venerdì 28 dicembre 2018

"Quasi quasi lo rileggo" il Romanzo sulla Follia



Recensione di Annamaria Volpini, pubblicata sul Blog www.robertomosi.it

Quasi quasi lo rileggo


ROBERTO MOSI, Esercizi di volo, Roma, Europa Edizioni, 2016, p. 96, euro 13.90

“Ho letto con piacere “Esercizi di volo” del mio carissimo amico Roberto Mosi.
Mitico, favoloso come nessun altro, ama il mare, (in particolare il golfo di Baratti), Piombino, i miti, la fotografia, i non luoghi, ama organizzare mostre e presentazioni, ma soprattutto ama la scrittura quella che salva la vita, perchè  scrivendo e riscrivendo riesce a tenere lontano le sue ossessioni!
Questo libro è diviso in due parti ben riconoscibili che si alternano equamente: quella dove l’autore illustra un percorso autobiografico con la sua analista Alessandra, e che è scritto in prima persona, e l’altra dove un narratore onnisciente, scrivendo in terza persona, parla dell’organizzazione di una festa per esaltare “La Follia” che si dovrebbe svolgere nel mese di agosto nel magnifico castello di Salorno che si arrocca sopra uno spuntone di roccia in Trentino Alto Adige, provincia di Bolzano.
Non si poteva scegliere un paesaggio diverso da questa valle meravigliosa, che l’autore ben conosce, per ambientare tutta la storia, un paesaggio molto amato che gode dell’ammirazione di ogni persona che ha la fortuna di capitare là per un soggiorno più o meno lungo.

La Follia, che “Rallegra con la sua divina potenza gli dei e gli uomini”, è la protagonista assoluta, ma lo sono anche tutti i personaggi che girando come in una giostra vorticosa danno vita ad eventi straordinari difficili da descrivere, da collocare, da analizzare.
Una delle più straordinarie invenzioni è quella di far avvenire gli eventi in una stazione ferroviaria, non luogo per antonomasia, dove ci sono i lunghi rettilinei di due binari, senza alcuno scambio, due semafori, un edificio con la sala di attesa, l’ex casa del capostazione, un magazzino, un parcheggio, un giardino.
In questa stazione avverranno fatti sensazionali, delitti quasi irrisolti, indagini della polizia che non si concludono, ricerche di una tigre ferita curata e riportata a Monaco, luogo di fughe, via di salvezza.
La stazione sarà la testimone diretta di tutte le riunioni e di tutte le decisioni che verranno prese per organizzare la festa, degli arrivi e delle partenze dei più strani e fantasiosi personaggi. Incombente sopra ogni cosa, la voce dell’altoparlante che, con stancante monotonia, ripete l’invito di “Allontanarsi dalla linea Gialla”. Il giallo non è un colore felice, il giallo non dona, è premonitore di disgrazie.
I personaggi protagonisti sono originalissimi e vengono evidenziati con un nome proprio ma anche con un aggettivo coniato apposta, un creativo neologismo, che li fa apparire subito agli occhi del lettore come se balzassero fuori da una favola perché qui il favoloso è la componente più evidente.

Abbiamo così “Cristoforo il vuotacantine, amante delle buone bottiglie di vino; Gioia, la cercatricedistorie che registra e poi trascrive i fatti su un rosso quaderno; il maestro Bussotti, direttoreartistico della festa; Einstein, lo scienziatodeisognirelativi responsabile degli aspetti scientifici e tecnici; Michelangelo da Peretola l’architettoasimmetrico, discendente dell’illustre artista fiorentino; Greta la ferroviariannaffiarose che insieme alla sua gatta Alice cura il giardino della stazione, scacciandone gli afidi.
Altri personaggi, pur non essendo umani, non sono da meno perchè Martino il semforodelbinariouno e Salvatore il semaforodelbinariodue parlano e interagiscono tra di loro, con uomini e animali, con altri macchinari ed altri oggetti perché qui l’immaginazione supera tutti i confini: il linguaggio, la possibilità di dialogare e comunicare non è riservata agli esseri umani ma ad animali e oggetti inanimati e tutti trovano questa facoltà per niente inusuale.
Una trovata geniale che mi ha fatto tanta tenerezza, che mi ha commosso, come sentirci uniti in un comune destino!
Ed ecco la protagonista assoluta ”La follia” che con un salto temporale dal sedicesimo secolo arriva fino ai nostri giorni per mettere alla berlina le meschinità e le bassezze degli esseri umani: ma lo fa con ironia, lo fa per suscitare il riso, essendo proprio lei il fondamento della nostra felicità.
Così Erasmo e la sua compagna Norma, moderni saltimbanchi, si spostano di paese in paese con il loro carrozzone e allestiscono sempre lo stesso  spettacolo: fra rullare di tamburi, declamazioni, colpi di scena riescono ad affascinare il pubblico che alla fine entusiasta applaude perché ha capito il messaggio “per godersi la vita un pizzico di follia non deve mancare.” 
In questo panorama Erasmo da Rotterdam viene affiancato da altri personaggi famosi e Illustri per i loro folli comportamenti: Orlando Furioso e il Cavalier Astolfo, don Chisciotte e Sancho Panza, ma anche Francois Rabelais che scrive delle avventure del gigante Gargantua e di suo padre Pantagruel, fino ad arrivare al poeta Dino Campana con i suoi Canti Orfici e il suo viaggio chiamato amore.
Proseguendo nella storia troviamo Maria Elisa. Ricca imprenditrice lucchese, presidente della scuola della Creatività, avendo sentito della festa di Salorno decide di partecipare a quell’evento. Per lei è importante accumulare ricchezza e per questo sa far bene pubblicità a quello che si può vendere e commercializzare dal momento che la follia travolge ogni resistenza dell’uomo consumatore. Emblema di questo atteggiamento e della follia del futuro è l’uomo Windows, dal  cui corpo gigantesco si aprono decine di finestre. Riusciremo a non essere travolti da tale malefica follia? Come sarà il nostro futuro? Saremo sempre più alienati, depressi, violenti? Ritroveremo l’amore per noi stessi e per gli altri?
Sono domande senza risposta: Roberto ci suggerisce di riflettere perché il domani ce lo prepariamo vivendo bene l’oggi.
Maria Elisa purtroppo ha dei nemici e durante una riunione all’improvviso si spengono le luci e tra grida mostruose viene barbaramente uccisa: un delitto difficile da risolvere, una vittima della follia dell’odio. Gli assassini per il momento sono fuggiti ma il commissario Renon riuscirà a scoprirli. La giustizia dovrà trionfare e l’ordine sociale essere ristabilito.
I giorni trascorrono in fretta, il mese di agosto si avvicina, i preparativi sono studiati nei minimi particolari. Questo grande fermento non sfugge all’analista Alessandra che consiglia al suo paziente di iscriversi ad una scuola di scrittura perché metta sulla pagina le sue esperienze di vita.
Infatti ogni volta che si incontrano, analista e paziente, esaminano fogli e fogli pieni di meravigliosi racconti che pian piano prendono forma di romanzo.
Siamo arrivati in fondo alla storia: la festa sta per iniziare. Giungono gli amici da Francoforte, giungono anche quelli da Firenze: il traffico si ferma, il pubblico si avvicina e alle prime ombre della sera inizia lo spettacolo.
Musiche, proiezioni, effetti speciali: le immagini dei personaggi sfilano davanti agli spettatori e la valle diventa una enorme Cappella Sistina piena di luci e di colori, ma..
C’è sempre un ma alla fine di ogni storia.
Uno strano sibilo, un fruscio, una scintilla, un corto circuito e l’incendio divampa. Lingue di fuoco sempre più violente distruggendo ogni cosa  riducono in cenere il castello.
In un fuggi fuggi generale le persone con l’aiuto dei pompieri a stento si mettono in salvo.
All’alba da un rudere annerito si alza ancora un filo di fumo: la follia si ribella e brucia chi si avvicina al suo mondo.
L’analista e il paziente si salutano: lui adesso è guarito e può camminare con le sue gambe.
Io personalmente non sono sicura: che la follia alberghi ancora nella mente del mio carissimo amico Roberto?
Nel finale si racconta che un giovane dai ruderi del castello incenerito ha lanciato un pacco di fogli: poi legandosi alle braccia due ali di tela si è gettato dagli spalti come se volesse volare.
Ahhhh: ho capito: è proprio Roberto che non vuole smetterla di fare i suoi esercizi di volo!
Comunque a questo finale non credo: ogni cosa è andata a buon fine, il romanzo è qui aperto sulle mie mani e l’ho piacevolmente letto tutto d’un fiato.
Quasi quasi lo rileggo!”

Anna Maria Volpini



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