Circolo
degli Artisti “Casa di Dante” – Gruppo Officina del Mito
Martedì
13 dicembre 2022, ore 16.30
Buon Anno Marcel Proust
Iniziativa dell’ “Officina del Mito”
Programma
* “Il recupero della
memoria e il ruolo dell’Arte”. Introduce e coordina Roberto Mosi
* Suggestioni proustiane
per la chitarra di Angiolo Pergolini
* Virginia Bazzechi
presenta l’Officina del Mito: iniziative da “I confini del Mito”, a “Proust”, ad
“Antigone”
* La pittura,
Andrea Simoncini (autore del dipinto sulla locandina): “Vermeer il pittore più
amato”, da “La Prigioniera”
Guido del Fungo:“Lo
studio di Eltsir”, da ”All’ombra delle fanciulle in fiore”
* La musica,
Umberto Zanarelli: Marcel Proust. À la recherche du temps perdu et la musique
de la memoire: correlazioni tra letteratura e musica
* La scrittura,
Nicoletta Manetti: “I campanili di Martinville”, da “Dalla parte di Swann”
Rosa
Cianciulli: “I campanili si muovono!”, immagini
* *Poesie per ricordare:
“Il viaggio immaginato a Firenze”, “Cena all’Hotel Ritz”: Silvia Ranzi, Roberto
Mosi (“Poesie 2009-2016”), Enrico Guerrini (disegni)
Giusy Frisina:
“Breve passeggiata proustiana”
* Le petites madeilenes,
la ricetta, letture e …assaggi
Incontro dell’ Officina del Mito
“Buon Natale (ANNO) Marcel Proust”
Il 13 dicembre 2022 si è
svolto alla Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti “Casa di Dante”,
l’incontro “Buon Natale Marcel Proust” per rendere omaggio al grande scrittore francese
nel centenario della sua scomparsa, avvenuta a 51 anni, il 18 novembre 1922. Il
gruppo Officina del Mito ha promosso l’evento, presentato dal manifesto
con un dipinto di Andrea Simoncini, nel quale al ritratto “trasognato”
dell’autore della Recherche, si aggiunge l’immagine delle celebri petites
madeleines. Per presentare l’autore e la sua opera, si è posto al centro
della riflessione il tema: “l’Arte e il Mito per il recupero della memoria”,
dalla pittura, alla musica, al racconto … al sapore delle madeleines.
Con la sua immensa opera
portò la forma romanzo a una dimensione sconosciuta fino a quel momento: volle
ricavare segni perenni dall’apparente banalità dell’esistenza, scrutando la
vita di Parigi fra Ottocento e Novecento, con uno sguardo acuto, di esasperata
sensibilità, componendo quindi un grandioso affresco dell’epoca, convinto che
compito dell’artista sia quello di non inventare ma di scoprire nascoste
corrispondenze: dipende da noi rompere l’incanto che tiene prigioniere le cose,
portarle fino a noi e impedire che cadano per sempre nel nulla. Le sensazioni e
le cose sono immerse, d’altra parte, nel flusso del tempo che le disintegra e
le travolge; noi abbiano due tecniche, due possibilità di recupero del passato:
la memoria volontaria e la memoria spontanea che, in una complessa dinamica, ci
permette di costruire l’immenso edificio del ricordo.
La vita di Proust
s’intreccia strettamente al romanzo della Recherche, dobbiamo infatti
osservare con attenzione l’ “uomo” Proust per comprendere la sua opera, le sue
ossessioni, i traumi, a cominciare dalla malattia che lo accompagnò per tutta
la vita. Si manifestò all’età di nove anni quando, al ritorno da una
passeggiata, fu colto da un violento accesso d’asma. La madre, Jeanne Weil, ci
parla, d’altra parte, della difficile gestazione del piccolo Marcel, nato il 1°
luglio 1871, nel periodo difficile della guerra tra Francia e Prussia,
dell’assedio di Parigi, della Comune; ricorda il duro inverno a Parigi del
1871, del Natale trascorso con il coprifuoco, la scarsità di combustibile e di
cibo; tremende analogie con la situazione di oggi, a partire da quella
dell’Ucraina.
L’opera e la vita di
Proust sono dunque strettamente intrecciate, la conclusione dell’una comporta
anche la fine dell’altra. Negli ultimi giorni della vita, nella stanza foderata
di sughero, per attutire ogni rumore dall’esterno (quella che chiama “l’Arca di
Noè”), suona nella notte il campanello per chiamare la fedele Céleste Albaret, la governante: “Stanotte ho messo la parola
fine, adesso posso morire.” Cosa che avverrà pochi giorni dopo.
Andando con il nostro
pensiero a quei momenti, non possiamo che dire, commossi, “Grazie Marcel”.
Una
pluralità di interventi ha animato la serata del 13 dicembre scorso al Circolo
degli Artisti “Casa di Dante”, introdotta e coordinata da Roberto Mosi, con
interventi musicali di Angiolo Pergolini, chitarra e armonica. A Virginia
Bazzechi è spettato il compito di presentare l’Officina del Mito, le tappe
del lavoro svolto, dalla mostra “I Confini del Mito” (1916) a quella per “Prometeo”
(2020), alla prossima manifestazione su “Antigone” (marzo 2023). Si sono poi
alternati gli interventi, per la pittura, di Andrea Simoncini e di Guido Del
Fungo, rispettivamente sui temi “Vermeer, il pittore più amato” (dal libro “La
Prigioniera”) e “Lo studio di Eltsir” (“ All’ombra delle fanciulle in fiore”);
per il racconto, l’intervento di Nicoletta Manetti, che si è soffermata, in
particolare, sull’episodio dei “Campanili di Martinville” (“Dalla parte di Swann”); a questo proposito Rosa Cianciulli ha presentato
e illustrato un suo dipinto ispirato ai “Campanili di Martinville”. La serata è
proseguita poi con l’intervento di Umberto Zanarelli, che ha suonato diversi
brani al pianoforte per illustrare l’argomento “À la recherche du temps perdu
et la musique de la memoire: correlazioni tra letteratura e musica”.
Giusy
Frisina ha presentato tre poesie ispirate all’opera di Proust: “Breve
passeggiata proustiana”; Roberto Mosi ha commentato alcune poesie riprese dal
suo lavoro “Poesie 2009-2016” (Ladolfi Editore) e riferite al “Viaggio
immaginato a Firenze” (“Dalla parte di Swann”, parte III “Nomi di paesi”) e a “La
cena all’Hotel Ritz” e alla passione del regista Luchino Visconti per l’autore
della Recherche. Silvia Ranzi ha tratto le conclusioni riprendendo i motivi comuni degli interventi della serata
che hanno colto i diversi colori dell’affresco proustiano.
Infine
è stato letto il celebre passo del libro “Dalla parte di Swann” sulla
riconquista dell’immenso edificio del ricordo:
E
all’improvviso il ricordo mi è apparso. Quel gusto era quello del pezzetto di
madeleine che zia Léonie la domenica mattina a Combray mi offriva dopo averlo
inzuppato nel suo infuso di tè o di tiglio quando andavo a darle il buongiorno
in camera sua.
La
serata si è chiusa nello spirito giusto con l’assaggio delle petites
madeleines da parte degli intervenuti, offerte dal gruppo dell’ Officina
del Mito.
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Roberto Mosi
Enrico Guerrini
DIALOGHI CON MARCEL PROUST
Poesia
e pittura, dieci anni di incontri
INDICE
Premessa. Incontri felici con
Marcel Proust
1. Il sapore del ricordo
2. Narrare
3. Pittura, la creazione del mondo
4. Il biancospino
5. Incontrarsi all’Hotel Ritz
6. Il viaggio (sognato) a Firenze
7. Il profumo del tempo
8. Incontri
9. Amiche e amici
10. Nella stanza foderata di sughero
11. Narciso
Postfazione. Silvia Ranzi, omaggio a Marcel Proust
Gli autori
PREMESSA
Incontri
felici con Marcel Proust
Le edizioni LaRecherche, con sede a Roma,
invitano ogni anno scrittori, poeti, fotografi, pittori, a proporre un
contributo per la creazione di antologie, nella forma dell’e-book, dedicate a
temi proustiani, nella ricorrenza del 10 luglio, il giorno del 10 luglio, il
giorno della nascita dello scrittore francese (Parigi 10 luglio 1871 – Parigi
18 novembre 1922).
Quest’anno (2021) si celebrano i
centocinquant’anni dalla nascita di Marcel Proust.
Sono dieci anni che noi, Roberto Mosi e
Enrico Guerrini, il poeta e il pittore, rispondiamo all’’invito: la forma è
quella della poesia alla quale segue, in occasione delle presentazioni nelle
librerie, nei circoli, nei caffè letterari, quella del disegno e della pittura.
Al passaggio dei dieci anni di questo
impegno, segnato da una serie infinita di felici appuntamenti, ci è sembrato
naturale raccogliere in una raccolta, i nostri contributi.
Nelle pagine che seguono, per ognuno dei
dieci anni, è riportato il titolo dell’argomento, un passaggio dell’opera di
Marcel Proust, l’Antologia per la quale LaRecherche invitava a
partecipare, la nostra risposta all’invito nella forma della poesia e della
pittura.
È stato, in definitiva, un costante
dialogo con le molte domande che Marcel Proust si pone, e ci pone, nello
svolgersi della sua affascinante ricerca letteraria.
Al lettore
il compito di inserirsi, se lo ritiene, in questo dialogo e di cercare altre
domande, altre risposte.
Il sapore
del ricordo
Anno
2011
Françoise,
felice di dedicarsi a quell’arte della cucina per la quale aveva
un
certo dono … andava lei stessa ai Mercati a farsi dare i più bei quarti
di
lombo, di stinco di bue, di zampa di vitello, come Michelangelo che
passava
otto mesi nelle montagne di Carrara a scegliere i blocchi di
marmo...
Marcel
Proust, All’ombra delle fanciulle in
fiore
INVITO:
Aa. Vv. , a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, “Conversazioni con
Proust”, ww.laRecherche.it, n. 28, Roma 2011.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, Wunderkammer / Cucina.
Wunderkammer
/ Cucina
Cucina
avamposto
della
casa dei Proust,
dalla
tavola di marmo
decollano
i piatti guarniti
serviti
al ricevimento
in una
nuvola di commenti,
l’eco
delle voci
raggiunge
la porta.
Cucina
porto di sbarco,
la
borsa della spesa
arriva
da Les Halles
alla
tavola di marmo,
freschezza
del rombo
primizie
della stagione,
scelte
da Michelangelo
tra
i marmi di Carrara.
Cucina
impero
di
Françoise, ordini alle forze
della
natura arrivate in aiuto,
dirige
l’orchestra
dei
servitori,
accoglie
solenne
i
complimenti dell’Ambasciatore
per
l’arrosto di bue
deposto
su cristalli di gelatina.
Cucina
miraggio
per la
memoria della gola,
il
sapore della lettura
mischiata
al gusto dei sapori,
i
lamponi del Signor Swann
la
torta alle mandorle
la
crema al cioccolato
l’impasto
per la petite madeleine.
Cucina
caleidoscopio
abitata
dalla curiosità di Marcel
per
l’arte di Françoise
per il
manzo alla moda,
per il
sapore inebriante del sugo
dopo
tre ore di cottura,
ricco
di bocconcini di carne:
le
storie dei suoi personaggi.
Cucina
crocevia
per i
ricordi della mia cucina,
centro
della vita intorno
alla
tavola di marmo,
abitata
da storie e novelle,
da
ospiti, piatti, tinozze per il bagno,
dalla
mano del nonno
che
protegge dagli spigoli.
Cucina
museo,
al
centro della fotografia
la
trama lucida del marmo,
ai
lati la dispensa
l’occhio
spento dei fornelli
l’acquaio
muto per sempre,
alle
pareti lo scaldaletto
scaldavivande
di rame
ombre
della vita passata.
Cucina
attesa
per la
veglia di Céleste,
seduta
alla tavola di marmo
in
compagnia dei personaggi,
degli
incontri di Marcel.
Il
campanello dalla camera:
“Adesso
glielo dico: stanotte
ho
messo la parola fine”.
Grazie,
Céleste Albaret.
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Narrare
Anno
2012
Alla
svolta di una stradina, provai all’improvviso quel piacere speciale,
che
non assomiglia a nessun altro, nello scorgere i due campanili di Martinville,
sui quali batteva il sole al tramonto e che per il movimento della
carrozza
e le curve della strada sembravano cambiare di posto.
Marcel Proust, Dalla parte di
Swann
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Da Illiers a Cabourg, www.laRecherche.it , n. 113, Roma 2012.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, I campanili di Martinville.
I
campanili di Martinville
I.
Il
campanile appare
dal
treno, un’unghia
che
graffia stridendo
il
cielo, intorno il gregge
delle
case. “Siamo arrivati!”.
Ah, la
Francia dei campanili,
delle
cattedrali alte
su
ondeggianti pianure.
“Céleste,
la mia opera
è
come una cattedrale”.
Immagini
animate
di
campanili, raccolte
nei
quartieri di Parigi,
dall’automobile
a Caen,
sulle
colline di Combray.
II.
Lo
sguardo del ragazzo
scruta
i fianchi di pietra
del
campanile di Combray
le
finestre scandite,
occhi
di un viso regolare.
“Ha un’aria naturale
e
distinta”, sorride la nonna
seguendo
lo slancio
della
guglia addolcita
dagli
ultimi raggi di sole.
La
fuga delle pietre
in
alto in alto, due mani
giunte
nella preghiera,
coronamento
di ogni
punto
di vista della città.
Le
pietre lanciano fuori
centinaia
di corvi
partono
infiniti voli,
li
riassorbono, sparisce
il
frullio delle ali.
III.
“Non
ho talento, pensa,
non
ho un’idea illuminante”.
Marcel
penetra l’impasto
d’argilla,
lo scompone.
Cercano
le mani, la mente.
“Salite
sulla carrozza”.
Corrono
come il vento
i
cavalli del dottore
sulla
via del ritorno,
dalla
parte di Guermantes.
Alla
svolta della strada
i due
campanili di Martinville
si
muovono, cambiano
di
posto, un terzo
arriva
da oltre la valle.
Al
girare della carrozza
lasciano
la posizione,
si
spingono l’uno accanto
all’altro,
si mettono in fila
si
dividono, fuggono.
“Giganteschi,
incombenti
con
tutta la loro altezza
si
gettarono davanti a noi,
avemmo
appena il tempo
di
fermarci davanti al portone”.
Dalla
collina di fronte
scorge
ancora le pareti
assolate:
si aprono,
la
corteccia si squarcia,
appare
quello che era nascosto.
V.
“Dottore,
una matita,
della
carta”. L’urgenza
del
pensiero, delle parole:
“Li
rivedo come tre fiori
sopra
i campi, dipinti nel cielo”.
“Sono
anche le tre ragazze
di
una leggenda, abbandonate
in
un luogo solitario”.
Si
stringono l’una all’altra,
una
sola sagoma nera.
Qualcosa
si agita nella mente,
un’idea,
la riveste di parole,
scrive
sulla carta espressioni,
forse,
per un libro,
da
comunicare al mondo.
“La
gallina ha fatto l’uovo!”
Marcel
canta a cassetta
accanto
al cocchiere,
un
foglietto nelle tasche,
le
mani sporche d’argilla.
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Pittura,
la creazione del mondo
Anno
2013
E
lo studio di Elstir mi apparve come il laboratorio di una specie di
nuova
creazione del mondo, in cui, dal caos che sono tutte le cose che
noi
vediamo, egli aveva tratto… qui un’onda del mare che schiacciava
con
collera sulla sabbia la sua schiuma lilla, là un giovane vestito di tela
bianca.
Marcel Proust, All’ombra delle fanciulle in fiore
INVITO:
Aa. Vv. , a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani,
Salon
Proust, www.laRecherche.it, n. 139, Roma 2013.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, Il silenzio dipinto delle pagine.
Il
silenzio dipinto delle pagine
Silenzio
seducente del quadro
nel
rumore di folla del Salone.
Scopro
metafore fissate
tra le
frasi delle immagini,
pittore
senza arte, compongo
dall’arte
di più pittori.
Comprendo,
trasformo
catturo
la mia pittura
penetrando
nei quadri.
Dipingo
con la parola
per
pennello la parola
per
colore il suono della parola.
Silenzio
sonoro del porto.
Multiforme,
potente unità
nessun
confine, terra e mare
l’acqua
penetra le case, oltre
i
tetti gli alberi dei battelli.
Uomini
spingono alla spiaggia
barche
tra i flutti, la sabbia
bagnata
riflette le chiglie.
Una
nave lontana nascosta
ora
dagli edifici, sembra
avanzare
in mezzo alla città.
Alla
bocca del porto le onde
battono
contro gli scogli,
uomini
governano le barche
piegate
ad angolo acuto,
al
galoppo, veloci sul mare.
Altrove
specchi d’acqua
calmi,
in una bella mattina
dopo
il temporale, i riflessi
degli
scafi accavallati
sul
profilo delle chiese.
Più
lontano tratti neri,
bianchi
di spume, di nebbia
compongono
la carreggiata
dell’erta
impennata
di una
nave verso il cielo,
una
carrozza che scrolla via
l’acqua
all’uscire dal guado.
Silenzio
ambiguo del ritratto.
Acquerello
pieno d’incanto,
soggetto
singolare, seducente
fascino
da scoprire di giovane
donna
non bella, il copricapo
orlato
dal nastro color ciliegia,
la
sigaretta accesa
nella
mano coperta dal guanto.
Sul
tavolo un vaso di rose.
Travestimento
per il ballo?
Un’attrice
di altri tempi
a
mezzo vestita da uomo?
Tratti
mascolini del volto,
forse
un giovane effeminato.
Tristezza
nello sguardo
posa
piccante, provocante
da
personaggio del teatro.
Libertà
dalla normalità?
Silenzio
d’acqua delle ninfee.
Cinque,
sei tele per dipingere
passo
dall’una all’altra
inseguendo
l’attimo
la
sorpresa dell’inatteso.
Punti
d’osservazione diversi
per le
stagioni dell’anno
il
mese, il giorno, l’ora.
Una
tela, un pennello diversi
al
variare dei brandelli di cielo
il
passare di una nuvola
l’improvvisa
folata di vento
l’arrivo
della tempesta.
La
superficie s’increspa
s’infrange
in piccole onde
si
sgualcisce il telo di seta,
i
colori si accendono vivi
si
spengono, ombre di morte.
Silenzio
simbolo di seduzione.
Danza
il corpo segnato
da
simboli misteriosi,
danza
una rosa in mano
in
attesa del carnefice,
danza
davanti ad Erode
gli
occhi accesi di brace,
danza
per la decapitazione
sorreggendo
il vassoio,
danza
per la testa che brilla,
un’aureola
di gloria.
La danzatrice
solleva
il
braccio, muove passi fatali.
Silenzio
della pagina scritta.
Regno
della lenta cognizione
per
l’occhio educato alla pittura,
si
stacca dal ritmo usuale
del
tempo dello spazio,
nel
laboratorio aperto
per la
nuova creazione,
conquista
una folla
d’immagini
cospiranti,
convergenti
in mille rivoli,
allontana
di pagina in pagina
il
soffio penetrante della morte
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Il
biancospino
Anno
2014
Quando,
al momento di lasciare la chiesa, mi inginocchiai davanti all’altare, tutt’a un
tratto, rialzandomi, sentii che i biancospini esalavano un odore dolceamaro
di mandorle.
Marcel Proust, Dalla parte di
Swann
INVITO: Aa. Vv. , a cura di
Giuliano Brenna e Roberto Maggiani,
L’Orto Botanico di Monsieur Proust, www.laRecherche.it , n. 162, Roma 2014.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Il profumo del Biancospino (Il sentiero
di
Andrea).
Il
profumo del biancospino
Dalla parte del Convento
mi aspettano Giganti
folti di aeree chiome,
catturano la luce del sole.
“Che
porti nello zaino?”
chiede la voce cavernosa.
“Leggerò nella radura
del bosco Alla ricerca
del
tempo perduto”.
Profumano di muschio
di terra sospesa nell’aria.
Proteggono dietro di loro
giovani piante di abete
incolonnate sull’attenti
in molteplici fila regolari.
Ai margini del sentiero
forme informi di ceppaie,
antichi tagli cicatrizzati
si innestano tra loro,
riconquistano la vita.
Cavalieri sfrontati nel
profumo
di una luce brillante
hanno invaso i resti
della cava di pietre
per il Convento sognato
da Sette Giovani Nobili
per le sette cime del Monte.
“Benvenuto
fra castagni
frassini
e quercioli,
giochiamo
in pieno sole.
Hai
lasciato la parte oscura
di te
stesso, sei vicino
al
luogo dell’incanto”.
Serpente uscito dalla tana
si affaccia il muro contorto
sotto macchie intricate,
inzuppato di muschio,
baluardo una volta ai bovini
al pascolo delle greggi.
Giganti e Cavalieri
si confondono ora ai lati
del sentiero, lasciano spazio
alla radura luminescente,
il sole proietta ombre
immagini in movimento.
Ascolto il silenzio
intrecciato
con il canto degli uccelli
il tambureggiare del picchio
il saliscendi degli
scoiattoli.
Il libro scivola dallo zaino,
leggo ad alta voce
Dalla
parte di Swann.
Dalla parte della Città
ai bordi del prato
danzano leggiadre ballerine:
il viola rugoso del prugnolo
l’amorosa rosa selvatica
il rosso dei papaveri.
S’inchinano flessuose
al biancospino.
“Mi ricordo, nel mese
di
Maria ho preso ad amare
il
biancospino”.
Sugli spalti dell’anfiteatro
personaggi dalle folte chiome,
ciliegio nocciolo sambuco,
da un ramo all’altro il volo
dell’averla, del fringuello.
Fra le quinte del teatro
il guizzo del ramarro
tracce del riccio, della
lepre.
In disparte sul prato
caprioli brucano l’erba.
Suona incessante la voce
luminosa della sorgente,
fata amorosa e benigna.
Acqua purissima il dono,
vita per il Convento, vita
per il Sanatorio abitato
dalla tubercolosi.
Mi siedo, seguo
il profilo delle colline
interrotto dalla Cupola,
a fianco le braccia
del Sanatorio e il ricordo
degli ultimi giorni di Bruno.
Rende onore al passaggio
la squadra dei cipressi
schierata lungo il sentiero,
sullo sfondo la testa
arcigna della Ghiacciaia.
Emerge dalla terra,
assediata da rovi:
un occhio perfora
le ciclopiche mura.
“Dodici
laghetti mi facevan
corona,
nelle notti
d’inverno
offrivano
il
ghiaccio da ingoiare.
Dal
mese di Maria un carro
scendeva
ogni notte in città
carico
di blocchi di ghiaccio,
mazzi
di biancospino
sulla
fronte dei cavalli”.
Ho visto i cavalli entrare
in città: il profumo
amaro del biancospino
risale la china del sentiero
dalla profondità del tempo,
incontra i personaggi
ancora vivi del bosco
nel mio Tempo Ritrovato.
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Incontrarsi
all’Hotel Ritz
Anno
2015
Marcel
Proust fu, durante un periodo della sua vita, un habitué dell’Hôtel Ritz, in
place Vendôme, luogo prestigioso nel quale amava ricevere: Era sua abitudine
affittare una sala privata per cene intime con personalità del mondo letterario
o aristocratici, coi quali amava intrattenersi in un ambiente raffinato che
favoriva le confidenze.
Le blog interligne d’Armelle
Barguillet Hauteloire, trad. G. Brenna.
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Cena al Ritz, www.laRecherche.it, n. 187, Roma 2015.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, La rosa d’argento (Cena
all’Hotel Ritz).
La
rosa d’argento (Cena all’Hotel Ritz)
Omaggio
a Luchino Visconti
[Luchino Visconti si rivolge a
Marcel Proust]
Una raccolta di foto, disegni.
Un gesto, un sapore, una luce
e vivono ancora le storie,
lingua di suoni e immagini.
Si avvolgeva in morbidi veli
due toni, lilla e grigio scuro
non si vedeva la faccia
solo una nuvola di colore.
Mi nutro di ricordi, visioni
Milano cupa, triste e gaia
spazio vitale, balli e
operette
aura di profumi aristocratici.
Sono venuto al mondo
il giorno dei morti, una data
che mi si è attaccata per la
vita
un cattivo fatale inizio.
Novembre, un mese opaco
a basso regime nella Pianura.
Nelle strade canali di nebbia
abitati da folle di fantasmi.
Le ferrovie camminano
a tastoni, sparando petardi.
Nebbia plumbea tra cielo
e terra, immobile il tempo.
Si dimentica di cercare
il cielo, i porci
sguinzagliati
fiutano il tartufo nelle terre
grasse a filo dei torrenti.
Sono nato il due novembre
alle otto di sera, un’ora
dopo si alzava il sipario
della Scala per la Traviata.
Si nasceva a Palazzo
Visconti dopo aver dato
uno sguardo al programma
della stagione della Scala.
La sera in gran toilette
profumata Chevalier d’Orsay
si avvicinava al letto
per il bacio della buona
notte.
Un’apparizione, sentivo
avvicinarsi il fruscio
della gran gonna di seta
m’investiva il dolce profumo.
Le tiepide perle della lunga
collana cadevano sulle
guance mentre si chinava
per un momento, su di me.
Ricordi, immagini, odori
sensazioni investivano
i miei sensi, un’eco profonda
persistente nella memoria.
Le storie di Morte a Venezia
erano state già vissute
nella mia vita, in stagioni
dal sapore di miele.
Vedo mia madre sulla spiaggia
legge un libro sotto la tenda,
col vento volano i capelli
si gonfia il vestito.
[Marcel Proust a Luchino
Visconti]
Una rosa d’argento per te
per il tuo amore per l’amore,
ricordo della prima alla Scala
del Cavaliere della Rosa.
Il sipario rosso cupo
frangiato
di oro si alza lentamente
sopra il palco presso
l’orchestra
sopra lo stupore del ragazzo.
[Luchino Visconti]
All’alba mi sono svegliato,
gli invitati ancora ballavano
nella sala del Palazzo
ogni coppia una rosa
d’argento.
Le candele illuminano la sala
gli specchi, gli Dei nel
soffitto
il sorriso del Gattopardo
il ballo di Angelica e
Tancredi.
La sala guardaroba, il primo
teatro, il lenzuolo per
sipario
travestimenti: dame in
pelliccia
di volpe, cappelli piumati.
I pranzi, un rito per la
famiglia
i domestici in guanti bianchi,
le lotte dei ragazzi sotto la
tavola,
mio padre, il sorriso del
Gattopardo.
I domestici aprono tovaglie
sull’erba al “solito posto”
nel viaggio per Forte dei
Marmi,
le provviste nelle ceste di
paglia.
Un’infanzia felice dalla parte
di Guermantes, dolci frutti
sull’albero della vita, suoni
immagini. Il tempo ritrovato
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Il
viaggio (sognato) a Firenze
Anno
2016
Per
farli rinascere non ebbi che da pronunciare quei nomi: Balbec, Venezia, Firenze
all’interno dei quali aveva finito per accumularsi il desiderio che mi avevano
ispirato i luoghi che designavano.
Marcel Proust, Dalla parte di Swann. Parte terza Nomi di paesi: il nome.
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Treni,
www.laRecherche.it,
n. 82, Roma 2016.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, L’ansimare della
locomotiva.
L’ansimare
della locomotiva
Flora,
Fiore, Fiorenza
il
nome della città profuma
suona
dolce al centro
d’incantevoli
frasi musicali
sussurrarlo
rende felici
nei
tempi più grigi
squarcia
le visioni più cupe
coagulate
da tempeste invernali.
Il
nome inzuppato di sogni
profuma
di gigli, accende
una
calda luce al centro
del futuro immaginato
all’arrivo
della primavera
sul
grigiore freddo di Parigi.
Si
lega all’arte nuova
di
Giotto, i disegni scanditi
da
raffinate architetture
da
figure vive di colori.
Da
Venezia il viaggio
per
conquistare la visione
di
Santa Maria del Fiore
dopo
un percorso di nomi
in
sequenza lunghi, brevi
sordi,
sonori, capaci
di
accogliere immagini
accendere
passioni.
Il
convoglio disegnato
sulle réclames lascia
Santa
Lucia alle cinque
della
sera, sarà a Firenze
la
mattina di Pasqua.
Ansima
la locomotiva
come
l’aria nel mio petto
nella
pianura fra campi
di
maggese e filari di viti.
Padova,
un accento forte
sulla
prima sillaba per l’incontro
sognato
con Giotto
alla
cappella dell’Arena.
Bologna
annuncia nell’acquoso
nome
la Maestà del Polittico
per
Santa Maria degli Angeli,
la
provvista dell’acqua
per la
locomotiva risonante
del
vapore bianco sbuffante
dai
cilindri, la faticosa salita
alle
gallerie nei monti,
lo
stridio delle ruote di ferro
acceso
di scintille di fuoco
nella
discesa alla valle dell’Arno.
La
locomotiva corre
a
briglie sciolte, sullo sfondo
la
maestà della Cupola,
Santa
Maria del Fiore,
corolla
divina fiorita
fra lo
splendore delle colline.
I
campi profumano di gigli
anemoni ai
piedi degli umili ulivi,
sulle
colline di Fiesole, del Pian
dei
Giullari, di San Miniato.
Mi
aspettano il Ponte Vecchio
le
sponde stracolme di giunchiglie
narcisi
e anemoni, la colazione
con
frutta e vino del Chianti,
l’arte
di Giotto, il Campanile
gli
affreschi di Santa Croce
il
Crocifisso di Ognissanti.
Il
futuro immaginato
prende
vita, la valigia pronta
ai
miei piedi, mi esalta,
ansimo,
l’oppressione dell’asma,
sono
leggero, brividi
di
febbre: la mongolfiera
si
alza, raggiunge la Cupola
di
Santa Maria del Fiore,
si
alza ancora, scompare
Flora,
Fiore, Fiorenza
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Il
profumo del tempo
Anno
2017
E
all’improvviso il ricordo mi è apparso. Quel gusto era quello del pezzetto di
madeleine che zia Léonie la domenica mattina a Combray… mi offriva dopo averlo
inzuppato nel suo infuso di tè...
Marcel Proust, Dalla parte di
Swann.
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Proust n. 7. Il profumo del tempo, www.laRecherche.it, n. 82, Roma
2017.
RISPOSTA: Roberto Mosi, L’Erta dei Catinai. Iris per la Madonna dei
Ricci.
L’Erta
dei Catinai.
Iris per la Madonna dei Ricci
Cammino nel mese
fiorito, dalle Cascine
del Riccio al Pian dei
Giullari,
proteso su Firenze.
Iris occhieggiano sui sentieri
si distendono sui prati.
Inizia alla curva l’erta
dei Catinai in vertiginosa
salita fra ciottoli e pietre.
Un mazzo di fiori
sulla mensola del tabernacolo
della Madonna dei Ricci.
Mi sorprende il profumo
tenue, penetrante dell’iris
delicato come l’odore
della pelle della nonna.
Colgo la fragranza della borsa
che aprivo per le caramelle.
Emerge da lontane stagioni
il profumo della biancheria
appena riposta, l’odore
degli armadi, aperti
in cerca di tesori nascosti.
Un mondo di sensi ritorna.
La folla sale e scende
per l’erta dei Catinai.
Carri, barrocci carichi
di terrecotte, catini, orci
embrici, mattoni, come
ai tempi del maestro Filippo
per la costruzione della
Cupola.
Cavalli, coppie di muli
asini incespicano su
per la salita. Schiocchi di
frusta
imprecazioni, bestemmie.
Un mondo che odora
di lavoro, di fatica, di
sudore.
Antonio tira forte il cavallo
per la cavezza, il barroccio
stracolmo di catini.
In un angolo del carro
il fiasco del vino profuma
di giaggiolo, per temperare
il sapore aspro del Chianti,
un mazzo di fiori
e una boccetta d’essenza
per la ragazza di città.
Tra la folla, le lavandaie
portano cesti di biancheria
lavata nelle acque dell’Ema
e sopra i panni risplendono
mazzi di giaggioli.
In un angolo della mente
le storie, i racconti del
nonno.
Iride, una madonna fiorentina
promise amore al giovane
che dipinse un fiore leggiadro
così perfetto
da ingannare una farfalla.
Da lei ebbe nome Iris,
il simbolo di Firenze.
D’estate sull’uscio di casa
le donne del paese mondano
i rizomi del giaggiolo
per farne essenze e profumi.
Si parla dei fatti della vita
di storie, di amori
di partenze senza ritorno.
Cammino
tra i fiori di maggio
dalle Cascine del Riccio
al Pian dei Giullari.
Cammino.
Dopo l’erta dei Catinai
si apre la vista su Firenze
città di bellezza elegante
preziosa come il profumo
del suo Iris
dal tono austero, riservato.
Si rivela solo a chi la ama,
a chi la sa apprezzare.
+ + +
+ + +
+ + +
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+ + +
Incontri
Anno
2018
Dopo
cena, ahimè, ero spesso costretto a lasciare la mamma, che rimaneva a
discorrere con gli altri, in giardino se era bel tempo, nel salottino dove si ritiravano
tutti, se il tempo era cattivo. Tutti, salvo la nonna che pensava che "in
campagna è un delitto starsene rinchiusi" e che aveva con mio padre
discussioni continue, nei giorni di gran pioggia, perché lui mi mandava a
leggere nella mia stanza invece di lasciarmi star fuori. - Non così lo farete
diventare robusto ed energico, - essa diceva tristemente, - soprattutto questo
piccino che ha tanto bisogno di acquistare forza e volontà,
Marcel Proust, La strada di Swann
INVITO: Aa. Vv., a cura di
Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Cherchez
la femme, www.laRecherche.it, n. 226, Roma 2018.
RISPOSTA: Roberto Mosi, Opus Magistri Jocti.
Opus
Magistri Jocti
Scie impalpabili di aerei sul
cielo
di Firenze
raggi iridescenti dalle
vetrate
nella basilica
accarezzano l’Opus Magistri
Jocti
Giulia porge un mazzo di rose
alla Madonna
il capo reclinato, incoronato
da Cristo
gli occhi lunghi nell’ovale
del volto
La veste bianca, trapunta
d’oro
angeli
ai piedi in vesti gialle e
verdi
i santi
ai lati, sinfonia di spazi e
colori
Una breve sosta ogni mattina
davanti
alla bellezza
prima di raggiungere la scuola
da sarta
l’eleganza
da dipingere, filo e forbici
Mi fermo ancora una volta
all’altare
della Cappella Baroncelli
riconosco l’ovale del volto
della nonna
le fonti di una vita fiera e
felice
Ascolto ancora la sua voce,
intorno
la maestà della basilica, la
luce delle vetrate
l’Opus Magistri Jocti
*
“Opus Magistri Jocti”, la firma apposta sul Polittico Baroncelli,
dipinto
a tempera e oro su tavola (185x323 cm)
di Giotto e aiuti
di
bottega, databile al 1328 e conservato nella Cappella
Baroncelli della basilica di Santa Croce a Firenze.
+ + +
+ + +
+ + +
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+ + +
Amiche
e amici
Anno
2019
Quel
che avvicina non è la comunanza delle opinioni, è la consanguineità degli
spiriti.
Marcel
Proust, da Aforismi di F. Vasta e G.
Raciti
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Una notte magica, www.laRecherche.it, n. 235, Roma 2019.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, Sul fiume di notte
Sul fiume di notte
…
pensavo che già il Ponte Vecchio era cosparso
a profusione di giacinti e d’anemoni
Marcel Proust, Dalla
parte di Swann,
Parte Terza, Nomi di
paesi: il nome
La barca scivola al centro
del fiume foderato di notte,
la pertica affonda nell’acqua
spinta nel fondo dal
barcaiolo.
Le braccia del Ponte Vecchio
si aprono illuminate di
finestre,
la voce della guida s’infrange
nella volta di pietre
dell’arcata.
Si compie l’incontro sognato
con la città di Giotto, per
dono
il viaggio nella notte con gli
amici
che intendono il respiro
dell’Arte.
La barca taglia lo sfavillio
dei colori accesi dai fanali,
sfiora il cartiglio di marmo,
la testa
di caprone, al Ponte a Santa
Trinita.
Giacinti e anemoni sulle
sponde,
si riflettono i palazzi
nell’acqua,
s’immergono con gli occhi
sgranati
verso di noi, fianco a fianco.
Nell’ombra scintillano
d’emozione
gli sguardi degli amici, le
sciarpe
di seta, i fiori della
“Primavera”,
i tratti della “Madonna del Magnificat”.
Silenzio, la città è lontana,
sprofondata nel sonno, regala
la visione delle forme più
nascoste
come un’amante addormentata.
Un colpo di pertica più
deciso,
la barca si gira rapida, sulla
via
del ritorno, l’“Estate” dal
ponte
sembra sporgersi nel fiume
sullo sfondo la “Giustizia”
in piedi sulla colonna, vola
verso di noi, poi ritorna al
suo
posto, la bilancia che
oscilla.
Stringiamo le mani commossi
dal dono di queste visioni,
unisce il filo della memoria,
lo studio di Eltsir, le
passeggiate.
Davanti all’arco sul Piazzale
degli Uffizi, la barca dirige
verso la riva, Palazzo
Vecchio,
altissimo, ci viene incontro
la torre, corolla fiorita di
luci.
Il barcaiolo solleva la
pertica.
Guardiamo con sguardi nuovi
il fiume foderato di
notte.
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Nella
stanza foderata di sughero
Anno
2020
Per
comprendere più a fondo la proposta di questa antologia pensiamo alla stanza
foderata di sughero in cui Proust si era auto isolato in una sorta di
quarantena volontaria a causa della cagionevolezza della sua salute. Tutta
Combray nasce sì dai ricordi ma dai ricordi di una persona in quarantena.
Adesso che siamo tutti passati da una esperienza simile vediamo se, come
Proust, siamo capaci di costruire una “Combray” e se siamo stati capaci di
reinventare gli spazi, in cui siamo stati confinati, usando memoria e fantasia.
Siccome nulla va perduto e niente accade una volta sola, la quarantena 2020 ha
dato la possibilità a ciascuno di tornare con la mente a Combray e vivere
quegli aspetti con lo sguardo attuale e il ricordo dell’immensa Opera
proustiana.
Dalla presentazione dell’Antologia 2020
I
suoi libri vegliarono come angeli dalle ali spiegate.
Marcel Proust, La Prigioniera
INVITO:
Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani, Quarantena a Combray, www.laRecherche.it, n. 244, Roma 2020.
RISPOSTA:
Roberto Mosi, Sinfonia: “Combray. Lontana
e vicina”.
Sinfonia: “Combray. Lontana e vicina”
I) La terrazza
Lentamente la bolla d’aria si
è gonfiata
sulla terrazza sopra la città
sgomenta.
La bolla mi ha inghiottito, lo
sguardo
vaga dalla Torre d’Arnolfo
alla Ferrovia.
Con me i ricordi di Combray,
il campanile
un’unghia che graffia
stridendo il cielo.
Il tempo si dilata, lo spazio
sconfinato
abitato da infiniti frammenti
di vita.
Il clamore del silenzio, la
somma
di essere soli, in fuga l’uno
dall’altro.
Invidio le rondini, leggere
sfiorano
la terrazza in una scia di
stridii.
La sera m’assale il gelo delle
ombre
che dalla terra salgono al
cielo.
II) Solitudine
Nella città devastata nessun
pensiero per la sua
solitudine.
Arriva all’angolo della strada
sfila sotto la mia terrazza
sussurrando piano piano.
Si ferma al semaforo rosso
riparte pensoso per il Centro
alle fermate sale il silenzio
in vestaglia da camera verde.
Compie il giro per le vie mute
sfila ancora sotto la terrazza
per la nuova corsa nella città
con la sua inutile solitudine.
III) Straniero fra gli uomini
I giorni passano lenti sulla
terrazza
aperta su uno spicchio di
periferia,
gocce d’acqua sulle stalattiti
della grotta.
Lo sguardo curioso insegue
voli
nell’aria tiepida di
primavera.
Ora lontani sullo sfondo delle
case
raccolte sotto la Torre
D’Arnolfo
o delle dolci colline di
Fiesole
ora vicini alla balaustra di
ferro
piena di fiori, gerani e
garofani.
Ora conosco il nome di ogni
specie
la veste delle loro piume,
maschi
e femmine, il modo di far la
corte
ora distinguo i loro versi di
saluto
e di richiamo, il mattino e la
sera.
Ora so come si alzano in volo
l’ondeggiare della traiettoria
nel vento, il fermarsi
improvviso
ora non mi sorprende lo
scontro
per primeggiare sul rosso dei
tetti.
Ormai sono uno di loro sopra
la terrazza invasa dallo
stridio
dei voli nel silenzio della
città
ormai straniero tra gli uomini
ammutoliti dall’epidemia.
III) Moltitudini
Moltitudini di angeli celesti
a Natale sopra la grotta,
vestiti
di oro di lino bianco e puro.
Corrono nel mondo a svegliare
chi dorme, per cantare in coro
l’amore per il nuovo nato.
Quando si spengono le luci
rimangono sulla terra,
per le strade
giacca e cravatta, gonne
tweed.
Moltitudini di corpi infetti
portati via da camion militari
alla guida angeli in divisa.
Colonne di camion, la luce
blu lampeggiante in testa
chiedono strada a noi vivi.
Moltitudini di topi ovunque
piccoli odiati perseguitati
escono dalle discariche.
Moltitudini di topi corrono
nel giorno per i muri bianchi
impazziti cercano l’uscita.
+ + +
+ + +
+ + +
+ +
+ + +
Narciso
Anno
2021
Fin
dal mattino, la testa girata ancora verso il muro, e pria di aver visto sopra
le grandi tende della finestra, di che sfumatura fosse la striscia di luce,
sapeva già che tempo faceva.
Marcel
Proust, La Prigioniera
INVITO: Aa. Vv., a cura di Giuliano Brenna e Roberto
Maggiani, Sette quadri da “La
Prigioniera”, www.laRecherche.it, n. 247, Roma 2021.
RISPOSTA: Roberto Mosi, La
Galleria dei quadri
La
Galleria dei quadri
La stradina selciata di Delft
vive il silenzio del cortile
nella luce del cielo nuvoloso
tetti degradanti delle case
sul colore rosso dei mattoni
sul bianco animato dei muri
La luce illumina la donna
il bianco assoluto del latte
nella ciotola sul tavolo,
versato
la fascia azzurra sui capelli
La luce incontra il colore
il vero diventa metafisica
La veduta di Deft – bisbiglia
il quadro più bello del mondo.
Bergotte cerca, Jeu de Pomme
il lembo di muro giallo oltre
la tettoia tra i tetti
illuminati
Crolla ansimante sul divano
La mutevole luce degli alti
cieli ventosi d’Olanda
unisce il tempo e lo spazio
incontra la striscia delle
case
di Delft, contrappunto fisso
alla vastità del cielo
nuvoloso
Il primo piano nell’ombra
nel grigio della nube più alta
lo sfondo dei tetti illuminati
la luce disegna chiaroscuri
riflessi d’acqua nel bacino
oltre la striscia di sabbia
Narciso spossato dalla noia
si china, lo specchio d’acqua
invaghito dalla forma riflessa
un amore che non ha corpo
crede un corpo la sua ombra
Statua di marmo fissa se
stesso
Disteso a terra contempla
due stelle, sono i suoi occhi
i capelli degni di Apollo
il collo d’avorio e la gemma
della bocca, ammira quello che
fa di lui un essere
meraviglioso
Desidera, senza saperlo, se
stesso
Figure bugiarde nello specchio
oscillano fra onde oscillanti
linee evanescenti dell'amore
desiderio di corpi lontani
vicini, la noia la meta finale
Irraggiungibile il nido,
l'anima
POSTFAZIONE
Recensione
di SILVIA RANZI sulla sezione di poesie:
“ OMAGGIO
A MARCEL PROUST”
dall’ANTOLOGIA
LIRICA
di ROBERTO MOSI
“ POESIE 2009 – 2016 “ Collana
Perle, Ottobre 2016, Giuliano Ladolfi Editore
MARCEL PROUST (1871 – 1922)
La composita Antologia lirica di Roberto Mosi, dal variegato itinerario
poetico, è contraddistinta da cicli ispirativi dalla studiata vena evocativa:
l’ultima sezione è dedicata alla rivisitazione dell’universo letterario e
psicologico di Marcel Proust, scrittore francese carismatico per aver fondato
la sua poetica narrativa sulla “memoria involontaria” quale cardine di
riesumazione di stati di coscienza nella dialettica tra il passato che riemerge
ed il presente che riacquista significato nella cornice di vicende e dinamiche
relazionali che trovano una compiuta narrazione nel ciclo monumentale: “ A’ la
recherche du temps perdu”, polittico che consta di 7 romanzi: “Dalla parte di
Swann”, “All’ombra delle fanciulle in fiore”, “ I Guermantes”, “ Sodoma e
Gomorra”, “La prigioniera”, “ La fuggitiva”, “ Il tempo ritrovato” (3724
pagine).
L’io narrante tra sonno e veglia si riappropria di
ricordi e sensazioni per ricostruire un’identità frammentata e dispersa: come
in un preludio di Wagner si attua la resurrezione del passato.
L’opera viene scritta nel lasso di tempo fra il 1909
- all’età di 38 anni - ed il 1922, data in cui M.Proust muore di polmonite:
soffriva fin da bambino di una grave forma d’asma. Gli ultimi tre romanzi
usciranno postumi.
L’incipit: Le MADELEINES ed il loro gradevole impasto.
LIRICA DI R. MOSI:
“ LA CUCINA DI PROUST”
Cucina miraggio per la memoria della gola, /
il sapore della lettura / mischiata al gusto dei sapori, /i lamponi del Signor
Swann / la torta alle mandorle / la crema al cioccolato / l’impasto per la petite
madeleine.
….E’ un pomeriggio di inverno. Il narratore è a
casa di sua madre che gli offre una tazza di tè con un biscotto.
All’assaggiarlo, egli si sente attraversato da sensazioni che non sa
comprendere. Facendo il vuoto attorno a sè, riconosce un sapore familiare alla
sua infanzia: quello delle “madaleines” che la vecchia zia Léonie gli dava a
Combray: l’infanzia ritorna…. Il mondo perduto ritorna….Seguono le passeggiate
compiute da piccolo nei dintorni di Combray…. Stretta intimità con la madre, la
cui figura si riflette ed è fissata anche nel ritratto della nonna.
LIRICA di R.
MOSI: “ I CAMPANILI DI MARTINVILLE”: da Iliers a Cabourg (“ Dalla
parte di Swann)
Ah, la Francia dei campanili, / delle
cattedrali alte / su ondeggianti pianure./
“ Cèleste , la mia opera / è come una
cattedrale”.
Lo stesso M.Proust, come si evince dall’inciso
citato, paragona la struttura del suo romanzo ad una cattedrale gotica, con le
sue zone d’ombra, il moltiplicarsi dei corpi accessori e laterali.
Si compie la sua vocazione letteraria : l’obiettivo
era creare il libro assoluto, fare delle esperienze della propria vita i
materiali di un’opera d’arte. In quel periodo storico giocano un ruolo decisivo
le ascendenze del clima dell’epoca insite nelle correnti letterarie del
Simbolismo e del Decadentismo, mentre in filosofia si affermava
“l’Intuizionismo” di Henri Bergson.
Salvare il passato, riattingendo ad esso mediante
il ricordo multisensoriale - non solo vista ed udito di solito prioritari nel
narrare, ma anche gusto, olfatto e tatto - attraverso” Epifanie” che riguardano
oggetti, sapori, profumi e dati fenomenici prosaici capaci di evocare la
riesumazione di vissuti riaffioranti, mediante l’atto rivelatore della
scrittura, da cui lo stesso Roberto
Mosi è animato nell’attivare la genialità di Proust, attualizzarla,
ricostruendo la sua personalità ed il suo ambiente storico e mondano attraverso
il verseggiare lirico studiato in una sorta di transfer psicologico.
ENCICLOPEDIA GEV: “Proust distilla il succo
vitale della grande esperienza del Decadentismo europeo e, oltre a dare misura
classica a questa “commedia umana” e ad aprire la via al romanzo d’analisi del
Novecento, testimonia in modo emblematico un atteggiamento morale e di una
crisi che lo collocano a lato degli altri grandi creatori della cultura
novecentesca: Mann, Joyce, Musil”.
Superando lo statuto dell’io-entità storica, Proust
scavalca la tradizione narrativa memorialista del Realismo e Naturalismo
ottocentesco per approdare ad una narrazione tra autobiografia e saggismo in
una posizione d’avanguardia per la sua mobilità strutturale tra esperienza
individuale e verità universali sulla base della percezione del sè: il
periodare proustiano è ipotattico, sinuoso, con incisi e parentetiche quale
ricerca, divenire, scoperta del sé. La portata narrativa dal un punto di
vista linguistico è paragonabile alla rivoluzione della percezione ottica dei
colori introdotta dagli Impressionisti in Pittura e da Claude Debussy nella
musica. I dati del vivere nella prospettiva antirealista, sono
interiorizzati tra mitizzazione e demistificazione, diventando emblemi di
verità spirituali: l’intelligenza per Proust va soggetta al cuore per cui si
parla di un Polittico romanzato dominato dalle “intermittenze del cuore”.
Gli oggetti, le sensazioni, le persone coinvolte, gli intrecci relazionali, il
dipanarsi degli affetti vissuti, gli ambienti riesumati, i viaggi immaginati,
sono presentati nell’aura del loro investimento emotivo.
I temi della formazione adolescente di Proust: arte,
vita mondana, amore sono strettamente intrecciati al compiersi del suo destino
vocazionale legato alla sensibilità creativa. Nella sezione “Prigioniera” (fuga
di Albertine a Parigi), c’è l’amore negato… il disinganno d’amore, ma
l’ancoraggio all’Arte sembra schiudere quella pacificazione che l’amore nega
(Albertine muore).
Roberto Mosi
rende omaggio a M. Proust, inscenando con i suoi versi il contesto sociale
dell’epoca in cui visse grazie al variegato affresco che lo stesso scrittore
delinea della Parigi del tempo tra borghesia in ascesa e nobiltà o aristocrazia
nei salotti culturali e mondani a cavallo fra i due secoli.
Il pittore Giovanni Boldini, ferrarese
d’origine, con formazione a Firenze ai tempi dei Macchiaioli presso il Caffè
Michelangelo, si radica a Parigi, realizzando nelle sue tele, mediante una
prassi pittorica elegante e vibrante, il fervore culturale che precede i
conflitti mondiali: le folle in movimento delle grandi città, il teatro, i
cavalli ed i passanti, ritratti di Signore della società mondana, siglando uno
stile apprezzato da E.Degas e J.Sargent .
M.Proust, che apparteneva ad una famiglia
dell’agiata borghesia parigina - padre medico (Ispettore dell’Igiene pubblica)
e la madre, ebrea alsaziana (tra i 32 ed 36 anni perde entrambi) - era un
giovane elegante e raffinato, frequentava i salotti più esclusivi del Faubourg
St.Germains, collaborava con Riviste del tempo sul piano critico, dimostrando
fin da subito talento e qualità nello scrivere, preparando il suo futuro da
sensibile ed acuto narratore.
Roberto Mosi
nelle poesie dedicate all’universo introspettivo del narratore francese
dimostra di saper attivare , grazie ad una immedesimazione analitica e
contemplativa, quel processo di riscatto del tempo perduto, tra memoria,
emozionalità, incanto e disincanto nelle circostanze dell’esistenza: amore
provato e negato, ricontestualizzazione culturale e sociale del tempo,
convivialità nell’arte culinaria, affinità e diversità, mondanità ed eros.
LIRICA di
R.MOSI : “ LA ROSA
D’ARGENTO”, Cena all’Hotel Ritz Place .
Tra gli ammiratori di Proust: il sogno proustiano
di Luchino Visconti che scrisse una sceneggiatura negli anni ’70; un
‘impresa mitizzata e rimpianta dalle “pellicole mani nate”.
IL TEMPO E LA DURATA INTERIORE: la prospettiva
interiore visione spirituale e intuitiva dell’essere.
Nella sezione “All’ombra delle fanciulle in
fiore” l’amore per Albertine nella località a Balbec, sul mare normanno, lo
introduce nell’amicizia con il pittore Elstir di cui condivide l’arte impostata
sulla metafora come si evince nella LIRICA
DI R.Mosi: “ Il SILENZIO DIPINTO DELLE PAGINE”; nel rientro a
Parigi, nella tormentata convivenza con Albertine, diviene amico del musicista
Vinteuil.
Nell’ultima sezione del ciclo monumentale:“ Il tempo
ritrovato” (1916), dopo un lungo soggiorno in clinica, il narratore torna in
una Parigi esposta ai bombardamenti tedeschi .. è la fine di un’epoca, ma
l’obiettivo é raggiunto: riaccordarsi con il passato, recuperarlo nelle sua
verità armoniche e disarmoniche, riviverlo nella sua integralità olistica e
riconsegnarlo alla memoria della propria identità sentimentale, razionale ed
esperienziale, vincendo la morte.
LIRICA di
R.MOSI : “ LA VEDUTA DI DELFT”, dipinto di JAN VERMEER
, adorato da M.Proust nella sezione: “ La prigioniera” e l’amicizia con lo
scrittore BERGOTTE.
Artista insigne del Seicento olandese. Visione
estatica del reale che privilegia il visibile fenomenico interiorizzato tra
esterni vedutistici ed interni della quotidianità che sono realizzati nella
quieta ed accostante verità percettiva e contemplativa, mobile gioco dei
chiaroscuri, incantante armonia, magia del silenzio.
La mutevole luce degli alti / cieli ventosi
d’Olanda / respira di metafisica fissità /unisce il tempo e lo spazio /
incontra la striscia delle case / di Delft, contrappunto / alla vastità del
cielo nuvoloso.
Assistiamo al RECUPERO SENTIMENTALE e vitale
attraverso le categorie del tempo e della memoria nell’indirizzo estetizzante
di fine secolo:
“…notre
vie, la vraie vie, la vie enfin découverte et éclaircie, la seule réellement
vecue…”
è
quella che si ricrea nell’opera d’Arte.
Aprile
2017, SILVIA RANZI
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GLI AUTORI
Enrico Guerrini
Enrico Guerrini, nato a Firenze nel 1977, attratto
da tutte le espressioni artistiche dal fumetto al graffito, espone regolarmente
in mostre personali. Ha illustrato, in una serie di mostre a Empoli, alcune
opere teatrali di Ferruccio Busoni; ha allestito mostre organizzate da
Giancarlo Marini su importanti personalità del 900: sui cantautori, Fabrizio De
André e Piero Ciampi, e il jazzista Luca Flores. Appassionato di musica classica, ha
collaborato al progetto Dipingendo Bach con il violoncellista Luca Provenzano.
Realizza insieme al poeta Roberto Mosi, performances in cui, all’impronta,
illustra testi poetici e collabora anche con alcune associazioni teatrali
fiorentine come scenografo. Ha illustrato le tre cantiche della Divina Commedia
e i lavori sono stati esposti – una cantica ogni anno, dal 2016 – in mostre
alla Casa di Dante. Nel maggio 2017 organizza una mostra antologica delle sue
opere I miei primi quarant’anni; nel giugno dello stesso anno, realizza Il
murale della scrittura nel cortile delle Muratine a Pontassieve. Dal 2019
espone le sue opere negli spazi allestiti dalla Toraia, nei mesi estivi, sul
Lungarno del Tempio. Recente è la collaborazione con il dantista Massimo
Seriacopi in una serie di opere dedicate al sommo poeta.
Roberto Mosi
Roberto Mosi vive a Firenze, è stato dirigente per
la Cultura alla Regione Toscana. L'ultimo libro pubblicato: Ogni sera Dante
ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta (Il Foglio 2021).
Nell’anniversario delle celebrazioni dantesche, l’autore partendo dal tema del
libro, ha realizzato video, riportati su YouTube, ed ha animato varie
manifestazioni. Mosi si interessa di
poesia, racconti e fotografia. Per la poesia ha pubblicato Promethéus. Il dono
del fuoco (Ladolfi 2021), Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in
Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello
Etrusco (Il Foglio 2018), Eratoterapia (Ladolfi 2017), Poesie 2009-2016
(Ladolfi 2016), Concerto (Gazebo 2014). Per la narrativa ha pubblicato Elisa
Baciocchi e il fratello Napoleone (Il Foglio 2013), Esercizi di volo (Europa
Edizioni 2016) e Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni 2014). L’autore ha realizzato mostre di fotografia
presso caffè letterari e sale di esposizione. La ricerca è rivolta al rapporto
fra l’immagine fotografica, la pittura e la poesia. Fra le mostre: Firenze,
foto grafie, Passaggi, Firenze Riflessa, Mito Firenze, Nonluoghi. Mosi è fra i
redattori di “Testimonianze”, rivista fondata da Ernesto Balducci, e “L’area di
Broca”, diretta da Mariella Bettarini. Cura i Blog: www.robertomosi.it e
www.poesia3002.blogspot.it.
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INDICE
Premessa. Incontri felici con
Marcel Proust
1. Il sapore del ricordo
2. Narrare
3. Pittura, la creazione del mondo
4. Il biancospino
5. Incontrarsi all’Hotel Ritz
6. Il viaggio (sognato) a Firenze
7. Il profumo del tempo
8. Incontri
9. Amiche e amici
10. Nella stanza foderata di sughero
11. Narciso
Postfazione. Silvia Ranzi, omaggio a Marcel Proust
Gli autori
Incontro dell’ Officina del Mito
RispondiElimina“Buon Natale (ANNO) Marcel Proust”
Il 13 dicembre 2022 si è svolto alla Società delle Belle Arti – Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, l’incontro “Buon Natale Marcel Proust” per rendere omaggio al grande scrittore francese nel centenario della sua scomparsa, avvenuta a 51 anni, il 18 novembre 1922. Il gruppo Officina del Mito ha promosso l’evento, presentato dal manifesto con un dipinto di Andrea Simoncini, nel quale al ritratto “trasognato” dell’autore della Recherche, si aggiunge l’immagine delle celebri petites madeleines. Per presentare l’autore e la sua opera, si è posto al centro della riflessione il tema: “l’Arte e il Mito per il recupero della memoria”, dalla pittura, alla musica, al racconto … al sapore delle madeleines.