L’autore vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.
Roberto Mosi si interessa di poesia e fotografia. Per la poesia ha pubblicato Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio 2018), Eratoterapia (Ladolfi 2017), Poesie 2009-2016 (Ladolfi 2016). L’autore ha realizzato mostre di fotografia presso caffè letterari, biblioteche, sale di esposizione. Cura i Blog: www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it .
mercoledì 30 aprile 2025
Romanzi, Racconti, Saggi - Catalogo - Roberto Mosi
L’autore vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.
Fotografia, video, poesia visiva e pittopoesia, libro d'artista, officina del mito, performance - Catalogo - Roberto Mosi
L’autore vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale.
Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova;
è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.
Collegamento al Catalogo
lunedì 28 aprile 2025
POESIA - Libri, e-book -- CATALOGO - Roberto Mosi
Collegamento al catalogo
di Giuseppe
Panella
Alla ricerca
dei nuovi luoghi della poesia. Roberto Mosi, Nonluoghi, Firenze,
Edizioni del Comune di Firenze, 2009
Una sottile plaquette
di versi questa di Mosi ma intensa, capace di suscitare emozioni e riflessioni
non banali. E’ ancora nostro il tempo della poesia lirica? C’è ancora la
possibilità di individuare delle correspondances tra il mondo del poeta
e quello del mondo in cui si trova a vivere? E’ utile scrivere ancora poesia
come se il progresso scientifico e tecnologico non fosse intervenuto a cambiare
le carte in tavola al gioco dei poeti?
L’anonimo
estensore della Nota iniziale al volumetto ammonisce con un po’ di
spavento e, tuttavia, tanta fiducia nel futuro:
«Sicuramente
non è più il mondo ottocentesco delle corrispondenze: su questo argomento già
negli anni Sessanta Roland Barthes ha scritto pagine più che interessanti (Il
grado zero della scrittura). Le corrispondenze di oggi non sono i ruscelli
e gli alberi delle foreste, ma gli oggetti, i treni, gli aerei, anche perché
“sopra il mare di pece / si vola a basso costo / i sedili inzuppati di giallo /
… da prenotare”. Rimane il mondo fluido delle emozioni, da inseguire con i
versi della poesia, con l’obiettivo della macchina fotografica. La partita da
giocare è proprio questa» (p. 6).
Eppure i non-lieux
(come li ha chiamati, scoprendoli quasi all’improvviso nel mondo in cui
ciascuno di noi viveva inconsapevole di essi, il grande sociologo Marc Augè)
esistono anche nella coscienza del poeta – anzi, sono forse proprio
quella coscienza.
L’anima
segreta della poesia di Mosi si nasconde nei non-luoghi sempre aperti e palesi
della modernità dispiegata, si ritrova nelle musiche degli e per gli aeroporti,
nelle voci metalliche degli altoparlanti delle stazioni ferroviarie, nelle
periferie puteolenti e straziate delle Metropoli gigantesche e abbandonate
dalla visione dei media, nei mercati infinitamente riforniti e poi
vuotati per essere riempiti ancora di merci e di inutile ciarpame, nella
prospettiva vertiginosa di un mondo che è più piccolo di un paesino dell’altro
secolo ed è sempre così spaventosamente grande e impercorribile. In aereo verso
Dublino, la voce narrante riscopre la grande poesia irlandese di questo secolo
(un lungo e raggiante percorso che va da Yeats fino a Seamus Heaney):
«Vibra
l’aereo. / L’annuncio: / “allacciarsi le cinture, / forte turbolenza”. /
Terrore nei volti, / Di gelo le mani di Giovanna, / brividi fra i passeggeri /
in volo per Dublino. / Per primo sorride / il bambino sul sedile / davanti,
m’invita / a giocare a nascondino. // Una terribile bellezza è nata
(William Butler Yeats) / Infinito il tempo per l’imbarco, / la rete dei voli
impazzita. // Sui cristalli della sala dell’attesa, / scopro la poesia di
Yeats, / i versi d’amore di Heaney. // Parlano ai passeggeri / i poeti
d’Irlanda» (pp. 10-11).
E’
l’Apocalisse della globalizzazione capitalistica che Mosi canta con spirito
ancora democratico, inseguendo Whitman e il suo afflato di cantore della
totalità del mondo:
«Cerco
l’anima delle città / raggiunte ai quattro / angoli de mondo. // Scivola
l’anima delle città. / Rimangono nella rete / schegge di storia, / riflessi di
uno stesso viso, / vesti nuove cucite / per la vanità di Narciso» (p. 20)
Le città
irredimibili e sognanti nel loro delirio di iperattività si configurano come
orizzonte di senso del futuro. In esso si trova lo spazio del destino dell’uomo
futuro, condannato al postumano, confitto nello spazio ristretto di una
sopravvivenza sempre più difficile:
«Witches. Fair is foul, and foul is fair. / Hover the fog and filthe air
(William Shakespeare, Macbeth, atto I) / Bolle la pentola bolle / il
sogno d’Europa il sogno / le fiamme ballano intorno / le streghe agitano il
brodo. / Il dito del banchiere deluso / l’occhio aguzzo di un rom / il bianco
sorriso di un nero / le vecchie gettano dentro. / Ronde occhiute in giro / zero
tolleranza zero / idee solidali in fumo / lo scudo spaziale nel cielo. //
Deflagra nella normalità del giorno / il messaggio e-mail / porta il dolore del
mondo. […] Bit byte bit byte / zero uno zero uno / uno zero // acceso spento
spento acceso / locale globale globale locale // punto rete punto rete / rete
punto / nano secondo nano secondo / secondo nano // blog ergosum sum ergoblog /
google yahoo google yahoo / yahoo google // messaggio d’amore d’amore messaggio
/ you tube you tube / tube you» (pp. 41-42).
Nella sua
poesia raggiata e simmetricamente agghiacciante, in un nuovo progetto di
eliotiana Waste Land, Mosi mostra la verità di ciò che esiste solo nelle
allucinazioni degli architetti e nelle formulazioni contabili degli economisti
o nei programmi irraggiungibili dei webmaster. Anche per lui quello che conta è
pur sempre l’uomo e la sua sfida al mondo che verrà. Ma per quanto potrà
resistere ancora? Per questo compito immane e (forse) inutile esistono ancora
dei poeti (come Heidegger ci ha insegnato molti anni or sono).
giovedì 24 aprile 2025
Anniversario della Festa Liberazione - Alla Biblioteca delle Oblate "Testimonianze": "25 Aprile, data simbolo fra memoria e futuro"
Il video dell'incontro alle Oblate 22 aprile
Le biblioteche di
Firenze nell’agorà della memoria. 1945 – 2025
Nell’ottantesimo anniversario della Resistenza, il progetto
Memorie di Resistenza fiorentina unisce l’attività di undici biblioteche
del Comune di Firenze impegnate ognuna a presentare un tema importante, indicato
da una “parola guida”, in collaborazione con l’Istituto storico toscano della
Resistenza. L’insieme degli interventi dà vita ad un sistema che permette ad
ogni cittadino interessato di conoscere storie, episodi, trame di vita, vissute
in quei giorni di guerra e di essere partecipe del progetto con ricordi e con
documenti che sono nella sua disponibilità.
Le linee del progetto sono ben articolate, meritano di
essere approfondite, come intervento esemplare. Le storie, accompagnate da
documenti, fotografie, audio e video, vengono a far parte della raccolta dei
documenti, grazie al contributo dei testimoni, degli storici, delle famiglie;
si creano così percorsi tra persone e luoghi, utili per costruire nuovi
itinerari cittadini, per dare valore ad un patrimonio di memoria storica
collettiva. Sul sito del progetto Memorie di Resistenza fiorentina sono
raccolti episodi più o meno noti di partigiani e partigiane, degli internati
militari e degli ebrei, degli operai e delle operaie negli scioperi del 1944,
delle vittime senza nome dei bombardamenti alleati e delle esecuzioni sommarie,
dei deportati e torturati nelle “Ville Tristi”, vissute dall'8 settembre 1943
fino ai giorni della “battaglia di Firenze", terminata il 1° settembre
1944 con la liberazione di Fiesole e dell’intero territorio fiorentino.
Le undici “parole-guida” alle quali fanno riferimento le
biblioteche comunali sono: resistenze, occupazione, scelta, bombardamenti,
insurrezione, giovani, partigiani, alleati, ponti scioperi, violenze. Ogni
biblioteca ha organizzato uno spazio specifico, con pannelli illustrativi e
scaffali che contengono il materiale bibliografico e multimediale disponibile
sul tema della Resistenza e dell’antifascismo fiorentino; risponde alle
esigenze di diffusione della conoscenza e della cultura della memoria, che non
si esaurisce con il primo allestimento ma continuerà nel tempo. Nello
spazio si trova anche un totem digitale dal quale è possibile collegarsi sul
sito web per leggere storie, guardare video e ascoltare gli audio. Una nota
particolare: da una ricerca sul catalogo del sistema bibliotecario (SDIAF),
risulta che sono oltre undicimila i libri che parlano della Resistenza.
Ho sperimentato direttamente i servizi offerti dal progetto
per accedere alla consultazione delle informazioni e per avanzare nuove
proposte, secondo la scansione dei temi generali presentati. Ho esaminato la
voce “Resistenze”, curata dalla Biblioteca delle Oblate, relativa alle “molteplici
forme di Resistenza, quella armata e quella disarmata”: mi sono soffermato
sulla storia della giovanissima Gilda La Rocca che partecipa alle attività di
Radio CO.RA., è catturata, subisce le torture della banda Carità a Villa
Triste, per essere infine deportata. La biblioteca del Palagio di Parte Guelfa ha
considerato il tema “Occupazione”, “l’arrivo dei tedeschi a Firenze, la
Repubblica Sociale Italiana, le persecuzioni, le razzie”. La storia di Cesare
Fasola “partigiano e funzionario della Soprintendenza”, è esemplare per
raccontare l’impegno per la difesa delle opere d’arte, molte delle quali
depositate, fra rischi enormi di distruzione e dispersione, in alcuni castelli
posti nelle vicinanze di Firenze.
La biblioteca Fabrizio de André, nel rione di San Jacopino,
ha illustrato “Bombardamenti”, “sulle fabbriche, le ferrovie e la città, il
terrore della popolazione, i rifugi antiaerei”: ho seguito la storia di
Guglielmo Pratesi “Veleno”, partigiano, operaio delle Officine
di Porta al Prato, distrutte dal bombardamento del 2 maggio 1944. Il tema
dell’”Insurrezione” è stato curato dalla biblioteca Mario Luzi, nel rione di
Coverciano: “la battaglia di Firenze, il suono della Martinella, il terrore”;
particolare la storia di Maria Luigia Guaita dell’organizzazione clandestina
del Partito d’Azione, staffetta partigiana.
Sorprendenti la narrazione del tema “Alleati” (una
babele di lingue libera Firenze), affidata alla biblioteca del Galluzzo, e
le storie raccolte, dell’indiano Manakempat Kesavan Unni Nayar, del
nippoamericano Joe M. Nishimoto e del neozelandese Tau Rewharewha. La
biblioteca Filippo Buonarroti, rione di Novoli, ha preso cura del tema “Scioperi”,
“disobbedienza civile in un paese occupato, la difesa delle fabbriche e dei
macchinari durante la battaglia di Firenze, la deportazione”; fra le storie, mi
sono soffermato su quella di Giuliana Serafini operaia della Manifattura
Tabacchi, fra le protagoniste del coraggioso sciopero del marzo 1944, per il
pane e per la fine della guerra. Le pagine che suscitano, infine, il più
profondo orrore, quelle dedicate alle “Violenze”, “Le Ville Tristi, il terrore
dell’occupazione, i torturatori nazifascisti”, a cura della biblioteca
dell’Orticoltura, non lontana dalla “Villa Triste” di via Bolognese. Ci
fermiamo sgomenti sulla storia di Mario Carità, e della sua banda, il più
feroce degli aguzzini, criminale di guerra, che è sorpreso da una pattuglia di
soldati americani, il 19 maggio 1945, in fuga dall’Italia, con un incredibile
bottino, in un albergo delle Dolomiti, a Castelrotto; nella sparatoria, viene
ucciso, rimane ferita l’amante e sono colpiti a morte due soldati.
Scorrendo dunque le pagine del progetto, rese nelle diverse
forme dei recenti sistemi di documentazione, si ha una fotografia viva dei
giorni di guerra nella nostra città, in ogni sua parte e nei vari momenti, si presenta
chiaramente il baratro in cui era precipitata, con il nostro Paese, Firenze,
tanto che si comprende bene il forte anelito alla pace che ha animato gli anni
successivi, la più ferma condanna della guerra.
Il principio della partecipazione permea il progetto per
diffondere la cultura della memoria, ci si rivolge a singoli soggetti o a
famiglie a diretta conoscenza delle vicende della Resistenza, per presentare
testimonianze, documenti per arricchire la base delle informazioni, viene
inoltre coinvolta la scuola con agevoli procedure di accesso ai sevizi
programmati.
Credo di essere nella condizione per rispondere a questo invito. Sono nato nei primi anni della seconda guerra mondiale e un filo rosso lega alcuni miei ricordi ad altri, nati dal racconto di testimoni diretti delle vicende importanti di quel periodo, ricordi che hanno dato un segno profondo alla mia vita, vissuta fra memorie della guerra e la ricerca dell’affermazione di un nuovo mondo di pace, di incontro con gli altri, al di là di ogni confine. Varie schegge di memoria l’ho affidata ai versi di alcune poesie, inserite in antologie (Poesie 2009-2016 e Amo le parole. Poesie 2017-2023, Ladolfi), che idealmente potrebbero far parte delle raccolte promosse dal progetto Memorie di Resistenza fiorentina: le enormi fortezze volanti americane viste con terrore da bambino sopra la mia casa, che andavano a bombardare le Officine di Porta al Prato (poesia Porta al Prato), il racconto di mia madre, operaia, in sciopero nel marzo 1944 contro la guerra (Manifattura Tabacchi), il racconto di mio padre, soldato in Abissinia, testimone diretto della strage perpetrata in un villaggio da un manipolo di camicie nere (Ricordi), la visita ai luoghi della lotta partigiana, da Monte Morello a Monte Giovi, a Fonte Santa, sopra il paese dell’Antella. Ho dedicato un intero poemetto, Orfeo in Fonte Santa, Ladolfi, a questo luogo e ai sanguinosi scontri della Brigata Sinigaglia contro i tedeschi, nei giorni prima dell’”Insurrezione” e della “Battaglia di Firenze”. I versi del poemetto sono l’eco del racconto di mio suocero, David Daviddi, che fece parte della Brigata e partecipò nelle sue fila, alla liberazione di Firenze.
Nel libro presento la figura di questo partigiano. Partecipò nel 1935, insieme a un gruppo di giovani di Antella, alla costruzione del Rifugio posto lungo la via della Maremma vicino alla Fonte. Operaio alle Officine Galileo di Firenze, fu condannato nel 1939 a sei anni di reclusione dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato per “partecipazione ad associazione sovversiva e propaganda comunista”. Fu detenuto nel carcere di Regina Coeli, a Roma, e a Castelfranco Emilia. Ritornato nel paese dell’Antella, dopo l’8 settembre del ’43, partecipò alla lotta partigiana nell’area a sud di Firenze che vide in Fonte Santa il teatro di sanguinosi scontri alla vigilia della Liberazione.
La Resistenza è l’insieme
delle scelte di coloro che si opposero alla guerra e ai regimi nazista e
fascista che la sostennero. Venti mesi drammatici fatti di violenza, di morte,
di coraggio, il coraggio di tanti giovani, di donne e uomini, che nel caso del
partigiano David, ha radici profonde, lontane nel tempo e rappresentano il
tassello di una memoria preziosa, da non disperdere, da coltivare con cura come
baluardo contro ogni futura sopraffazione: l’impegno delle biblioteche del
comune di Firenze per il progetto Memorie di Resistenza fiorentina e dei
cittadini che ad esso hanno aderito, portano a coltivare il fiore della
speranza.
martedì 8 aprile 2025
Fra ANGELI e FANCIULLE DI VIAREGGIO presentazione SMS di Rifredi "Il diario fiorentino di Rainer M. Rilke per Lou Salomé", Pontecorboli, Collana Stranieri e Firenze
“Il diario fiorentino di Rainer M.
Rilke per Lou Salomé”. Il viaggio di un giovane poeta, Firenze e Viareggio
Prima parte della lettura
Dal capitolo II. “Gli angeli sopra il cielo di
Firenze”
Il capitolo inizia citando i primi versi delle Elegie
Duinesi di Rainer Maria Rilke, il capolavoro della letteratura europea,
finito di comporre nel 1922. Le elegie cantano la sfida al divino e il lamento
esistenziale dell’uomo nel confronto-scontro con l’angelo, simbolo di una
inesauribile energia cosmica.
Chi se io gridassi mi
udirebbe mai
dalle schiere degli
angeli ed anche
se uno di loro al cuore
mi prendesse, io verrei
meno per la sua più forte
presenza. Perché il bello
è solo
l’inizio del tremendo,
che sopportiamo appena,
e il bello lo ammiriamo
così perché incurante
disdegna di distruggerci.
Ogni angelo è tremendo… (R.
M. Rilke, Elegie duinesi, Canto I)
L’arrivo a Firenze - Il viaggio di Rainer Maria Rilke per raggiungere Firenze fu quanto
mai lungo e faticoso, costretto a star seduto sulle valigie nella carrozza del
treno. Era partito da Arco, sulle rive del lago di Garda, dove era giunto da
Praga per fare visita alla madre. All’arrivo a Firenze è tale il suo desiderio
di vedere la città che, lasciati i bagagli in albergo, sul lungarno Serristori,
nonostante le fatiche del viaggio, esce di sera, al crepuscolo, senza una meta
precisa e gli capita di raggiungere piazza Vittorio Emanuele e piazza della
Signoria, sotto la grigia, pesante mole del Palazzo Vecchio. Volge poi lo
sguardo verso la loggia dei Lanzi e sparisce subito lo sgomento. La Loggia dei
Lanzi, detta anche Loggia dell'Orcagna, segna per Rilke l’incontro con una
delle opere più significative del Rinascimento. Lo attende al lato della Loggia
una felice sorpresa, il piazzale degli Uffizi, che Rilke ci presenta con un
tono pieno di meraviglia. Sorprendente la scena animata, nella penombra della
sera, di personaggi della storia fiorentina che Rilke pone sotto i nostri occhi:
ventotto statue di marmo collocate nelle nicchie dei pilastri del portico;
Andrea Orcagna è la figura privilegiata.
In questa prima, rapida escursione nella città, vi è un’attenta
ricognizione di spazi, di prospettive, di paesaggi urbani, di figure, di epoche
storiche, dal medioevo al Rinascimento.
Rilke arrivò a Firenze a metà del mese
di aprile del 1898 e prese dimora al terzo piano della pensione Benoit - in una
splendida posizione, sulla riva sinistra del fiume, davanti al panorama della
città – sul lungarno Serristori, al n. 13.
Rainer Maria Rilke ha ventidue anni
quando compie il viaggio a Firenze. Due anni prima, nel 1896, si era stabilito
a Monaco dopo aver lasciato l’aria familiare di Praga dove era nato. Il
passaggio nella capitale della Baviera rappresenta l’uscita dalla cerchia
chiusa e provinciale del ristretto mondo tedesco di Praga, del quale faceva
parte per le sue origini, e l’ingresso in un mondo culturale e letterario più
vasto: questo avviene in modi che il giovane poeta non avrebbe mai potuto
immaginare.
Quando Rilke conosce Lou Salomè,
all’inizio del maggio 1897 a un tè in casa di amici, è “una florida biondina di
trentasei anni che ha alle spalle una giovinezza avventurosa e viene già
considerata una delle figure più affascinanti del tempo”.
Dal primo incontro, Rilke getta la rete di
una corte serrata, appassionata, con l’invio frequente di lettere, ricche di
versi poetici, di richiami a comuni interessi culturali, di inviti a leggere
insieme recenti opere letterarie. Il successo non può non arridergli, negli
ultimi giorni del maggio 1987 Lou diviene sua amante. Più anziana di
quattordici anni, Salomè porta al giovane Rilke – il cui nome, su sua
iniziativa, diventa da René, Rainer – non solo una matura esperienza di vita,
ma anche un’attenzione e una vivace comprensione degli spunti più moderni della
vita culturale dell’epoca, in particolare del pensiero di Nietzsche, che
rimarrà sempre un punto di riferimento fondamentale del mondo ideale del
giovane poeta; più tardi sarà sempre Lou a introdurre Rainer nella nuova
scienza della psicanalisi.
Rainer, grazie all’influenza di Lou,
diventa dal letterato che passa gran parte del tempo nei caffè, nelle redazioni
dei giornali e delle riviste, a seguire gli eventi letterari in mezzo al
pubblico, il poeta capace di vivere per mesi da solo, di vivere vicino al
respiro della natura, a camminare scalzo d’estate per i prati, le rive dei
laghi; le sue lettere, in questo nuovo periodo della vita, testimoniano una
felicità che rimarrà unica nel corso degli anni successivi. Poesie d’amore di
grande bellezza prendono vita, è del mese di luglio del 1897 questa poesia che
viene inserita nel Libro d’ore:
Spegnimi gli occhi: ti vedo lo stesso,
turami le orecchie: ti sento,
e senza piedi ti raggiungo
e senza bocca t’invoco.
Spezzami le braccia, ti afferro
con il mio cuore: è una mano,
ferma il cuore e batterà il cervello
e se lo brucerai
ti porterò nel sangue.
Nell’accendersi, dunque, di questa
sconfinata passione, nasce il progetto per la visita alla città di Firenze, per
l’incontro con la sua storia e prenderà forma, dall’arrivo nella città nel mese
di aprile 1898, il Diario di Rainer Maria Rilke, il racconto di un
giovane poeta follemente innamorato di Lou, lontana, in viaggio per l’Europa,
straordinaria amante-maestra-madre.
Seconda
parte della lettura
E
debbo dire come passa il giorno?
Vado
presto per viali radiosi
nei
palazzi a gloriarmi; mi confondo
nell’arioso
piazzale al bruno popolo
dove
più ferve e grida la sua vita.
Poi
prego nella mia pinacoteca,
chiare
sono le Vergini e soavi.
Esco
più tardi dalla Cattedrale,
il
crepuscolo è sceso sopra l’Arno
mi
sento lieve, a poco a poco stanco,
e
mi dipingo Dio sull’oro… ( Firenze, 18 4.1898 - Rainer, Maria Rilke, Il diario
fiorentino)
I
giorni trascorsi a Firenze furono momenti di intenso impegno per visitare non
solo la zona monumentale ma anche l’anello delle colline e dei paesi che
guardano dall’alto la città, giù nella pianura, distesa intorno alla mole della
Cupola del Brunelleschi. S’incontrano via via nelle pagine del Diario i
nomi di questi luoghi, insieme alla Certosa del Galluzzo, da Fiesole a
Settignano, a San Miniato, ai paesini lungo l’Arno, a Rovezzano e a Maiano;
e, sorpresa, sulle chiare pendici di Fiesole coperte di rose puoi incontrare
tenere fanciulle che ricordano le Madonne della fioritura primaverile.
Ecco
che l’apparizione improvvisa di queste tenere fanciulle, reali, in carne
ed ossa, evoca candide Marie marmoree, scolpite in maniera perfetta dai
maestri della scultura primaverile. Si esalta quindi in questo passaggio
del Diario, l’arte di Desiderio da Settignano, di Bernardo Rossellino,
di Benedetto da Maiano; da queste visioni legate al candore del marmo, si passa
poi alla splendente policromia dei
lavori della bottega fiorentina dei Della Robbia.
Nei
giorni successivi al 6 maggio 1898 Rilke lascia improvvisamente il capoluogo
toscano per stabilirsi a Viareggio dove scrive gran parte del Diario,
prima del rientro in Germania.
Il
giovane poeta nella sua fuga a Viareggio porta con sé un insieme di
impressioni, di emozioni, di riflessioni che riprende e approfondisce nel nuovo
soggiorno sulle rive del mare, circondato dal profumo delle acque, delle pinete.
Tra fine Ottocento e
primi del Novecento, Viareggio è una stazione balneare esclusiva frequentata
anche dalla famiglia reale italiana, da nobili, ricchi borghesi, intellettuali
e molti artisti dell’epoca, come Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Marta
Abba, Giacomo Puccini, Luigi Pirandello e Galileo Chini. Rilke si ferma
tre settimane durante le quali continua a scrivere Il diario fiorentino.
Scrive Rilke:
Quando i miei pensieri sono ansiosi,
inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via
con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un
ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.
E
il pittore Lorenzo Viani così ricorda il poeta tedesco in una sua lettera:
Ricordi quando noi ragazzotti andavamo
dietro a quel tedesco all’Albergo Firenze di Pietrino Malfatti, che faceva il
bagno nudo al di là dei Funai? L’ho visto a Parigi, è Rilke, il famoso poeta
che è stato segretario di Rodin. Ti farò leggere le poesie che scrisse a
Viareggio.
Il
diario fiorentino, soprattutto per la parte composta a
Viareggio, si presenta particolarmente ricco di suggestioni, di riflessioni, di
stimoli per componimenti lirici, che saranno creati in tempi più o meno
immediati; a questo periodo risalgono le suggestioni per la composizione dei Canti
delle fanciulle.
All’ingresso del porto di Viareggio le
fanciulle vedono rientrare le barche al tramonto, nell’ora estrema del giorno
in cui l’acqua bianca si fa plumbea, cambia la direzione del vento e
arrivano le navi nere, senza vessilli al vento.
Le
fanciulle vedono le barche
puntare
di lontano al porto.
e
strette in timore guardano
come
l’acqua bianca si fa plumbea
poiché
così usa essere la sera:
una
paura…
Nella poesia che segue, il protagonista è il vento della
costa che spira sui sogni delle fanciulle-barche ormeggiate lungo le sponde,
tende gli ormeggi, fa pensare a fiabesche visioni.
Voi
fanciulle siete come le barche,
sempre
ormeggiate
lungo
le sponde delle ore:
per
questo restate così pallide…
I passi ora del poeta risuonano per i vicoli della città di
Viareggio, il giovane incrocia gli sguardi delle brune fanciulle, sedute
fuori delle loro case: ad un tratto, una di loro innalza un canto: è come un
moto di orgoglio, di sfida nei confronti del nuovo arrivato, lo sconosciuto che
attraversa il loro mondo.
Quando
vado per vicoli,
sedute
fuori le brune fanciulle
tutte
mi guardano e lo stupore
segue
i miei passi.
Finché
una si mette a cantare
e
le altre nel loro silenzio
curvano
il capo e sorridono:
sorelle dobbiamo mostrargli
chi siamo.
Il motivo delle fanciulle si sviluppa nel Diario e in questa parte dei Canti delle fanciulle nella forma
più compiuta e significativa per la poetica di Rilke. Il pensiero va naturalmente alle frequenti
raffigurazioni di fanciulle inanellate da fiori nelle opere degli artisti dello
Jugendstil (filone tedesco dell’Art Nouveau), a conferma dello
stretto legame fra questo movimento e la scrittura di Rilke come se la sua
prosa e i suoi versi così immaginifici ed evocativi riproducessero le linee e
le immagini dei dipinti.
Molte
delle pagine del Diario scritte nel soggiorno di Viareggio sono dedicate
ad una riflessione sul lavoro del poeta e ad una rielaborazione dei ricordi
legati all’arte fiorentina del Rinascimento. Nel Diario l’arte del primo
Rinascimento italiano viene vista come un’arte giovane, in fiore, una primavera
acerba i cui fiori morirono prima di maturare come frutti estivi. Da allora
l’arte ha inutilmente aspettato l’estate. Ora, con la nuova arte contemporanea
è giunto il momento di raccogliere l’eredità di quella passata stagione e di
proseguire il cammino verso la pienezza e la maturità.
Da allora l’estate non è mai
arrivata. E se pure hanno ragione tutti coloro che ritengono che quel
Rinascimento non possa tornare, forse la nostra epoca può iniziare l’estate che
segue a quella lontana e festosa primavera, e condurre lentamente a frutto ciò
che già si compì, allora, nella bianca fioritura.
Rilke
annuncia solennemente che verranno i giorni delle messe; che gli artisti
nuovi, che sono ancora come fanciulle dalle mani brucianti e dai sogni
dolenti diventeranno madri. Nel soggiorno toscano, dunque, Rilke comincia a
sentirsi investito del compito di maturare in sé un’arte nuova che corrisponda
all’estate dell’essere.
Rilke si occupa prevalentemente nel Diario
degli artisti del primo Rinascimento, le cui opere hanno aperto la strada a coloro che verranno in seguito, Fra Angelico, Benozzo Gozzoli,
Fra Bartolomeo e soprattutto Sandro Botticelli, rappresentanti del genuino rinascere.
Gli artisti di fine Quattrocento non erano ancora capaci di una emulazione vera
e propria dell’antichità ma di questa colgono l’innovazione; è proprio questa
loro incompiutezza, il loro carattere transitorio, che li qualifica come
modelli artistici per un poeta come Rilke agli ultimi anni dell’Ottocento.
Terza parte della lettura
Rainer Maria Rilke termina il Diario
a Zopot, sulle rive del mar Baltico.
Zopot,
6 luglio 1898
Qui sulla riva di un mare più fresco,
finisco questo libro che ho rinnegato più di tre volte.
Rilke
aveva appreso a Viareggio, mentre godeva del dolce clima delle spiagge, che Lou
intendeva far visita ad alcuni amici a Danzica: non esita un momento, parte
immediatamente e, passando da Vienna, Praga e Berlino, raggiunge Zopot,
stazione balneare del Baltico. Lo attende, da una parte, una profonda delusione
e, dall’altra parte, una preziosa vittoria. La delusione arriva da Lou, che,
dopo la lunga separazione, accoglie Rainer assai freddamente. Affida parole
assai amare al Diario.
Arrivavo a te pieno di futuro …
Questa volta volevo essere io l'uomo ricco, qualcuno che fa
regali, invita ospiti, il padrone di casa, e tu saresti dovuto venire da me e,
circondato dal mio amore e dalle mie cure, goderti la mia ospitalità. Intanto
stavo di nuovo davanti a te come il più povero mendicante sulla soglia della
tua casa, che poggia su colonne larghe e forti.
Il
poeta si avvicina a lei guardando al futuro, le offre il Diario
che aveva scritto pensando a lei, ma rimane deluso, non vede alcuna
soddisfazione negli occhi di Lou, lo tratta con una gentilezza irritante.
Comincia addirittura ad odiarla come si odia qualcosa di troppo grande.
Non vuole parole di conforto e sente che deve sfuggire a questo tormento di
gentilezza che tanto lo umilia. Tuttavia quando inizia a scrivere le sue
esperienze nelle ultime pagine del Diario, si rende conto che Lou rimane
comunque il suo ideale. Afferma con tono elevato che la sua vittoria, l’ultimo
valore di questo libro è il riconoscimento di una natura d’artista che è
soltanto una via e infine si adempie in una matura esistenza. Naturalmente
tutto questo non è ancora “poesia”; però è la felicità, quella che il poeta
conosce quando sente che gli sono cresciute le ali.
Canti di angeli
A lungo ho tenuto stretto il mio
angelo,
e lui s’impoverì nel mio abbraccio,
e si fece piccino, e io mi feci
grande,
e alla fine ero io la compassione
e lui solo una supplica tremante.
Allora gli ho dato i suoi cieli:
lui sparve lasciandomi le cose vicine
e imparò il volo, io imparai la vita,
e a poco a poco ci siamo conosciuti.
Rainer
Maria Rilke, Le poesie giovanili.
In
quale rapporto stanno queste scelte poetiche con la Firenze del Rinascimento e
con il mare di Viareggio di cui si parla nel Diario? Lo stesso Rilke dà
la risposta: Io stesso vedo sempre più chiaro che io non parlo delle cose,
ma di ciò che attraverso di esse io sono diventato. Fra i doni dell’Italia
agli artisti stranieri che raggiungono le sue terre, ne sono compresi due, fra
loro associati: un’intuizione nuova della natura dell’arte e il ritrovamento
che l’artista fa di sé medesimo. Il Diario mostra, di pagina in
pagina, un crescendo spirituale continuo, dal tono iniziale calmo, ad un tono
solenne, che si alza, euforico, di conquista in conquista, fino alle parole
finali che assumono, come abbiamo visto in precedenza, una tonalità apertamente
lirica, di inno.
Io so che c’è dentro di me qualcosa
che tu non conosci ancora: una nuova grande chiarità, che conferisce ricchezza
al mio linguaggio, potenza alla mia parola.