I campanili
di Martinville
“Alla svolta di una stradina,
provai all’improvviso quel piacere speciale, che non assomiglia a nessun altro,
nello scorgere i due campanili di Martinville, sui quali batteva il sole al
tramonto e che per il movimento della carrozza e le curve della strada
sembravano cambiare di posto” (Marcel Proust, Dalla
parte di Swann).
I.
Il
campanile appare
dal
treno, un’unghia
che
graffia stridendo
il cielo,
intorno il gregge
delle
case. “Siamo arrivati!”
Ah, la
Francia dei campanili,
delle
cattedrali alte
su
ondeggianti pianure.
“Cèleste, la mia opera
è come una cattedrale”.
Immagini
animate
di
campanili, raccolte
nei
quartieri di Parigi,
dall’automobile
a Caen,
sulle
colline di Combray.
II.
Lo
sguardo del ragazzo
scruta i
fianchi di pietra
del
campanile di Combray
le
finestre scandite,
occhi di
un viso regolare.
“Ha un’aria naturale
e distinta”, sorride
la nonna
seguendo
lo slancio
della
guglia addolcita
dagli
ultimi raggi di sole.
La fuga
delle pietre
in alto
in alto, due mani
giunte
nella preghiera,
coronamento
di ogni
punto di
vista della città.
Le pietre
lanciano fuori
centinaia
di corvi
partono
infiniti voli,
li
riassorbono, sparisce
il
frullio delle ali.
III.
“Non ho talento, pensa,
non ho un’idea illuminante”.
Marcel
penetra l’impasto
d’argilla,
lo scompone.
Cercano
le mani, la mente.
IV.
“Salite sulla carrozza”.
Corrono
come il vento
i cavalli
del dottore
sulla via
del ritorno,
dalla
parte di Guermantes.
Alla
svolta della strada
i due
campanili di Martinville
si
muovono, cambiano
di posto,
un terzo
arriva da
oltre la valle.
Al girare
della carrozza
lasciano
la posizione,
si
spingono l’uno accanto
all’altro,
si mettono in fila
si
dividono, fuggono.
“Giganteschi, incombenti
con tutta la loro altezza
si gettarono davanti a noi,
avemmo appena il tempo
di fermarci davanti al portone”.
Dalla
collina di fronte
scorge
ancora le pareti
assolate:
si aprono,
la
corteccia si squarcia,
appare
quello che era nascosto.
V.
“Dottore, una matita,
della carta”.
L’urgenza
del
pensiero, delle parole:
“Li rivedo come tre fiori
sopra i
campi, dipinti nel cielo”.
“Sono anche le tre ragazze
di una leggenda, abbandonate
in un luogo solitario”.
Si
stringono l’una all’altra,
una sola
sagoma nera.
Qualcosa
si agita nella mente,
un’idea,
la riveste di parole,
scrive
sulla carta espressioni,
forse,
per un libro,
da
comunicare al mondo.
“La gallina ha fatto l’uovo!”
Marcel
canta a cassetta
accanto
al cocchiere,
un
foglietto nelle tasche,
le mani
sporche d’argilla.
Roberto
Mosi, I campanili
di Martinville, in AA. VV. (a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani), Da
Illiers a Cabourg, www.laRecherche.it
, n. 113, Roma 2012, pagg. 142-145.
“La gallina ha fatto l’uovo!”
Per
l’ Antologia della casa editrice www.larecherche.it pubblicata il 10 luglio 2012 con
il tema “Da Illiers a Cabourg” – sempre in occasione della ricorrenza della
nascita di Proust – abbiamo composto il testo poetico “I campanili di
Martinville”. E’ affascinante il modo in cui lo scrittore coglie i caratteri di
questa parte della Francia, conosciuti nel corso dell’infanzia (si veda il
libro “Dalla parte di Swann”), scanditi dall’imporsi dei campanili sul
paesaggio, che Proust ammira e ama profondamente, influenzato anche dalle osservazioni
della nonna. Suscita, in particolare, grande meraviglia l’apparire improvviso,
al ritorno in carrozza da una passeggiata, dei due campanili di Martinville “sui quali batteva il sole al tramonto e che
per il movimento della carrozza e le curve della strada sembravano cambiare di
posto”. Questo episodio diventa anche il pretesto per mostrare nel
protagonista–ragazzo l’urgenza di fissare sulla carta le piccole, grandi sorprese
della vita di tutti i giorni ed è finalmente la rivelazione della sua capacità
di scrivere: “La gallina ha fatto l’uovo!”
Disegni
di Enrico Guerrini.
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“Alla svolta di una stradina, provai all’improvviso quel piacere speciale, che non assomiglia a nessun altro, nello scorgere i due campanili di Martinville, sui quali batteva il sole al tramonto e che per il movimento della carrozza e le curve della strada sembravano cambiare di posto” (Marcel Proust, Dalla parte di Swann).
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“Alla svolta di una stradina, provai all’improvviso quel piacere speciale, che non assomiglia a nessun altro, nello scorgere i due campanili di Martinville, sui quali batteva il sole al tramonto e che per il movimento della carrozza e le curve della strada sembravano cambiare di posto” (Marcel Proust, Dalla parte di Swann).
I.
Il campanile appare
dal treno, un’unghia
che graffia stridendo
il cielo, intorno il gregge
delle case. “Siamo arrivati!”
Ah, la Francia dei campanili,
delle cattedrali alte
su ondeggianti pianure.
“Cèleste, la mia opera
è come una cattedrale”.
Immagini animate
di campanili, raccolte
nei quartieri di Parigi,
dall’automobile a Caen,
sulle colline di Combray.
II.
Lo sguardo del ragazzo
scruta i fianchi di pietra
del campanile di Combray
le finestre scandite,
occhi di un viso regolare.
“Ha un’aria naturale
e distinta”, sorride la nonna
seguendo lo slancio
della guglia addolcita
dagli ultimi raggi di sole.
La fuga delle pietre
in alto in alto, due mani
giunte nella preghiera,
coronamento di ogni
punto di vista della città.
Le pietre lanciano fuori
centinaia di corvi
partono infiniti voli,
li riassorbono, sparisce
il frullio delle ali.