, d'abord léger et insouciant, avec les mots devient peu à peu essentiel et témoigne d'une vocation poétique née d'une longue et fructueuse métabolisation de lectures et d'études menées tout au long de la vie."


"Parole e paesaggi" - Commento di Ladolfi e Guidi: "Quindi il gioco, all’inizio leggero e svagato, con le parole diventa a poco a poco essenziale e testimonia una vocazione poetica nata da una lunga e feconda metabolizzazione da letture e studi condotti nell’intero arco della vita".


Oretta Guidi, critico letterario, saggista, docente in lingua e cultura italiana presso l’Università per Stranieri di Perugia:

 

“Il desiderio di giocare con le parole, di interrogarle, di affidare ad esse speranze e illusioni non nasce per l’autore improvvisamente, anche se soltanto nelle ore di quiete della pensione diventa un lavoro di scavo e di introspezione. Perché scrivere, perché giocare con le parole? Attraverso esse misura le sue possibilità, valuta i legami con i poeti che ha letto ed amato. La parola, ogni parola, come ci ha splendidamente ricordato D’Annunzio, è magica e insostituibile, rompe la routine e la banalità dell’esistenza e ci consegna all’eterno. Quindi il gioco, all’inizio leggero e svagato, con le parole diventa a poco a poco essenziale e testimonia una vocazione poetica non improvvisata, bensì nata da una lunga e feconda metabolizzazione da letture e studi condotti nell’intero arco della vita.


La prima sezione “Parole” apre per l’appunto con la lirica “Amo le parole”, in cui Mosi corteggia, esalta le parole che “rotolano per terra”, “che vagano nella mente”, le parole che sono maschere e realtà. I versi, assecondando la leggerezza e la libertà interiore del poeta, corrono veloci, pieni di ritmo e di gioia. Nella lirica “Il rito” ci viene confermata questa disposizione del poeta a mettersi in sintonia con il mondo segreto dei sogni, tralasciando finalmente le noiose cure quotidiane. Scrivere è un rito, il foglio bianco attende il miracolo della parola che spezza il nulla. E nella mente “danzano frammenti di sogni”, frammenti di memoria, frammenti di emozioni: sì, è vero, la poesia moderna è consapevole di poter cogliere solo brandelli di realtà, frammenti di vita rubati al caos che ci circonda; la poesia moderna, come avevano ben capito Rimbaud e Mallarmè, è pura intuizione, lirica pura senza residui razionalistici. Folgorazione, illuminazione improvvisa che rompe ad un tratto il buio. Tutta la lirica “Il rito”, in effetti, dopo la lettura, ci lascia una piacevole sensazione di luminosità: dalle “coltri di nebbia” escono luci riflesse, un mosaico di luci riflesse che si compongono e si scompongono. Intravediamo le due anime del poeta, due diverse e complementari visioni dell’esistenza: da una parte la solitudine, necessaria ad arricchire il dialogo interno, compagna fedele di un mondo intimo, incomunicabile, angolo e rifugio, dall’altra la necessità del rapporto con gli altri, la gioia di semplici serate passate con gli amici, con un bicchiere e con il suono festoso della chitarra. Tante voci si rincorrono e rimbalzano nelle liriche di Mosi, un amico ormai nell’ombra, il teatro con le sue maschere e i personaggi, amati dal poeta, Tosca, Butterfly, Carmen, “una ragazza dai capelli ricci”, il colloquio con i morti e finalmente Marta, la nipotina che diventa il tempo, “il nostro tempo”, alludendo evidentemente alla gioia condivisa da tutta la famiglia.


La seconda sezione, molto bella, si intitola “Paesaggi”. Nei componimenti sono evocati luoghi legati a viaggi, impressioni, stati d’animo che hanno lasciato nel cuore qualcosa di unico e magico: rivediamo Saint Moritz con le fresche acque dell’Inn, la presenza delle città e delle colline della sua Toscana, i vagabondaggi in bicicletta, l’isola d’Elba carica di ricordi napoleonici, i treni che vagano nella notte e poi paesaggi lontani come Marsa Alam, suggestivo tema, dove sorge il sole dal mare nelle vesti del dio Ra. Odori e sogni suoni e nenie d’oriente si confondono con i profumi di San Gimignano, di Siena, di Monteriggioni, ma su tutto domina Forte dei Marmi. Ed il poeta evoca la terra che va da “Porto Venere a San Vincenzo”, che lo abbraccia come una donna calda di lussuria. Accanto ai luoghi della memoria non mancano luoghi densi di reminiscenza letterarie, come avviene nella lirica “Val d’Inferno, Dino e Sibilla”: in quelle case sperdute nel verde, Casetta di Tiara, si fermarono Sibilla Aleramo e il poeta Dino Campana all’inizio di “un viaggio chiamato amore”. Mosi è un viaggiatore attento, un camminatore appassionato e noi seguendolo nel suo vagabondare, dividiamo le sue emozioni.

Con “Esercizi”, l’ultima parte, Mosi sembra voler ritornare ad una poesia più impalpabile, dominata solo da acrobatici sforzi per rendere la parola sempre più leggera e ineffabile. La voce della natura si polverizza in immagini lievi, come, per esempio, nella lirica “Una bianca risata”: “Spuma/ di mille gocce/in un’onda lunga,/luce/ di cento riflessi/ in un raggio disteso …”, i versi diventano brevissimi, allusivi, carichi di misterioso afflato. Significativa e, direi programmatica, l’ultima poesia “Il ritorno di Ulisse”, in cui si profila, anche nel caotico mondo moderno, la presenza di un mito eterno, un Ulisse che “ogni sera ritorna ad Itaca”, ma ormai le sue armi sono un computer e un telefonino sempre in mano. Ma Mosi, lo possiamo dire, ha trovato la sua Itaca, la sua terra promessa: la poesia”.

 

(Presentazione del libro “Parole e paesaggi”, a cura di Oretta Guidi, presso la Libreria di Santa Maria degli Angeli, Assisi, 26 ottobre 2006. )




Rivista  Atelier, n. 52 – dic. 2008 , pag.123 

Roberto Mosi, Parole e paesaggi, Caltanisetta, Libroitaliano Word 2006

“Roberto Mosi possiede l’abilità di tradurre in parole i paesaggi e di essi non coglie soltanto le forme , la composizione, la struttura, ma ne percepisce i colori, i suoni, le variazioni, le atmosfere. Il tratto è sempre marcato, ma egli sa usare anche lo sfumato, perché la raccolta, come una tela impressionista, non va osservata analiticamente, ma nella struttura globale. Allora sotto l’azione del ritmo e delle assonanze, il quadro si anima di vita, di movimento e di profondità:

Sfoglio i colori di Firenze,

sull’argine la brina d’argento,

mi segue lo scrocchiare

delle foglie secche d’autunno,

in basso cantano le acque

del Mugnone dimora un tempo

di figure d’antiche novelle,

ora di topi e di pesci errabondi.  “

 Recensione a cura di Giuliano Ladolfi, direttore responsabile.


 

 


 

Parole e paesaggi

 

 Presentazione

 

Lasciato il mondo del lavoro dopo un lungo periodo passato nella pubblica amministrazione, ho ripreso vecchi blocchi d’appunti colorati pieni di note, di tracce di documenti, di schemi di discorsi scritti nel corso d’incontri e riunioni. Sui fogli appaiono spesso disegni dai tratti più o meno marcati, secondo l’interesse per la riunione. Negli ultimi blocchi compaiono anche giochi di parole e alcune tracce di versi.

Mi sono soffermato recentemente su queste parole e ho cominciato a trascriverle, a saggiare il loro suono e significato, a continuare il gioco iniziato in altri tempi come fuga dalla noia d’incontri di lavoro o di riunioni politiche. Allo stesso tempo ho preso ad approfondire le opere di poeti da sempre amati. E’ stato per me il momento dell’esercizio, una sorta di prova d’orchestra per conoscere le possibilità degli strumenti che sono per me a portata di mano, ora che sono lontano dal linguaggio degli uffici.

Mi piace lavorare intorno alle parole. La parola è il mezzo per partire alla scoperta del mio mondo e di chi è vicino, per vivere emozioni, sensazioni e cercare di rivestirle di suoni, per fare festa con gli amici e per salutare l’arrivo di una splendida nipote, Marta. La parola anche per andare dietro ad un pensiero che risuona dentro, che ti angoscia e cercare di catturarlo fissandolo su un foglio.

 Questo tipo d’interesse investe anche le attività che per me sono ora prevalenti, quelle di conoscere luoghi sempre nuovi, vicini e lontani, e di soffermarmi sul paesaggio che si apre intorno a loro. Del paesaggio la misura è l’eco, il suono alto delle parole che arriva negli angoli più lontani e rimbalza verso di noi. Lo sguardo si posa sullo spazio, attento a scoprire i segni della storia e dell’ambiente insieme alle emozioni che suscitano. Saggiare le dimensioni di questo spazio con l’uso della parola è un esercizio affascinante. Ad un certo punto di quest’impegno può nascere, come nel mio caso, l’esigenza, superando un qualche pudore, di comunicare il lavoro realizzato e rimanere in attesa dell’eco arricchita dalle emozioni degli altri.

  

Parole

  

Amo le parole

 

 

Amo le parole

che si sollevano da terra

con il respiro lungo della poesia

per provare la leggerezza del suono,

nutrite di sogno e fantasia.

 

Amo le parole

che rotolano per terra

nel ripetersi del giorno

fra risa o pianti,

vestite di pane e di vino.

 

Amo le parole

che vagano nella mente

nel silenzio roboante dell’io,

testimoni diuturne

del dialogo con le ombre.

 

Amo le parole

che oltre le maschere dell’oggi

tornano a cercare

fra i colori dell’arcobaleno,

sulla rosa dei venti,

l’isola di ogni perché.

 

 

                                    31 dicembre  2002

 

Il rito

 

Dalla serranda raggi obliqui

piovono in frammenti di luce

sul foglio bianco,

pronto per il rito della parola,

disegnano la mia figura

sulla parete bianca

divisi per i colori dell’iride

 

 

Frammenti di sogni

danzano leggeri nella mente,

frammenti di memoria

escono dalle coltri di nebbia,

un mosaico di luci riflesse

si scompone e ricompone.

 

Sul foglio bianco

piovono frammenti di emozioni

rivestiti di parole.

 

 

                                                 27 marzo 2005

 

 

 

                                      Amici

 

Le serate di chitarra

di Belleville, la festa

in brache e doppiopetto

per salutare la dolce Francia

con le coppe di champagne

insieme ricordiamo,

i passi della pizzica

la frenesia del Salento

il mare degli ulivi,

le acque di cristallo

e il  sorriso degli dei.

 

Il vino denso di sapori

versiamo nei bicchieri,

il profumo del maialino intorno,

e segniamo sulla tavola

le strade di bellezze condivise

fra gli accordi di chitarra.

                                  

 

                                                  26 dicembre 2004

 


 

 

 Frammenti di sogni

 

Al mattino

distillo

i frammenti dei sogni.

 

Come gocce

di colore

               c

      a

            d

      o

             n

       o

nella mia mente.

 

Di giorno

catturo

su un foglio

bianco

le schegge di luce

rivestite

di suoni.

 

                                                                                    

                                6 ottobre 2004

 

 

 

Malinconia

 

Raccolgo i colori della malinconia

nel volgere ultimo dell’estate,

per la solitudine il bianco

per il distacco il rosso

per la fatica di vivere il giallo

per i ricordi lontani il rosa

per gli affetti mancati il blu.

 

Raccolgo i suoni dell’allegria

per la stagione fredda che verrà

li chiudo sotto vetro, pressati,

scoppieranno fuochi d’artificio

nelle serate rosse di vino

calde del suono di chitarra.

 

 

                                           25 agosto 2005

  


 

 

A r g i l l a

 

 

Oh divina Erato,

Signora della poesia,

io invoco il tuo aiuto

per comporre in versi

suoni e silenzi,

per la ricerca della parola

nella discarica della memoria

o nel flusso dei pensieri,

in mezzo alla melma

delle ore del giorno,

o in mezzo alla luce

delle ore della notte,

e cercare ancora parole

per formare un ammasso

d’argilla da modellare

a piene mani

cercando la forma

sul filo delle emozioni.

 

Sulla lunga scogliera

assolata d’Antibes

Picasso e Maria

raccolgono gusci

di granchio lasciati

dal mare infuriato.

Nelle fresche stanze

del Palazzo Grimaldi

Pablo li compone

in forme leggere,

discorrono con il fascino

de La joie de vivre.

A Knokke sul mare                    

del Nord, Jean-Michel

Folon cerca pezzi

di legno macerati

dalle altalenanti maree,

con tinte pastose

dà corpo a sogni

di sorpreso stupore.

Nella sala di fumo

i suonatori di jazz

giocano con un motivo,

ora lo esasperano

ora lo accarezzano

con toni leggeri.

 

Leggo e rileggo

i versi, ascolto

la mia voce, cerco

tracce di colori,

riflessi di luce

pieni e vuoti d’ombra,

scompongo e ricompongo

l’ammasso d’argilla.

Nella tavolozza dei colori

inzuppo la fantasia,

nel pennello parole

in libertà, la scala

dei suoni, profondità

della memoria, ricerco

la luce, nella testa

galleggiano impressioni

di figure d’artisti,

ricerco il tratto,

lo sfumato, il senso

lontano dalla realtà,

comunico il tutto,

comunico il niente,

mi piace un punto

d’incontro, lo trovo

nel tuo sorriso disponibile,

nella simpatia per me.

 

Sono sazio di penetrare

di mani l’argilla,

ora il fuoco del forno

abbraccia la forma;

è pronta poi per essere

affidata all’aria,

alla polvere del giorno,

oggetto inutile

agli occhi degli altri.

 

Erato,

Signora della poesia,

io ti ringrazio

per il dono di rovistare

nel tuo scrigno di parole

di suoni di silenzi.                                           

 

 

                                         30 settembre 2005

 


 

Amico che sei nell’ombra

 

Amico che sei nell’ombra

oggi, insieme, ti ricordiamo.

 

Sul tavolo le pizze fumanti giocano

a scacchi con i boccali di birra,

e il sapore di nostalgie lontane

profumate di mare, la pelle di sale,

nelle lunghe estati indolenti.

 

Lievi le parole s’intrecciano,

i volti colorati di tenera birra,

le pareti si muovono a tratti,

gira la stanza con passi felpati

gira la giostra del quadro di Nico,

siamo i personaggi gonfi di luce

sui cavalli dagli occhi stupiti

inseguiti dal ritornello veloce,

veloce di un organetto lontano.

 

Bolle di sapone soffia il bambino,

in disparte, si alzano lievi per le pareti,

vestite di colori, in alto in alto

a cercarti , come i miei versi

per te, amico che vivi nell’ombra.

 

                           

                            4 dicembre 2004


 

Il teatro è silenzio

 

Gli applausi volano via,

il teatro è silenzio.

 

Da lontane sorgenti

si alza la musica di Brahms,

le note salgono per le pareti

sfiorano i rossi velluti,

danzano  leggere 

fra la trama tenue

delle luci del soffitto.

La musica si apre

in onde distese,

parlano fra loro

i violini e gli ottoni.

 

Da lontane sorgenti

emergono ricordi

per ogni angolo del teatro.

Tosca, Butterfly, Carmen

visti dagli occhi grandi

di bambino, le mani calde

strette alla mamma;

la comparsa in costume

vestita da frate e da principe

da soldato e da servo

sulle assi del palcoscenico,

nel fascio di musica e luci;

Don Giovanni, Wozzeck,

Lucia di Lammermour

compagni di serate di miele,

Giovanna vicina.

 

Maschere si affacciano dall’alto,

personaggi vestiti di musica

danzano sulle cornici

bianche di calce,

scivolano allegri in platea,

in testa Carmen e Ramadés,

salgono nelle luci del palco

e corrono in tondo

tenendosi per mano,

seguono il vortice

delle ultime note.

 

Il teatro è silenzio,

i ricordi sono lontani.

Nuvole di applausi

volano in festa.

                                   

 

                                    22 febbraio 2005


 

 

La mia imperatrice

 

Fate la nanna

coscine di pollo

la vostra mamma

v’ha fatto un gonnello,

componevo ninne nanne

giochi e canzoni

per Costanza

la mia imperatrice,

nella casa incantata

di tanti anni fa.

 

Topolino topolino

cosa fai nel mio giardino?

Colgo l’erba!

E se t’acchiappo?

Io scappo!

Misuravo a passi infiniti

la lunga stanza sospesa

sulla notte del cortile

cullandoti lieve.

 

Il canto di mille spartiti

a portata di mano:

C’era un frate di Certosa

con la barba lagrimosa,

Senti un bel dì vedremo,

E luceano le stelle,

e Un dì m’era di gioia

si davano la mano

girando in tondo

in tondo  seguiti

dal suono dell’eco

giù nel cortile.

 

Incrocio ora il tuo sguardo

fonte di acque azzurre

in un cerchio magico

nel quale porti lieve

la tua bionda bellezza.

 

Incrocio ora il tuo sguardo

sorridono antichi volti

con dolci sembianze

seduti alla tavola di marmo

nella casa di infiniti anni fa.

 

Incrocio ora il tuo sguardo

mi ritornano alla mente

piccole ninne nanne

Giro giro tondo

gira intorno il mondo

gira con creanza

intorno alla mia imperatrice,

Costanza.

 

                                       

                                   18 dicembre 2004

 


Parole di follia                                        

                                       

 Parole lucenti

           di follia

 

cadono, rimbalzano

           nella via:

 

le nove del mattino

           Maria

 

appare  alla finestra,

           gli incubi

 

della notte si vestono                   

           di urla e di parole.                                               

 

Benedetta sii

              Maria

              e la tua pazzia,

 

donna di compassione

              e di mistero,

 

hai per me la faccia

urlante della vecchia

              nel cortile,

 

dell’invasato nel camerone

              di San Salvi,

 

dell’oracolo la voce,

                sacra.

 

Svanisce presto la figura

                di Maria

 

dalla finestra alta sui rumori

                 della via,

 

sigillata fino a domani,

                 le nove del mattino.

                                       

                                         13 maggio 2005


 

 

                                      Coltivi amore

 

 

Coltivi amore

ragazza dai capelli ricci,

in antichi giorni

pieni di canto e di chitarre

dei riflessi degli sguardi

e di parole non dette

fu stretta la trama verde

della tenerezza.

 

Coltivi amore

ragazza dai capelli ricci,

in giorni di sole

hai intrecciato

corone di baci e carezze

tessendo la trama rossa

della passione.

 

Coltivi amore

ragazza dai capelli ricci,

i giorni dell’attesa

passano lievi

con l’immagine

di uno splendido fiore

al centro della trama rosa

della tenerezza.

 

 

                                 1 ottobre 2004

 


 

 

 

L’annuncio                                                    

 

Nella mia casa avvolta

dal grigio dell’autunno

risuonino accordi di chitarra

i canti riempiano le stanze

i piedi lievi sfiorino la terra

si tagli l’arrosto più tenero

si alzino i calici di vino dorato

il colloquio con i nostri morti

diventi dolce e sommesso,

la vita ha generato la vita.

 

 

                                    22 novembre 2004


 

L’arrivo di Marta

 

Quando sei nata

c’era una falce

di luna calante

sospesa sull’ospedale,

alle porte del Chianti.

 

Quando sei nata

mille occhi d’emozione

nel corridoio infinito

ad abbracciare il capino biondo

e il sorriso stanco della mamma.

 

Quando sei nata

il tuo primo viaggio

nella culla divisa

con un fagottino cinese,

gli occhi a mandorla.

 

Quando sei nata

sono uscito felice

il mondo sospeso

ha ritrovato la vita

i rumori della strada

il loro sordo rumore

i profumi della campagna

il loro profumo di giugno,

 

nel cielo una stellina

rincorreva la falce di luna. 

 

 

                            15  giugno 2005


 

 

Marta ha venti giorni                                

 

Marta è nel tempo

 

venti secondi per respirare

 

venti minuti per urlare

 

venti ore per guardare

 

venti giorni per sognare

 

venti settimane per sorridere

 

venti mesi per giocare

 

venti anni per amare

 

 Marta è il nostro tempo.

                    

                                                                                          

                              1 luglio 2005


 

 

     Regali sorrisi

 

Sgambetti nuda

in una giostra veloce,

con le mani sospese

misuri il tuo spazio,

ascolti la tua voce

negli occhi celesti

passa il tuo mondo

il mondo

a momenti si offusca

poi brilla di luce,

lo sguardo si fissa

poi scruta all’intorno.

 

Impasto parole di miele

accenno ad un canto ripreso

dalla storia di tanti anni fa:

ti sorprende, ti fermi

raggiungo per un momento

il tuo mondo, il tuo sorriso.

 

Sorridi, Marta, sorridi.

 

Le cinque della sera

suona la campana,

l’estate è tersa di un temporale

che si è sciolto lontano.

La stanza è un abbraccio

di luce e di colori,

i quadri della mamma,

le finestre su verdi colline.

Marta, ora regali sorrisi.

 

 

                         11 agosto 2005

 


 

 

 

 

 

 

 

 

Paesaggi




 

Saint Moritz Bad

 

Cantano allegre

le fresche acque

dell’Inn

nell’ora del tramonto,

a Saint Moritz Bad.

 

Alle sette di sera

il cane nero guida

l’uomo senza volto,

la giacca gialla

e il bastone bianco

sospeso nell’aria.

 

Appare l’immagine

lungo la riva deserta

dell’Inn, sullo sfondo

le prime luci accese

del Grand Hotel des Bains.

 

Rimango di gelo,

allontano lo sguardo

preso da neri pensieri

in quest’ora magica

nella dolce Engadina.

 

Cantano allegre

le fresche acque

dell’Inn,

a Saint Moritz Bad.

 

 

                       31 luglio 2005

 


 

 

 

                                              Frammento

 

Su pensieri leggeri

la luna versa

una bianca luce di latte,

sorta dall’orlo delle colline

al di là dei binari.

 

Il treno

taglia la notte

al centro di un manto di luce.

 

                      30 settembre 2004


 

Presenze

 

Leggeri i passi salgono la collina

la città si scioglie in sentieri solitari,

i cancelli muti parlano di storie lontane.

Avvolge l’eco dei nostri passi

la pelle ruvida degli alti muri

segnata da strisce di graffiti,

sporgono le braccia degli ulivi,

le voci dei compagni galleggiano

nell’aria umida prima del temporale.

Appare la casa rossa di Rosai,

Ciajkowsky compone pagine di musica,

le note si spandono per la campagna;

dalla villa del Pian dei Giullari

esce suor Celeste dopo la veglia;

una giovane bionda svelta scende a Firenze:

nonna Giulia, nello sguardo gocce di cielo.

 

Oltre le acque dell’Ema, piene di voci,

il sentiero s’impenna fra i campi,

fra le chiome dei giovani olivi

e i filari di viti,  più lontano, a chiazze,

le chiome dei pini e i cipressi in fila:

la vista si apre sul cerchio dei colli,

al centro la Cupola, sempre più lontana,

misura dell’incedere dei nostri passi.

In cima San Gersolè ci accoglie,

le case sgocciolate lungo la strada,

i ragazzi intorno alla maestra;

si distende poi molle la villa de’ Medici

dimora del lussurioso prelato;

scende un barroccio pieno di conche:

nonno Antonio tiene il morso del cavallo.

 

Si apre infine la grande piazza

rivolta verso i portoni sbarrati della chiesa,

intorno le braccia aperte dei loggiati.

Il paese si è ritirato, ostile, a tavola

alla campana di mezzogiorno.

Il temporale sferza con rabbia le cose:

osservo sereno dal fondo del loggiato,

il vino riscalda, continuo a salire

le scale della vita, leggero.

 

 

                                            29 aprile 2005


 

                                           Appunti di viaggio

 

Il sole incornicia

la nave

bianca all’orizzonte

 

folate fresche

di vento

passano sulla nostra pelle

 

la sera avvolge

leggera

le onde del mare

 

il sole scende

dal carro

e getta l’armatura

 

Vespero alto

nel cielo

precede le pallide sorelle

 

le stelle per ogni dove

disegnano

la volta celeste.

 

Sulle rive delle vicine isole

abitano

ancora gli eroi di Omero.

 

 

                                                                    27 ottobre 2004


                           

                               Un nastro d’argento

 

Un nastro d’argento

di luci e di suoni

avvolge la luna

sospesa sulla città

le piazze e le strade

si danno la mano

in testa le fanfare frizzanti

le piume dei fanti

il vino scorre felice

la luce fascia

dei palazzi lo slancio

scolpito di pietra

Folon libera

stupite colombe

tamburi in corteo

tra la folla che batte

le mani in cadenza

signorine eleganti

sorseggiano rosse

bottiglie di Chianti

fra fumanti candele

ragazze danzano scalze

su rossi tappeti di lana,

in bici seguo i cerchi

del nastro d’argento

gli occhi fissi alla luna,

dalla faccia screziata

appare  il sorriso

di una tenera bimba

 

e pedalo  pedalo

leggero nell’aria.

 

 

      27 maggio 2005


 

                                               Pesci innamorati

 

La città si scioglie

al sole, evapora

ogni angolo d’ombra

 

Marta sembra

parlare con gli occhi,

un sogno di tenerezza

 

i ventilatori ronzano

nel cervello intorno

ad opachi pensieri

 

passano veloci

treni colorati

 

ragazzi disegnano

                                         spirali di colore

sulle pareti fresche

del sottopasso,

                        conditi

di tracce di poesia

 

un sassofono suona

davanti ad un cappello

di monete,

                  la tregua

della sera s’avvicina

 

nel giardino in penombra

poeti porgono

rare emozioni

 

sulla riva del fiume

chitarre si accordano

con brezze leggere

 

nella luce della piazza

passi di flamenco

scuotono il palco

 

fra la folla risate

allegre di ragazze

 

pesci innamorati

vaghiamo in giro

nell’acquario della città.

                                     

                              27 giugno 2005


 

 

L’isola

 

La finestra è aperta su un velo

di tremule stelle, l’isola

profuma di tutti i profumi,

le onde mormorano alla spiaggia

bianca, la luna invade

il silenzio della camera.

 

Lontano all’eremo della Madonna

del Monte, il Corso attende Maria

Walenska per l’incontro d’amore,

sopra il colle la musica risuona

guidata dal deejay, i ragazzi

in festa aspettano l’alba:

aprirà le rosee braccia sul mare,

dalle colline di Populonia.

 

Spero che l’alba rallenti

il cammino, che rimanga ancora

il profumo della notte.

 

 

                                  27 agosto 2005


 

 

                               I treni vagano

 

I treni vagano nella notte

su tracce parallele

aperte da fari di luce.

Sfiorano veloci la casa,

il rumore si annuncia lontano

esplode nel buio della stanza

avvolge il caldo del letto.

Sullo spartito dei suoni

riconosco la forma

e il destino del treno.

 

Ora tutto è lontano,

un punto di luce

alla ricerca dell’alba.

Rimango immobile

nel silenzio assoluto

in vigile attesa

pronto a salutare

la voce assordante

di un nuovo amico

notturno.

 

 

                  1 novembre 2004

 


 

                                       

                                                Spaesamento

 

Il treno arriva veloce,

lo stridio dei freni

dopo l’ Appennino

annuncia Firenze,

dai finestrini scorre

Rifredi, il convoglio

taglia i nuovi colori,

sfiora le forme snelle

appena installate.

 

Cerco come ogni volta

di sorprendere nella stazione

che fugge un segno

di Bruno, trent’anni

di notti e di sole.

 

Sui cristalli oltre i binari

frammenti di sole

seguono rapidi

le figure in volo

del capovaccaio, il rapace

che segue lento

le greggi ai margini

di lontani deserti

 

Al binario sedici

sulla panchina aspetto

il treno per Foligno,

la Val d’Orcia affiora

sul display acceso, 

                                        i teneri colori.

 

 

                          18 maggio 2005    


 

Segreti d’estate

 

Bolle di sapone soffiano a gara

i ragazzi nel cortile di periferia,

 

un’enorme, lucida bolla respira

all’ombra del fico nella corte,

 

Roberto scivola dentro, si alza leggero,

galleggia fra le case sopra i tetti,

 

sfiora la Cupola, rimbalza fra le colline,

torna a balzi verso il Centro:

 

è felice sopra le strade solitarie, compone

rapidi versi, combina fantastici colori.

 

Nessuno lo vede, il cielo è lontano,

si parla solo di mari e di viaggi.

 

Rimane un piccolo segreto da sussurrare

piano, nella città chiusa per ferie.

 

Bolle di sapone soffiano a gara

i ragazzi nel cortile di periferia.

 

 

                                              15 agosto 2005

 


 

 

                        Marsa Alam, paesaggi d’oriente

 

Nella terra dove sorge il sole

dal mare nelle vesti del dio Ra

gli alberghi sono avamposti assediati,

si scruta l’orizzonte dal villaggio

nave gonfia di musiche e feste

incagliata fra le acque di corallo

e il deserto  di grigi colori,

solcato dalla strada,  retta assoluta

nata dalle viscere dell’Africa.

Passano camion improbabili

iperboliche antenne sfiorano il cielo,

vicino, periodici posti di controllo.

 

Nella terra dove sorge il sole

dal mare nelle vesti del dio Ra

la mattina il falco pescatore

si alza alto nel vento,

si tuffa nel mare e vola via lento

un pesce giallo  fra gli artigli.

Le sabbie bagnate dei giardini

fioriscono di profumi e colori,

le donne indolenti al sole

portano cellulari all’orecchio;

vicino i camerieri giocano

a calcio con giovani di Berlino.

Nel salone, la sera, la danza

del ventre, la ballerina accarezza

la fronte lucida del commesso

di Harrods, con il karaoke,

                     segretarie di Bercy cantano

allegre  j’entend siffler le train.                   

                   

                    Nella terra dove sorge il sole

dal mare nelle vesti del dio Ra

grossi topi passeggiano

per le strade di Al Quaesir,

vicino all’impiegato di Dussendorlf

venti minuti per comprare

fra le merci sgargianti del suk.

Ai tavoli del caffè lampeggiano

gli occhi degli uomini, nei vicoli

le donne di nero parlano allegre.

Sulle case immagini dipinte

Parlano del viaggio a La Mecca,

moschee aperte al tramonto

lievitano di preghiere ad Allah.

 

Nella terra dove sorge il sole

dal mare nelle vesti del dio Ra

carovane di Toyota violentano

veloci il deserto, un cameraman

riprende il terrore dell’impiegato,

sballottato, di Nantes,

sulle rocce scolpite dal vento,

sventolano sacchetti di plastica.

Campi beduini accolgono la sera,

si sciolgono danze ritmate

con spade di legno,

la maestra di Norwich balla

guidata per mano da un bimbo

gli occhi punti di antracite.

Avvolge ogni respiro il profondo

nero del cielo, le stelle sospese.

 

Nella terra dove sorge il sole

nelle vesti del dio Ra

Tebe è oltre i monti percorsi

da colonne di pulmann,

scortate da occhiuti soldati.

Feluche oblique solcano il Nilo,

le acque scorrono lente

fra il verde dei campi: il tempo

della vita sulla riva a oriente

con re solenni alle porte

dei templi, colonne  immense

dalle  forme dei teneri papiri,

immagini di sacre processioni.

Il tempo della morte sulla riva

dove il sole tramonta: i giganti

di Memnone presidiano la Valle

dei re, le tombe  dipinte

dei segni del passaggio dalla vita

alla morte, dalla morte alla vita.

Nell’anfiteatro aspro di rocce,

resta ancora l’eco di morti recenti,

le urla stupite di uomini e donne colpite

dall’alto, dove vegliano attente vedette.

 

Nella terra dove sorge il sole

Nelle vesti del dio Ra

dai villaggi si scruta il deserto

sospesi nell’attesa. La Mecca

è oltre questo braccio di mare,

Gerusalemme appare lontana,

lontana; cerco un filo di speranza:

i giovani allegri della partita di calcio

e lo spirito di antiche presenze,

l’affollarsi di genti di mille città

e i doni aspri della natura,

il falco che ogni mattina vola

                    nel vento sopra le acque di corallo.

 

 

                                           10 aprile 2005

 


 

 

                                           San Gimignano

 

Ho camminato su molli

distese di prato

fra prore disegnate di fiori.

 

Ho incontrato armenti

sonanti sul cammino

dei pellegrini in un giorno di sole.

 

Ho respirato il profumo

di nuovi colori

nei boschi vivi di primavera.

 

Ho sostato sulle soglie

di case in rovina

sui muri ancora ombre di vita.

 

Ho incontrato la terra

di Siena, rossa

di declivi dal lungo, dolce respiro.

 

Brilla la senesità

del mio poeta

fra le braccia aperte del paesaggio.

 

Segue i miei passi

San Gimignano trionfante

  di torri sul lontano colle dorato.

 

  Mi volto a cercare

ancora la rassicurante immagine,

la ritrovo oltre cespugli di rose,

 

La scorgo fra i rami

in fiore del pesco,

oltre il giallo maggese dei campi.

 

Ora scompare alla vista,

Monteriggioni si para

davanti, corona aerea sul colle.

 

Passo la porta

turrita, nel guscio vuoto

la banalità festosa della domenica.

 

Riprendo il cammino

pellegrino di sempre,

per meta turrite città su colli dorati.

 

 

     9 maggio 2005                                    

  


 

                                    Forte dei Marmi

 

 

Serate di piena estate

mi spingono sul molo,

le onde lunghe del mare

accarezzano le arcate nere,

si frangono bianche di spume

sul filo lucido delle spiagge.

 

Sono al centro del mondo

sotto l’occhio rosso del faro,

Forte dei Marmi, incrocio

dell’essere e dell’avere.

 

Lungo la costa si adagia

la linea dritta dell’avere:

lo sguardo abbraccia la terra

da Porto Venere a San Vincenzo,

al centro la florida Versilia

donna calda di lussuria,

le lunghe braccia aperte

sul profilo alto dei monti,

sopra la cinta delle pinete

e le luci dei viali a mare

gonfi  di gente in festa

e del rombo dei motori.

 

Dalla cima aguzza del Procinto

scende per le valli, al pontile

la linea dell’essere, percorsa

dai marmi di Michelangelo,

risonante ieri delle urla

di Sant’Anna di Stazzema;

prosegue ancora fra le acque

del mare, sempre più lontana

dallo sfolgorio delle luci,

dove ricompaiono nel cielo

le fiammelle tremule delle stelle

e le onde nere tutto avvolgono

in un respiro di mistero. 

 

                                  9 luglio 2005


L’omino in bici

 

Sui Lungarni assolati

l’omino in bici

pedala

il capo inclinato.

 

Sulla spalletta del fiume

la serpe scivola

viscida

si avvolge, gode

del torrido caldo

solleva la testa,

in controluce

la chiesa del Cestello.

 

Sul marciapiede

il barbone,

trascina i piedi

bianchi di fasce,

spinge il carrello

coperte e fagotti,

il cane a fianco,

si ferma, si appoggia

riprende il cammino.

 

Sul Lungarno deserto

passa l’omino,

giacca e cravatta,

poi si volta

il barbone è svanito

la serpe scivola

nella gora dell’Arno,

di fronte la figura

incerta del Cestello

tra i  vapori del fiume.        

                                  

                              7 giugno 2005


 

 

 

 Val d’Inferno, Dino e Sibilla

                                      

Fra le cime dei castagni

sento il respiro lungo del vento

 

per le sponde del torrente

il ritornello delle acque sui sassi di muschio.

 

Guardo in alto l’azzurro del cielo

sospeso oltre i ripidi fianchi

 

la corsa infinita delle nubi

ora compatte ora divise in armenti.

 

Non lontano da Casetta di Tiara

riparo per i due amanti folli d’amore

 

ricordo la luce dei versi

seguo il moto di vaghe figure

 

ora bandiere su infiniti torrioni

ora vele gonfie del respiro del mare.

 

 

                                                                                     4 ottobre 2004


        

                                 Il cortile

 

Il cortile è un pozzo profondo

cinquanta finestre assiepate

vicine gomito a gomito,

in basso il nero del fondo

in alto uno spicchio di luna.

Le luci si spengono

una lavatrice sferraglia

l’ultimo risciacquo.

 

Il cortile ha il lungo respiro

della gente che dorme,

dalle finestre evaporano i sogni

s’incontrano sul fondo

in una danza incessante,

sento il pianto dei bimbi,

voci e grida d’amore.

 

Il cortile centrifuga i giorni

stagioni vicine e lontane,

la memoria dei volti.

Un vortice alle luci dell’alba

disperde sogni e ricordi

nell’aria rossa della città.

I gatti sulle terrazze

si stirano languidi.

 

 

                                                      4 maggio, 2005


 

 

                                                Paesaggio notturno

 

Giallo rosso verde,

il semaforo apre monotono gli occhi.

Scorgo dalla finestra sospesa

il sonno quieto della gente di sempre

staccata ormai dall’azzurro del video

le auto in attesa lungo la strada,

e lontano oltre la fine della via

il fondale della vecchia Firenze,

l’ombra della Torre d’Arnolfo,

l’armonia leggera della Cupola.

 

“S’affoga tutti !”, grida la voce

al di là della strada e l’eco

risuona lontano: “Tutti ….”

 

Verde giallo rosso,

fra la massa dei nuovi palazzi

frammenti di colline vegliate

dalla figura distesa del Forte

e campanili su borghi raccolti.

Il bagliore diffuso di mille luci

si alza dalla striscia nera d’asfalto

fino alla volta del cielo.

Le stelle circondano fioche

una falce di luna.

 

“S’affoga tutti !”, grida la voce

al di là della strada e l’eco

risuona lontano: “Tutti …”

 

Rosso verde giallo,

l’immenso bus verde si ferma

solo un negro seduto in vetrina,

riparte  i motori rombanti,

l’auto di due innamorati sosta

in attesa dell’ultimo abbraccio,

l’omino nero, la bici per mano,

controlla  lento i negozi serrati,

una musica ritmata si alza

da una macchina in corsa,

sette ragazze camminano

felici fra canti e scoppi di risa.

 

“S’affoga tutti !”, grida la voce

al di là della strada e l’eco

risuona lontano: “Tutti …”

 

                                    

 

                                        4 novembre  2004,

                                        38 anni dall’alluvione di Firenze

 

 

 

                                Ponte Rosso

 

Sfoglio i colori di Firenze,

sull’argine la brina d’argento,

mi segue lo scrocchiare

delle foglie secche d’autunno,

in basso cantano le acque

del Mugnone dimora un tempo

di figure d’antiche novelle,

ora di topi e pesci errabondi.

 

                                Nell’ombra sotto il ponte

figure umane fra giacigli

gonfi di coperte, fili di panni

ad asciugare. Dalla penombra

il ragazzo risale l’argine,

le scarpe lucenti, la giacca

di pelle nera, trionfante

s’immerge nella città.

                                  

 

 

                                    8 novembre 2005

 

 


                        Dal ponte da’ Verrazzano

 

Sfoglio la notte

di Firenze.

 

Sul tappeto di vecchi

cartoni l’uomo

in ginocchio celebra

il rito della droga

sul greto, presso

l’arco del ponte

nella luce muta

degli alti fanali.

 

L’Arno in piena

urla in un rombo

assordante, in corsa

alle rive di pietra

della città raccolta

nel sonno.

 

L’eco dell’urlo

risuona nei sogni

della mia notte.

 

                                    28 novembre 2005

 

 


 

                                   Sulla via Francigena

 

La mattina frizzante si scioglie

nel tepore terso del sole,

mi segue il gruppo d’amici

disteso in un’allegra rete

di lievi parole, per la via

antica dei pellegrini che sale

su leggere colline ondulate

a San Miniato, serpeggiante

di case e di torri sul crinale

di fronte. La strada bianca

è un balcone sospeso

sul cuore antico della Toscana,

nel paesaggio circondato

dall’azzurro lontano dei monti,

è un ponte sospeso

fra passato e futuro, la pieve

appartata di Coiano, delicata

corolla di rossi mattoni,

la Torre imperiale di Federico,

la finestra aperta della “Notte

di San Lorenzo”, illuminata

dalle stelle cadenti, dove

si rinnova il racconto di genti

in cerca della libertà.

 

                              8 dicembre 2005

 



 

 

 

Esercizi

 

 

 

Una bianca risata

 

Spuma

di mille gocce

in un’onda lunga,

luce

di cento riflessi

in un raggio disteso

vento

di infiniti respiri

in un vortice perenne

suono

di lunghi rumori

in un’eco che si allontana

pensiero

di antichi sogni

in una bianca risata.

 

 

                1 febbraio 2001


 

 

 

                                             Movimento

 

Ritorno a ritrovarmi

nel nocciolo

che rimbalza qua là

non so dove.

 

Ricerco la ricerca

di un motivo

che risuoni dentro fuori

nel tempo indefinibile.

 

Sogno di sognare

un respiro

che si espande

in giro in giro.

 

Rotola la ruota

sull’asse

in perenne moto

 

consuma il mio io

naufrago.

 

 

                                      22 luglio 2001

 


 R i t m o

 

Gli occhi all’orchestra,

il gioco si avvia,

accordi di chitarra

si distendono agili,

rispondono lampi di luce

si agitano le maracas

fa il suo ingresso la tromba

il sassofono si allarga

la batteria prende il comando

 

ritmo ritmo ritmo

 

siamo in un vortice rosso

rosso bianco e blu .

 

Balla Giovanna

balla Giovanna.

 

Nel cerchio magico

disegni i tuoi passi,

le luci ti vestono di strisce

sprizzi stelle d’argento

appese a fili d’amore.

Il movimento è in crescendo

gira intorno la pista,

sei regina al centro del mondo.

 

L’orchestra per poco respira,

riprende poi l’incontro

di ritmo e di luci.

Le note si fanno più lunghe

gli strumenti si affannano

per il suono più alto.

 

Balla Giovanna

balla Giovanna,

non smettere mai.

 

                             5 dicembre 2005

 

 

            Il ritorno d’Ulisse

 

Ogni sera Ulisse

ritorna ad Itaca.

 

L’alba sorprende

il volo dell’eroe

le armi impugnate

il computer per scudo

il telefono in mano

altri cento achei

infossati nelle verdi poltrone.

Fuori su nubi dorate

sorridono benigni gli dei.

 

Sulla terra in basso

le lunghe ombre

cedono il passo alla luce

evaporano dal mare

i brividi della notte,

le strade vomitano

macchine nervose.

 

Alla sera voci allarmate

Parlano di dei adirati,

le saette pronte a colpire

monti e città.

Sulle piste d’asfalto

la flotta achea  attende

per ore il decollo

le truppe ammassate

nelle piccole navi.

 

Infine il gran balzo

nella notte di pece

le navi inghiottite

da gravide nubi di pioggia.

Il porto d’Itaca è chiuso

per la furia dei venti,

oltre i monti l’aereo

trova riparo.

Colonne di bus riportano

ad Itaca le truppe disfatte

per le fradice strade montane.

 

L’eroe raggiunge

la reggia nel sonno.

Gli odiati Proci

hanno lasciato

da tempo le stanze

Penelope dorme seccata

Arturo saluta il ritorno

la lunga coda alzata.

L’eroe guarda la posta,

dispone in ordine le armi

si distende sul letto

pronto al  risveglio vicino.

 

Ogni sera Ulisse

ritorna ad Itaca.

                  

 

                            14 novembre 2004


 

Note

 

Si riportano alcune informazioni per quanti fossero interessati a conoscere più da vicino alcuni dei luoghi citati.

Uno dei riferimenti riguarda la via Francigena nel tratto da Castelfiorentino a San Miniato (“In cammino sulla via Francigena”), fra le province di Firenze e di Pisa. I punti di partenza e d’arrivo sono raggiungibili con i mezzi pubblici e il percorso è segnato da cartelli, in maniera chiara. Una delle suggestioni che anima la poesia è la storia raccontata dai fratelli Taviani nel film “La notte di San Lorenzo”.

L’altra parte considerata della storica via dei pellegrini, è quella fra San Gimignano e Monteriggioni, in provincia di Siena (San Gimignano). Questo tratto della via Francigena, come il precedente, è facilmente accessibile. Uno dei riferimenti nel componimento, riguarda l’amore che Mario Luzi manifesta nelle poesie per la sua terra d’origine.

La Valle dell’Inferno (Val d’Inferno, Dino e Sibilla) è una gola profonda scavata dal fiume Santerno nell’Appennino fra la Toscana e la Romagna. Si raggiunge dalla strada che congiunge Firenze a Firenzuola, con una breve deviazione, dopo il Passo del Giogo, verso l’Abbazia di Moscheta. In alto ai margini della Valle, si trova Casetta di Tiara, quattro case sperdute nel verde dei castagni, dove si fermarono Sibilla Aleramo e Dino Campana all’inizio di “un viaggio chiamato amore”.

Un percorso affascinante è quello dal centro di Firenze all’Impruneta (Presenze), da farsi a piedi, in quasi quattro ore - con una cartina dei dintorni alla mano – seguendo la strada percorsa una volta per trasportare i prodotti di terracotta in città (la via dei “catinai”). La direzione da seguire è quella dal Ponte Vecchio verso Porta San Giorgio, Pian dei Giullari, l’Erta dei Catinai, San Gersolè, per prendere poi la via Imprunetana. Si cammina in un paesaggio straordinario, unico, “abitato” da personaggi storici.

Per l’isola d’Elba (L’isola) compare un accenno all’esilio di Napoleone e alla “reggia estiva”, sotto le stelle, vicino al Santuario della Madonna del Monte, dove l’Imperatore fu raggiunto da Maria Walewska. Il luogo si raggiunge per un sentiero fra i pini, in un’ora di cammino partendo da Marciana. Nelle giornate serene si abbraccia un vasto tratto di mare, fino alla Corsica e alle coste della Toscana e della Liguria.

Il viaggio più lontano riguarda Marsa Alam, in Egitto, sulle rive del Mar Rosso (Marsa Alam, paesaggi d’oriente). Il componimento si sofferma sugli abituali momenti della vacanza in questa località, la vita del villaggio turistico, la visita al paese vicino, Al Quaesir, le escursioni a Tebe e nel deserto, accompagnati dalla scorta armata.

Un osservatorio speciale è rappresentato, infine, dalla casa dell’autore, a Firenze, posta fra i viali e la ferrovia. Riguardo a questa vicinanza alla linea ferroviaria, è da dire che il rumore del treno accompagna alcuni componimenti (I treni vagano, Spaesamento, Frammento).


          L’autore

 

E’ stato funzionario della Regione Toscana presso il Consiglio e, nel campo delle politiche culturali, presso la Giunta regionale. Appassionato dell’arte e della cultura dei nostri tempi, ha approfondito l’interesse per la poesia negli ultimi anni.

Ha curato pubblicazioni sui temi dell’educazione e della vita delle città (“Cibernetica e città del futuro”, in “Città e anticittà” a cura di Giovanni Michelucci, 1971).

E’ fra i redattori della rivista fiorentina Testimonianze, fondata da Ernesto Balducci, per la quale ha scritto alcuni articoli: sul tema della poesia “Dino Campana, un viaggio chiamato amore” (2004) e “Mario Luzi, la tensione verso la semplicità” (2005; sul viaggio, seguendo lo sguardo del poeta, ha registrato alcune impressioni: “Il paesaggio fra poesia e memoria” (2002).

Sviluppando l’interesse per il tema del paesaggio, ha partecipato alla realizzazione della guida: “Sulle tracce di Napoleone. Percorsi e luoghi nelle terre della costa toscana” (2005).

E’ impegnato in progetti per la valorizzazione del patrimonio culturale ed ambientale. Ultimamente con il progetto Terre d’Impruneta ha partecipato alla realizzazione di percorsi dedicati al tema del “cotto”, del “sacro” e al “paesaggio dell’olio e del vino”.

Per l’associazione Auser-Onlus, che opera nel settore del volontariato, ha curato la realizzazione della Festa La città che apprende, una manifestazione nazionale, giunta alla terza edizione, di animazione nel campo della cultura e dell’educazione degli adulti.

E’ socio accompagnatore di Trekking-Italia e guida escursioni sulle colline di Firenze e in lontani Paesi.


 

Indice

    

     Presentazione

         

           Parole

1.     Amo le parole

2.     Il rito

3.     Frammenti di sogni

4.     Amici

5.     Malinconia

6.     Argilla

7.     Amico che sei nell’ombra

8.     Il teatro è silenzio

9.     La mia imperatrice

10. Parole di follia

11. Coltivi amore

12. L’annuncio

13. L’arrivo di Marta

14. Marta ha venti giorni

15. Regali sorrisi

 

          Paesaggi

16. Saint Moritz Bad

17. Frammento

18. Presenze

19. Appunti di viaggio

20. Un nastro d’argento

21. Pesci innamorati

22. L’isola

23. I treni vagano

24. Spaesamento

25. Segreti d’estate

26. Marsa Alam, paesaggi d’oriente

27. San Gimignano

28. Forte dei Marmi

29. L’omino in bici

30. Val d’Inferno, Dino e Sibilla

31. Il cortile

32. Paesaggio notturno

33. Ponte Rosso

34. Dal ponte da’ Verrazzano

35. Sulla via Francigena

 

 

          Esercizi

36. Una bianca risata

37. Movimento

38. Ritmo

  1. Il ritorno di Ulisse

 

1 commento:

  1. Roberto Mosi "Parole e paesaggi" - Commento di Ladolfi e Guidi: "Quindi il gioco, all’inizio leggero e svagato, con le parole diventa a poco a poco essenziale e testimonia una vocazione poetica non improvvisata, bensì nata da una lunga e feconda metabolizzazione da letture e studi condotti nell’intero arco della vita".

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