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Golfo
di Baratti
Poesia e misteri
Roberto
Mosi
Il Foglio
Letterario
E-book -
Piombino 2020
Poesia e
misteri
Un
crescendo musicale con questo componimento poetico, dedicato al Golfo di
Baratti e all’antica città di Populonia, in tre passaggi:
- Canto e incanto del mare degli Etruschi
- Concerto per il Golfo di
Baratti
- Sinfonia per Populonia.
Nel
VI secolo a.C. Populonia visse il suo periodo di massimo splendore, arrivando
ad ospitare molte migliaia di abitanti, con un'acropoli, una necropoli, diversi
quartieri portuali ed industriali (presso la marina, sul golfo di Baratti),
munita di un'imponente cinta muraria. L'acropoli e l'abitato erano difesi da
una prima cinta, mentre una seconda cinta era a protezione dei quartieri
industriali situati presso il porto; questi si erano estesi al di sopra delle
necropoli più antiche, lasciando una notevole quantità di scorie di ferro
residuate dall'attività metallurgica.
Sono
appunto queste ultime tracce materiali che noi oggi rinveniamo di continuo
sulle in-cantevoli spiagge dei nostri soggiorni al mare, residui impalpabili
che luccicano come lamine d’oro al sole e appaiono fra i componimenti poetici
della presente raccolta (Il vulcano,
Fonte di San Cerbone). Presenze
costanti sono, poi, i ritrovamenti archeologici e il fascino dei luoghi in cui
sono avvenuti, che in-cantano come la voce delle sirene (L’anfora di Antiochia, La fonte del Pozzino, Lo schiavo).
Al
centro della scoperta del mondo etrusco, vi è naturalmente l’olimpo delle sue
divinità e dei miti (Tagete, Turan dea
dell’amore, Tular Dardanium, Il navicello), l’arte e la sapienza dei
sacerdoti (I fulmini degli dei,
L’aruspice). In questo paesaggio storico e mitico, risalta la figura della
donna etrusca (Velia), presente nella
vita pubblica e privata, al pari dell’uomo, disprezzata, come è noto, da autori
greci e latini, per i quali era inconcepibile la sua libertà, fuori luogo il
suo comportamento.
Un
momento importante è rappresentato dalle invasioni barbariche (Barbari), dal rovinare dell’imponente
città etrusca – e poi romana - di
Populonia. Rutilio Namaziano, nel
viaggio per mare che lo porterà da Roma a Narbona, dalla nave ancorata nel golfo
di Baratti (anno 415) scorge le rovine della città, ne rimane colpito e ne dà
conto nel poema De reditu (v.
413-414):
Non indigniamoci che i corpi mortali
si disgreghino:
ecco
che possono anche le città morire.
Seguiranno
i tempi delle invasioni dei Goti e dei Longobardi e l’emergere della figura di
San Cerbone, vescovo di questa terra.
Recenti ricerche archeologiche per individuare i resti della tomba del
santo e della cattedrale sulle rive del golfo di Baratti, hanno fatto
emergere, presso l’attuale chiesetta di
San Cerbone, un cimitero medievale con oltre trecento sepolcri: fra questi, due
con i resti di due donne: l’una “segnata” da un sacchetto di diciassette dadi,
gioco del diavolo, da osteria, infamante per una donna, forse messo nella tomba
per indicare il mestiere di meretrice; l’altra, forse una strega, segnata da
una serie di chiodi ricurvi nella bocca e da altri chiodi che la trafiggevano,
per fissare corpo e spirito al terreno (La
strega, Diciassette dadi). Una scoperta dunque che ci riporta a un’epoca
denotata, per noi, da misteri, da riti magici e da una marginalizzazione della
donna.
Significativo
l’incontro con la figura di Napoleone, relegato dalle maggiori potenze europee,
dopo la sua avventura da imperatore, alla vicina isola d’Elba, come re di un
minuscolo regno. Una composizione poetica della Raccolta (Elba) evoca questa epoca e, in particolare, l’incontro con Maria
Walewska nella “reggia sotto le stelle”, nell’accampamento alzato presso la
Madonna del Monte, sopra il paese di Marciana. Questa parte del libro termina
con la poesia Dalla loggia, un’intensa visione notturna ispirata dal mondo
degli affetti dell’autore e dall’atmosfera del mondo etrusco che ancora si
respira nelle nostre terre.
La
vicinanza, infine, al mondo della musica, specie nelle parti del “Concerto per
Baratti” e “Sinfonia per Populonia”. A questo riguardo, il compianto amico
Giuseppe Panella scrisse: «La poesia gioca con alcune forme del mondo della
musica, ne riprende tratti, impronte. È abbandonata la fisionomia consueta
della forma-libro, orientata, di solito, in una determinata, unica direzione,
per seguire il movimento delle composizioni musicali in andamenti plurali,
ascendenti e discendenti. Questa opera pone attenzione alle istanze della
musica nella struttura sinfonica per movimenti e a quelle poetiche nello
svolgersi delle evocazioni che generano immagini. Insieme le due istanze
producono emozioni che si rincorrono nel flusso della coscienza, di frammenti
di memoria. E nella sinfonia – come nel concerto – è composizione di abbandoni
e riprese, dove un tema è introdotto, poi sviluppato, poi accantonato, poi
variato e organizzato in discorso» (G. Panella, Introduzione a: R. Mosi, Concerto, Gazebo Libri).
La prova
è dunque con un linguaggio, quello della musica, in cui i livelli tonali si
susseguono in una ricerca di armonia finale e in cui ogni elemento si ricompone
alla fine dell’esecuzione e si ritrova nella sua particolare dimensione
autonoma per cui è nata, pur mantenendo la sua posizione all’interno del tutto.
I quattro movimenti della Sinfonia, allora, dedicati alle quattro stagioni
(seguendo una tradizione ben definita nella storia della musica), alternano
ricostruzioni delle vicende di attualità a momenti di vita familiare,
intercettano segni orribili di inciviltà persistente (come il razzismo che i
terribili fatti hanno mostrato come ancora prevalenti nella in-cultura della
penisola) ma si apre a moti di speranza per il futuro delle generazioni che
verranno.
Rimaniamo,
dunque, ancora sulle in-cantevoli spiagge del Golfo di Baratti in ascolto di
questa musica.
Canto e incanto
del mare degli Etruschi
Turan dea dell’amore
La primavera sta per aprire
il suo mantello di fiori,
Marta e Anna sono
padrone della spiaggia.
Marta compone un tappeto
di ciottoli, pezzi di rossi
mattoni, di neri rosticci
dai forni di fusione.
Anna con una canna
scrive sulla sabbia
bagnata le ultime
parole che ha imparato.
Lancio, felice, nell’acqua
sassi piatti, levigati
dal mare, alla ricerca
di un tiro da cinque rimbalzi.
Nell’aria la presenza
di Turan, la dea etrusca
dell’amore, della rinascita.
Il vulcano
Il vulcano sprigiona fuoco,
fumo solenne sulla spiaggia.
Il gioco di questa mattina.
Le onde lo circondano,
a tratti, lo lasciano libero.
Alimentiamo il fuoco
con i legni raccolti in pineta.
Si rinnova l’arte degli Etruschi:
i forni fusori per fondere la pirite
dell’Elba e sulla sabbia ai nostri
piedi brillano al sole la polvere
di ferro, i pezzi di argilla rossa,
i frammenti della storia.
Un’onda travolge il vulcano,
il gioco di questa mattina.
Febo
La spiaggia è un anfiteatro, gli spettatori
in attesa dello spettacolo di ogni sera,
l’acqua pulsa di luci multicolori, scomposte
dagli ultimi raggi del sole al tramonto
oltre la punta del promontorio, intorno
le braccia aperte del golfo, verdi di pinete.
Mi lascio andare alle onde, il fresco
dell’acqua accarezza il mio nuoto leggero.
Sotto di me l’oscurità, le creature del mare
vivono già il mistero della notte.
Davanti la luce, il trionfo di Febo, l’idea
della bellezza a portata di mano.
Nuoto nell’ultimo chiarore della sera
per raggiungere Febo, sorgente di luce.
Buca delle Fate
Un canto si alza dalle acque,
volti sorridenti appaiono
fra le onde e scompaiono.
Il girotondo dei cavallucci
di mare, il corteo saltellante
del gioco dei delfini.
Immobile il mare, solo
l’eco delle leggende.
Vortici improvvisi
travolgono i pescatori,
li trascinano in antri
rischiarati da meduse
fosforescenti: giardini
fantastici di alghe, coralli
e conchiglie dove giocano
le sirene. Un incanto
che fa prigionieri. Stiamo
lontani dalla Buca delle Fate!
Fonte del Pozzino
Sulla rotta Rodi - Marsiglia
L’acqua cade sulla pietra.
Un rivolo per la spiaggia,
nera di sassi, raggiunge
il mormorio del mare.
Tra il fasciame del relitto
coppe di vetro, di rame,
fiale, anfore, resina e vino.
Rotta Rodi-Marsiglia.
Sulla rotta sud-nord
evapora in cielo la scia
dell’aereo, si specchia
nell’acqua della fonte.
L’anfora di Antiochia
Davanti alla spiaggia
della fonte il pescatore
di Livorno
trovò l’anfora d’argento
di Antiochia.
Cibele, Mitra e gli dei
dell’Olimpo, a sbalzo,
invitano all’incontro
con il divino, ai segni
dell’immortalità.
Sull’anfora le stagioni,
le parti del mondo:
Dioniso danza
tra Satiro, Arianna,
gli amici di pelli ferine.
Musica, coppe di vino,
conquista dell’estasi:
uomini, donne
iniziati ai misteri
al sapore dell’immortalità.
Il tempo avvolge
la sfera del rito,
ruota l’anfora, mostra
Amore e Psiche riflessi
nell’acqua della fonte.
Velia
Vivono nella luce le donne etrusche
libere nella vita della casa, delle città,
senza arrossire
allo sguardo dell’uomo. *
Veila, Tanaquila, Velia
Ati, Larthia, Ranhita, nomi
incisi sugli specchi di bronzo.
Vino, musica, canti per la donna
distesa sul triclinio, accanto
al compagno, sotto lo stesso mantello.
Vesti preziose, fibbie d’oro, pettini
d’avorio giunti da terre lontane.
Per virtù, energia, ambizione, scrivere.
Vi aspettiamo, sorelle etrusche,
nel nostro secolo, libere da ostacoli,
da violenze, maestre di vita, di libertà.
* Citazione da Tito Livio
Il navicello
Al Porticciolo di Marina la sorgente
è
conosciuta come la Fonte delle Serpi
in Amore. Sul marmo sopra la fonte
sono scolpite due bisce
aggrovigliate.
Acqua fangosa. Immagino
fantastiche figure in fuga
dai racconti del mito,
dalle pagine della poesia.
Luce calda, riflessi
del mosaico etrusco,
mille tessere di suoni
intrecciati in una melodia.
Guizzano naselli e calamari
mormore e gattucci.
Il naufragio al centro. L’onda
travolge il navicello.
Intorno la foresta di alghe
i resti di antichi relitti.
Sul marmo due serpi in amore.
Gorgoglia la sorgente, al porto.
Il ribollire della risorgiva
scioglie neri ricordi,
scioglie bolle di versi
per le serpi in amore.
Tagete
“Mentre si lavorava la terra, un certo Tagete balzò su
all'improvviso e rivolse la parola all'aratore … Tagete aveva l'aspetto di un
bambino. Poiché il contadino levò un alto grido, ci fu un accorrere in massa;
e, in breve tempo, tutta l'Etruria convenne in quel luogo”
M. T. Cicerone, Della Divinazione , L.
II, P. 23
“Ho
sentito un gemito dal trattore.
Dal solco appena scavato,
si sono alzate zolle di terra,
è comparsa una testa ricciuta”,
le parole di
Fatima.
Occhi di
meraviglia intorno,
scattano i flash
degli obiettivi,
ronzio di
telecamere.
Il bambino
ora alza la testa,
sorride e
parla, parla!
“Sono Tagete, figlio di Genio
e di Terra. Sono venuto fra voi
per mostrare i segni del Cielo.”
Racconta. Si
allontana poi
fra i
solchi, verso Populonia.
Nella valle
scende il silenzio,
la folla si
disperde, pensosa.
Fatima è
sola. Si aggiusta
il velo,
avvia il trattore,
Massey Ferguson.
I fulmini degli dei
Il
sacerdote, salmodiando
preghiere,
guida
la
processione al tempio.
Nelle mani
l’antico Libro,
cerca nella
volta celeste
quale dio
scagli la saetta,
osserva la
traiettoria,
il colore
del fulmine.
Nella
violenza della tempesta
legge il
volere divino,
interpella
gli dei
sulle
angosce dell’oggi.
Il
sacerdote, incerto
sul
messaggio, annuncia:
alla
prossima tempesta
comprenderemo,
forse,
la volontà degli dei.
L’aruspice
Ascolto il
silenzio
dalla rocca,
lontano
da spiagge
affollate.
L’aruspice etrusco
segue il
volo del falco,
coglie i
segni del cielo
La violenza
del giorno
è lontana,
la città
torna
all’antico mistero.
La
processione sale
all’altare
sulla collina
per il
sacrificio. Il sangue
nutre la vita del mito.
Lo schiavo
Bufere
d’acqua, di vento.
La follia
sconvolge il golfo.
Ferite
profonde
alberi
abbattuti
radici
contorte nell’aria.
Il temporale
scioglie
la notte, la
melma
dei ruscelli
uccide
le creature
del mare.
Le frane
hanno dissepolto
la città dei
morti.
Sepolture
scoperte.
Lo schiavo,
ancora
la catena al piede.
Tular
Dardanium (Migrare)
Il confine dei Dardani
Dardano
partì dall’Etruria,
per fondare
la città di Troia,
superò ogni
confine
sulle rotte
del Mediterraneo.
Piantò
germogli di vita
fra popoli
diversi sul mare,
scenario
oggi di morte
dei migranti
in fuga
dalla
guerra, dalla fame.
L’eroe
Dardano guida
ancora oltre
i confini
il suo
popolo
alla
conquista della dignità,
sul mare in tempesta dell’utopia.
La strega
Dormiva nel
suo sepolcro
catalogato
S64 nel corso
degli scavi
in riva al mare,
alla Chiesa
di San Cerbone.
Dormiva dal milletrecento.
Alta di
statura, di media età,
la testa
adagiata sulla pietra,
di mestiere,
filatrice.
Cinque
chiodi, tre ricurvi,
le avevano
messo in bocca,
un rito
magico, quando
era ancora
fra i vivi.
Nove chiodi,
inchiodavano
il corpo al
terreno. Al cuore,
alle gambe,
ai piedi.
Né il corpo
né lo spirito
devono tornare fra i vivi.
Diciassette dadi
Scavano intorno alla chiesa
di San Cerbone, posata
sopra la riva del mare.
A ogni stagione i giornali
parlano delle ricerche.
Un sacchetto di pelle
con diciassette dadi
nel sepolcro di una donna,
vicino ai resti della “strega”.
Un segno di disprezzo,
al momento della sepoltura:
i dadi proibiti alle donne,
gioco del diavolo, richiamo
alla vita della taverna.
Il corpo di una prostituta?
La pietà sepolta per sempre.
Barbari
“Restano solo tracce fra crolli e rovine di muri,
giacciono
tetti sepolti in vasti ruderi.
Non
indigniamoci che i corpi mortali si disgreghino:
ecco che possono anche le città morire.”
Rutilio Namaziano “Il Ritorno”, vv. 411- 414
Dalla nave sotto Populonia
Rutilio scorge ruderi, rovine,
il crollo delle mura intorno
alle colline, forni spenti
montagne nere di residui.
Il viaggio da Roma lungo
la costa vicino a terre
devastate, senza strade,
ponti, stazioni di posta,
solo immobili acquitrini.
Il sorriso degli dei,
la gloria del passato
lo guida. Ora il presente
devastato dai barbari,
giunti alle porte di Roma.
Le isole vicine, Capraia
la Gorgona, abitate
da quelli che fuggono
la luce, monaci devoti *
al Dio dei cristiani.
Avanti ora verso il futuro,
marinai alla voga. Vada
Pisa, Luni, le terre
delle origini, da ri - costruire
nel nome di Roma,
bellissima
regina del mondo. **
* “Il Ritorno”, v. 440
** “Il Ritorno”, v. 477
Elba
La finestra è aperta
su un velo di stelle, l’isola
profuma di tutti i profumi.
Le onde mormorano alla spiaggia
bianca, la luna invade
il silenzio della camera.
All’eremo della Madonna
del Monte, il Corso
attende Maria Walenska
per il loro incontro.
Sopra il colle la musica risuona.
I ragazzi in festa aspettano l’alba:
aprirà le braccia sul mare
dalle colline di Populonia.
Che l’alba rallenti il cammino,
che rimanga il profumo della notte.
Aerei su Populonia
Due euro
e cinquanta
per
salire al castello con Anna.
Un cartello sugli spalti:
la rocca
centro d’avvistamento
per
l’arrivo dei bombardieri nemici.
Populonia
sulla rotta verso
Firenze:
all’erta in quei
giorni
sugli spalti, giovani
ciechi,
l’orecchio teso,
le mani
pronte sul trasmettitore.
Stringo
le mani di Anna.
Brividi
freddi. Come sarà
stato il
mare il 25 settembre
nel
terzo anno di guerra,
il
giorno delle bombe su Firenze ?
Conosco
l’ululare delle sirene
il
rumore degli aerei, lo scoppio
delle
bombe alla Porta del Prato,
alla
stazione del Campo di Marte:
le
mani strette al panierino, la corsa
al rifugio fra le macerie bianche
delle
case abbattute.
Invano giovani
ciechi avevano
avvertito la città dell’arrivo della morte.
Dalla
loggia
Dalla
loggia sul giardino
assaporo
lo stupore
della
notte che avvolge
la casa.
La linea delle colline
disegna
i confini
dell’Acropoli
di Populonia.
La
campagna sonora di grilli
si
immerge nella Necropoli
tra le
tombe abitate
dalle
ombre degli Etruschi.
Lontano
si è spenta
la
fiamma dell’alto forno.
Nella
casa volano via
le
favole, le domande
i
perché. Le labbra
assaporano
il sapore
dei
sogni. Si raccoglie
sul
fianco un gomitolo
piccino,
una soffice piuma.
Poi il
silenzio, il respiro
leggero
di Anna.
Anna si
è intrufolata
nella
nostra vita.
Concerto
per il Golfo di Baratti
1. La
fonte di San Cerbone
Chi
non beve alla fonte di San Cerbone
è un ladro o un birbone!
I
La fonte
fluisce perenne
l’onda
del mare attende
moto
sinuoso fluente
assorbe
materna la espelle
un parto
un nascituro.
Il
rivolo d’acqua invade
i forni
fusori emersi
i
ricordi della fusione
i fuochi
sempre accesi
di un
popolo nero di fumo.
Brillano
al sole d’argento
gli
antichi cumuli fusi
il corpo
di nubi di fumo
fino ai
resti del porto
per le
navi dall’Elba.
Rivoli
di folla a frotte
giungono
da Piombino
incoronata
di fiamme
scendono
sulla spiaggia
borse di
frigo in spalla.
A
branchi irsuti cinghiali
scendono
a notte dal bosco
le
setole di lucido argento
grufolano
si crogiolano
nell’acqua perenne di fonte.
II
La fonte
borbotta ricorda:
“Sgorga
l’acqua improvvisa
copre il
corpo di Cerbonio
alla
vista dei Barbari
dopo il
trasporto dall’Elba.”
Barbari
sulla spiaggia
biondi
capelli sciolti
sulle
groppe dei cavalli
la
campana di Populonia
grida la
furia degli invasori.
La
condanna di Totila
alla
fossa delle belve:
“L’enorme
orso l’assalì
si fermò
cadde ai piedi
un
agnello mansueto.”
Bambini
costruiscono
castelli
di ciottoli neri
sulla
spiaggia da abbattere
uno a
uno come i racconti
dei
padri arrivati dal nord.
Barbari
biondi nel bunker
mani
alla mitragliatrice
sfavilla
il mare davanti
cantano
le cicale assetate
borbotta pensosa la fonte.
III
La fonte
canta Flora
l’amore
del pescatore:
“La
notte di plenilunio
a maggio portate con voi
mazzi di
fiori colorati.”
“Gigli
bianchi gettate
per la
candida pelle
gerbere
per l’azzurro
degli
occhi, margherite
per i
sogni di fanciulla.”
Giunse
la mattina presto
la
brocca sulla testa
porse
l’acqua al pescatore
sceso a
terra dalla barca
per
dissetarsi alla fonte.
“Spargete
rose rosse
per la
fiamma d’amore
violette
per l’attesa
non–ti–scordare-di-me
per
l’abbraccio delle onde.”
Le onde
tremule del mare
fasciano
il corpo di Flora
formano
un cerchio di fiori
una
lenta processione
dolce il
canto della fonte.
2. La
sorgente del Pozzino
Tutti mi dicon Maremma, Maremma,
ma
a me mi pare una Maremma amara.
L'uccello
che ci va perde la penna …
I
L’acqua
della sorgente cade
sulla
pietra vestita d’argento
un
rivolo scorre per la spiaggia
di
ciottoli neri raggiunge
il
mormorio alterno del mare.
Tra il
fasciame del relitto
coppe di
vetro e di rame
fiale
profumi e unguenti
anfore
resina e vino
rotta
Rodi Marsiglia.
La
spiaggia si adagia stretta
tra
scogli e mare aperto
onde
lasciano al galoppo
il golfo
mostrano spazi
solcati
dalle navi nel tempo.
Naufrago
di un lungo viaggio
sono al
centro dello spazio
del
tempo senza confine
per
amiche la poesia
la voce solitaria
del mare.
Inseguo
nel cielo sulla rotta
nord sud
l’evanescente
scia di
un aereo d’argento
che si
specchia tremolante
nella vasca della sorgente.
II
Il suono
del campanaccio
rompe la
voce della sorgente
l’agnellone
in festa guida
la
processione di cani
pastori
pecore e cavalli.
Un
incessante belare
la vasca
punto d’arrivo
di dieci
giorni di marcia
crinali
valli e pianori
dai
monti del Casentino.
A fianco
della palude
il
villaggio di capanne
riparo
per nove mesi
recinto
di pecore e cavalli
fuochi
per il formaggio.
Ogni
pastore quaranta
pecore
per il pascolo
il tempo
una gora ferma
solitudine
freddo
in
attesa del maggio.
La
clessidra si rovescia
per lo
spazio di tre mesi
la
solitudine svanisce
a
settembre sarà tempo
per il
ritorno alla sorgente.
III
“Alla
spiaggia del Pozzino
il
pescatore di Livorno
trovò
nelle reti l’Anfora
d’argento
di Antiochia”
il
mormorio della sorgente.
Cibele Mitra e gli dei
dell’Olimpo incisi a sbalzo
tornano
in vita invitano
all’incontro
con il divino
ai segni
dell’immortalità.
Sul
fianco dell’Anfora
i mesi
le stagioni le parti
del
mondo Dioniso conduce
la danza
tra Satiro e Arianna
seguaci
dalle pelli ferine.
Musica
coppe di vino
conquista
dell’estasi
uomini
partecipano
ai riti
iniziati ai misteri
aspirano
all’immortalità.
Si rompe
la linea del tempo
nella
circolarità del rito
ruota
l’Anfora d’Antiochia
mostra
l’incontro di Amore
e Psiche
illumina la sorgente.
3. La
risorgiva delle serpi in amore
Al Porticciolo di Marina
la sorgente conosciuta
come la Fonte delle Serpi in Amore. Sul marmo sopra
la fonte sono scolpite due bisce
aggrovigliate.
I
Mi tuffo
liquido silenzio
bolle
d’aria salgono in alto
schiuma
bianca mi avvolge
brividi
freddi sul corpo
la
maschera appannata.
Scendo
rapido verso il fondo
alla
ricerca delle mie origini
un suono
batte all’orecchio
dolore
forte sempre più forte
ai
confini della resistenza.
Attraverso
acqua fangosa
invasa
da fantastiche figure
in fuga
dai racconti del mito
dalle
pagine delle mie poesie
percorse
da mitiche figure.
Nuoto
nel colore di una luce
calda
riflessi del mosaico
delle
Logge mille tessere
di
pesciversi di suoni
generati
da una melodia.
Guizzano
naselli e calamari
mormore
e gattucci granchi
intorno
ad un marmo scolpito
due
serpi in amore gorgoglia
la voce d’aria della sorgente.
II
Il
naufragio al centro
del
mosaico l’onda enorme
travolge
la nave romana
intorno
la foresta d’alghe
i resti
di antichi relitti.
Il
ribollire della risorgiva
porta
ricordi di naufragi
di venti
in furia sulle onde
la terra
e il mare in tempesta
la bocca
di acqua salata.
“Non
riesce a tornare a galla
a lungo
rimane sommerso
lo
acciuffano il polmone
d’acciaio
sulla spiaggia
la folla
della domenica.”
“E’
trascinato sul fondo
si
libera si aggrappa
allo
scoglio le onde giocano
con le
sue forze foschia
una
fiaccola dal mare.”
Si
sciolgono neri ricordi
rossi
fardelli investiti
dal
respiro della morte
da bolle
di versi in memoria
delle
serpi della sorgente.
III
Getto i
pesi di piombo
risalgo
verso l’alto
in
traccia del futuro
la luce
verde sconfina
nell’azzurro
del cielo.
L’ombra
della sirena
mi segue
capelli verdi
pescedonna
sfuggente
movimento
mutevole
pieno
rotondo e fluido.
Vertigine
dell’ascesa
un
danzare incessante
conquista
e abbandono
muore
parte del passato
nasce
parte del domani.
L’acqua
e l’essere fluido
si
trasformano diversi
nel
ciclo dell’eterno
il
freddo si riscalda
il caldo
si raffredda.
Non
rimarrò lontano
dalla
verde sirena
getterò
versi ornati
di rose
sulla voce
d’aria
della sorgente.
Sinfonia
per Populonia
I. Inverno
Caos
Labirinto caos
domato da Dedalo
misura finita circondata
dal mare infinito.
Scrosci d’acqua
sciolgono la notte,
Populonia è muta
aggrappata alla costa,
ruscelli di melma
uccidono il mare,
le scorie galleggiano
precipitano sul fondo.
A trecento chilometri
il treno per la città.
L’incontro da “Mimì
alla Ferrovia”, gli amici.
Sulla tovaglia tracce
di vino, la città di Gomorra.
Nove cerchi rossi
del nostro Inferno.
Al centro il porto
intorno Secondigliano,
Scampia e Forcella,
Torre Annunziata.
“La gente, vermi della terra,
rimangono vermi, sempre”,
la voce d’aspide
della Camorra.
“Sono cinque giorni
che mangiamo arance
nascosti nell’aranceto.”
La faccia appare
al telegiornale.
Per le strade di Rosarno
la furia della gente,
ronde di bianchi in giro.
Seduti nell’ombra
aspirano crack,
fiammelle per la dose,
uomini e donne
di Castel Volturno.
Sopravvissuti alla droga,
la pelle di cenere.
Morti gli altri, senza nome.
Osservo l’andare
alla via Domiziana
per prostituirsi,
e il ritorno per la droga.
Chiuderanno gli occhi
tra monti di spazzatura,
sono solo immigrati
e, peggio, neri africani.
Passione
Labirinto passione
di Teseo per Arianna
il filo teso
nei rossi meandri.
Ogni sera m’affaccio
alla terrazza Mascagni:
i gabbiani guidano
le navi. Alla Meloria
si accende l’occhio rosso.
Si allontana l’ombra
della Moby Prince
per il destino di fuoco.
“Aiuto”, l’eco rimbomba,
dilata la paura. Intorno
ossa biancheggianti
infisse nella grotta.
Avanzo a fatica, le onde
padrone del corpo.
Vespero si affaccia,
vedetta, in attesa.
Euridice alla guida
della pala ruotante,
nell’Inferno, l’elmetto
sopra i capelli biondi.
Orfeo implora Ade
di lasciarla partire.
“Alla fine dello scavo,
al passaggio del treno”.
Brillano gli sguardi
nell’ombra, un fuoco sottile
affiora rapido alla pelle *
“Lasciateci amare
come vogliamo” ha scritto
sul muro della scuola.
La dolce-ridente Saffo
coronata di viole **.
* Saffo, fr. 2. (trad. S. Quasimodo)
** Alceo, fr. 63. (trad. S. Quasimodo)
Venere, l’impiegata
più bella dell’ufficio,
ha lasciato Efesto,
placido e triste.
Adone il nuovo
compagno. La sera
frusta l’Alfa Romeo
per arrivare da lui.
Bolle la pentola
il sogno d’Europa
ballano le fiamme
le streghe agitano il brodo.
Il dito del banchiere
l’occhio di un rom
il sorriso di un nero.
Le vecchie gettano dentro.
Mito
Labirinto mito
al centro la vampa
dell’io, in volo
con ali di cera.
E’ forse uguale
a un dio l’uomo
senza ombra
che dorme in piedi
alla porta di Populonia?
I ginocchi piegati
la testa in avanti.
Ogni notte l’Eroe
raggiunge la reggia.
Penelope dorme stizzita,
Arturo saluta, la coda ritta.
Apre la posta, ordina le armi,
si distende sul letto,
il risveglio vicino.
Ulisse torna sempre a Itaca.
Sono giunto alle terre
degli Etruschi. Le navi
passano il Bosforo,
bandiere al vento.
Inseguo Giasone
alla conquista del vello
d’oro, le carovane
sulla via della seta.
Striscio nel bosco,
in mano il pugnale:
il Santuario di Diana,
fra le colonne, al centro,
l’albero dal Ramo d’oro.
Spio i passi del sacerdote,
il vento intona un lugubre,
continuo lamento.
Scatto, un serpente.
Il pugnale si abbassa,
una lotta furiosa
per il Ramo d’oro.
Ritorno sui miei passi.
Appendo il Ramo alla porta
di Populonia. La luce
rischiara i nostri tempi.
Un gemito. Dal solco
scavato si è alzata
tra le zolle rimosse
la testa di un bambino.
“Sono Tagete, arrivato
tra voi per mostrare
i segni del Cielo.”
E nel silenzio scompare.
II. Primavera
Nascere
Nella casa avvolta
dalle ombre, risuonino
accordi di chitarra,
i canti riempiano
le stanze, il colloquio
con le ombre diventi
sommesso. La vita
ha generato la vita.
Quando sei nata
c’era una falce di luna
sospesa sull’ospedale.
Quando sei nata
il tuo primo viaggio
nella culla condivisa
con un fagottino cinese.
Gli occhi a mandorla.
Quando sei nata
sono uscito felice,
il mondo sospeso
ha ritrovato la vita,
i rumori della strada
il loro sordo rumore
i profumi della campagna
il profumo di giugno.
Dieci le tappe
del viaggio nella casa,
dieci i mesi di Marta,
il braccio è la sella,
sprona il vecchio cavallo.
Dieci le tappe
del viaggio nella casa,
dieci i mesi di Marta.
Intreccio parole
rubate alla dispensa
delle fate, alla fattoria
di ogni dove, alle canzoni
del lavoro. Rotea i piedi,
mi stringe la mano.
Lontano è lo sguardo,
nel mondo dei sogni.
Vola vola l’altalena
fra scrosci di risa.
Piazza d’Azeglio,
granelli di luce
nel cielo degli occhi.
Sento la voce di Radio
Cora, i versi di Luzi,
“Serenata alla piazza”.
Crescere
Batte leggero
il cuore dell’orchestra
sulla spiaggia del Golfo
di Baratti, voci alte
occupano il silenzio.
Si allontana il rombo
dei motori. La risacca
gioca con i pensieri.
Siamo maschere,
le mani nella sabbia
coperta a tratti dal mare.
Batte i piedi felice,
sul viso i colori
accesi della spiaggia.
Si abbattono castelli
tra scoppi di risa.
Ha scoperto l’ombra,
l’ombra la segue,
alza un braccio, saluta
i riflessi nella sabbia.
Per palcoscenico
la passerella del bagno,
illuminata dal sole.
Marta non è più sola.
Villa dei Pinoli,
aghi di pino sul tetto.
Cantano gli uccelli
diretti dalle cornacchie
a ogni ora del giorno.
Muove i primi passi
le braccia aperte
galleggiano nell’aria.
Dalla terrazza
l’aria del mare,
i traghetti un rollio
lento, lasciano il porto
sfiorano la Piazza.
Marta da principessa
passerà nel Corso
in trionfo sul carrettino.
Marta è nel tempo
venti secondi per respirare
venti minuti per urlare
venti giorni per sognare
venti settimane per sorridere
venti mesi per giocare
venti anni per amare
Marta è il nostro tempo.
Scherzare
Salpa la nave bianca
per la terra dei ghiacci,
a bordo imbianchini,
gelatai e grasse sorbettiere.
Torna la nave carica,
ghiaccioli e nasi rossi.
Negli occhi il Polo Sud
a strisce e colori.
Sessanta le olive
dell’olivo sul balcone
Sessanta olive da spremere
per gli animali della fattoria.
Sei cucchiai per le oche,
il cavallo e l’asinello.
Sei cucchiai per il gallo
e poi non ce n’è più.
Vola la forchetta
per New York, l’aereo
passa davanti alla bocca,
chiuso l’aeroporto.
Un colpo di telefono
allo zio Nicola.
La bocca si apre
per mille bocconi.
“Ona,, la bella rificolona!
La mia ha i fiocchi
la tua i pidocchi!”
Sibilano cannucce,
urlano i ragazzi
le batterie pronte.
S’infiamma, un falò,
un tizzone annerito.
L’omino della pioggia
accoglie dalla rotonda
le auto in fila indiana.
Ai piedi la valigia
piena d’occhiali rosa
per vedere la città,
i palazzi tutti in fila
galleggiano a mezz’aria.
I treni innamorati
s’incontrano a Scarlino.
S’incrociano sui binari,
fischiano, sbattono le ciglia:
è nata una passione.
L’Eurostar dava baci
alla Littorina. Nascerà
presto un trenino,
il gioco per un bambino.
III. Estate
Fiorire
Un punto di tenerezza
una sarabanda di luci
un gioco di geometrie
un gattino vorace.
La sezione aurea
dello sguardo dei nonni.
Anna si è intrufolata
nella nostra vita.
E’ una piuma in volo
leggera. La stringo
tra le braccia, sento
il battito del cuore.
Le braccia annaspano,
giocano con le emozioni.
Siamo vicini, da lontane
stagioni della vita.
La favola continua,
domande condite
di perché. Silenzio.
Si raccoglie sul fianco,
un piccolo gomitolo,
il respiro, un soffio.
Le labbra assaporano
il gusto dei sogni.
Ci hanno aggredito
le ore della notte
agitata da ombre
dipinte di nero,
abitate dalla paura.
Si dispera nel sonno.
L’impotenza invade
la solitudine della notte.
Dalla loggia assaporo
lo stupore del cielo
stellato. La notte
avvolge la casa.
La campagna sonora
è appesa lontano,
all’eterna fiamma, alta
sui fumi dell’acciaieria.
La linea delle colline
disegna i confini
dell’Acropoli, si avvolge
nella Rocca di Populonia
solenne sul mare,
s’immerge tra le tombe
abitate dalle ombre
degli Etruschi.
Al mattino la voce
delle tortore sul pino,
nel giardino due upupe
a caccia di chiocciole.
Nel cielo gabbiani,
rondini in volo.
Il falco traccia
i confini dell’orizzonte.
Giocare
Il triciclo intreccia
viaggi sul prato.
Anna raggiunge
veloce Milano
riparte per Roma,
la bambola sul seggiolino.
Chiama l’albergo:
“Una camera per quattro!”
“Si gioca ancora!”
Siamo nella foresta
il leone che mangia
il lupo, il pompiere
che salva il gattino
sulla cima dell’albero,
il macchinista del treno
ora sobrio, ora brillo.
Giochiamo tra le canzoni
sulle onde del mare
che accarezzano
la spiaggia, i castelli
di sabbia costruiti,
abbattuti ogni mattina.
Il sole impigliato
nelle ciocche dei capelli.
“Dormite bambini,
la mamma è in ufficio,
vi racconto la storia
di Cappuccetto Rosso
che va dalla nonna.
Incontra il lupo nel bosco:
“Il dolce nel panierino
è per la nonna malata.”
Il suono di un disco
rende ogni ora sonora:
“Bovi, bovi dove andate
tutte le porte son serrate.”
“Siam serrate a chiavistello
con la punta del coltello.”
Parole dove andate
vestite come fate?
“Andiam, andiam
a caccia del leon.
Se si sveglia, se si sveglia
lui ci mangia in un boccon.”
Le braccia in avanti
strisciamo sul prato.
Le mani alla bocca,
il fucile vicino.
“Cosa
fanno le belle manine?
Battono, battono
e se ne vanno.
Cosa fanno le belle manine?
Girano, girano
e se ne vanno.”
Frullano, passerotti
in volo nella stanza.
Cantare
Impazzisce il canto
imperturbabile delle cicale
arroventate dal sole.
Il giardino si alza
dai campi di pomodoro,
solchi di piante
dagli occhi arrossati,
fino alle colline.
Canta alle bambole:
“Tanti auguri a te”,
ride, batte le mani.
Sommersa da mille
occhi curiosi,
guarda stupita
le candeline sul dolce.
Piange ora disperata.
Cantano i bambini
“Giro giro tondo
come è bello il mondo
tra tanti uccellini.”
Creano un cerchio,
una nube di evviva,
appendono alle nubi
le storie di tanti anni fa.
Le acque di Torre Mozza
parlano: “Gaetana
da sola difese la Torre
dall’assalto degli inglesi.
Francesco fu nascosto
dai pirati a Montecristo.
Un cucchiaio lucente
guidò la barca dei fratelli.”
Le acque dello Stellino
parlano del pescecane:
“Mangiò, un boccone,
il palombaro al lavoro
sul fondo del mare.
Emerse una bombola
trafitta dai denti
del Carcarodonte.”
Cantano i venti
padroni della casa,
arrivano a raffiche
dalle spiagge vicine,
braccia della tempesta.
Le bambole coperte
fino alla punta del naso
nel tepore del sottoscala.
“Vento, portami via con te!”
canto vicino al letto.
“Fischia il vento.”
“Ancora, non smettere mai.”
“Il vento ha buttato
giù la canna, bambina
fai la
nanna
il nonno vuol dormir!”
Partire
La spiaggia un tappeto
di colori, la storia
di ieri, degli Etruschi:
il rosso dei forni,
l’argento del ferro.
Salutano le braccia
del golfo di Baratti
verdi di antiche pinete.
L’agosto porta i viaggi,
il silenzio della casa.
Porta i temporali,
le cantine allagate.
L’agosto porta
il messaggio: Anna
ha visto dalla nave
giocare i delfini.
I girasoli circondano
la casa del mare.
Dalla loggia ascolto
il silenzio dei girasoli,
seguono le nostre storie.
Fissano nella memoria
i ricordi dell’estate.
Ondeggiano, salutano.
Dalla Rocca di Populonia,
la magia dell’aruspice:
il vento ha mangiato
ogni nube, si apre
il mare coronato
da lontane montagne.
L’Elba e la Corsica
la costa francese … e oltre.
Antichi personaggi
abitano le onde
di questo mare.
L’Imperatore famoso
nacque tra le montagne
azzurre della Corsica.
Conquistò le terre
davanti ai nostri occhi … e oltre.
Catturato dai lupi
fu portato all’Elba,
re di un piccolo regno.
Incontrò sui monti Maria,
la Principessa amata.
Fuggì per queste acque
verso l’ultima battaglia,
la prigionia, la morte … e oltre.
La lanterna si alza
da Populonia, gonfia
d’aria, di pensieri
per la stagione che verrà.
Raggiunge nel cielo
le altre lanterne,
si confonde tra le ombre
che lievitano dalla terra.
IV. Autunno
Tramonto
Labirinto antro
del Minotauro
spazi grigi di pietra,
al centro l’Enigma.
Ti vesti di parole,
piovono dal canto,
spuntano nel giorno
coriandoli di colore.
Bolle di sapone
si gonfiano.
Scoppiano nell’aria,
riappaiono dal nulla.
Lettere piovono
dal cielo, piccole grasse,
lettere suonano
sibilano gracchiano.
Lettere in fila,
i vagoni di un trenino,
conquistano un senso,
diventano parole.
Ti vesti di parole
sempre nuove.
Mi spoglio di parole
sempre nuove,
volano via i nomi
dalla stanza della mente.
Rimane l’ombra
dei vestiti appesi.
Se il nome riemerge
è festa, l’incontro,
un amico ritrovato.
Al centro della mente
s’innalza la dimora
raggrinzita dell’Io.
La porta aperta
per l’ultimo volo.
Memorie
Labirinto conoscenza
il filo di Arianna
nelle mani di Teseo,
legame d’amore.
Scivolano i ricordi,
la colonia una nave
arenata fra le dune
del mare. Si alza
la torre dell’acqua
sulle chiome dei pini.
Le raffiche del vento
invadono i corridoi.
Irrompono i ragazzi,
sono un punto, la testa
rapata sugli occhi celesti,
in mano la valigia
(corredo: costume,
magliette, mutande).
Arriva dal piazzale
il canto dei ragazzi.
Bambini scendono
seguendo il maestro,
le braccia nel vento.
Sulla neve le spire di un serpente.
Li seguo dal rifugio,
spariscono tra gli abeti.
Li rivedo in volo, aquiloni
nella luce del tramonto.
Vola l’aeroplano,
un foglio di poesia,
un colpo di vento
solleva il muso in alto.
Improvviso l’aeroplano
d’acciaio: “Nonna valigia!”
grido, poi le bombe
squassano il quartiere.
Silenzio
Labirinto miraggio
il nulla al centro
scomposizione del reale
seduzione dell’invisibile.
Ombra della sera
figura d’uomo
allungata nella luce
triste del tramonto,
grappolo d’uva
dimenticato al tralcio
della vite nel tempo
della vendemmia.
Ascolto il silenzio
dalla Rocca di Populonia
lontano dalle spiagge,
dai motori delle strade.
L’aruspice segue
il volo del falco,
coglie i segni del cielo
per la nuova stagione.
La violenza del giorno
è lontana, la città cade
nell’antico mistero.
I sacerdoti in processione
salgono all’altare
per il sacrificio.
Nuovo sangue
nutre la vita del mito.
Mi lascio andare,
l’acqua accarezza
il nuoto leggero.
Sotto di me le ombre,
le creature del mare.
Sopra di me la luce
di Febo. La bellezza
a portata di mano.
L'Autore
L’autore (1942) vive a
Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa
di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora
con le riviste Testimonianze, L’area di Broca, Semicerchio, Foglio
Letterario; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze,
vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.
A. Poesia - 1. Antologia Poesie 2009-2016, Ladolfi,
2016, prefazione di Giuliano Ladolfi, che comprende le raccolte: - Parole e
Paesaggi, Libroitaliano World, 2006; - Nonluoghi, Comune Firenze,
2009; - Aquiloni, Il Foglio, 2010; - Luoghi del Mito, Lieto
Colle, 2010; - L’invasione degli storni, Gazebo, 2012; - Concerto, Gazebo,
2013, prefazione di G. Panella; - La vita fa rumore, Teseo 2014,
prefazione di G. Panella; 2. Antologia Amo le parole. Poesie 2017-2023, Ladolfi,
2023 che comprende le raccolte: - Eratoterapia, Ladolfi 2017; - Navicello
Etrusco, Il Foglio, 2018; - Orfeo in Fonte Santa, Ladolfi, 2019,
prefazione di Giuliano Ladolfi; - Sinfonia per San Salvi, Il Foglio,
2020; - Promethéus. Il dono del fuoco, Ladolfi, 2021, prefazione di G. Ladolfi;
B. Narrativa: - Elisa
Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi, Il
Foglio, 2013; - Non oltrepassare la linea gialla, Europa Edizioni, 2014;
- Esercizi di volo, Europa Edizioni, 2016; - Ogni sera Dante ritorna
a casa, Il Foglio, 2021; - Ogni anno Napoleone ritorna all’isola d’Elba,
Il Foglio, 2021. E-book; - Barbari. Dalle Steppe a Florentia alla Porta
contra Aquilonem, Masso delle Fate, 2022;
- Antigone, in “Le Sconfinate”, a cura di Nicoletta Manetti,
Carmignani, 2022.
C. Saggistica: - Storia
della sociologia religiosa, in “Sociologia della religione in Italia”, a
cura di Silvano Burgalassi, Edizioni Pastorali, 1967; - La cibernetica e il
futuro delle città, in “Città e Anticittà”, a cura di G. Michelucci,
Calderini 1971; - Collana volumi (25) “Progetto Luoghi della Fede” Conoscenza,
difesa e valorizzazione storico-religioso della Toscana, 1995- 2001, referente
per il Servizio Biblioteche, Musei e Attività Culturali; - La festa della
città che apprende – Auser, Armando, 2005, a cura di R. Mosi; - Quando
mio padre combatteva in Etiopia, in “Testimonianze”, n. 475-476/2011, p.
148-153; - Camminare il paesaggio della poesia. Cento anni dalla nascita di
Mario Luzi, Semicerchio, unisi.it, 2014; - Essere ventenni, cinquanta
anni fa, in “Testimonianze”, 492/2014, p. 82-85; - Camminando per le
strade di Dante, in “Testimonianze”, n. 535/2021, p. 191-196; - Sul
valore della Street Art, in “Testimonianze”, n. 535/2021, p. 191-196; - La
rivista L’area di Broca su Donne, parità alterità, in “Testimonianze”, n.
541/2022, p. 541/2022; - Quel viaggio in URSS di un intellettuale
rabdomante, in “Testimonianze, n. 543/2022, p. 123-125; - L’avventura
della scrittura collettiva, in “Testimonianze”, n. 548/2023, p. 144-148.
D. Fotografia, strumenti
multimediali e relazioni fra arti visive e poesia: - Le Mostre fotografiche
realizzate dall’Autore presso gallerie e il Circolo degli Artisti “Casa di
Dante”, sono illustrate in Firenze, foto grafie (e-book LaRecherche, n.
180/2015); - Officina del Mito: l’autore ha partecipato dal 2016 alla
progettazione dell’ Officina e alla realizzazione di mostre, con cadenza
periodica, su miti dell’antica Grecia, nell’ambito di un gruppo di artisti
presente presso il Circolo “Casa di Dante”.
Cura i BLOG www.robertomosi.it
e www.poesia3002.blogspot.it
Indice
Introduzione - Poesia e misteri
Canto e incanto
del mare degli Etruschi
Turan dea dell’amore
Il
vulcano
Febo
La
Buca delle Fate
Fonte
del Pozzino
Velia
Il
navicello
Tagete
I
fulmini degli dei
L’aruspice
Lo
schiavo
Tular Dardanum
La
strega
Diciassette dadi
Fonte di San Cerbone
Barbari
Fonte del Pozzino
Elba
Dalla
loggia
Concerto per il golfo di Baratti
1. La fonte di San
Cerbone
2. La
fonte del Pozzino
3. La
risorgiva delle serpi in amore
Sinfonia per Populonia
I. Inverno
Caos
Passione
Mito
II. Primavera
Nascere
Crescere
Scherzare
III. Estate
Fiorire
Giocare
Cantare
Partire
IV. Autunno
Tramonto
Memorie
Silenzio
L’autore
Indice
RispondiEliminaIntroduzione - Poesia e misteri
Canto e incanto del mare degli Etruschi
Turan dea dell’amore
Il vulcano
Febo
La Buca delle Fate
Fonte del Pozzino
Velia
Il navicello
Tagete
I fulmini degli dei
L’aruspice
Lo schiavo
Tular Dardanum
La strega
Diciassette dadi
Fonte di San Cerbone
Barbari
Fonte del Pozzino
Elba
Dalla loggia
Concerto per il golfo di Baratti
1. La fonte di San Cerbone
2. La fonte del Pozzino
3. La risorgiva delle serpi in amore
Sinfonia per Populonia
I. Inverno
Caos
Passione
Mito
II. Primavera
Nascere
Crescere
Scherzare
III. Estate
Fiorire
Giocare
Cantare
Partire
IV. Autunno
Tramonto
Memorie
Silenzio