Registrazione incontro
LINK - Illustrazione Sentiero Luzi
Intervento
Roberto Mosi
Mi
fa molto piacere questa partecipazione ad un incontro per rendere omaggio ad un
poeta che ho conosciuto di persona e che amo, un poeta come dice Stefano
Verdino nella introduzione ai Meridiani Mondadori, di lungo corso, sempre in
ascolto della vita nei suoi percorsi poetici, che brillano di una creatività
sempre risorgente e formano un grande viaggio di immaginazione e di conoscenza.
Questo
viaggio si compie in luoghi che mi sono cari , che per lo più conosco bene,
direttamente, legato a tempi, a periodi storici, dei quali conosco il respiro,
le atmosfere che danno loro un carattere.
Ci
ho tenuto a incrociare in qualche modo, idealmente, questo lungo, affascinante
viaggio con luoghi e paesaggi del poeta, partendo dalla sua storia, dalle sue
opere, alla ricerca del suo sguardo, dei suoi sguardi, posati sulle cose più
semplici della vita quotidiana , pronti ad elevarsi, ad aprire un dialogo con
la sfera del sublime.
Dal
mio impegno emergono sei quadri , sei percorsi, illustrati nei fogli che ho
preparato, legati ad alcuni testi poetici, da leggere insieme ad amici, ad alta
voce, andando alla scoperta dei paesaggi vissuti da Mario.
E’
un’esperienza che ho fatto in altri tempi, con un’associazione, si sono creati
ogni volta, come dei piccoli simposi fra amici, interessati ad aprire un
dialogo intorno all’essenza della poesia di Luzi.
I
Escursione
A Castello, il paese delle origini e del ritorno
Escursione:
facile, 3 ore; km 7.
Andremo a porre un fiore sulla tomba del poeta, nel
cimitero di Castello, presso la Chiesa di San Michele, alla periferia nord di
Firenze.
Da Il
silenzio, la voce (1984)
Il posto dove sono nato, presso Firenze, ha
in sé un contrasto molto pronunziato. In alto, sulle colline, la forma
armoniosa e conclusa che gli architetti delle ville e dei giardini hanno dato
alla natura del Rinascimento e nel Sei Settecento, in basso la polverosa
animazione di una borgata industriale. Inoltre un contrasto anche più lacerante
assimilato, anch’esso nella prima infanzia: quelle sobrie ma monumentali dimore
del potere e del privilegio ho imparato a conoscerle quando trasformate in
ospedali militari ingoiavano dentro i
loro cancelli colonne di autoambulanze con a bordo i feriti che i treni provenienti
dai fronti della prima guerra mondiale scaricavano sulle banchine dei binari
morti nella piccola stazione di Castello di cui mio padre era il capo: qualcuno
di quegli uomini deposti sulle barelle con le bende insanguinate mi resta anche
oggi stampato in mente.
Mia madre
(dal Fondo
delle campagne 1965)
Mia madre, mia eterna margherita
che piangi e mi sorridi
viva ora più di prima…
L’incontro con il fiume. Bellariva
Da “Su fondamenti invisibili”
(1971)
«Prega», dice, «per la città sommersa»
venendomi incontro dal passato
o dal futuro un’anima nascosta
dietro un lume di pila che mi cerca
nel liquame della strada deserta.
«Taci» imploro, dubbioso sia la mia
di ritorno al suo corpo perduto nel fango.
«Tu che hai visto fino al tramonto
la morte di una città, i suoi ultimi
furiosi annaspamenti d’annegata,
ascoltane il silenzio ora
Fiume da fiume (da Poesie
sparse)
Si pasce di sé il fiume, bruca
serpeggiando
le sue
quasi essiccate
sgorature,
visita
le sue
quasi aride pozzanghere,
si trascina ai suoi già putridi ristagni
finché‚ poco più oltre
un poco lo confortano
misteriosi trasudamenti,
lo irrorano frescure,
umori, vene
dal più profondo
del suo cuore sotterraneo
ed eccolo
rinasce esso dalle secche,
ora, si lascia dietro la sassaia
della sua quasi estinzione
per il suo nuovo cammino -
si muove verso se stesso il fiume,
III
Escursione
La Cupola del Brunelleschi, fiore nostro fiorisci ancora
Da “Fiore nostro fiorisci
ancora” (1996)
Primo operaio // L’Estate è piena, il meriggio leva il cervello. Ser Filippo non conosce pausa, sparisce e
ricompare di continuo. Gli frullano per il capo mille idee ma una, fissa, le
sovrasta tutte: questa cupola. Se va avanti, se regge per geometria, se il
calcolo era giusto. Sì, lui a suo dire n’è sempre stato certo, era spavaldo con
gli altri uomini dell’arte; ma, guardarlo, è tranquillo fino a un certo punto.
Domanda i capimastri, i tagliapietre, i legnaioli, se stimano possibile per la
loro parte dargli conferma che l’impresa è giusta e ragionevole. E, lo sai bene
anche tu, chi è preso dalla sua mania e chi scuote la testa ma continua con
parecchia incredulità il suo lavoro nel cantiere.
Secondo operaio // Tu con chi stai, io con chi mi metto? Non so proprio
rispondere neppure per me stesso.
Primo operaio // No, non è facile... però io sono parte di questa
fabbrica che cresce; e questo mi basta. Non soltanto mi basta ma anche mi
convince. La città edifica lei stessa la sua chiesa, si alza verso il cielo e
usa la nostra fatica e la nostra arte per farlo. Mi ha preso e trascinato nel
febbrile formicaio della sua officina. …
“Fiore della fede”
E’ la mia voce ora che ascoltate,
sono Santa Maria del Fiore.
Mi volle la città fervente
alta sopra di sé,
sopra qualsiasi altra
delle sue grandi basiliche
e le sue umili parrocchie
e Santa Reparata che custodisco in me.
Grande mi concepirono i mercanti
e il popolo minuto.
“Il viaggio di Simone Martini” e le origini
senesi
Avremo con noi il
libro di Luzi Viaggio terrestre e celeste
di Simone Martini per leggere i versi che esprimono la diffidenza
dell’artista senese che osserva Firenze dall’alto, durante il viaggio di
ritorno da Avignone a Siena: “È là, lei,
la Gran Villa/ che brulica e formicola/ di là dal fiume. Lo tenta/ e lo
respinge, / ostica …”
V
Escursione
L’incontro con i compagni della giovinezza nel sentiero lungo gli
argini del Bisenzio.
Presso il
Bisenzio (Da Magma 1965)
La nebbia
ghiacciata affumica la gora della concia
e il viottolo che segue la proda. Ne escono quattro
non so se visti o non mai visti prima,
pigri nell'andatura, pigri anche nel fermarsi fronte a fronte.
Uno, il più lavorato da smanie e il più indolente,
mi si fa incontro, mi dice: «Tu? Non sei dei nostri.
Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta
quando divampava e ardevano nel rogo bene e male».
Lo fisso senza dar risposta nei suoi occhi vizzi, deboli,
e colgo mentre guizza lungo il labbro di sotto un'inquietudine.
«Ci fu solo un tempo per redimersi» qui il tremito
si torce in tic convulso «o perdersi, e fu quello.»
Gli altri costretti a una sosta impreveduta
dànno segni di fastidio, ma non fiatano, //
[ Il poeta incontra i compagni della prima
gioventù. Nel Magma si registra la rivoluzione copernicana della poesia di
Luzi, si abbatte la prospettiva lirica; nel Magma vi sono le scene di diverse
“stazioni” di incontri tra l’io di Mario
e altri occasionali interlocutori , incontrati sulla proda nebbiosa del
Bisenzio. Afferma Verdino che Magma è uno dei libri più belli e complessi della
poesia del Novecento.]
VI Escursione
La
salita al Monte Senario, la fuga dei monti fino all’Amiata, il silenzio del
bosco e la voce della poesia.
Da “Sotto specie umana” (1999)
Vanno ai monti
i monti
da soli o con
le nubi
sulla cresta o
ai fianchi,
si uniscono, si
salgono sulla groppa,
si celano l’un
l’altro,
si confondono
terra in cielo,
cielo in rupi
d’aria e nuvole,
cammini non
sappiamo se per uomini o per numi
ne varcano la
mutevole frontiera
a scendere e
discendere
è il loro moto
tra roccia e
terra di pianoro
aperto, senza
riparo
dalle origini
alle origini…
Da
“Su fondamenti invisibili”, 1971
La strada tortuosa che da Siena
conduce all’Orcia,
traverso il mare mosso
di crete dilavate
che mettono di marzo una peluria verde
è una strada fuori del tempo, una
strada aperta
e punta con le sue giravolte al cuore
dell’enigma…
Il “viaggio” di Luzi implica una tensione particolare del
testo, che si può definire come vocazione al sublime , trova l’ “alto”
incastonato nel “basso” delle sue scelte prosastiche-poematiche. Percorrere
questo Sentiero, ci avvicina alla sua voce, alla sua anima.
Presso il Bisenzio (Da Magma 1965)
RispondiEliminaLa nebbia ghiacciata affumica la gora della concia
e il viottolo che segue la proda. Ne escono quattro
non so se visti o non mai visti prima,
pigri nell'andatura, pigri anche nel fermarsi fronte a fronte.
Uno, il più lavorato da smanie e il più indolente,
mi si fa incontro, mi dice: «Tu? Non sei dei nostri.
Non ti sei bruciato come noi al fuoco della lotta
quando divampava e ardevano nel rogo bene e male».
Lo fisso senza dar risposta nei suoi occhi vizzi, deboli,
e colgo mentre guizza lungo il labbro di sotto un'inquietudine.
«Ci fu solo un tempo per redimersi» qui il tremito
si torce in tic convulso «o perdersi, e fu quello.»
Gli altri costretti a una sosta impreveduta
dànno segni di fastidio, ma non fiatano, //