Roberto Mosi
Leggo Orfeo
in Fonte Santa ritrovando il poeta di sempre, intento a tracciare la trama
della vita che ripete sé stessa con voci diverse, dagli echi lontani
eternamente rinnovati.
La storia si dipana ed emerge come acqua di
fonte, come specchio riflettente età arcane, più vicine a noi o vicinissime,
con la guerra partigiana e il suo eroe mischiato agli dei dell’Olimpo etrusco e ai cantori Antellesi.
Tutto fluisce con la naturalezza della
musica del fogliame e l’incanto della natura boschiva, ritratta nelle belle immagini
fotografiche dell’autore, e che, soprattutto nella poesia, semina vibrazioni
intense, suggestioni liriche e un forte respiro emozionale.
La cultura che trapela dai versi mai
soverchia il canto, sempre cristallino e dai bagliori d’immagini accese da
eventi e da apparizioni.
Il poemetto dedicato al partigiano-eroe
Daviddi, è in realtà melodia che, tra favola,
mito, storia e cronaca, “s’intreccia
con il vibrare/ delle foglie” celebrando la bellezza della natura e dell’arte
in tutte le sue espressioni.
“ I venti profumati di mare/…/ abbracciano
le geometrie magiche della Cupola”…
“La sera, nel capanno, i versi/ di Dante e
dell’Ariosto/ le storie di Paolo e Francesca, / dell’Orlando Furioso./ Gli
animali nei recinti.”
E di questa melodia, anche la lettura
subisce tutto il fascino.
C.B. 23 maggio 2019
Mariagrazia Carraroli
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