Link a Literary 27 gennaio 2020
“L’effimero
e l’eterno”, la mostra al Palagio di Parte Guelfa
È stata inaugurata il 15 gennaio alla Biblioteca fiorentina del Palagio
di Parte Guelfa la mostra collettiva "L'effimero e l'eterno" del
Gruppo “Camera Chiara” che raccoglie alcuni cittadini appassionati della
fotografia. La mostra, con accesso libero, è aperta presso la Sala dei Consoli
della Biblioteca e rimarrà aperta fino al 23 febbraio. L’iniziativa ha fatto riferimento agli
indirizzi proposti dal Laboratorio del Dipartimento Cultura della Federazione
Italiana delle Associazioni Fotografiche.
Sono esposte fotografie di Giovanni Cavazzuti, Antonio Desideri, Marco Fantechi, Raffaello Gramigni,
Adriana Levi, Roberto Mosi, Lia Mucciarini, Elisa Ricci e Carlotta Salvadore.
La cura dell’organizzazione della mostra è stata di Marco Fantechi.
Il tema della mostra è apparso fin dall’inizio interessante e di un certo fascino. “Cosa è l’effimero? Cosa è l’eterno?”. Questi due concetti sono il punto di partenza per la ricerca fotografica degli autori. “I due termini possono essere ricondotti – si legge nella proposta degli organizzatori - ad una ridefinizione di valore: è effimero ciò che non ha consistenza e dunque vale poco, è superficiale, a tratti inutile; è eterno ciò che ha invece un grande valore ed una grande importanza data la sua “infinità”. Effimero ed eterno sono stati sempre accostati l’uno all’altro per descrivere la dicotomia della nostra vita: da un lato la quotidianità, fatta di momenti effimeri, dall’altra la natura stessa della vita che noi percepiamo come qualcosa di così duraturo da sembrare eterno, ma che paragonato all’infinità del tempo diviene solo un bagliore effimero.”
Il tema della mostra è apparso fin dall’inizio interessante e di un certo fascino. “Cosa è l’effimero? Cosa è l’eterno?”. Questi due concetti sono il punto di partenza per la ricerca fotografica degli autori. “I due termini possono essere ricondotti – si legge nella proposta degli organizzatori - ad una ridefinizione di valore: è effimero ciò che non ha consistenza e dunque vale poco, è superficiale, a tratti inutile; è eterno ciò che ha invece un grande valore ed una grande importanza data la sua “infinità”. Effimero ed eterno sono stati sempre accostati l’uno all’altro per descrivere la dicotomia della nostra vita: da un lato la quotidianità, fatta di momenti effimeri, dall’altra la natura stessa della vita che noi percepiamo come qualcosa di così duraturo da sembrare eterno, ma che paragonato all’infinità del tempo diviene solo un bagliore effimero.”
Esiste dunque una
relazione intrinseca tra effimero ed eterno, tanto che uno trae senso dal
rapporto con l’altro. È il racconto per immagini di questa relazione che costituisce il
filo rosso che collega i singoli lavori fotografici esposti.
Un piccolo catalogo illustra
la mostra. Interessante scorrere alcuni titoli delle opere, dai toni intriganti
e poetici: “Fuggevoli riflessi”, “Luce effimera ed eterna”, “Isola di Montecristo
… eterna presenza che scompare velata nella nebbia”, “L’effimero e l’eterno… o
l’eterno effimero’”, “In volo tra l’effimero e l’eterno”.
Il lavoro di Roberto Mosi è
ispirato alla scena delle api che ornano la base della statua equestre del
granduca Ferdinando I de’ Medici, in piazza SS. Annunziata, opera del
Giambologna. Nel cartiglio che guarda la Basilica, al centro, vi è l'ape
regina, contornata, a cerchi concentrici sfalsati, dalle altre api
dell'alveare, per cui rimane difficile contarne il numero senza confondersi. La
simbologia è allusivamente molto chiara: il granduca al centro (l'ape regina)
che non incute nessun timore, attorniato dal pacifico popolo fiorentino
rappresentato dalle api operose.
Il lavoro di Roberto Mosi dal tito lo “Le api del Granduca”, riporta quattro
immagini, da un’ape ripresa da sola (un piccolo episodio, “l’Effimero”),
all’ape regina attorniata dalle altre api (“l’Eterno).
Una poesia dell’autore fa riferimento
alla piazza della SS. Annunziata e alla scena delle api (dalla raccolta “Ilprofumo dell’iris”, Gazebo Libri 2018; video trailer: https://www.youtube.com/watch?reload=9&v=RBxsN5TNLAo ).
L’Annunziata
Sulla strada
di casa attraverso
piazza
dell’Annunziata.
Novanta passi
è lunga,
trenta le
colonne, otto i bambini
in fasce,
tondi bianchi di smalto,
sessanta le
api per il Granduca.
Sotto la
loggia degli Innocenti
la ruota, la
prima figlia esposta
fu chiamata
Agata Smeralda.
Sotto la
loggia dei Serviti
lunga la fila
dei poveri
per la
minestra, sugli scalini
giovani
fumano pensosi.
Nell’ombra
corpi stesi
fra coperte,
nel cassonetto
la donna
cerca cose dal fondo.
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