domenica 2 marzo 2025

"I Bonaparte a Firenze", Caterina Perrone, Roberto Mosi , in "Elzeviro" n. 2, 2025


 

I Bonaparte a Firenze

 

          Napoleone Bonaparte nelle Mémoires raccolte dal dottor Antonmarchi nell’esilio di Sant’Elena (1819-1821) afferma che i Bonaparte (originariamente Buonaparte) sarebbero originari di Firenze, dove si schierarono dalla parte ghibellina. Con la vittoria del partito dei Guelfi, nel Duecento, dovettero lasciare la città e andarono in esilio prima a San Miniato e poi a Sarzana, che era sotto il dominio della Repubblica di Genova.  La dinastia divenne famosa, come sappiamo, con Napoleone che fu imperatore dei francesi e re d’Italia. Merita citare un episodio. Il giovane generale Bonaparte, comandante delle forza francesi in Italia, arrivò a Firenze, come ci informa il giornale fiorentino La gazzetta Universale, il 30 giugno 1796 accompagnato da un drappello di guardie, per far visita al granduca Ferdinando III: la sera dell’arrivo si tenne una grande festa a Palazzo Pitti, l’incontro memorabile di due giovani di ventisette anni, l’uno il generale venuto dal nulla e l’altro, il figlio dell’imperatore d’Austria, che tanta parte avranno nella storia dell’Europa.

          Firenze ebbe uno stretto legame con la famiglia di Napoleone, sia nel momento del successo dell’imperatore sia negli anni della sconfitta e dell’esilio; particolare fu il rapporto con la città delle tre sorelle del generale, Elisa Baciocchi, Paolina Borghese, Carolina Murat. Elisa divenne Granduchessa di Toscana (1809-1914), elesse Palazzo Pitti a propria dimora, si circondò di celebri artisti, fra i quali Niccolò Paganini, Antonio Canova, e promosse grandi progetti per rendere la città più moderna, di livello europeo; Napoleone ebbe ad affermare che Elisa era il migliore dei suoi ministri.

          Paolina, resa celebre dall’opera di Canova Venere Vincitrice, persona di grande generosità, fu la più amata dal fratello; soggiornò in più occasioni a Firenze e frequentò i luoghi più conosciuti, dalla passeggiata delle Cascine al Teatro della Pergola. Morì, per un tumore, a villa Fabbricotti, sulla collina di Montughi, il 9 giugno 1825. Carolina, la più piccola delle tre sorelle, moglie del maresciallo Murat, fu, ammirata, regina di Napoli (1808-1815) e dopo un lungo periodo di esilio, le fu concesso di raggiungere Firenze, dove fu ben accolta dalla città e visse nel palazzo Bonaparte, in piazza Ognissanti, che ospita oggi l’albergo Excelsior. Morì il 18 maggio 1839 e fu sepolta in un modesto spazio nella chiesa d’Ognissanti.

          Nella Basilica di Santa Croce si trova la Cappella Bonaparte acquistata da Giuseppe Bonaparte, re di Napoli e, successivamente, di Spagna, per seppellirvi la figlia Charlotte. Qui riposano anche la moglie Giulia e la nipote Maria-Albertine. A Firenze vissero anche – mentre era granduca Leopoldo II, celebre per lo spirito di tolleranza – altri fratelli di Napoleone: Luciano, principe di Canino, Luigi, il cui figlio Carlo Luigi diventerà Napoleone III; Giuseppe, che morì nel Palazzo Serristori in Oltrarno, nel 1844.

          Un commento finale sulle donne Bonaparte: è una vera scoperta avvicinarsi ai loro caratteri madre, sorelle, nipoti, bis nipoti. Capaci di coniugare grazia, eleganza, spregiudicatezza con il piglio di famiglia. Dove poteva d’altra parte aver trovato le sue radici un temperamento come quello di Napoleone, un misto di audacia, spregiudicatezza, ambizione, sete di potere, capacità strategica, comando e fascinazione? E nello stesso tempo una visione epica, senza ragionevolezza, finché non si dovrà confrontare con un destino tragico. Troviamo alcuni di questi segni anche nelle donne, che si rivela; d’altra parte è in famiglia che si costruiscono i caratteri, le visioni, gli obiettivi, a volte anche solo per contrasto. È stato così per le sorelle coinvolte, durante il periodo di gloria del fratello, in matrimoni prestigiosi che le hanno introdotte nella sfera del potere, dove hanno espresso un piglio degno della tradizione familiare.

          Troviamo gli echi di questo destino anche nella bisnipote Marie Laetitia che ha conosciuto il nonno Luciano ancora bambina e chissà quante ne ha sentite raccontare di storie, lì dove si forma l’immaginario e il senso di appartenenza. Di tutto ciò è consapevole già nel periodo di formazione quando giovanissima trascorre il tempo nei salotti parigini, quando viaggia per l’Europa accompagnata dalla madre, un’altra donna che sorprende per la sua disinvoltura non passata ai posteri come le altre. Quel che va raccontato di queste donne è il comune passaggio a Firenze. Le tre sorelle di Napoleone vivranno alcuni anni della loro complessa vita in questa città, trattate come straniere, perché a Firenze funziona così, anche quando si occupano posizioni di prestigio e di potere, soprattutto quando emerge e si vuole far rilevare una sorta di superiorità.

 Così è successo anche a Marie Laetitia, approdata a Firenze Capitale nel 1865, moglie di un ministro, Umberto Rattazzi, che sarà presto Primo ministro del Regno. Consapevole del suo passato e delle sue doti di scrittrice, donna di mondo, bella, elegante, colta, troppo consapevole per piacere ai fiorentini e alle fiorentine che mal digeriscono la sua supponenza e non le riconoscono neanche uno dei suoi evidenti pregi. Maria “litigherà” con Firenze, scriverà un pamphlet con denunce impietose di provincialismo e volgarità che non potranno essere ignorati. Otterrà una risposta imprevista e irripetibile: i fiorentini tutti d’accordo, tutti contro di lei.

          Un’ultima nota sulla storia dei Bonaparte a Firenze. Recentemente, nel 2016, i discendenti dalla regina Carolina Bonaparte Murat, un gruppo di quarantadue persone, provenienti da ogni parte del mondo, alcuni nobili, altri appartenenti all’alta borghesia, hanno realizzato un progetto per dare una degna sepoltura alla loro antenata, nello spazio restaurato di una cappella della chiesa d’Ognissanti, vicino alle spoglie di illustri uomini fiorentini.

 

Nella Collana “Stranieri e Firenze” di Angelo Pontecorboli, due libri presentano preziosi riferimenti per la storia della famiglia Bonaparte:

Caterina Perrone, Marie-Laetitia Wyse Rattazzi. La principessa internazionale, Angelo Montecerboli Editore, Firenze 2023.

Roberto Mosi, Tre principesse francesi a Firenze. Sylvia Bouquet e le sorelle di Napoleone, Elisa Baciocchi, Paolina Borghese e Carolina Murat, Montecerboli, Firenze 2024.

          In relazione alla figura di Napoleone Bonaparte, centrale in questa storia, pare importante soffermarsi sulle vicende del Concordato del 1801 che interessarono la stessa Francia e i territori dominati, partendo dall’operato di quegli uomini che gettarono le fondamenta del nuovo istituto. Il libro che illustra le coordinate dell’intervento:

Guglielmo Adimari, Napoleone Bonaparte. Trono e altare 1801, Angelo Montecerboli Editore, Firenze 2019.

          Una ricostruzione preziosa, quella di Adilardi, della personalità e delle qualità morali di Napoleone Bonaparte, il primo a siglare un concordato tra Stato e Chiesa, tra trono a Altare in epoca moderna. Con un accurato lavoro di archivio, svolto su documenti, lettere, annotazioni storiche, ripercorre le tappe e le idee che portarono al primo concordato in epoca moderna tra uno Stato e la Chiesa cattolica e di cui Napoleone fu l’esclusivo artefice ed ideatore. Col concordato Napoleone permette ai cattolici la libertà di professare la propria fede, vigilando semplicemente sul necessario ordine pubblico. Ma per arrivare a questo risultato deve superare la generale ostilità del suo entourage: dall’esercito alla cerchia intellettuale e politica, il primo console ha tutti contro. Secondo il concordato i vescovi prima di prendere possesso delle loro diocesi, dovevano giurare al Primo Console, e a scalare anche i parroci alle autorità locali, promettendo ubbidienza e fedeltà al governo stabilito secondo la Costituzione della Repubblica francese. Mantenendo la dovuta separazione tra Stato e Chiesa l’obiettivo di Napoleone è quello di riconciliare i due fronti del mondo cattolico, mettendo tutti sullo stesso piano, e riavvicinare il mondo cattolico allo Stato francese nel suo complesso, abbattendo i muri precedentemente creati.

          La firma del Concordato ricompatta l’alleanza tra Trono e Altare, ma non come nell’ancien regime: si superano i vecchi schemi in chiave assolutamente moderna e pubblicamente configurata. La modernità di questo accordo è evidentemente riconosciuto anche successivamente tanto è vero che esso è stato modello di riferimento per altre scritture, come quella dei Patti Lateranensi, tra Stato italiano e Santa sede nel 1929, o come quello del 1983 tra Bettino Craxi e il cardinale Agostino Casaroli. Più recentemente il concordato napoleonico ha costituito anche il modello dell’accordo provvisorio siglato nel 2018 tra Papa Francesco e Xi Jinping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese, atto che riconosce accanto alla Chiesa Cattolica Patriottica Cinese, la Chiesa Cattolica non ufficiale. Anche qui la nomina dei vescovi avviene, come nel concordato napoleonico, con l’approvazione di ambo le parti, nell’intento di avvicinare due mondi finora separati e ostili.

 

Caterina Perrone

Roberto Mosi







 

 

 

 

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