Quasi quasi lo rileggo
ROBERTO
MOSI, Esercizi di volo, Roma, Europa
Edizioni, 2016, p. 96, euro 13.90
“Ho letto con piacere
“Esercizi di volo” del mio carissimo
amico Roberto Mosi.
Mitico, favoloso come
nessun altro, ama il mare, (in particolare il golfo di Baratti), Piombino, i
miti, la fotografia, i non luoghi, ama organizzare mostre e presentazioni, ma
soprattutto ama la scrittura quella che salva la vita, perchè scrivendo e riscrivendo riesce a tenere
lontano le sue ossessioni!
Questo libro è diviso
in due parti ben riconoscibili che si alternano equamente: quella dove l’autore
illustra un percorso autobiografico con la sua analista Alessandra, e che è
scritto in prima persona, e l’altra dove un narratore onnisciente, scrivendo in
terza persona, parla dell’organizzazione di una festa per esaltare “La Follia” che si dovrebbe svolgere nel
mese di agosto nel magnifico castello di Salorno che si arrocca sopra uno
spuntone di roccia in Trentino Alto Adige, provincia di Bolzano.
Non si poteva
scegliere un paesaggio diverso da questa valle meravigliosa, che l’autore ben
conosce, per ambientare tutta la storia, un paesaggio molto amato che gode
dell’ammirazione di ogni persona che ha la fortuna di capitare là per un
soggiorno più o meno lungo.
La Follia, che “Rallegra con la sua divina potenza gli dei e gli uomini”, è la
protagonista assoluta, ma lo sono anche tutti i personaggi che girando come in
una giostra vorticosa danno vita ad eventi straordinari difficili da
descrivere, da collocare, da analizzare.
Una delle più
straordinarie invenzioni è quella di far avvenire gli eventi in una stazione
ferroviaria, non luogo per antonomasia, dove ci sono i lunghi rettilinei di due
binari, senza alcuno scambio, due semafori, un edificio con la sala di attesa, l’ex
casa del capostazione, un magazzino, un parcheggio, un giardino.
In questa stazione avverranno
fatti sensazionali, delitti quasi irrisolti, indagini della polizia che non si
concludono, ricerche di una tigre ferita curata e riportata a Monaco, luogo di
fughe, via di salvezza.
La stazione sarà la
testimone diretta di tutte le riunioni e di tutte le decisioni che verranno
prese per organizzare la festa, degli arrivi e delle partenze dei più strani e fantasiosi
personaggi. Incombente sopra ogni cosa, la voce dell’altoparlante che, con
stancante monotonia, ripete l’invito di “Allontanarsi
dalla linea Gialla”. Il giallo non è un colore felice, il giallo non dona,
è premonitore di disgrazie.
I personaggi
protagonisti sono originalissimi e vengono evidenziati con un nome proprio ma
anche con un aggettivo coniato apposta, un creativo neologismo, che li fa
apparire subito agli occhi del lettore come se balzassero fuori da una favola
perché qui il favoloso è la componente più evidente.
Abbiamo così
“Cristoforo il vuotacantine, amante
delle buone bottiglie di vino; Gioia, la cercatricedistorie
che registra e poi trascrive i fatti su un rosso quaderno; il maestro Bussotti,
direttoreartistico della festa;
Einstein, lo scienziatodeisognirelativi
responsabile degli aspetti scientifici e tecnici; Michelangelo da Peretola l’architettoasimmetrico, discendente
dell’illustre artista fiorentino; Greta la ferroviariannaffiarose
che insieme alla sua gatta Alice cura il giardino della stazione, scacciandone
gli afidi.
Altri personaggi, pur
non essendo umani, non sono da meno perchè Martino il semforodelbinariouno e Salvatore il semaforodelbinariodue parlano e interagiscono tra di loro, con
uomini e animali, con altri macchinari ed altri oggetti perché qui l’immaginazione
supera tutti i confini: il linguaggio, la possibilità di dialogare e comunicare
non è riservata agli esseri umani ma ad animali e oggetti inanimati e tutti
trovano questa facoltà per niente inusuale.
Una trovata geniale
che mi ha fatto tanta tenerezza, che mi ha commosso, come sentirci uniti in un
comune destino!
Ed ecco la
protagonista assoluta ”La follia” che
con un salto temporale dal sedicesimo secolo arriva fino ai nostri giorni per
mettere alla berlina le meschinità e le bassezze degli esseri umani: ma lo fa
con ironia, lo fa per suscitare il riso, essendo proprio lei il fondamento della
nostra felicità.
Così Erasmo e la sua
compagna Norma, moderni saltimbanchi, si spostano di paese in paese con il loro
carrozzone e allestiscono sempre lo stesso spettacolo: fra rullare di tamburi,
declamazioni, colpi di scena riescono ad affascinare il pubblico che alla fine
entusiasta applaude perché ha capito il messaggio “per godersi la vita un pizzico di follia non deve mancare.”
In questo panorama
Erasmo da Rotterdam viene affiancato da altri personaggi famosi e Illustri per
i loro folli comportamenti: Orlando Furioso e il Cavalier Astolfo, don
Chisciotte e Sancho Panza, ma anche Francois Rabelais che scrive delle
avventure del gigante Gargantua e di suo padre Pantagruel, fino ad arrivare al
poeta Dino Campana con i suoi Canti Orfici e il suo viaggio chiamato amore.
Proseguendo nella
storia troviamo Maria Elisa. Ricca imprenditrice lucchese, presidente della
scuola della Creatività, avendo sentito della festa di Salorno decide di
partecipare a quell’evento. Per lei è importante accumulare ricchezza e per
questo sa far bene pubblicità a quello che si può vendere e commercializzare dal
momento che la follia travolge ogni resistenza dell’uomo consumatore. Emblema
di questo atteggiamento e della follia del futuro è l’uomo Windows, dal cui corpo gigantesco si aprono decine di
finestre. Riusciremo a non essere travolti da tale malefica follia? Come sarà
il nostro futuro? Saremo sempre più alienati, depressi, violenti? Ritroveremo
l’amore per noi stessi e per gli altri?
Sono domande senza
risposta: Roberto ci suggerisce di riflettere perché il domani ce lo prepariamo
vivendo bene l’oggi.
Maria Elisa purtroppo
ha dei nemici e durante una riunione all’improvviso si spengono le luci e tra
grida mostruose viene barbaramente uccisa: un delitto difficile da risolvere,
una vittima della follia dell’odio. Gli assassini per il momento sono fuggiti
ma il commissario Renon riuscirà a scoprirli. La giustizia dovrà trionfare e
l’ordine sociale essere ristabilito.
I giorni trascorrono
in fretta, il mese di agosto si avvicina, i preparativi sono studiati nei
minimi particolari. Questo grande fermento non sfugge all’analista Alessandra
che consiglia al suo paziente di iscriversi ad una scuola di scrittura perché
metta sulla pagina le sue esperienze di vita.
Infatti ogni volta
che si incontrano, analista e paziente, esaminano fogli e fogli pieni di
meravigliosi racconti che pian piano prendono forma di romanzo.
Siamo arrivati in
fondo alla storia: la festa sta per iniziare. Giungono gli amici da
Francoforte, giungono anche quelli da Firenze: il traffico si ferma, il
pubblico si avvicina e alle prime ombre della sera inizia lo spettacolo.
Musiche, proiezioni, effetti
speciali: le immagini dei personaggi sfilano davanti agli spettatori e la valle
diventa una enorme Cappella Sistina piena di luci e di colori, ma..
C’è sempre un ma alla
fine di ogni storia.
Uno strano sibilo, un
fruscio, una scintilla, un corto circuito e l’incendio divampa. Lingue di fuoco
sempre più violente distruggendo ogni cosa riducono in cenere il castello.
In un fuggi fuggi
generale le persone con l’aiuto dei pompieri a stento si mettono in salvo.
All’alba da un rudere
annerito si alza ancora un filo di fumo: la follia si ribella e brucia chi si
avvicina al suo mondo.
L’analista e il paziente
si salutano: lui adesso è guarito e può camminare con le sue gambe.
Io personalmente non
sono sicura: che la follia alberghi ancora nella mente del mio carissimo amico
Roberto?
Nel finale si
racconta che un giovane dai ruderi del castello incenerito ha lanciato un pacco
di fogli: poi legandosi alle braccia due ali di tela si è gettato dagli spalti
come se volesse volare.
Ahhhh: ho capito: è
proprio Roberto che non vuole smetterla di fare i suoi esercizi di volo!
Comunque a questo
finale non credo: ogni cosa è andata a buon fine, il romanzo è qui aperto sulle
mie mani e l’ho piacevolmente letto tutto d’un fiato.
Anna
Maria Volpini
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