venerdì 2 agosto 2024

R. Mosi, "Gulf of Baratti. Poetry and mysteries", E-book - A musical crescendo dedicated to Baratti and Populonia: I) Song and enchantment of the Etruscan sea, II) Concerto for the Gulf, III) Symphony for Populonia


 R. Mosi, "Golfo di Baratti. Poesia e misteri", E-book - Un crescendo musicale dedicato a Baratti e a Populonia: I) Canto e incanto del mare degli Etruschi, II) Concerto per il Golfo, III) Sinfonia per
 Populonia

R. Mosi, "Gulf of Baratti. Poetry and mysteries", E-book - A musical crescendo dedicated to Baratti and Populonia: I) Song and enchantment of the Etruscan sea, II) Concerto for the Gulf, III) Symphony for Populonia

                                                                        Golfo di Baratti  LINK


Golfo di Baratti

Poesia e misteri

 

Roberto Mosi

 

Il Foglio Letterario

E-book - Piombino 2020

 

Poesia e misteri

 

Un crescendo musicale con questo componimento poetico, dedicato al Golfo di Baratti e all’antica città di Populonia, in tre passaggi:

- Canto e incanto del mare degli Etruschi

- Concerto per il Golfo di Baratti

- Sinfonia per Populonia.

             Nel VI secolo a.C. Populonia visse il suo periodo di massimo splendore, arrivando ad ospitare molte migliaia di abitanti, con un'acropoli, una necropoli, diversi quartieri portuali ed industriali (presso la marina, sul golfo di Baratti), munita di un'imponente cinta muraria. L'acropoli e l'abitato erano difesi da una prima cinta, mentre una seconda cinta era a protezione dei quartieri industriali situati presso il porto; questi si erano estesi al di sopra delle necropoli più antiche, lasciando una notevole quantità di scorie di ferro residuate dall'attività metallurgica.

     Sono appunto queste ultime tracce materiali che noi oggi rinveniamo di continuo sulle in-cantevoli spiagge dei nostri soggiorni al mare, residui impalpabili che luccicano come lamine d’oro al sole e appaiono fra i componimenti poetici della presente raccolta (Il vulcano, Fonte di San Cerbone).  Presenze costanti sono, poi, i ritrovamenti archeologici e il fascino dei luoghi in cui sono avvenuti, che in-cantano come la voce delle sirene (L’anfora di Antiochia, La fonte del Pozzino, Lo schiavo). 

     Al centro della scoperta del mondo etrusco, vi è naturalmente l’olimpo delle sue divinità e dei miti (Tagete, Turan dea dell’amore, Tular Dardanium, Il navicello), l’arte e la sapienza dei sacerdoti (I fulmini degli dei, L’aruspice). In questo paesaggio storico e mitico, risalta la figura della donna etrusca (Velia), presente nella vita pubblica e privata, al pari dell’uomo, disprezzata, come è noto, da autori greci e latini, per i quali era inconcepibile la sua libertà, fuori luogo il suo comportamento.

     Un momento importante è rappresentato dalle invasioni barbariche (Barbari), dal rovinare dell’imponente città etrusca – e poi romana -  di Populonia.  Rutilio Namaziano, nel viaggio per mare che lo porterà da Roma a Narbona, dalla nave ancorata nel golfo di Baratti (anno 415) scorge le rovine della città, ne rimane colpito e ne dà conto nel poema De reditu (v. 413-414):

          Non indigniamoci che i corpi mortali si disgreghino:

          ecco che possono anche le città morire.

     Seguiranno i tempi delle invasioni dei Goti e dei Longobardi e l’emergere della figura di San Cerbone, vescovo di questa terra.  Recenti ricerche archeologiche per individuare i resti della tomba del santo e della cattedrale sulle rive del golfo di Baratti, hanno fatto emergere,  presso l’attuale chiesetta di San Cerbone, un cimitero medievale con oltre trecento sepolcri: fra questi, due con i resti di due donne: l’una “segnata” da un sacchetto di diciassette dadi, gioco del diavolo, da osteria, infamante per una donna, forse messo nella tomba per indicare il mestiere di meretrice; l’altra, forse una strega, segnata da una serie di chiodi ricurvi nella bocca e da altri chiodi che la trafiggevano, per fissare corpo e spirito al terreno (La strega, Diciassette dadi). Una scoperta dunque che ci riporta a un’epoca denotata, per noi, da misteri, da riti magici e da una marginalizzazione della donna.

Significativo l’incontro con la figura di Napoleone, relegato dalle maggiori potenze europee, dopo la sua avventura da imperatore, alla vicina isola d’Elba, come re di un minuscolo regno. Una composizione poetica della Raccolta (Elba) evoca questa epoca e, in particolare, l’incontro con Maria Walewska nella “reggia sotto le stelle”, nell’accampamento alzato presso la Madonna del Monte, sopra il paese di Marciana. Questa parte del libro termina con la poesia Dalla loggia, un’intensa visione notturna ispirata dal mondo degli affetti dell’autore e dall’atmosfera del mondo etrusco che ancora si respira nelle nostre terre.

La vicinanza, infine, al mondo della musica, specie nelle parti del “Concerto per Baratti” e “Sinfonia per Populonia”. A questo riguardo, il compianto amico Giuseppe Panella scrisse: «La poesia gioca con alcune forme del mondo della musica, ne riprende tratti, impronte. È abbandonata la fisionomia consueta della forma-libro, orientata, di solito, in una determinata, unica direzione, per seguire il movimento delle composizioni musicali in andamenti plurali, ascendenti e discendenti. Questa opera pone attenzione alle istanze della musica nella struttura sinfonica per movimenti e a quelle poetiche nello svolgersi delle evocazioni che generano immagini. Insieme le due istanze producono emozioni che si rincorrono nel flusso della coscienza, di frammenti di memoria. E nella sinfonia – come nel concerto – è composizione di abbandoni e riprese, dove un tema è introdotto, poi sviluppato, poi accantonato, poi variato e organizzato in discorso» (G. Panella, Introduzione a: R. Mosi, Concerto, Gazebo Libri).

La prova è dunque con un linguaggio, quello della musica, in cui i livelli tonali si susseguono in una ricerca di armonia finale e in cui ogni elemento si ricompone alla fine dell’esecuzione e si ritrova nella sua particolare dimensione autonoma per cui è nata, pur mantenendo la sua posizione all’interno del tutto. I quattro movimenti della Sinfonia, allora, dedicati alle quattro stagioni (seguendo una tradizione ben definita nella storia della musica), alternano ricostruzioni delle vicende di attualità a momenti di vita familiare, intercettano segni orribili di inciviltà persistente (come il razzismo che i terribili fatti hanno mostrato come ancora prevalenti nella in-cultura della penisola) ma si apre a moti di speranza per il futuro delle generazioni che verranno.

Rimaniamo, dunque, ancora sulle in-cantevoli spiagge del Golfo di Baratti in ascolto di questa musica.


 

 

Canto e incanto

del mare degli Etruschi 

 

 

Turan dea dell’amore

 

 

La primavera sta per aprire

il suo mantello di fiori,

Marta e Anna sono

padrone della spiaggia.

 

Marta compone un tappeto

di ciottoli, pezzi di rossi

mattoni, di neri rosticci

dai forni di fusione.

 

Anna con una canna

scrive sulla sabbia

bagnata le ultime

parole che ha imparato.

 

Lancio, felice, nell’acqua

sassi piatti, levigati

dal mare, alla ricerca

di un tiro da cinque rimbalzi.

 

Nell’aria la presenza

di Turan, la dea etrusca

dell’amore, della rinascita.

 

 

Il vulcano

 

 

Il vulcano sprigiona fuoco,

fumo solenne sulla spiaggia.

Il gioco di questa mattina.

Le onde lo circondano,

a tratti, lo lasciano libero.

Alimentiamo il fuoco

con i legni raccolti in pineta.

 

Si rinnova l’arte degli Etruschi:

i forni fusori per fondere la pirite

dell’Elba e sulla sabbia ai nostri

piedi brillano al sole la polvere

di ferro, i pezzi di argilla rossa,

i frammenti della storia.

 

Un’onda travolge il vulcano,

il gioco di questa mattina.

 

 

 

Febo

 

 

La spiaggia è un anfiteatro, gli spettatori

in attesa dello spettacolo di ogni sera,

 

l’acqua pulsa di luci multicolori, scomposte

dagli ultimi raggi del sole al tramonto

 

oltre la punta del promontorio, intorno

le braccia aperte del golfo, verdi di pinete.

 

Mi lascio andare alle onde, il fresco

dell’acqua accarezza il mio nuoto leggero.

 

Sotto di me l’oscurità, le creature del mare

vivono già il mistero della notte.

 

Davanti la luce, il trionfo di Febo, l’idea

della bellezza a portata di mano.

 

Nuoto nell’ultimo chiarore della sera

per raggiungere Febo, sorgente di luce.

 

 

Buca delle Fate

 

Un canto si alza dalle acque,

volti sorridenti appaiono

fra le onde e scompaiono.

Il girotondo dei cavallucci

di mare, il corteo saltellante

del gioco dei delfini.

 

Immobile il mare, solo

l’eco delle leggende.

Vortici improvvisi

travolgono i pescatori,

li trascinano in antri

rischiarati da meduse

 

fosforescenti: giardini

fantastici di alghe, coralli

e conchiglie dove giocano

le sirene. Un incanto

che fa prigionieri. Stiamo

lontani dalla Buca delle Fate!



 
Fonte del Pozzino

Sulla rotta  Rodi - Marsiglia

 

 

L’acqua cade sulla pietra.

Un rivolo per la spiaggia,

nera di sassi, raggiunge

il mormorio del mare.

 

Tra il fasciame del relitto

coppe di vetro, di rame,

fiale, anfore, resina e vino.

Rotta Rodi-Marsiglia.

 

Sulla rotta sud-nord

evapora in cielo la scia

dell’aereo, si specchia

             nell’acqua della fonte.



 

L’anfora di Antiochia

 

             

Davanti alla spiaggia

della fonte il pescatore

di Livorno

trovò l’anfora d’argento

di Antiochia.

 

Cibele, Mitra e gli dei

dell’Olimpo, a sbalzo,

invitano all’incontro

con il divino, ai segni

dell’immortalità.

 

Sull’anfora le stagioni,

le parti del mondo:

Dioniso danza

tra Satiro, Arianna,

gli amici di pelli ferine.

 

Musica, coppe di vino,

conquista dell’estasi:

uomini, donne

iniziati ai misteri

al sapore dell’immortalità.

 

Il tempo avvolge

la sfera del rito,

ruota l’anfora, mostra

Amore e Psiche riflessi

nell’acqua della fonte.


 

Velia

 

Vivono nella luce le donne etrusche

libere nella vita della casa, delle città,

senza arrossire allo sguardo dell’uomo. *

 

Veila, Tanaquila, Velia

Ati, Larthia, Ranhita, nomi

incisi sugli specchi di bronzo.

 

Vino, musica, canti per la donna

distesa sul triclinio, accanto

al compagno, sotto lo stesso mantello.

 

Vesti preziose, fibbie d’oro, pettini

d’avorio giunti da terre lontane.

Per virtù, energia, ambizione, scrivere.

 

Vi aspettiamo, sorelle etrusche,

nel nostro secolo, libere da ostacoli,

da violenze, maestre di vita, di libertà.

 

 

* Citazione da Tito Livio



 

Il navicello

       

Al Porticciolo di Marina la sorgente è

conosciuta come la Fonte delle Serpi

in Amore. Sul marmo sopra la fonte

sono scolpite due bisce aggrovigliate.

                                                                     

 

Acqua fangosa. Immagino

fantastiche figure in fuga

dai racconti del mito,

dalle pagine della poesia.

 

Luce calda, riflessi

del mosaico etrusco,

mille tessere di suoni

intrecciati in una melodia.

 

Guizzano naselli e calamari

mormore e gattucci.

Il naufragio al centro. L’onda

travolge il navicello.

 

Intorno la foresta di alghe

i resti di antichi relitti.

Sul marmo due serpi in amore.

Gorgoglia la sorgente, al porto.

 

Il ribollire della risorgiva

scioglie neri ricordi,

scioglie bolle di versi

per le serpi in amore.

 

   

Tagete

 

“Mentre si lavorava la terra, un certo Tagete balzò su all'improvviso e rivolse la parola all'aratore … Tagete aveva l'aspetto di un bambino. Poiché il contadino levò un alto grido, ci fu un accorrere in massa; e, in breve tempo, tutta l'Etruria convenne in quel luogo”                       

                                 M. T. Cicerone, Della Divinazione , L. II, P. 23

 

 Ho sentito un gemito dal trattore.

Dal solco appena scavato,

si sono alzate zolle di terra,

è comparsa una testa ricciuta”,

le parole di Fatima.

 

Occhi di meraviglia intorno,

scattano i flash degli obiettivi,

ronzio di telecamere.

Il bambino ora alza la testa,

sorride e parla, parla!

 

Sono Tagete, figlio di Genio

e di Terra. Sono venuto fra voi

per mostrare i segni del Cielo.”

Racconta. Si allontana poi

fra i solchi, verso Populonia.

 

Nella valle scende il silenzio,

la folla si disperde, pensosa.

Fatima è sola. Si aggiusta

il velo, avvia il trattore,

Massey Ferguson.


 

 

  I fulmini degli dei

 

 

Il sacerdote, salmodiando

preghiere, guida

la processione al tempio.

 

Nelle mani l’antico Libro,

cerca nella volta celeste

quale dio scagli la saetta,

osserva la traiettoria,

il colore del fulmine.

 

Nella violenza della tempesta

legge il volere divino,

interpella gli dei

sulle angosce dell’oggi.

 

Il sacerdote, incerto

sul messaggio, annuncia:

alla prossima tempesta

comprenderemo, forse,

la volontà degli dei.

 

 

L’aruspice

 

 

Ascolto il silenzio

dalla rocca, lontano

da spiagge affollate.

L’aruspice etrusco

segue il volo del falco,

coglie i segni del cielo

La violenza del giorno

è lontana, la città

torna all’antico mistero.

La processione sale

all’altare sulla collina

per il sacrificio. Il sangue

nutre la vita del mito.


 

 

 Lo schiavo

 

 

Bufere d’acqua, di vento.

La follia sconvolge il golfo.

Ferite profonde

alberi abbattuti

radici contorte nell’aria.

Il temporale scioglie

la notte, la melma

dei ruscelli uccide

le creature del mare.

Le frane hanno dissepolto

la città dei morti.

Sepolture scoperte.

Lo schiavo, ancora

la catena al piede.


 

 

Tular Dardanium (Migrare)

Il confine dei Dardani   

 

 

Dardano partì dall’Etruria,

per fondare la città di Troia,

superò ogni confine

sulle rotte del Mediterraneo.

Piantò germogli di vita

fra popoli diversi sul mare,

scenario oggi di morte

dei migranti in fuga

dalla guerra, dalla fame.

L’eroe Dardano guida

ancora oltre i confini

il suo popolo

alla conquista della dignità, 

sul mare in tempesta dell’utopia.

 

 

 

La strega

 

 

Dormiva nel suo sepolcro

catalogato S64 nel corso

degli scavi in riva al mare,

alla Chiesa di San Cerbone.

Dormiva dal milletrecento.

Alta di statura, di media età,

la testa adagiata sulla pietra,

di mestiere, filatrice.

Cinque chiodi, tre ricurvi,

le avevano messo in bocca,

un rito magico, quando

era ancora fra i vivi.

Nove chiodi, inchiodavano

il corpo al terreno. Al cuore,

alle gambe, ai piedi.

Né il corpo né lo spirito

devono tornare fra i vivi.

 

 

Diciassette dadi

 

Scavano intorno alla chiesa

di San Cerbone, posata

sopra la riva del mare.

A ogni stagione i giornali

parlano delle ricerche.

Un sacchetto di pelle

con diciassette dadi

nel sepolcro di una donna,

vicino ai resti della “strega”.

Un segno di disprezzo,

al momento della sepoltura:

i dadi proibiti alle donne,

gioco del diavolo, richiamo

alla vita della taverna.

Il corpo di una prostituta?

La pietà sepolta per sempre.


 

 

Barbari

 

 

Restano solo tracce fra crolli e rovine di muri,

giacciono tetti sepolti in vasti ruderi.

Non indigniamoci che i corpi mortali si disgreghino:

ecco che possono anche le città morire.” 

Rutilio Namaziano “Il Ritorno”, vv. 411- 414

 

 

Dalla nave sotto Populonia

Rutilio scorge ruderi, rovine,           

il crollo delle mura intorno

alle colline, forni spenti

montagne nere di residui.

Il viaggio da Roma lungo

la costa vicino a terre

devastate, senza strade,

ponti, stazioni di posta,

solo immobili acquitrini.

Il sorriso degli dei,

la gloria del passato

lo guida. Ora il presente

devastato dai barbari,

giunti alle porte di Roma.

Le isole vicine, Capraia

la Gorgona, abitate

da quelli che fuggono

la luce, monaci devoti *

al Dio dei cristiani. 

 

Avanti ora verso il futuro,

marinai alla voga. Vada

Pisa, Luni, le terre

delle origini, da ri - costruire

nel nome di Roma,

bellissima regina del mondo. **

 

* “Il Ritorno”, v. 440

** “Il Ritorno”, v. 477


 

 

Elba

 

 

La finestra è aperta

su un velo di stelle, l’isola

profuma di tutti i profumi.

Le onde mormorano alla spiaggia

bianca, la luna invade

il silenzio della camera.

 

All’eremo della Madonna

del Monte, il Corso

attende Maria Walenska

per il loro incontro.

 

Sopra il colle la musica risuona.

I ragazzi in festa aspettano l’alba:

aprirà le braccia sul mare

dalle colline di Populonia.

Che l’alba rallenti il cammino,

che rimanga il profumo della notte.


 

 

Aerei su Populonia

 

 

Due euro e cinquanta

per salire al castello con Anna.

                    Un cartello sugli spalti:

la rocca centro d’avvistamento

per l’arrivo dei bombardieri nemici.

Populonia sulla rotta verso

Firenze: all’erta in quei

giorni sugli spalti, giovani

ciechi, l’orecchio teso,

le mani pronte sul trasmettitore.

Stringo le mani di Anna.

Brividi freddi. Come sarà

stato il mare il 25 settembre

nel terzo anno di guerra,

il giorno delle bombe su Firenze ?

Conosco l’ululare delle sirene

il rumore degli aerei, lo scoppio

delle bombe alla Porta del Prato,

alla stazione del Campo di Marte:

                    le mani strette al panierino, la corsa

                    al rifugio fra le macerie bianche

delle case abbattute.

Invano giovani ciechi avevano

avvertito la città dell’arrivo della morte.


 

 

Dalla loggia

 

 

Dalla loggia sul giardino

assaporo lo stupore

della notte che avvolge

la casa. La linea delle colline

disegna i confini

dell’Acropoli di Populonia. 

La campagna sonora di grilli

si immerge nella Necropoli

tra le tombe abitate

dalle ombre degli Etruschi.                

Lontano si è spenta

la fiamma dell’alto forno.

Nella casa volano via

le favole, le domande

i perché. Le labbra

assaporano il sapore

dei sogni. Si raccoglie

sul fianco un gomitolo

piccino, una soffice piuma.

Poi il silenzio, il respiro

leggero di Anna.

Anna si è intrufolata

nella nostra vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concerto

per il Golfo di Baratti

 

1. La fonte di San Cerbone

                Chi non beve alla fonte di San Cerbone

                      è un ladro o un birbone!

I

La fonte fluisce perenne

l’onda del mare attende

moto sinuoso fluente

assorbe materna la espelle

un parto un nascituro.

 

Il rivolo d’acqua invade

i forni fusori emersi

i ricordi della fusione

i fuochi sempre accesi

di un popolo nero di fumo.

 

Brillano al sole d’argento

gli antichi cumuli fusi

il corpo di nubi di fumo

fino ai resti del porto

per le navi dall’Elba.

 

Rivoli di folla a frotte

giungono da Piombino

incoronata di fiamme

scendono sulla spiaggia

borse di frigo in spalla.

 

A branchi irsuti cinghiali

scendono a notte dal bosco

le setole di lucido argento

grufolano si crogiolano

nell’acqua perenne di fonte.     

 

II

La fonte borbotta ricorda:

“Sgorga l’acqua improvvisa

copre il corpo di Cerbonio

alla vista dei Barbari

dopo il trasporto dall’Elba.”

 

Barbari sulla spiaggia

biondi capelli sciolti

sulle groppe dei cavalli

la campana di Populonia

grida la furia degli invasori.

 

La condanna di Totila 

alla fossa delle belve:

“L’enorme orso l’assalì

si fermò cadde ai piedi

un agnello mansueto.”

 

Bambini costruiscono

castelli di ciottoli neri

sulla spiaggia da abbattere

uno a uno come i racconti

dei padri arrivati dal nord.

 

Barbari biondi nel bunker

mani alla mitragliatrice

sfavilla il mare davanti

cantano le cicale assetate

borbotta pensosa la fonte.

 

 

 III

La fonte canta Flora

l’amore del pescatore:

“La notte di plenilunio

  a maggio portate con voi

mazzi di fiori colorati.”

 

“Gigli bianchi gettate

per la candida pelle

gerbere per l’azzurro

degli occhi, margherite

per i sogni di fanciulla.”

 

Giunse la mattina presto

la brocca sulla testa

porse l’acqua al pescatore

sceso a terra dalla barca

per dissetarsi alla fonte.

 

“Spargete rose rosse

per la fiamma d’amore

violette per l’attesa

non–ti–scordare-di-me

per l’abbraccio delle onde.”

 

Le onde tremule del mare

fasciano il corpo di Flora

formano un cerchio di fiori

una lenta processione

dolce il canto della fonte.

 

 

 

2. La sorgente del Pozzino

Tutti mi dicon Maremma, Maremma,

   ma a me mi pare una Maremma amara.

                                         L'uccello che ci va perde la penna …

I

L’acqua della sorgente cade

sulla pietra vestita d’argento

un rivolo scorre per la spiaggia

di ciottoli neri raggiunge

il mormorio alterno del mare.

 

Tra il fasciame del relitto

coppe di vetro e di rame

fiale profumi e unguenti

anfore resina e vino

rotta Rodi Marsiglia.

 

La spiaggia si adagia stretta

tra scogli e mare aperto

onde lasciano al galoppo

il golfo mostrano spazi

solcati dalle navi nel tempo.

 

Naufrago di un lungo viaggio

sono al centro dello spazio

del tempo senza confine

per amiche la poesia

la voce solitaria del mare.

 

Inseguo nel cielo sulla rotta

nord sud l’evanescente

scia di un aereo d’argento

che si specchia tremolante

nella vasca della sorgente.

 

 

II

Il suono del campanaccio

rompe la voce della sorgente

l’agnellone in festa guida

la processione di cani

pastori pecore e cavalli.

 

Un incessante belare

la vasca punto d’arrivo

di dieci giorni di marcia

crinali valli e pianori

dai monti del Casentino.

 

A fianco della palude

il villaggio di capanne

riparo per nove mesi

recinto di pecore e cavalli

fuochi per il formaggio.

 

Ogni pastore quaranta

pecore per il pascolo

il tempo una gora ferma

solitudine freddo

in attesa del maggio.

 

La clessidra si rovescia

per lo spazio di tre mesi

la solitudine svanisce

a settembre sarà tempo

per il ritorno alla sorgente.


 

III

“Alla spiaggia del Pozzino

il pescatore di Livorno

trovò nelle reti l’Anfora

d’argento di Antiochia”

il mormorio della sorgente.

 

 Cibele Mitra e gli dei

 dell’Olimpo incisi a sbalzo

tornano in vita invitano

all’incontro con il divino

ai segni dell’immortalità.

 

Sul fianco dell’Anfora

i mesi le stagioni le parti

del mondo Dioniso conduce

la danza tra Satiro e Arianna

seguaci dalle pelli ferine.

 

Musica coppe di vino

conquista dell’estasi

uomini partecipano

ai riti iniziati ai misteri

aspirano all’immortalità.

 

Si rompe la linea del tempo

nella circolarità del rito

ruota l’Anfora d’Antiochia

mostra l’incontro di Amore

e Psiche illumina la sorgente. 

 

 

3. La risorgiva delle serpi in  amore

                 Al Porticciolo di Marina la  sorgente conosciuta

                          come la Fonte  delle Serpi in Amore. Sul marmo sopra

            la fonte  sono scolpite due bisce aggrovigliate.

I

Mi tuffo liquido silenzio

bolle d’aria salgono in alto

schiuma bianca mi avvolge

brividi freddi sul corpo

la maschera appannata.

 

Scendo rapido verso il fondo

alla ricerca delle mie origini

un suono batte all’orecchio

dolore forte sempre più forte

ai confini della resistenza.

 

Attraverso acqua fangosa

invasa da fantastiche figure

in fuga dai racconti del mito

dalle pagine delle mie poesie

percorse da mitiche figure.

 

Nuoto nel colore di una luce

calda riflessi del mosaico

delle Logge mille tessere

di pesciversi di suoni

generati da una melodia.

 

Guizzano naselli e calamari

mormore e gattucci granchi

intorno ad un marmo scolpito

due serpi in amore gorgoglia

la voce d’aria della sorgente.

 

 

II

Il naufragio al centro

del mosaico l’onda enorme

travolge la nave romana

intorno la foresta d’alghe

i resti di antichi relitti.

 

Il ribollire della risorgiva

porta ricordi di naufragi

di venti in furia sulle onde

la terra e il mare in tempesta

la bocca di acqua salata.

 

“Non riesce a tornare a galla

a lungo rimane sommerso

lo acciuffano il polmone

d’acciaio sulla spiaggia

la folla della domenica.”

 

“E’ trascinato sul fondo

si libera si aggrappa

allo scoglio le onde giocano

con le sue forze foschia

una fiaccola dal mare.”

 

Si sciolgono neri ricordi

rossi fardelli investiti

dal respiro della morte

da bolle di versi in memoria

delle serpi della sorgente.

 

              

III

Getto i pesi di piombo

risalgo verso l’alto

in traccia del futuro

la luce verde sconfina

nell’azzurro del cielo.

 

L’ombra della sirena

mi segue capelli verdi

pescedonna sfuggente

movimento mutevole

pieno rotondo e fluido.

 

Vertigine dell’ascesa

un danzare incessante

conquista e abbandono

muore parte del passato

nasce parte del domani.

 

L’acqua e l’essere fluido

si trasformano diversi

nel ciclo dell’eterno

il freddo si riscalda

il caldo si raffredda.

 

Non rimarrò lontano

dalla verde sirena

getterò versi ornati

di rose sulla voce

d’aria della sorgente.

  

Sinfonia

per Populonia

 

 

 

I.  Inverno   

 

 

Caos

 

 

Labirinto caos

domato da Dedalo

misura finita circondata

dal mare infinito.

 

Scrosci d’acqua

sciolgono la notte,

Populonia è muta

aggrappata alla costa,

ruscelli di melma

uccidono il mare,

le scorie galleggiano

precipitano sul fondo.

 

A trecento chilometri

il treno per la città.

L’incontro da “Mimì

alla Ferrovia”, gli amici.

Sulla tovaglia tracce

di vino, la città di Gomorra.

Nove cerchi rossi

del nostro Inferno.

 

Al centro il porto

intorno Secondigliano,

Scampia e Forcella,

Torre Annunziata.

“La gente, vermi della terra,

rimangono vermi, sempre”,

la voce d’aspide

della Camorra.

 

 

“Sono cinque giorni

che mangiamo arance

nascosti nell’aranceto.”

La faccia appare

al telegiornale.

Per le strade di Rosarno

la furia della gente,

ronde di bianchi in giro.

 

Seduti nell’ombra

aspirano crack,

fiammelle per la dose,

uomini e donne

di Castel Volturno.

Sopravvissuti alla droga,

la pelle di cenere.

Morti gli altri, senza nome.

 

Osservo l’andare

alla via Domiziana

per prostituirsi,

e il ritorno per la droga.

Chiuderanno gli occhi

tra monti di spazzatura,

sono solo immigrati

e, peggio, neri africani.

 

 

Passione

 

 

Labirinto passione

di Teseo per Arianna

il filo teso

nei rossi meandri.

 

Ogni sera m’affaccio

alla terrazza Mascagni:

i gabbiani guidano

le navi. Alla Meloria

si accende l’occhio rosso.

Si allontana l’ombra

della Moby Prince

per il destino di fuoco.

 

“Aiuto”, l’eco rimbomba,

dilata la paura. Intorno

ossa biancheggianti

infisse nella grotta.

Avanzo a fatica, le onde

padrone del corpo.

Vespero si affaccia,

vedetta, in attesa.    

 

Euridice alla guida

della pala ruotante,

nell’Inferno, l’elmetto

sopra i capelli biondi.

Orfeo implora Ade

di lasciarla partire.

“Alla fine dello scavo,

al passaggio del treno”.

 

 

Brillano gli sguardi

nell’ombra, un fuoco sottile

affiora rapido alla pelle *

“Lasciateci amare

come vogliamo” ha scritto

sul muro della scuola.

La dolce-ridente Saffo

coronata di viole **.

 

* Saffo, fr. 2. (trad. S. Quasimodo)

** Alceo, fr. 63. (trad. S. Quasimodo)

 

Venere, l’impiegata

più bella dell’ufficio,

ha lasciato Efesto,

placido e triste.

Adone il nuovo

compagno. La sera

frusta l’Alfa Romeo

per arrivare da lui.

 

Bolle la pentola

il sogno d’Europa

ballano le fiamme

le streghe agitano il brodo.

Il dito del banchiere

l’occhio di un rom

il sorriso di un nero.

Le vecchie gettano dentro.

 

 

Mito

 

 

Labirinto mito

al centro la vampa

dell’io, in volo

con ali di cera.

 

E’ forse uguale

a un dio l’uomo

senza ombra

che dorme in piedi

alla porta di Populonia?

I ginocchi piegati

la testa in avanti.

      

Ogni notte l’Eroe

raggiunge la reggia.

Penelope dorme stizzita,

Arturo saluta, la coda ritta.

Apre la posta, ordina le armi,

si distende sul letto,

il risveglio vicino.

Ulisse torna sempre a Itaca.

 

Sono giunto alle terre

degli Etruschi. Le navi

passano il Bosforo,

bandiere al vento.

Inseguo Giasone

alla conquista del vello

d’oro, le carovane

sulla via della seta.

 

 

 

Striscio nel bosco,

in mano il pugnale:

il Santuario di Diana,

fra le colonne, al centro,

l’albero dal Ramo d’oro.

Spio i passi del sacerdote,

il vento intona un lugubre,

continuo lamento.

 

Scatto, un serpente.

Il pugnale si abbassa,

una lotta furiosa

per il Ramo d’oro.

Ritorno sui miei passi.

Appendo il Ramo alla porta

di Populonia. La luce

rischiara i nostri tempi.

 

Un gemito. Dal solco

scavato si è alzata

tra le zolle rimosse

la testa di un bambino.

“Sono Tagete, arrivato

tra voi per mostrare

i segni del Cielo.”

E nel silenzio scompare.   


 

 

II.  Primavera

 

 

 

Nascere

 

 

Nella casa avvolta

dalle ombre, risuonino

accordi di chitarra,

i canti riempiano

le stanze, il colloquio

con le ombre diventi

sommesso. La vita

ha generato la vita.

 

Quando sei nata

c’era una falce di luna

sospesa sull’ospedale.

Quando sei nata

il tuo primo viaggio

nella culla condivisa

con un fagottino cinese.

Gli occhi a mandorla.

 

Quando sei nata

sono uscito felice,

il mondo sospeso

ha ritrovato la vita,

i rumori della strada

il loro sordo rumore

i profumi della campagna

il profumo di giugno.

 

 

 

Dieci le tappe

del viaggio nella casa,

dieci i mesi di Marta,

il braccio è la sella,

sprona il vecchio cavallo.

Dieci le tappe

del viaggio nella casa,

dieci i mesi di Marta.

 

Intreccio parole

rubate alla dispensa

delle fate, alla fattoria

di ogni dove, alle canzoni

del lavoro. Rotea i piedi,

mi stringe la mano.

Lontano è lo sguardo,

nel mondo dei sogni.

 

Vola vola l’altalena

fra scrosci di risa.

Piazza d’Azeglio,

granelli di luce

nel cielo degli occhi.

Sento la voce di Radio

Cora, i versi di Luzi,

“Serenata alla piazza”.


 

 

Crescere

 

 

Batte leggero

il cuore dell’orchestra

sulla spiaggia del Golfo

di Baratti, voci alte

occupano il silenzio.

Si allontana il rombo

dei motori. La risacca

gioca con i pensieri. 

 

Siamo maschere,

le mani nella sabbia

coperta a tratti dal mare.

Batte i piedi felice,

sul viso i colori

accesi della spiaggia.

Si abbattono castelli

tra scoppi di risa.

 

Ha scoperto l’ombra,

l’ombra la segue,

alza un braccio, saluta

i riflessi nella sabbia.

Per palcoscenico

la passerella del bagno,

illuminata dal sole.

Marta non è più sola.

 

Villa dei Pinoli,

aghi di pino sul tetto.

Cantano gli uccelli

diretti dalle cornacchie

a ogni ora del giorno.

Muove i primi passi

le braccia aperte

galleggiano nell’aria.

 

 

Dalla terrazza

l’aria del mare,

i traghetti un rollio

lento, lasciano il porto

sfiorano la Piazza.

Marta da principessa

passerà nel Corso

in trionfo sul carrettino.

 

Marta è nel tempo

venti secondi per respirare

venti minuti per urlare

venti giorni per sognare

venti settimane per sorridere

venti mesi per giocare

venti anni per amare

Marta è il nostro tempo. 

 

 

 

Scherzare

 

 

Salpa la nave bianca

per la terra dei ghiacci,

a bordo imbianchini,

gelatai e grasse sorbettiere.

Torna la nave carica,

ghiaccioli e nasi rossi.

Negli occhi il Polo Sud

a strisce e colori.

 

Sessanta le olive

dell’olivo sul balcone

Sessanta olive da spremere

per gli animali della fattoria.

Sei cucchiai per le oche,

il cavallo e l’asinello.

Sei cucchiai per il gallo

e poi non ce n’è più.

 

Vola la forchetta

per New York, l’aereo

passa davanti alla bocca,

chiuso l’aeroporto.

Un colpo di telefono

allo zio Nicola.

La bocca si apre

per mille bocconi.

 

 

 

“Ona,, la bella rificolona!

La mia ha i fiocchi

la tua i pidocchi!”

Sibilano cannucce,

urlano i ragazzi

le batterie pronte.

S’infiamma, un falò,

un tizzone annerito.

 

L’omino della pioggia

accoglie dalla rotonda

le auto in fila indiana.

Ai piedi la valigia

piena d’occhiali rosa

per vedere la città,

i palazzi tutti in fila

galleggiano a mezz’aria.

 

I treni innamorati

s’incontrano a Scarlino.

S’incrociano sui binari,

fischiano, sbattono le ciglia:

è nata una passione.

L’Eurostar dava baci

alla Littorina. Nascerà

presto un trenino,

il gioco per un bambino.

 

 

III. Estate

 

 

 

Fiorire

 

 

Un punto di tenerezza

una sarabanda di luci

un gioco di geometrie

un gattino vorace.

La sezione aurea

dello sguardo dei nonni.

Anna si è intrufolata

nella nostra vita.

 

E’ una piuma in volo

leggera. La stringo

tra le braccia, sento

il battito del cuore.

Le braccia annaspano,

giocano con le emozioni.

Siamo vicini, da lontane

stagioni della vita.

 

La favola continua,

domande condite

di perché. Silenzio.

Si raccoglie sul fianco,

un piccolo gomitolo,

il respiro, un soffio.

Le labbra assaporano

il gusto dei sogni.

 

 

 

 

 

Ci hanno aggredito

le ore della notte

agitata da ombre

dipinte di nero,

abitate dalla paura.

Si dispera nel sonno.

L’impotenza invade

la solitudine della notte.

 

Dalla loggia assaporo

lo stupore del cielo

stellato. La notte

avvolge la casa.

La campagna sonora

è appesa lontano,

all’eterna fiamma, alta

sui fumi dell’acciaieria.

 

La linea delle colline

disegna i confini

dell’Acropoli, si avvolge

nella Rocca di Populonia

solenne sul mare,

s’immerge tra le tombe

abitate dalle ombre

degli Etruschi.

 

Al mattino la voce

delle tortore sul pino,

nel giardino due upupe

a caccia di chiocciole.

Nel cielo gabbiani,

rondini in volo.

Il falco traccia

i confini dell’orizzonte.

 

 

Giocare

 

Il triciclo intreccia

viaggi sul prato.

Anna raggiunge

veloce Milano

riparte per Roma,

la bambola sul seggiolino.

Chiama l’albergo:

“Una camera per quattro!”

 

“Si gioca ancora!”

Siamo nella foresta

il leone che mangia

il lupo, il pompiere

che salva il gattino

sulla cima dell’albero,

il macchinista del treno

ora sobrio, ora brillo.

 

Giochiamo tra le canzoni

sulle onde del mare

che accarezzano

la spiaggia, i castelli

di sabbia costruiti,

abbattuti ogni mattina.

Il sole impigliato

nelle ciocche dei capelli.

 

“Dormite bambini,

la mamma è in ufficio,

vi racconto la storia

di Cappuccetto Rosso     

che va dalla nonna.

Incontra il lupo nel bosco:

“Il dolce nel panierino

è per la nonna malata.”

 

 

 

 

Il suono di un disco

rende ogni ora sonora:

“Bovi, bovi dove andate

tutte le porte son serrate.”

“Siam serrate a chiavistello

con la punta del coltello.”

Parole dove andate

vestite come fate?

 

“Andiam, andiam

a caccia del leon.

Se si sveglia, se si sveglia

lui ci mangia in un boccon.”

Le braccia in avanti

strisciamo sul prato.

Le mani alla bocca,

il fucile vicino.

 

 “Cosa fanno le belle manine?

Battono, battono

e se ne vanno.

Cosa fanno le belle manine?

Girano, girano

e se ne vanno.”

Frullano, passerotti

in volo nella stanza.

 

 

 

Cantare

 

Impazzisce il canto

imperturbabile delle cicale

arroventate dal sole.

Il giardino si alza

dai campi di pomodoro,

solchi di piante

dagli occhi arrossati,

fino alle colline.

 

Canta alle bambole:

“Tanti auguri a te”,

ride, batte le mani.

Sommersa da mille

occhi curiosi,

guarda stupita

le candeline sul dolce.

Piange ora disperata.

     

Cantano i bambini

“Giro giro tondo

come è bello il mondo

tra tanti uccellini.”

Creano un cerchio,

una nube di evviva,

appendono alle nubi

le storie di tanti anni fa.

 

Le acque di Torre Mozza

parlano: “Gaetana

da sola difese la Torre

dall’assalto degli inglesi.

Francesco fu nascosto

dai pirati a Montecristo.

Un cucchiaio lucente

guidò la barca dei fratelli.”

 

 

 

Le acque dello Stellino

parlano del pescecane:

“Mangiò, un boccone,

il palombaro al lavoro

sul fondo del mare.

Emerse una bombola

trafitta dai denti

del Carcarodonte.”

 

Cantano i venti

padroni della casa,

arrivano a raffiche

dalle spiagge vicine,

braccia della tempesta.

Le bambole coperte

fino alla punta del naso

nel tepore del sottoscala.

 

“Vento, portami via con te!”

canto vicino al letto.

“Fischia il vento.”

“Ancora, non smettere mai.”

“Il vento ha buttato

giù la canna, bambina

 fai la nanna

il nonno vuol dormir!”

 

 

 

Partire

 

 

La spiaggia un tappeto

di colori, la storia

di ieri, degli Etruschi:

il rosso dei forni,

l’argento del ferro.

Salutano le braccia

del golfo di Baratti

verdi di antiche pinete.

 

L’agosto porta i viaggi,

il silenzio della casa.

Porta i temporali,

le cantine allagate.

L’agosto porta

il messaggio: Anna

ha visto dalla nave

giocare i delfini.

 

I girasoli circondano

la casa del mare.

Dalla loggia ascolto

il silenzio dei girasoli,

seguono le nostre storie.

Fissano nella memoria

i ricordi dell’estate.

Ondeggiano, salutano. 

 

Dalla Rocca di Populonia,

la magia dell’aruspice:

il vento ha mangiato

ogni nube, si apre

il mare coronato

da lontane montagne.

L’Elba e la Corsica

la costa francese … e oltre.

 

Antichi personaggi

abitano le onde

di questo mare.

L’Imperatore famoso

nacque tra le montagne

azzurre della Corsica.

Conquistò le terre

davanti ai nostri occhi … e oltre.

 

Catturato dai lupi

fu portato all’Elba,

re di un piccolo regno.

Incontrò sui monti Maria,

la Principessa amata.

Fuggì per queste acque

verso l’ultima battaglia,

la prigionia, la morte … e oltre.

 

La lanterna si alza

da Populonia, gonfia

d’aria, di pensieri

per la stagione che verrà.

Raggiunge nel cielo

le altre lanterne,

si confonde tra le ombre

che lievitano dalla terra.



 

 IV.  Autunno 

 

  

Tramonto

 

 

Labirinto antro

del Minotauro

spazi grigi di pietra,

al centro l’Enigma.

 

Ti vesti di parole,

piovono dal canto,

spuntano nel giorno

coriandoli di colore.

Bolle di sapone

si gonfiano.

Scoppiano nell’aria,

riappaiono dal nulla.

 

Lettere piovono

dal cielo, piccole grasse,

lettere suonano

sibilano gracchiano.

Lettere in fila,

i vagoni di un trenino,

conquistano un senso,

diventano parole. 

 

Ti vesti di parole

sempre nuove.

Mi spoglio di parole

sempre nuove,

volano via i nomi

dalla stanza della mente.

Rimane l’ombra

dei vestiti appesi.

 

Se il nome riemerge

è festa, l’incontro,

un amico ritrovato.

Al centro della mente

s’innalza la dimora

raggrinzita dell’Io.

La porta aperta

per l’ultimo volo.      

 

 

 

Memorie 

 

 

Labirinto conoscenza

il filo di Arianna

nelle mani di Teseo,

legame d’amore.

 

Scivolano i ricordi,

la colonia una nave

arenata fra le dune

del mare. Si alza

la torre dell’acqua

sulle chiome dei pini.

Le raffiche del vento

invadono i corridoi.

 

Irrompono i ragazzi,

sono un punto, la testa

rapata sugli occhi celesti,

in mano la valigia

(corredo: costume,

magliette, mutande).

Arriva dal piazzale

il canto dei ragazzi.

 

Bambini scendono

seguendo il maestro,

le braccia nel vento.

Sulla neve le spire di un serpente.

Li seguo dal rifugio,

spariscono tra gli abeti.

Li rivedo in volo, aquiloni

nella luce del tramonto.

 

Vola l’aeroplano,

un foglio di poesia,

un colpo di vento

solleva il muso in alto.

Improvviso l’aeroplano

d’acciaio: “Nonna valigia!”

grido, poi le bombe

squassano il quartiere.

 

 

 

Silenzio

  

 

Labirinto miraggio

il nulla al centro

scomposizione del reale

seduzione dell’invisibile.

 

Ombra della sera

figura d’uomo

allungata nella luce

triste del tramonto,

grappolo d’uva

dimenticato al tralcio

della vite nel tempo

della vendemmia.

 

Ascolto il silenzio

dalla Rocca di Populonia

lontano dalle spiagge,

dai motori delle strade.

L’aruspice segue

il volo del falco,

coglie i segni del cielo

per la nuova stagione. 

 

La violenza del giorno

è lontana, la città cade

nell’antico mistero.

I sacerdoti in processione

salgono all’altare

per il sacrificio.

Nuovo sangue

nutre la vita del mito.

 

Mi lascio andare,

l’acqua accarezza

il nuoto leggero.

Sotto di me le ombre,

le creature del mare.

Sopra di me la luce

di Febo. La bellezza

a portata di mano.



L'Autore

L’autore (1942) vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora con le riviste Testimonianze, L’area di Broca, Semicerchio, Foglio Letterario; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.

A. Poesia -  1. Antologia Poesie 2009-2016, Ladolfi, 2016, prefazione di Giuliano Ladolfi, che comprende le raccolte: - Parole e Paesaggi, Libroitaliano World, 2006; - Nonluoghi, Comune Firenze, 2009; - Aquiloni, Il Foglio, 2010; - Luoghi del Mito, Lieto Colle, 2010; - L’invasione degli storni, Gazebo, 2012; - Concerto, Gazebo, 2013, prefazione di G. Panella; - La vita fa rumore, Teseo 2014, prefazione di G. Panella; 2. Antologia Amo le parole. Poesie 2017-2023, Ladolfi, 2023 che comprende le raccolte: - Eratoterapia, Ladolfi 2017; - Navicello Etrusco, Il Foglio, 2018; - Orfeo in Fonte Santa, Ladolfi, 2019, prefazione di Giuliano Ladolfi; - Sinfonia per San Salvi, Il Foglio, 2020; - Promethéus. Il dono del fuoco, Ladolfi, 2021, prefazione di G. Ladolfi;

B. Narrativa: - Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi, Il Foglio, 2013; - Non oltrepassare la linea gialla, Europa Edizioni, 2014; - Esercizi di volo, Europa Edizioni, 2016; - Ogni sera Dante ritorna a casa, Il Foglio, 2021; - Ogni anno Napoleone ritorna all’isola d’Elba, Il Foglio, 2021. E-book; - Barbari. Dalle Steppe a Florentia alla Porta contra Aquilonem, Masso delle Fate, 2022;  - Antigone, in “Le Sconfinate”, a cura di Nicoletta Manetti, Carmignani, 2022.

C. Saggistica: - Storia della sociologia religiosa, in “Sociologia della religione in Italia”, a cura di Silvano Burgalassi, Edizioni Pastorali, 1967; - La cibernetica e il futuro delle città, in “Città e Anticittà”, a cura di G. Michelucci, Calderini 1971; - Collana volumi (25) “Progetto Luoghi della Fede” Conoscenza, difesa e valorizzazione storico-religioso della Toscana, 1995- 2001, referente per il Servizio Biblioteche, Musei e Attività Culturali; - La festa della città che apprende – Auser, Armando, 2005, a cura di R. Mosi; - Quando mio padre combatteva in Etiopia, in “Testimonianze”, n. 475-476/2011, p. 148-153; - Camminare il paesaggio della poesia. Cento anni dalla nascita di Mario Luzi, Semicerchio, unisi.it, 2014; - Essere ventenni, cinquanta anni fa, in “Testimonianze”, 492/2014, p. 82-85; - Camminando per le strade di Dante, in “Testimonianze”, n. 535/2021, p. 191-196; - Sul valore della Street Art, in “Testimonianze”, n. 535/2021, p. 191-196; - La rivista L’area di Broca su Donne, parità alterità, in “Testimonianze”, n. 541/2022, p. 541/2022; - Quel viaggio in URSS di un intellettuale rabdomante, in “Testimonianze, n. 543/2022, p. 123-125; - L’avventura della scrittura collettiva, in “Testimonianze”, n. 548/2023, p. 144-148.

D. Fotografia, strumenti multimediali e relazioni fra arti visive e poesia: - Le Mostre fotografiche realizzate dall’Autore presso gallerie e il Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, sono illustrate in Firenze, foto grafie (e-book LaRecherche, n. 180/2015); - Officina del Mito: l’autore ha partecipato dal 2016 alla progettazione dell’ Officina e alla realizzazione di mostre, con cadenza periodica, su miti dell’antica Grecia, nell’ambito di un gruppo di artisti presente presso il Circolo “Casa di Dante”.

Cura i BLOG www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it

 

 


Indice

 

Introduzione - Poesia e misteri

Canto e incanto del mare degli Etruschi

     Turan dea dell’amore

       Il vulcano

       Febo

       La Buca delle Fate

       Fonte del Pozzino

       Velia

       Il navicello

       Tagete

       I fulmini degli dei

       L’aruspice

       Lo schiavo

       Tular Dardanum

       La strega

Diciassette dadi

Fonte di San Cerbone

                        Barbari

                        Fonte del Pozzino

                        Elba

                        Dalla loggia

 

Concerto per il golfo di Baratti

     1. La fonte di San Cerbone

       2. La fonte del Pozzino

       3. La risorgiva delle serpi in amore

 

Sinfonia per Populonia

      I.  Inverno

          Caos

           Passione

           Mito

       II.  Primavera

           Nascere

           Crescere

           Scherzare                            

       III.  Estate

            Fiorire

            Giocare

            Cantare

            Partire

       IV.  Autunno

           Tramonto

           Memorie

           Silenzio

 

L’autore


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  1. Indice



    Introduzione - Poesia e misteri

    Canto e incanto del mare degli Etruschi

    Turan dea dell’amore

    Il vulcano

    Febo

    La Buca delle Fate

    Fonte del Pozzino

    Velia

    Il navicello

    Tagete

    I fulmini degli dei

    L’aruspice

    Lo schiavo

    Tular Dardanum

    La strega

    Diciassette dadi

    Fonte di San Cerbone

    Barbari

    Fonte del Pozzino

    Elba

    Dalla loggia



    Concerto per il golfo di Baratti

    1. La fonte di San Cerbone

    2. La fonte del Pozzino

    3. La risorgiva delle serpi in amore



    Sinfonia per Populonia

    I. Inverno

    Caos

    Passione

    Mito

    II. Primavera

    Nascere

    Crescere

    Scherzare

    III. Estate

    Fiorire

    Giocare

    Cantare

    Partire

    IV. Autunno

    Tramonto

    Memorie

    Silenzio

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