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ABSTRACT
Roberto Mosi, Il profumo dell’iris, Gazebo Libri,
Firenze novembre 2018, pag. 90, € 8
Il
libro raccoglie poesie dedicate alla città dove l’autore vive, la visione di
Firenze – che ha per simbolo l’iris - è scandita secondo la trama delle piazze, le strade, le colline. La
raccolta si presenta come “un invito a seguire il poeta nella visita di luoghi
ben conosciuti, per cogliere con lui un gamma di sensazioni, condividere
immagini che emergono dal profondo, ricordi legati alla vita personale e a
quella di una comunità dal carattere particolare” (dalla prefazione).
Roberto
Mosi, più volte presente alla Libreria Salvemini per la presentazione dei suoi
libri di poesia e di narrativa, si confronta con temi carichi di significato,
spostandosi in un itinerario elicoidale, con una visione in progress. “Ed entra
anche, quasi spontaneamente la Storia, con la iniziale maiuscola. Si crea un
effetto sincronico e armonioso, che il linguaggio nitido riesce a rendere in
modo efficace. Una visione tridimensionale, direi: le linee della città e del
suo territorio, la storia del quotidiano e dell’io, la Storia con la maiuscola.
E in questa costruzione a tre dimensioni vive una forte tensione etica,
un’anima da uomo planetario, come lo definiva padre Balducci” (Giuseppe Baldassarre,
“Pianeta Poesia”).
Bellezze
storia e vita giornaliera s’incontrano, sorrette dalle anafore di Le Murate, Le Cure, La Cupola, D’agosto, Sui marciapiedi, Quartiere
popolare, etc., e da una lieve ironia, con il pensiero e l’arte di artisti
e poeti che hanno calcato le sue strade, chiudendo con l’anafora Amo le parole, una poesia posta alla
fine del volume.
“Si tratta di poesie
che raccontano una città, i suoi umori e quelli dell’autore, le sue
problematiche, la durezza della realtà non dissimile da altre grandi città,
come la poesia dedicata al carcere delle Murate («… E venne il tempo del carcere / delle Murate. Storie / di disperazione
trovano / componimento dai quartieri / popolari. Il fiume bussò / alle porte
del carcere / il mese di novembre / e volle le sue vittime…, Le Murate, p.
15), la vita quotidiana dei suoi abitanti attraverso le poesie Il mercato dei cenci, La stazione, il Casone dei poveri; la vita per strada dei senza tetto, dei
dannati come li chiama Mosi, che non hanno un domani (Sui marciapiedi); gli angoli naturali, le vie, le piazze, il fiume
Arno, il famoso Ponte Vecchio, il salotto buono de “Le Giubbe Rosse” dove la poesia e l’arte è di casa, la collina di Fiesole,
L’erta dei Catinai (“… Dopo l’erta dei Catinai / si apre la vista
su Firenze, / città elegante / preziosa come il profumo / dell’iris …, pag.
48) . Insomma le bellezze di Firenze
ma anche le brutture, di una Firenze antica e contemporanea, quasi una mappa
“poetica”, una guida della città soprattutto per chi la ama e la sa apprezzare”
(Giorgio Moio, poeta e critico).
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