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di Giuseppe
Panella
Alla ricerca
dei nuovi luoghi della poesia. Roberto Mosi, Nonluoghi, Firenze,
Edizioni del Comune di Firenze, 2009
Una sottile plaquette
di versi questa di Mosi ma intensa, capace di suscitare emozioni e riflessioni
non banali. E’ ancora nostro il tempo della poesia lirica? C’è ancora la
possibilità di individuare delle correspondances tra il mondo del poeta
e quello del mondo in cui si trova a vivere? E’ utile scrivere ancora poesia
come se il progresso scientifico e tecnologico non fosse intervenuto a cambiare
le carte in tavola al gioco dei poeti?
L’anonimo
estensore della Nota iniziale al volumetto ammonisce con un po’ di
spavento e, tuttavia, tanta fiducia nel futuro:
«Sicuramente
non è più il mondo ottocentesco delle corrispondenze: su questo argomento già
negli anni Sessanta Roland Barthes ha scritto pagine più che interessanti (Il
grado zero della scrittura). Le corrispondenze di oggi non sono i ruscelli
e gli alberi delle foreste, ma gli oggetti, i treni, gli aerei, anche perché
“sopra il mare di pece / si vola a basso costo / i sedili inzuppati di giallo /
… da prenotare”. Rimane il mondo fluido delle emozioni, da inseguire con i
versi della poesia, con l’obiettivo della macchina fotografica. La partita da
giocare è proprio questa» (p. 6).
Eppure i non-lieux
(come li ha chiamati, scoprendoli quasi all’improvviso nel mondo in cui
ciascuno di noi viveva inconsapevole di essi, il grande sociologo Marc Augè)
esistono anche nella coscienza del poeta – anzi, sono forse proprio
quella coscienza.
L’anima
segreta della poesia di Mosi si nasconde nei non-luoghi sempre aperti e palesi
della modernità dispiegata, si ritrova nelle musiche degli e per gli aeroporti,
nelle voci metalliche degli altoparlanti delle stazioni ferroviarie, nelle
periferie puteolenti e straziate delle Metropoli gigantesche e abbandonate
dalla visione dei media, nei mercati infinitamente riforniti e poi
vuotati per essere riempiti ancora di merci e di inutile ciarpame, nella
prospettiva vertiginosa di un mondo che è più piccolo di un paesino dell’altro
secolo ed è sempre così spaventosamente grande e impercorribile. In aereo verso
Dublino, la voce narrante riscopre la grande poesia irlandese di questo secolo
(un lungo e raggiante percorso che va da Yeats fino a Seamus Heaney):
«Vibra
l’aereo. / L’annuncio: / “allacciarsi le cinture, / forte turbolenza”. /
Terrore nei volti, / Di gelo le mani di Giovanna, / brividi fra i passeggeri /
in volo per Dublino. / Per primo sorride / il bambino sul sedile / davanti,
m’invita / a giocare a nascondino. // Una terribile bellezza è nata
(William Butler Yeats) / Infinito il tempo per l’imbarco, / la rete dei voli
impazzita. // Sui cristalli della sala dell’attesa, / scopro la poesia di
Yeats, / i versi d’amore di Heaney. // Parlano ai passeggeri / i poeti
d’Irlanda» (pp. 10-11).
E’
l’Apocalisse della globalizzazione capitalistica che Mosi canta con spirito
ancora democratico, inseguendo Whitman e il suo afflato di cantore della
totalità del mondo:
«Cerco
l’anima delle città / raggiunte ai quattro / angoli de mondo. // Scivola
l’anima delle città. / Rimangono nella rete / schegge di storia, / riflessi di
uno stesso viso, / vesti nuove cucite / per la vanità di Narciso» (p. 20)
Le città
irredimibili e sognanti nel loro delirio di iperattività si configurano come
orizzonte di senso del futuro. In esso si trova lo spazio del destino dell’uomo
futuro, condannato al postumano, confitto nello spazio ristretto di una
sopravvivenza sempre più difficile:
«Witches. Fair is foul, and foul is fair. / Hover the fog and filthe air
(William Shakespeare, Macbeth, atto I) / Bolle la pentola bolle / il
sogno d’Europa il sogno / le fiamme ballano intorno / le streghe agitano il
brodo. / Il dito del banchiere deluso / l’occhio aguzzo di un rom / il bianco
sorriso di un nero / le vecchie gettano dentro. / Ronde occhiute in giro / zero
tolleranza zero / idee solidali in fumo / lo scudo spaziale nel cielo. //
Deflagra nella normalità del giorno / il messaggio e-mail / porta il dolore del
mondo. […] Bit byte bit byte / zero uno zero uno / uno zero // acceso spento
spento acceso / locale globale globale locale // punto rete punto rete / rete
punto / nano secondo nano secondo / secondo nano // blog ergosum sum ergoblog /
google yahoo google yahoo / yahoo google // messaggio d’amore d’amore messaggio
/ you tube you tube / tube you» (pp. 41-42).
Nella sua
poesia raggiata e simmetricamente agghiacciante, in un nuovo progetto di
eliotiana Waste Land, Mosi mostra la verità di ciò che esiste solo nelle
allucinazioni degli architetti e nelle formulazioni contabili degli economisti
o nei programmi irraggiungibili dei webmaster. Anche per lui quello che conta è
pur sempre l’uomo e la sua sfida al mondo che verrà. Ma per quanto potrà
resistere ancora? Per questo compito immane e (forse) inutile esistono ancora
dei poeti (come Heidegger ci ha insegnato molti anni or sono).
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