giovedì 14 novembre 2019

Leonardo da Vinci: la Botanica - Mostra - Per una nuova Scienza tra Arte e Natura

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La Mostra “La Botanica di Leonardo da Vinci” a Firenze

Di grande fascino e attualità la Mostra, che abbiamo recentemente visitato, “La Botanica di Leonardo. Per una nuova scienza tra Arte e Natura” aperta a Firenze, dal 13 settembre al 15 dicembre 2019, presso il complesso di Santa Maria Novella.
La forma geometrica del Dodecaedro e l’albero di Gelso sono i due simboli della Mostra. Per gli antichi Greci e per i neoplatonici rinascimentali il Dodecaedro rappresenta l’intero universo. Il Gelso è una delle piante più amate da Leonardo, che l’ha rappresentato, come tema unico, nella sala delle Asse del Castello Sforzesco di Milano.
Tra gli ideatori della Mostra Stefano Mancuso, una delle massime autorità mondiali nel campo della neurobiologia vegetale, e Fritjof Capra, fisico e teorico dei sistemi fondatore e direttore del Center for Ecoliteracy a Berkeley in California. Tavole originali, installazioni interattive e piante reali creano un appassionante percorso espositivo che ci consegna l’immagine di un pensatore sistemico ecologista, capace di combinare arte e scienza, e di guardare alla vita e alla natura – e all’uomo - come un’entità unica in cui tutto è connesso e tutto è in movimento.
La botanica di Leonardo diventa così, dalla fillotassi alla dendrocronologia, un punto di osservazione privilegiato per aprirsi ad un discorso contemporaneo sull’evoluzione scientifica e la sostenibilità ecologica. Nell’intreccio tra fogli originali, elementi naturali e installazioni interattive, la Mostra offre così al pubblico l’occasione di approfondire un importante terreno d’indagine di Leonardo e di apprezzarne gli altissimi esiti raggiunti.
Di grande interesse nella visita alla Mostra, la riflessione sul disegno dei poliedri, ottimamente illustrati dai pannelli presenti lungo il percorso del visitatore, dai quali abbiamo ripreso i nostri appunti. Nel Chiostro Grande di Santa Maria Novella e in alcune piazze di Firenze trovano posto i cinque solidi geometrici che secondo Platone (428-347 a.C.), raccogliendo l’eredità dei Pitagorici, davano corpo ai quattro elementi del cosmo: •l’esaedro per la terra, •l’icosaedro per l’acqua, •l’ottaedro per l’aria, •il tetraedro per il fuoco, • il dodecaedro per la quintessenza. Empedocle accostava questi corpi poliedrici regolari alle radici del mondo. Per gli antichi infatti ogni elemento risultava costituito da numerosi e piccolissimi poliedri tutti uguali, invisibili all’occhio umano ma presenti, quasi come un’analisi cristallografica.
Gli studi di Leonardo da Vinci sulla matematica e sulla geometria a Milano sono debitori di fra Luca Pacioli (1445-1517) che conobbe a Milano alla corte di Ludovico il Moro e che continuò a frequentare negli anni successivi, disegnando per il suo Compendio de la divina proportione sessanta solidi regolari. È grazie a questa feconda frequentazione che Leonardo sviluppa negli anni profonde riflessioni sull’aritmetica, sull’algebra, sulle proporzioni e sulla geometria euclidea, elementi costruttivi del mondo, secondo una visione sistemica che intreccia scienza, filosofia e arte. Riprendendo quanto aveva scritto Platone nel Timeo, Pacioli ribadisce infatti la correlazione tra gli elementi costitutivi del mondo e i cinque solidi regolari, “bastanti e sufficienti in natura”.
L’acqua è legata all’icosaedro (piazza Santa Maria Novella), solido composto da ben 20 facce triangolari e quindi conveniente al modo di spargersi e di muoversi proprio dell’acqua.
La forma del cubo o esaedro (piazza Bambini di Beslan) è attribuita alla terra, che appare costantemente ferma e stabile; questo solido per muoversi ha infatti bisogno, più di ogni altra figura, di una forte spinta.
Il fuoco è correlato al tetraedro (piazza Stazione), poiché il fuoco sale verso l’alto come una piramide.
All’aria è associato l’ottaedro (Chiostro grande in Santa Maria Novella), perché questo solido ben coglie l’abilità dell’aria di diffondersi in alto e in basso.
Al dodecaedro (piazza Signoria) è infine associata la quintessenza: “e la forma del 12 basi pentagoneatribuì al cielo, si commo a quello che è ricettaculo de tutte le cose: questo duodecedronel simile fiaricettaculo e albergo de tutti gli altri 4 corpi regulari”.
Nel Manoscritto M, al foglio 80v, Leonardo disegna in sequenza i cinque poliedri regolari indicando il numero delle loro facce e i loro nomi traslitterati dal greco. I solidi regolari si offrono così ancora oggi come simboli non solo di armonia e di perfezione formale ma anche della complessità e del mistero dell’universo e, quindi, della nostra conoscenza: “Nissuna umana investigazione si pòdimandare vera scienzia, se essa non passa per le matematiche dimostrazioni. E se tu dirai che le scienze, che principiano e finiscano nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma si niega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade esperienzia, sanza la quale nulla dà di sé certezza.” (Cod. Urb. Lat. 1270, f.1v)
Il visitatore esce dalla Mostra su “La botanica di Leonardo”, crediamo, profondamente soddisfatto, per la “conferma” dell’attualità del pensiero di Leonardo, per la sua capacità di dedicarsi e di leggere la complessità e la profondità dei fenomeni naturali, che restituisce agli occhi di un moderno osservatore la figura di un uomo che aveva già elaborato un approccio “sistemico”. “In definitiva Leonardo sembra invitarci a rimettere in discussione la nostra vita in relazione all’ambiente, al nostro rapporto con le creature e con gli elementi naturali; in altre parole ci invita a sentirci parte di un universo, anziché padroni della Terra, nella prospettiva di uno sviluppo realmente sostenibile, un visone sistemica questa che presenta tratti di straordinaria attualità e modernità”.
Possiamo ancora soffermarci sul mondo della botanica vista con gli occhi di oggi, con questa poesia e con una riflessione dell’ambientalista Gilles Clément.

Cigli erbosi

“Frammento indeciso del giardino planetario, il
Terzo  paesaggio  è  costituito  dall’insieme  dei
luoghi abbandonati dall’uomo. Questi margini
raccolgono una diversità biologica che non è a
tutt’oggi rubricata come ricchezza.”
                   Gilles  Clément  “Manifesto  del  Terzo  paesaggio

Al margine della città
i cigli erbosi della strada
i bordi dei campi dove nasce
un’erba strana, senza nome
l’aiuola dismessa, indecisa
sulla sua natura,
indefinita sul suo destino.

Zone libere
zone che sfuggono al nostro controllo,
meritano rispetto per la loro verginità
per la loro disposizione naturale all’indecisione.

La diversità
trova rifugio su il ciglio della strada
l’orlo dei campi, un acquitrino
o un piccolo orto non più coltivato
un piazzale invaso da erbacce.

Residui dove nascono cose nuove,
idee nuove, forze nuove. No.
Potrebbero nascere
                                   ma non è detto che nascano.


(“Navicello Etrusco”, R. Mosi, Il Foglio)




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