mercoledì 30 aprile 2025

Romanzi, Racconti, Saggi - Catalogo - Roberto Mosi





 L’autore  vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.


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Fotografia, video, poesia visiva e pittopoesia, libro d'artista, officina del mito, performance - Catalogo - Roberto Mosi

 




L’autore  vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale.

Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova;

è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.

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lunedì 28 aprile 2025

POESIA - Libri, e-book -- CATALOGO - Roberto Mosi








Fabrizio Borghini intervista Roberto Mosi

L’autore  vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana e si interessa di poesia, narrativa, saggi, fotografia, ricerche nel campo multimediale. Collabora con riviste fiorentine, fra le quali Testimonianze, L’area di Broca, la TOSCANA nuova; è presidente dell’Associazione Culturale Testimonianze, vicepresidente della Camerata dei Poeti di Firenze.

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di Giuseppe Panella

Alla ricerca dei  nuovi luoghi della poesia. Roberto Mosi, Nonluoghi, Firenze, Edizioni del Comune di Firenze, 2009

Una sottile plaquette di versi questa di Mosi ma intensa, capace di suscitare emozioni e riflessioni non banali. E’ ancora nostro il tempo della poesia lirica? C’è ancora la possibilità di individuare delle correspondances tra il mondo del poeta e quello del mondo in cui si trova a vivere? E’ utile scrivere ancora poesia come se il progresso scientifico e tecnologico non fosse intervenuto a cambiare le carte in tavola al gioco dei poeti?

L’anonimo estensore della Nota iniziale al volumetto ammonisce con un po’ di spavento e, tuttavia, tanta fiducia nel futuro:

«Sicuramente non è più il mondo ottocentesco delle corrispondenze: su questo argomento già negli anni Sessanta Roland Barthes ha scritto pagine più che interessanti (Il grado zero della scrittura). Le corrispondenze di oggi non sono i ruscelli e gli alberi delle foreste, ma gli oggetti, i treni, gli aerei, anche perché “sopra il mare di pece / si vola a basso costo / i sedili inzuppati di giallo / … da prenotare”. Rimane il mondo fluido delle emozioni, da inseguire con i versi della poesia, con l’obiettivo della macchina fotografica. La partita da giocare è proprio questa» (p. 6).

Eppure i non-lieux (come li ha chiamati, scoprendoli quasi all’improvviso nel mondo in cui ciascuno di noi viveva inconsapevole di essi, il grande sociologo Marc Augè) esistono anche nella coscienza del poeta – anzi, sono forse proprio quella coscienza.

L’anima segreta della poesia di Mosi si nasconde nei non-luoghi sempre aperti e palesi della modernità dispiegata, si ritrova nelle musiche degli e per gli aeroporti, nelle voci metalliche degli altoparlanti delle stazioni ferroviarie, nelle periferie puteolenti e straziate delle Metropoli gigantesche e abbandonate dalla visione dei media, nei mercati infinitamente riforniti e poi vuotati per essere riempiti ancora di merci e di inutile ciarpame, nella prospettiva vertiginosa di un mondo che è più piccolo di un paesino dell’altro secolo ed è sempre così spaventosamente grande e impercorribile. In aereo verso Dublino, la voce narrante riscopre la grande poesia irlandese di questo secolo (un lungo e raggiante percorso che va da Yeats fino a Seamus Heaney):

«Vibra l’aereo. / L’annuncio: / “allacciarsi le cinture, / forte turbolenza”. / Terrore nei volti, / Di gelo le mani di Giovanna, / brividi fra i passeggeri / in volo per Dublino. / Per primo sorride / il bambino sul sedile / davanti, m’invita / a giocare a nascondino. // Una terribile bellezza è nata (William Butler Yeats) / Infinito il tempo per l’imbarco, / la rete dei voli impazzita. // Sui cristalli della sala dell’attesa, / scopro la poesia di Yeats, / i versi d’amore di Heaney. // Parlano ai passeggeri / i poeti d’Irlanda» (pp. 10-11).

E’ l’Apocalisse della globalizzazione capitalistica che Mosi canta con spirito ancora democratico, inseguendo Whitman e il suo afflato di cantore della totalità del mondo:

«Cerco l’anima delle città / raggiunte ai quattro / angoli de mondo. // Scivola l’anima delle città. / Rimangono nella rete / schegge di storia, / riflessi di uno stesso viso, / vesti nuove cucite / per la vanità di Narciso» (p. 20)

Le città irredimibili e sognanti nel loro delirio di iperattività si configurano come orizzonte di senso del futuro. In esso si trova lo spazio del destino dell’uomo futuro, condannato al postumano, confitto nello spazio ristretto di una sopravvivenza sempre più difficile:

«Witches. Fair is foul, and foul is fair.  / Hover the fog and filthe air (William Shakespeare, Macbeth, atto I) / Bolle la pentola bolle / il sogno d’Europa il sogno / le fiamme ballano intorno / le streghe agitano il brodo. / Il dito del banchiere deluso / l’occhio aguzzo di un rom / il bianco sorriso di un nero / le vecchie gettano dentro. / Ronde occhiute in giro / zero tolleranza zero / idee solidali in fumo / lo scudo spaziale nel cielo. // Deflagra nella normalità del giorno / il messaggio e-mail / porta il dolore del mondo. […] Bit byte bit byte / zero uno zero uno / uno zero // acceso spento spento acceso / locale globale globale locale // punto rete punto rete / rete punto / nano secondo nano secondo / secondo nano // blog ergosum sum ergoblog / google yahoo google yahoo / yahoo google // messaggio d’amore d’amore messaggio / you tube you tube / tube you» (pp. 41-42).

Nella sua poesia raggiata e simmetricamente agghiacciante, in un nuovo progetto di eliotiana Waste Land, Mosi mostra la verità di ciò che esiste solo nelle allucinazioni degli architetti e nelle formulazioni contabili degli economisti o nei programmi irraggiungibili dei webmaster. Anche per lui quello che conta è pur sempre l’uomo e la sua sfida al mondo che verrà. Ma per quanto potrà resistere ancora? Per questo compito immane e (forse) inutile esistono ancora dei poeti (come Heidegger ci ha insegnato molti anni or sono).

NONLUOGHI VIDEO youtube










 

giovedì 24 aprile 2025

Anniversario della Festa Liberazione - Alla Biblioteca delle Oblate "Testimonianze": "25 Aprile, data simbolo fra memoria e futuro"

 

Il video dell'incontro alle Oblate 22 aprile









Le biblioteche di Firenze nell’agorà della memoria. 1945 – 2025

 

          Nell’ottantesimo anniversario della Resistenza, il progetto Memorie di Resistenza fiorentina unisce l’attività di undici biblioteche del Comune di Firenze impegnate ognuna a presentare un tema importante, indicato da una “parola guida”, in collaborazione con l’Istituto storico toscano della Resistenza. L’insieme degli interventi dà vita ad un sistema che permette ad ogni cittadino interessato di conoscere storie, episodi, trame di vita, vissute in quei giorni di guerra e di essere partecipe del progetto con ricordi e con documenti che sono nella sua disponibilità.

          Le linee del progetto sono ben articolate, meritano di essere approfondite, come intervento esemplare. Le storie, accompagnate da documenti, fotografie, audio e video, vengono a far parte della raccolta dei documenti, grazie al contributo dei testimoni, degli storici, delle famiglie; si creano così percorsi tra persone e luoghi, utili per costruire nuovi itinerari cittadini, per dare valore ad un patrimonio di memoria storica collettiva. Sul sito del progetto Memorie di Resistenza fiorentina sono raccolti episodi più o meno noti di partigiani e partigiane, degli internati militari e degli ebrei, degli operai e delle operaie negli scioperi del 1944, delle vittime senza nome dei bombardamenti alleati e delle esecuzioni sommarie, dei deportati e torturati nelle “Ville Tristi”, vissute dall'8 settembre 1943 fino ai giorni della “battaglia di Firenze", terminata il 1° settembre 1944 con la liberazione di Fiesole e dell’intero territorio fiorentino.

          Le undici “parole-guida” alle quali fanno riferimento le biblioteche comunali sono: resistenze, occupazione, scelta, bombardamenti, insurrezione, giovani, partigiani, alleati, ponti scioperi, violenze. Ogni biblioteca ha organizzato uno spazio specifico, con pannelli illustrativi e scaffali che contengono il materiale bibliografico e multimediale disponibile sul tema della Resistenza e dell’antifascismo fiorentino; risponde alle esigenze di diffusione della conoscenza e della cultura della memoria, che non si esaurisce con il primo allestimento ma continuerà nel tempo.   Nello spazio si trova anche un totem digitale dal quale è possibile collegarsi sul sito web per leggere storie, guardare video e ascoltare gli audio. Una nota particolare: da una ricerca sul catalogo del sistema bibliotecario (SDIAF), risulta che sono oltre undicimila i libri che parlano della Resistenza.   

 



         

          Ho sperimentato direttamente i servizi offerti dal progetto per accedere alla consultazione delle informazioni e per avanzare nuove proposte, secondo la scansione dei temi generali presentati. Ho esaminato la voce “Resistenze”, curata dalla Biblioteca delle Oblate, relativa alle “molteplici forme di Resistenza, quella armata e quella disarmata”: mi sono soffermato sulla storia della giovanissima Gilda La Rocca che partecipa alle attività di Radio CO.RA., è catturata, subisce le torture della banda Carità a Villa Triste, per essere infine deportata. La biblioteca del Palagio di Parte Guelfa ha considerato il tema “Occupazione”, “l’arrivo dei tedeschi a Firenze, la Repubblica Sociale Italiana, le persecuzioni, le razzie”. La storia di Cesare Fasola “partigiano e funzionario della Soprintendenza”, è esemplare per raccontare l’impegno per la difesa delle opere d’arte, molte delle quali depositate, fra rischi enormi di distruzione e dispersione, in alcuni castelli posti nelle vicinanze di Firenze.

          La biblioteca Fabrizio de André, nel rione di San Jacopino, ha illustrato “Bombardamenti”, “sulle fabbriche, le ferrovie e la città, il terrore della popolazione, i rifugi antiaerei”: ho seguito la storia di Guglielmo Pratesi “Veleno”, partigiano, operaio delle Officine di Porta al Prato, distrutte dal bombardamento del 2 maggio 1944. Il tema dell’”Insurrezione” è stato curato dalla biblioteca Mario Luzi, nel rione di Coverciano: “la battaglia di Firenze, il suono della Martinella, il terrore”; particolare la storia di Maria Luigia Guaita dell’organizzazione clandestina del Partito d’Azione, staffetta partigiana.

          Sorprendenti la narrazione del tema “Alleati” (una babele di lingue libera Firenze), affidata alla biblioteca del Galluzzo, e le storie raccolte, dell’indiano Manakempat Kesavan Unni Nayar, del nippoamericano Joe M. Nishimoto e del neozelandese Tau Rewharewha. La biblioteca Filippo Buonarroti, rione di Novoli, ha preso cura del tema “Scioperi”, “disobbedienza civile in un paese occupato, la difesa delle fabbriche e dei macchinari durante la battaglia di Firenze, la deportazione”; fra le storie, mi sono soffermato su quella di Giuliana Serafini operaia della Manifattura Tabacchi, fra le protagoniste del coraggioso sciopero del marzo 1944, per il pane e per la fine della guerra. Le pagine che suscitano, infine, il più profondo orrore, quelle dedicate alle “Violenze”, “Le Ville Tristi, il terrore dell’occupazione, i torturatori nazifascisti”, a cura della biblioteca dell’Orticoltura, non lontana dalla “Villa Triste” di via Bolognese. Ci fermiamo sgomenti sulla storia di Mario Carità, e della sua banda, il più feroce degli aguzzini, criminale di guerra, che è sorpreso da una pattuglia di soldati americani, il 19 maggio 1945, in fuga dall’Italia, con un incredibile bottino, in un albergo delle Dolomiti, a Castelrotto; nella sparatoria, viene ucciso, rimane ferita l’amante e sono colpiti a morte due soldati.

          Scorrendo dunque le pagine del progetto, rese nelle diverse forme dei recenti sistemi di documentazione, si ha una fotografia viva dei giorni di guerra nella nostra città, in ogni sua parte e nei vari momenti, si presenta chiaramente il baratro in cui era precipitata, con il nostro Paese, Firenze, tanto che si comprende bene il forte anelito alla pace che ha animato gli anni successivi, la più ferma condanna della guerra.

          Il principio della partecipazione permea il progetto per diffondere la cultura della memoria, ci si rivolge a singoli soggetti o a famiglie a diretta conoscenza delle vicende della Resistenza, per presentare testimonianze, documenti per arricchire la base delle informazioni, viene inoltre coinvolta la scuola con agevoli procedure di accesso ai sevizi programmati.





          Credo di essere nella condizione per rispondere a questo invito. Sono nato nei primi anni della seconda guerra mondiale e un filo rosso lega alcuni miei ricordi ad altri, nati dal racconto di testimoni diretti delle vicende importanti di quel periodo, ricordi che hanno dato un segno profondo alla mia vita, vissuta fra memorie della guerra e la ricerca dell’affermazione di un nuovo mondo di pace, di incontro con gli altri, al di là di ogni confine. Varie schegge di memoria l’ho affidata ai versi di alcune poesie, inserite in antologie (Poesie 2009-2016 e Amo le parole. Poesie 2017-2023, Ladolfi), che idealmente potrebbero far parte delle raccolte promosse dal progetto Memorie di Resistenza fiorentina: le enormi fortezze volanti americane viste con terrore da bambino sopra la mia casa, che andavano a bombardare le Officine di Porta al Prato (poesia Porta al Prato), il racconto di mia madre, operaia, in sciopero nel marzo 1944 contro la guerra (Manifattura Tabacchi), il racconto di mio padre, soldato in Abissinia, testimone diretto della strage perpetrata in un villaggio da un manipolo di camicie nere (Ricordi), la visita ai luoghi della lotta partigiana, da Monte Morello a Monte Giovi, a Fonte Santa, sopra il paese dell’Antella.  Ho dedicato un intero poemetto, Orfeo in Fonte Santa, Ladolfi, a questo luogo e ai sanguinosi scontri della Brigata Sinigaglia contro i tedeschi, nei giorni prima dell’”Insurrezione” e della “Battaglia di Firenze”. I versi del poemetto sono l’eco del racconto di mio suocero, David Daviddi, che fece parte della Brigata e partecipò nelle sue fila, alla liberazione di Firenze. 




    Nel libro presento la figura di questo partigiano. Partecipò nel 1935, insieme a un gruppo di giovani di Antella, alla costruzione del Rifugio posto lungo la via della Maremma vicino alla Fonte. Operaio alle Officine Galileo di Firenze, fu condannato nel 1939 a sei anni di reclusione dal Tribunale Speciale per la Difesa dello Stato per “partecipazione ad associazione sovversiva e propaganda comunista”. Fu detenuto nel carcere di Regina Coeli, a Roma, e a Castelfranco Emilia. Ritornato nel paese dell’Antella, dopo l’8 settembre del ’43, partecipò alla lotta partigiana nell’area a sud di Firenze che vide in Fonte Santa il teatro di sanguinosi scontri alla vigilia della Liberazione.

          La Resistenza è l’insieme delle scelte di coloro che si opposero alla guerra e ai regimi nazista e fascista che la sostennero. Venti mesi drammatici fatti di violenza, di morte, di coraggio, il coraggio di tanti giovani, di donne e uomini, che nel caso del partigiano David, ha radici profonde, lontane nel tempo e rappresentano il tassello di una memoria preziosa, da non disperdere, da coltivare con cura come baluardo contro ogni futura sopraffazione: l’impegno delle biblioteche del comune di Firenze per il progetto Memorie di Resistenza fiorentina e dei cittadini che ad esso hanno aderito, portano a coltivare il fiore della speranza.





martedì 8 aprile 2025

Fra ANGELI e FANCIULLE DI VIAREGGIO presentazione SMS di Rifredi "Il diario fiorentino di Rainer M. Rilke per Lou Salomé", Pontecorboli, Collana Stranieri e Firenze


 













 “Il diario fiorentino di Rainer M. Rilke per Lou Salomé”. Il viaggio di un giovane poeta, Firenze e Viareggio


Prima parte della lettura

Dal capitolo II. “Gli angeli sopra il cielo di Firenze”

Il capitolo inizia citando i primi versi delle Elegie Duinesi di Rainer Maria Rilke, il capolavoro della letteratura europea, finito di comporre nel 1922. Le elegie cantano la sfida al divino e il lamento esistenziale dell’uomo nel confronto-scontro con l’angelo, simbolo di una inesauribile energia cosmica.

 

Chi se io gridassi mi udirebbe mai

dalle schiere degli angeli ed anche

se uno di loro al cuore

mi prendesse, io verrei meno per la sua più forte

presenza. Perché il bello è solo

l’inizio del tremendo, che sopportiamo appena,

e il bello lo ammiriamo così perché incurante

disdegna di distruggerci. Ogni angelo è tremendo… (R. M. Rilke, Elegie duinesi, Canto I)

 

 

 L’arrivo a Firenze - Il viaggio di Rainer Maria Rilke per raggiungere Firenze fu quanto mai lungo e faticoso, costretto a star seduto sulle valigie nella carrozza del treno. Era partito da Arco, sulle rive del lago di Garda, dove era giunto da Praga per fare visita alla madre. All’arrivo a Firenze è tale il suo desiderio di vedere la città che, lasciati i bagagli in albergo, sul lungarno Serristori, nonostante le fatiche del viaggio, esce di sera, al crepuscolo, senza una meta precisa e gli capita di raggiungere piazza Vittorio Emanuele e piazza della Signoria, sotto la grigia, pesante mole del Palazzo Vecchio. Volge poi lo sguardo verso la loggia dei Lanzi e sparisce subito lo sgomento. La Loggia dei Lanzi, detta anche Loggia dell'Orcagna, segna per Rilke l’incontro con una delle opere più significative del Rinascimento. Lo attende al lato della Loggia una felice sorpresa, il piazzale degli Uffizi, che Rilke ci presenta con un tono pieno di meraviglia. Sorprendente la scena animata, nella penombra della sera, di personaggi della storia fiorentina che Rilke pone sotto i nostri occhi: ventotto statue di marmo collocate nelle nicchie dei pilastri del portico; Andrea Orcagna è la figura privilegiata.  In questa prima, rapida escursione nella città, vi è un’attenta ricognizione di spazi, di prospettive, di paesaggi urbani, di figure, di epoche storiche, dal medioevo al Rinascimento.

 

          Rilke arrivò a Firenze a metà del mese di aprile del 1898 e prese dimora al terzo piano della pensione Benoit - in una splendida posizione, sulla riva sinistra del fiume, davanti al panorama della città – sul lungarno Serristori, al n. 13.

          Rainer Maria Rilke ha ventidue anni quando compie il viaggio a Firenze. Due anni prima, nel 1896, si era stabilito a Monaco dopo aver lasciato l’aria familiare di Praga dove era nato. Il passaggio nella capitale della Baviera rappresenta l’uscita dalla cerchia chiusa e provinciale del ristretto mondo tedesco di Praga, del quale faceva parte per le sue origini, e l’ingresso in un mondo culturale e letterario più vasto: questo avviene in modi che il giovane poeta non avrebbe mai potuto immaginare.

      Quando Rilke conosce Lou Salomè, all’inizio del maggio 1897 a un tè in casa di amici, è “una florida biondina di trentasei anni che ha alle spalle una giovinezza avventurosa e viene già considerata una delle figure più affascinanti del tempo”.

      Dal primo incontro, Rilke getta la rete di una corte serrata, appassionata, con l’invio frequente di lettere, ricche di versi poetici, di richiami a comuni interessi culturali, di inviti a leggere insieme recenti opere letterarie. Il successo non può non arridergli, negli ultimi giorni del maggio 1987 Lou diviene sua amante. Più anziana di quattordici anni, Salomè porta al giovane Rilke – il cui nome, su sua iniziativa, diventa da René, Rainer – non solo una matura esperienza di vita, ma anche un’attenzione e una vivace comprensione degli spunti più moderni della vita culturale dell’epoca, in particolare del pensiero di Nietzsche, che rimarrà sempre un punto di riferimento fondamentale del mondo ideale del giovane poeta; più tardi sarà sempre Lou a introdurre Rainer nella nuova scienza della psicanalisi.

      Rainer, grazie all’influenza di Lou, diventa dal letterato che passa gran parte del tempo nei caffè, nelle redazioni dei giornali e delle riviste, a seguire gli eventi letterari in mezzo al pubblico, il poeta capace di vivere per mesi da solo, di vivere vicino al respiro della natura, a camminare scalzo d’estate per i prati, le rive dei laghi; le sue lettere, in questo nuovo periodo della vita, testimoniano una felicità che rimarrà unica nel corso degli anni successivi. Poesie d’amore di grande bellezza prendono vita, è del mese di luglio del 1897 questa poesia che viene inserita nel Libro d’ore:

 

Spegnimi gli occhi: ti vedo lo stesso,

turami le orecchie: ti sento,

e senza piedi ti raggiungo

e senza bocca t’invoco.

Spezzami le braccia, ti afferro

con il mio cuore: è una mano,

ferma il cuore e batterà il cervello

e se lo brucerai

ti porterò nel sangue.

     

          Nell’accendersi, dunque, di questa sconfinata passione, nasce il progetto per la visita alla città di Firenze, per l’incontro con la sua storia e prenderà forma, dall’arrivo nella città nel mese di aprile 1898, il Diario di Rainer Maria Rilke, il racconto di un giovane poeta follemente innamorato di Lou, lontana, in viaggio per l’Europa, straordinaria amante-maestra-madre.

 

 

Seconda parte della lettura

 

E debbo dire come passa il giorno?

Vado presto per viali radiosi

nei palazzi a gloriarmi; mi confondo

nell’arioso piazzale al bruno popolo

dove più ferve e grida la sua vita.

 

Poi prego nella mia pinacoteca,

chiare sono le Vergini e soavi.

Esco più tardi dalla Cattedrale,

il crepuscolo è sceso sopra l’Arno

mi sento lieve, a poco a poco stanco,

e mi dipingo Dio sull’oro… ( Firenze, 18 4.1898 - Rainer, Maria Rilke, Il diario fiorentino)

 

      I giorni trascorsi a Firenze furono momenti di intenso impegno per visitare non solo la zona monumentale ma anche l’anello delle colline e dei paesi che guardano dall’alto la città, giù nella pianura, distesa intorno alla mole della Cupola del Brunelleschi. S’incontrano via via nelle pagine del Diario i nomi di questi luoghi, insieme alla Certosa del Galluzzo, da Fiesole a Settignano, a San Miniato, ai paesini lungo l’Arno, a Rovezzano e a Maiano; e, sorpresa, sulle chiare pendici di Fiesole coperte di rose puoi incontrare tenere fanciulle che ricordano le Madonne della fioritura primaverile.

      Ecco che l’apparizione improvvisa di queste tenere fanciulle, reali, in carne ed ossa, evoca candide Marie marmoree, scolpite in maniera perfetta dai maestri della scultura primaverile. Si esalta quindi in questo passaggio del Diario, l’arte di Desiderio da Settignano, di Bernardo Rossellino, di Benedetto da Maiano; da queste visioni legate al candore del marmo, si passa poi alla splendente policromia dei lavori della bottega fiorentina dei Della Robbia.

 

      Nei giorni successivi al 6 maggio 1898 Rilke lascia improvvisamente il capoluogo toscano per stabilirsi a Viareggio dove scrive gran parte del Diario, prima del rientro in Germania.

          Il giovane poeta nella sua fuga a Viareggio porta con sé un insieme di impressioni, di emozioni, di riflessioni che riprende e approfondisce nel nuovo soggiorno sulle rive del mare, circondato dal profumo delle acque, delle pinete. Tra fine Ottocento e primi del Novecento, Viareggio è una stazione balneare esclusiva frequentata anche dalla famiglia reale italiana, da nobili, ricchi borghesi, intellettuali e molti artisti dell’epoca, come Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Marta Abba, Giacomo Puccini, Luigi Pirandello e Galileo Chini. Rilke si ferma tre settimane durante le quali continua a scrivere Il diario fiorentino.

Scrive Rilke:

Quando i miei pensieri sono ansiosi, inquieti e cattivi, vado in riva al mare, e il mare li annega e li manda via con i suoi grandi suoni larghi, li purifica con il suo rumore, e impone un ritmo su tutto ciò che in me è disorientato e confuso.

 

E il pittore Lorenzo Viani così ricorda il poeta tedesco in una sua lettera:

 

Ricordi quando noi ragazzotti andavamo dietro a quel tedesco all’Albergo Firenze di Pietrino Malfatti, che faceva il bagno nudo al di là dei Funai? L’ho visto a Parigi, è Rilke, il famoso poeta che è stato segretario di Rodin. Ti farò leggere le poesie che scrisse a Viareggio.

 

Il diario fiorentino, soprattutto per la parte composta a Viareggio, si presenta particolarmente ricco di suggestioni, di riflessioni, di stimoli per componimenti lirici, che saranno creati in tempi più o meno immediati; a questo periodo risalgono le suggestioni per la composizione dei Canti delle fanciulle.

            All’ingresso del porto di Viareggio le fanciulle vedono rientrare le barche al tramonto, nell’ora estrema del giorno in cui l’acqua bianca si fa plumbea, cambia la direzione del vento e arrivano le navi nere, senza vessilli al vento.

 

Le fanciulle vedono le barche

puntare di lontano al porto.

e strette in timore guardano

come l’acqua bianca si fa plumbea

poiché così usa essere la sera:

una paura…

 

          Nella poesia che segue, il protagonista è il vento della costa che spira sui sogni delle fanciulle-barche ormeggiate lungo le sponde, tende gli ormeggi, fa pensare a fiabesche visioni.

 

Voi fanciulle siete come le barche,

sempre ormeggiate

lungo le sponde delle ore:

per questo restate così pallide…

 

          I passi ora del poeta risuonano per i vicoli della città di Viareggio, il giovane incrocia gli sguardi delle brune fanciulle, sedute fuori delle loro case: ad un tratto, una di loro innalza un canto: è come un moto di orgoglio, di sfida nei confronti del nuovo arrivato, lo sconosciuto che attraversa il loro mondo.

 

Quando vado per vicoli,

sedute fuori le brune fanciulle

tutte mi guardano e lo stupore

segue i miei passi.

 

Finché una si mette a cantare

e le altre nel loro silenzio

curvano il capo e sorridono:

                   sorelle dobbiamo mostrargli

chi siamo.

         

          Il motivo delle fanciulle si sviluppa nel Diario e in questa parte dei Canti delle fanciulle nella forma più compiuta e significativa per la poetica di Rilke.  Il pensiero va naturalmente alle frequenti raffigurazioni di fanciulle inanellate da fiori nelle opere degli artisti dello Jugendstil (filone tedesco dell’Art Nouveau), a conferma dello stretto legame fra questo movimento e la scrittura di Rilke come se la sua prosa e i suoi versi così immaginifici ed evocativi riproducessero le linee e le immagini dei dipinti.

          Molte delle pagine del Diario scritte nel soggiorno di Viareggio sono dedicate ad una riflessione sul lavoro del poeta e ad una rielaborazione dei ricordi legati all’arte fiorentina del Rinascimento. Nel Diario l’arte del primo Rinascimento italiano viene vista come un’arte giovane, in fiore, una primavera acerba i cui fiori morirono prima di maturare come frutti estivi. Da allora l’arte ha inutilmente aspettato l’estate. Ora, con la nuova arte contemporanea è giunto il momento di raccogliere l’eredità di quella passata stagione e di proseguire il cammino verso la pienezza e la maturità.

Da allora l’estate non è mai arrivata. E se pure hanno ragione tutti coloro che ritengono che quel Rinascimento non possa tornare, forse la nostra epoca può iniziare l’estate che segue a quella lontana e festosa primavera, e condurre lentamente a frutto ciò che già si compì, allora, nella bianca fioritura.

 

      Rilke annuncia solennemente che verranno i giorni delle messe; che gli artisti nuovi, che sono ancora come fanciulle dalle mani brucianti e dai sogni dolenti diventeranno madri. Nel soggiorno toscano, dunque, Rilke comincia a sentirsi investito del compito di maturare in sé un’arte nuova che corrisponda all’estate dell’essere.

          Rilke si occupa prevalentemente nel Diario degli artisti del primo Rinascimento, le cui opere hanno aperto la strada a coloro che verranno in seguito, Fra Angelico, Benozzo Gozzoli, Fra Bartolomeo e soprattutto Sandro Botticelli, rappresentanti del genuino rinascere. Gli artisti di fine Quattrocento non erano ancora capaci di una emulazione vera e propria dell’antichità ma di questa colgono l’innovazione; è proprio questa loro incompiutezza, il loro carattere transitorio, che li qualifica come modelli artistici per un poeta come Rilke agli ultimi anni dell’Ottocento.

 

Terza parte della lettura

 

Rainer Maria Rilke termina il Diario a Zopot, sulle rive del mar Baltico.

 

Zopot, 6 luglio 1898

Qui sulla riva di un mare più fresco, finisco questo libro che ho rinnegato più di tre volte.

 

      Rilke aveva appreso a Viareggio, mentre godeva del dolce clima delle spiagge, che Lou intendeva far visita ad alcuni amici a Danzica: non esita un momento, parte immediatamente e, passando da Vienna, Praga e Berlino, raggiunge Zopot, stazione balneare del Baltico. Lo attende, da una parte, una profonda delusione e, dall’altra parte, una preziosa vittoria. La delusione arriva da Lou, che, dopo la lunga separazione, accoglie Rainer assai freddamente. Affida parole assai amare al Diario.

Arrivavo a te pieno di futuro … Questa volta volevo essere io l'uomo ricco, qualcuno che fa regali, invita ospiti, il padrone di casa, e tu saresti dovuto venire da me e, circondato dal mio amore e dalle mie cure, goderti la mia ospitalità. Intanto stavo di nuovo davanti a te come il più povero mendicante sulla soglia della tua casa, che poggia su colonne larghe e forti.

 

      Il poeta si avvicina a lei guardando al futuro, le offre il Diario che aveva scritto pensando a lei, ma rimane deluso, non vede alcuna soddisfazione negli occhi di Lou, lo tratta con una gentilezza irritante. Comincia addirittura ad odiarla come si odia qualcosa di troppo grande. Non vuole parole di conforto e sente che deve sfuggire a questo tormento di gentilezza che tanto lo umilia. Tuttavia quando inizia a scrivere le sue esperienze nelle ultime pagine del Diario, si rende conto che Lou rimane comunque il suo ideale. Afferma con tono elevato che la sua vittoria, l’ultimo valore di questo libro è il riconoscimento di una natura d’artista che è soltanto una via e infine si adempie in una matura esistenza. Naturalmente tutto questo non è ancora “poesia”; però è la felicità, quella che il poeta conosce quando sente che gli sono cresciute le ali.

                 Canti di angeli

 

A lungo ho tenuto stretto il mio angelo,

e lui s’impoverì nel mio abbraccio,

e si fece piccino, e io mi feci grande,

e alla fine ero io la compassione

e lui solo una supplica tremante.

 

Allora gli ho dato i suoi cieli:

lui sparve lasciandomi le cose vicine

e imparò il volo, io imparai la vita,

e a poco a poco ci siamo conosciuti.

 

Rainer Maria Rilke, Le poesie giovanili.

 

 

      In quale rapporto stanno queste scelte poetiche con la Firenze del Rinascimento e con il mare di Viareggio di cui si parla nel Diario? Lo stesso Rilke dà la risposta: Io stesso vedo sempre più chiaro che io non parlo delle cose, ma di ciò che attraverso di esse io sono diventato. Fra i doni dell’Italia agli artisti stranieri che raggiungono le sue terre, ne sono compresi due, fra loro associati: un’intuizione nuova della natura dell’arte e il ritrovamento che l’artista fa di sé medesimo. Il Diario mostra, di pagina in pagina, un crescendo spirituale continuo, dal tono iniziale calmo, ad un tono solenne, che si alza, euforico, di conquista in conquista, fino alle parole finali che assumono, come abbiamo visto in precedenza, una tonalità apertamente lirica, di inno.

 

Io so che c’è dentro di me qualcosa che tu non conosci ancora: una nuova grande chiarità, che conferisce ricchezza al mio linguaggio, potenza alla mia parola.