30 Giugno 2020, in “CinqueColonne”
Con il profumo dell’iris
Scritto da Giorgio Moio
Una recensione ad un volume di
poesia interamente dedicato a Firenze.
Con Il profumo dell’iris
(Gazebo, 2018), Roberto Mosi è arrivato a pubblicare una dozzina di volumi di
poesia: Itinera (Masso delle Fate, 2007); Florentia (Gazebo,
2008); Nonluoghi (Comune Firenze, 2009); Aquiloni (Il Foglio,
2010); Luoghi del mito (Lieto Colle, 2010); L’invasione degli storni
(Gazebo, 2012); Concerto (Gazebo 2013); La vita fa rumore (Teseo,
2015). Ha pubblicato anche volumi in prosa: il romanzo fantasy Non
oltrepassare la linea gialla(Europa Edizioni, 2014); la guida storica Elisa
Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il
Foglio, 2013).
Fiorentino, ex dirigente per
la cultura alla Regione Toscana, si interessa di letteratura, saggistica,
fotografia; anzi, gioca con le parole della poesia, del racconto, con le
immagini della fotografia, come suol dire egli stesso. Con quest’ultima disciplina
ha realizzato importanti mostre presso il Circolo degli Artisti “Casa Dante”,
caffè letterari, biblioteche, dedicate, in particolare, al rapporto tra testo,
immagine fotografica e pittura.
Con il profumo dell’iris - Sfogliando queste 81 pagine di Il
profumo dell’iris, fitte di poesia, il lettore si fa subito un’idea su cosa
verte il volume, già leggendo l’incipit della nota d’autore («Il libro
raccoglie poesie dedicate alla città dove l’autore vive, alcune inedite, altre
riprese da precedenti raccolte, a partire da Florentia [op. cit.]). Per
chi non l’avesse ancora capito la città in questione è Firenze dove Mosi è
nato, che ha per simbolo – appunto – l’iris.
Mosi, che ha suddiviso il
volume in tre sezioni (Piazze, Le strade, Le colline) ci conduce in un percorso
avvincente tra vedute turistiche, ma anche labirintico per chi non conosce
Firenze e dintorni, fatto di immagini storiche e naturalistiche, immergendoci e
facendoci partecipe delle bellezze e dei suoi ricordi legati alla città
toscana, la grande mamma, come la definisce.
Scritto con un linguaggio
semplice e scorrevole, come la semplicità e la scorrevolezza del quotidiano –
nonostante si pensi il contrario, cioè che il quotidiano scorre inesorabile e
indifferente nei confronti dei nostri problemi, il che è anche vero –, bellezze
storia e vita giornaliera s’incontrano, sorrette dalle anafore di Le Murate, Le
Cure, La Cupola, D’agosto, Sui marciapiedi, Quartiere popolare, etc., e da una
lieve ironia, perfino con tratti giocosi, con il pensiero e l’arte di artisti e
poeti che hanno calcato le sue strade, lasciando tracce indelebile, ammirato le
sue bellezze e altrettanto ne hanno creato, con la bellezza dei suoi monumenti
che l’hanno resa famosa nel mondo, chiudendo con l’anafora Amo le parole,
una metapoesia che si eleva da tutte le altre legate a Firenze, posta alla fine
del volume finale:
Amo le parole
che si sollevano dalle strade
con il respiro della poesia.
Amo le parole
che rotolano per terra
vestite di pane e di vino.
Amo le parole
che vagano nella mente
nel silenzio assordante
dell’io.
Amo le parole
che navigano sul mare
verso l’isola di ogni perché.
Amo le parole
che volano nel mondo
con i colori della pace, p.
81.
Ma questo percorso di Mosi si
conduce verso scorci urbani poco noti, verso la nuda realtà della periferia,
delle stazioni ferroviarie, delle fabbriche di Novoli, di Rifredi, della Fiat o
di quelle di cui restano solo ricordi, della bellezza delle sue colline come
Fiesole, alla riscoperta della vera anima di Firenze, dove s’incontrano
bellezze e contraddizioni del nostro tempo:
Dove nascono le parole dei
bambini?
Bum ba, bi bi, co co, grash, grush
C’è un castello incantato
sulle nubi,
tre vecchiette e un salotto in
stile,
si beve Martini con le
tartine.
Dalla torre scrutano i bambini
mentre cuociono le parole sul
fuoco:
nella pentola grande bolle
ma-mma,
nelle altre nubi di sillabe
colorate.
Un passero prende i suoni col
becco,
li fa cadere nella bocca dei
bambini.
ma-mma, cin cin, ba ba, bumba.
Dove nascono le storie dei
nonni?
(Sopra il cielo di Firenze, p.
72)
In conclusione si tratta di
poesie che raccontano senza troppa enfasi e sublimazione, ma in modo
partecipativo, una città, i suoi umori e quelli dell’autore, le sue
problematiche, la durezza della realtà non dissimile da altre grandi città,
come la poesia dedicata al carcere delle Murate («… E venne il tempo del
carcere / delle Murate. Storie / di disperazione trovano / componimento dai
quartieri / popolari. Il fiume bussò / alle porte del carcere / il mese di
novembre / e volle le sue vittime…, Le Murate, p. 15), la vita quotidiana
dei suoi abitanti attraverso le poesie Il mercato dei cenci, La stazione, il
Casone dei poveri; la vita per strada dei senza tetto, dei dannati come li
chiama Mosi, che non hanno un domani (Sui marciapiedi); gli angoli naturali, le
vie, le piazze, il fiume Arno, il famoso Ponte Vecchio, il salotto buono de “Le
Giubbe Rosse” dove la poesia e l’arte è di casa, la già citata collina di
Fiesole. Insomma le bellezze di Firenze ma anche le brutture, di una Firenze
antica e contemporanea, quasi una mappa “poetica”, una guida della città
soprattutto per chi la ama e la sa apprezzare.
Erta dei Catinai
(da “Il profumo dell’iris”)
Un mazzo di fiori
sulla mensola del tabernacolo
della Madonna dei Ricci
ai piedi dell’Erta dei Catinai. Ù
Un mondo di sensi ritorna.
La folla sale e scende
carri, barrocci carichi
di terrecotte, catini, orci.
Cavalli, coppie di muli
asini incespicano per la salita.
Tra la folla, le lavandaie
portano cesti di biancheria
lavata nelle acque dell’Ema
profumata dai fiori dell’iris.
Iride, una madonna fiorentina
promise amore al giovane
che dipinse un fiore così perfetto
da ingannare una farfalla.
Da lei ebbe nome Iris
il simbolo di Firenze.
Dopo l’Erta dei Catinai
si apre la vista su Firenze
città di bellezza elegante
preziosa come il profumo
dell’Iris, dal tono austero
riservato. Si concede solo
a chi la ama, la sa apprezzare.
Sfogliando queste 81 pagine di Il profumo dell’iris, fitte di poesia, il lettore si fa subito un’idea su cosa verte il volume, già leggendo l’incipit della nota d’autore («Il libro raccoglie poesie dedicate alla città dove l’autore vive, alcune inedite, altre riprese da precedenti raccolte, a partire da Florentia [op. cit.]). Per chi non l’avesse ancora capito la città in questione è Firenze dove Mosi è nato, che ha per simbolo – appunto – l’iris.
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