Link Literary 18.11 - La Botanica di Leonardo
Di
grande fascino e attualità la Mostra, che abbiamo recentemente visitato, “La
Botanica di Leonardo. Per una nuova scienza tra Arte e Natura” aperta a Firenze,
dal 13 settembre al 15 dicembre 2019, presso il complesso di Santa Maria
Novella.
La
forma geometrica del Dodecaedro e l’albero di Gelso sono i due simboli della
Mostra. Per gli antichi Greci e per i neoplatonici rinascimentali il Dodecaedro
rappresenta l’intero universo. Il Gelso è una delle piante più amate da
Leonardo, che l’ha rappresentato, come tema unico, nella sala delle Asse del
Castello Sforzesco di Milano.
Tra
gli ideatori della Mostra Stefano Mancuso, una delle massime autorità mondiali
nel campo della neurobiologia vegetale, e Fritjof Capra, fisico e teorico dei
sistemi fondatore e direttore del Center for Ecoliteracy a Berkeley in
California. Tavole originali, installazioni interattive e piante reali creano
un appassionante percorso espositivo che ci consegna l’immagine di un pensatore
sistemico ecologista, capace di combinare arte e scienza, e di guardare alla vita
e alla natura – e all’uomo - come un’entità unica in cui tutto è connesso e
tutto è in movimento.
La
botanica di Leonardo diventa così, dalla fillotassi alla dendrocronologia, un
punto di osservazione privilegiato per aprirsi ad un discorso contemporaneo
sull’evoluzione scientifica e la sostenibilità ecologica. Nell’intreccio tra
fogli originali, elementi naturali e installazioni interattive, la Mostra offre
così al pubblico l’occasione di approfondire un importante terreno d’indagine
di Leonardo e di apprezzarne gli altissimi esiti raggiunti.
Di
grande interesse nella visita alla Mostra, la riflessione sul disegno dei
poliedri, ottimamente illustrati dai pannelli presenti lungo il percorso del
visitatore, dai quali abbiamo ripreso i nostri appunti. Nel Chiostro Grande di
Santa Maria Novella e in alcune piazze di Firenze trovano posto i cinque solidi
geometrici che secondo Platone (428-347 a.C.), raccogliendo l’eredità dei
Pitagorici, davano corpo ai quattro elementi del cosmo: •l’esaedro per la
terra, •l’icosaedro per l’acqua, •l’ottaedro per l’aria, •il tetraedro per il fuoco,
• il dodecaedro per la quintessenza. Empedocle accostava questi corpi
poliedrici regolari alle radici del mondo. Per gli antichi infatti ogni
elemento risultava costituito da numerosi e piccolissimi poliedri tutti uguali,
invisibili all’occhio umano ma presenti, quasi come un’analisi
cristallografica.
Gli
studi di Leonardo da Vinci sulla matematica e sulla geometria a Milano sono
debitori di fra Luca Pacioli (1445-1517) che conobbe a Milano alla corte di
Ludovico il Moro e che continuò a frequentare negli anni successivi, disegnando
per il suo Compendio de la divina
proportione sessanta solidi regolari. È grazie a questa feconda
frequentazione che Leonardo sviluppa negli anni profonde riflessioni
sull’aritmetica, sull’algebra, sulle proporzioni e sulla geometria euclidea,
elementi costruttivi del mondo, secondo una visione sistemica che intreccia
scienza, filosofia e arte. Riprendendo quanto aveva scritto Platone nel Timeo,
Pacioli ribadisce infatti la correlazione tra gli elementi costitutivi del
mondo e i cinque solidi regolari, “bastanti e sufficienti in natura”.
L’acqua
è legata all’icosaedro (piazza Santa
Maria Novella), solido composto da ben 20 facce triangolari e quindi
conveniente al modo di spargersi e di muoversi proprio dell’acqua.
La
forma del cubo o esaedro (piazza
Bambini di Beslan) è attribuita alla terra,
che appare costantemente ferma e stabile; questo solido per muoversi ha infatti
bisogno, più di ogni altra figura, di una forte spinta.
Il fuoco
è correlato al tetraedro (piazza
Stazione), poiché il fuoco sale verso l’alto come una piramide.
All’aria è associato l’ottaedro (Chiostro grande in Santa Maria Novella), perché questo
solido ben coglie l’abilità dell’aria di diffondersi in alto e in basso.
Al dodecaedro
(piazza Signoria) è infine associata la quintessenza: “e la forma del 12 basi pentagoneatribuì al cielo, si commo a quello che
è ricettaculo de tutte le cose: questo duodecedronel simile fiaricettaculo e
albergo de tutti gli altri 4 corpi regulari”.
Nel
Manoscritto M, al foglio 80v, Leonardo disegna in sequenza i cinque poliedri
regolari indicando il numero delle loro facce e i loro nomi traslitterati dal
greco. I solidi regolari si offrono così ancora oggi come simboli non solo di
armonia e di perfezione formale ma anche della complessità e del mistero
dell’universo e, quindi, della nostra conoscenza: “Nissuna umana investigazione si pòdimandare vera scienzia, se essa non
passa per le matematiche dimostrazioni. E se tu dirai che le scienze, che
principiano e finiscano nella mente, abbiano verità, questo non si concede, ma
si niega per molte ragioni; e prima, che in tali discorsi mentali non accade
esperienzia, sanza la quale nulla dà di sé certezza.” (Cod. Urb. Lat. 1270,
f.1v)
Il
visitatore esce dalla Mostra su “La botanica di Leonardo”, crediamo, profondamente
soddisfatto, per la “conferma” dell’attualità del pensiero di Leonardo, per la
sua capacità di dedicarsi e di leggere la complessità e la profondità dei
fenomeni naturali, che restituisce agli occhi di un moderno osservatore la
figura di un uomo che aveva già elaborato un approccio “sistemico”. “In
definitiva Leonardo sembra invitarci a rimettere in discussione la nostra vita
in relazione all’ambiente, al nostro rapporto con le creature e con gli
elementi naturali; in altre parole ci invita a sentirci parte di un universo,
anziché padroni della Terra, nella prospettiva di uno sviluppo realmente
sostenibile, un visone sistemica questa che presenta tratti di straordinaria
attualità e modernità”.
Possiamo
ancora soffermarci sul mondo della botanica vista con gli occhi di oggi, con
questa poesia e con una riflessione dell’ambientalista Gilles Clément.
Cigli
erbosi
“Frammento
indeciso del giardino planetario, il
Terzo paesaggio
è costituito dall’insieme
dei
luoghi
abbandonati dall’uomo. Questi margini
raccolgono
una diversità biologica che non è a
tutt’oggi
rubricata come ricchezza.”
Gilles Clément
“Manifesto del Terzo
paesaggio”
Al
margine della città
i
cigli erbosi della strada
i
bordi dei campi dove nasce
un’erba
strana, senza nome
l’aiuola
dismessa, indecisa
sulla
sua natura,
indefinita
sul suo destino.
Zone
libere
zone
che sfuggono al nostro controllo,
meritano
rispetto per la loro verginità
per
la loro disposizione naturale all’indecisione.
La
diversità
trova
rifugio su il ciglio della strada
l’orlo
dei campi, un acquitrino
o
un piccolo orto non più coltivato
un
piazzale invaso da erbacce.
Residui
dove nascono cose nuove,
idee
nuove, forze nuove. No.
Potrebbero
nascere
ma non è
detto che nascano.
(“Navicello
Etrusco”, R. Mosi, Il Foglio)
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