sabato 15 marzo 2025

NOVARADIO 19.3, ore 12: INTERVISTA: la poesia, il romanzo, la fotografia, il progetto culturale e la città, l'apprendimento permanente






Roberto Mosi, “Amo le parole. Poesie 2017-2023”, Ladolfi Editore, Borgomanero. Prefazione Carmelo Consoli. Postfazione Giuliano Ladolfi

 

Commento di Giuliano Ladolfi dalla Posfazione al libro

«La poesia prende il posto / dei sogni»

 

Penso che la concezione poetica di Roberto Mosi sia chiarita dal seguente passo compreso in questa antologia: «Credo che sia possibile curarsi con la

poesia, per vincere le paure, stati di sofferenza, per stringere sogni che passano in volo, per divertirsi. La voce della poesia arriva dal dentro, potente nelle ore della notte, debole e distratta il giorno. Porta sollievo,

se non guarigione, dolcezza di ricordi, sapori tenui di malinconia»... eratoterapia, senza dubbio. Bastano queste righe per depositare nel bidone dei rifiuti tutte le concezioni avanguardistiche e neoavanguardistiche.

Il poeta, infatti, assegna la scrittura in versi alla dimensione umana e non a quella puramente intellettuale o linguistica.

Il titolo di questa pubblicazione, che raccoglie testi editi da 2017 al 2023, costituisce un’ulteriore conferma: Amo le parole. E non si può amare senza collocare questo sentimento nell’intimità dell’essere umano. Si ama quando tra l’individuo e l’altro-da sé scocca una scintilla destinata a incendiare il

mondo. E ciò può avvenire con ogni tipo di realtà, che in questo caso si identifica con l’esistente, l’esistente che entra in empatia con il poeta.

Le parole poetiche per lui non sono flatus vocis, ma dichiarazioni d’amore che trasformano chi le pronuncia e chi le legge. Non si gioca sui significati

quando il sentimento ha il sopravvento. E questo sentimento è contagioso perché non permette al lettore di essere indifferente di fronte alla bellezza di Firenze, alla sua storia, alla sua arte, ai suoi colori, alle sue vie, ai suoi palazzi. Anche chi la conosce trova in questi versi nuovi occhi per contemplarla non con lo sguardo dello studioso o del turista, ma con l’entusiasmo di chi la ama come si ama una madre amorevole e affettuosa.

E poi il sentimento si espande al mondo intero, anche a situazioni dolorose, come la guerra o come la devastazione climatica. Se «la poesia prende il posto / dei sogni», è fondamentale che a tutti sia concesso di sognare tramite

quest’arte, a tutti sia concesso di ritrovare in essa l’impulso ad approfondire quel senso dell’esistere che Roberto Mosi propone come un’avventura meravigliosa e inesauribile.


“Tre principesse francesi a Firenze”

Postfazione 

Perché si scrive?

 

        Perché si scrive? Questa domanda si fa per me urgente ora che sto per pubblicare il mio ultimo romanzo sul mondo dell’imperatore Napoleone, dopo che sono passati dieci anni dal mio primo lavoro.

        Mi dedico alla scrittura per recuperare una cosa che mi viene a mancare, per riempire un vuoto che si è creato vicino a me, oppure, per scongiurare un pericolo, per sconfiggere la paura.

        Il primo romanzo Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio, 2013) era un invito ad andare alla scoperta della costa toscana del mare Tirreno, a guardare le città, il territorio con lo sguardo dei vincitori francesi, con l’orgoglio della loro forza, della efficacia e della modernità dei loro interventi. Quando cominciai a pensare al libro avevo appena lasciato il lavoro, avevo raggiunto il traguardo della pensione, davanti a me un tempo indefinito, grigio, senza contorni, un vuoto da riempire giorno per giorno. L’idea di scrivere un racconto, un romanzo dette un ritmo alle mie giornate, mi portò ad immergermi in un mondo illimitato di conoscenze, in una rete di libri, di notizie, piena di incroci, di nodi, tutti da studiare e da scoprire; fu un impegno serrato ma affascinante, che compensò il recente abbandono del mondo del lavoro senza trascurare quelli che erano stati gli interessi della mia professione. Ero stato infatti un dirigente per la cultura della Regione Toscana,

        Il romanzo successivo Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni, 2014) rappresenta una vera e propria elaborazione di un lutto, la perdita della mia macchina, la Lancia Musa, uscita di strada e schiantatasi contro un cartellone pubblicitario, incidente dal quale uscii praticamente incolume ma con un’enorme paura. Nel romanzo le macchine incidentate si ritrovano in un deposito di relitti ferrosi di ogni genere, si consolano fra di loro aspettando la sorte finale, di essere trasformate in mirabolanti creature grazie al fuoco rigeneratore dell’altoforno.

        Nel romanzo Esercizi di volo (Europa Edizioni, 2015) mi sono misurato con la follia; mi ha sempre affascinato il binomio arte/follia, ho seguito con interesse i progetti degli anni ’70 per la riforma dei manicomi, e rimasi sconvolto da una visita fatta all’Ospedale Psichiatrico San Salvi nella veste di segretario della Commissione Sanità del Consiglio regionale.

L’incipit del libro è quanto mai perentorio: “Un giorno imparerò a volare!”, il protagonista vuole acquistare leggerezza, la capacità di volare, per stare in alto, sopra le diverse pazzie del mondo e frequenta un celebre personaggio, Erasmo da Rotterdam, che gli fa scoprire il lato divertente della follia.

        Nel 2021la pandemia, la diffusione del Covid, ha sconvolto le nostre vite, ha limitato la nostra libertà, lasciandoci nella paura e nell’incertezza.

Ho trovato conforto e aiuto nella poesia, proprio in quella di Dante che inizia il suo viaggio ultraterreno dai tormenti dell’Inferno. Ho immaginato che la sua poesia sia rimasta con noi, nelle strade di Firenze dove è nato, si è affermato come uomo e come poeta laureato e quindi con un gruppo di amici siamo andati per le strade alla ricerca dei luoghi più suggestivi per recitare insieme ad alta voce, con energia i suoi versi, aspettando il suo ritorno perché, come recita il titolo del libro Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta (Il Foglio, 2021). Mi sembra che il libro interpreti bene lo sgomento di quel periodo, per ogni giorno di escursione riporto, i dati dei cittadini toscani colpiti dal Covid, i ricoverati in ospedale, i deceduti, come un bollettino di guerra.       

        Le vicende dei migranti in fuga dalle guerre, dalle carestie, da luoghi di feroce miseria, le tragiche morti nel Mediterraneo, mi lasciano un grande vuoto, pesano sulla mia coscienza di cittadino di un Paese dell’Occidente. Ho trovato in questi avvenimenti una sorta di parallelismo con la storia delle grandi emigrazioni di popoli all’epoca dell’impero romano, sulla “ragionevole” integrazione fra le diverse genti; l’insieme di queste riflessioni è alla base del recente libro Barbari. Dalle Steppe a Florentia, alla Porta Contra Aquilonem, (Masso delle Fate, 2022).

        Sono passati dunque dieci anni da quando ho scritto il mio primo romanzo; ho pubblicato anche diverse raccolte di poesia, riunite in due antologie: Poesie 2009-2016 (Ladolfi, 2016) e Amo le parole. Poesie 2017-2023 (Ladolfi, 2023). Nella poesia seguo la voce dell’ispirazione, il demone che mi parla dentro, mi porta a comporre versi su registri diversi, con lo sguardo rivolto a paesaggi umani e a sfere personali differenti (Nonluoghi), (Eratoterapia), (Itinera), (Concerto), dove si accende la luce delle immagini (Firenze, foto grafie), soffia il vento dei miti (Navicello Etrusco), (Orfeo in Fonte Santa), (Prometheus, il dono del fuoco), balzano in evidenza le mie origini (Florentia), l’amore per la mia città, Firenze, la sua storia e la sua bellezza (Il profumo dell’iris), il desiderio di un costante impegno sociale, nel dialogo, nell’incontro con l’altro, con gli altri (L’invasione degli storni), (La vita fa rumore), (Il nostro giardino globale).

        Con quest’ultimo romanzo, Tre principesse francesi a Firenze. Sylvia Boucot d’Hautmesnil al servizio delle sorelle di Napoleone, ricompare  la figura di Napoleone, questa volta in compagnia delle tre sorelle, le  principesse Elisa, Paolina e Carolina, che grazie alla fortuna e alle capacità di uomo d’arme e di governo del fratello, si trovarono, dalle umili origini in una terra isolata, povera, come la Corsica, a conquistare onori e ricchezze sullo scenario europeo; la sorte fatale poi del generale corso, il crollo dell’impero, determinò il rovesciamento della loro fortuna, la decadenza. Nelle pagine di questo lavoro sono fissati i caratteri diversi delle tre sorelle e, allo stesso tempo, il loro coraggio di donne libere, la loro determinazione; ci si sofferma, per altro verso, sulle facce che mostra il potere, nei diversi frangenti, il modo differente di reagire delle persone, l’affermarsi della nuova classe borghese. In questo contesto, Firenze fa da scenario all’agire dei diversi protagonisti, è all’incrocio di dinamiche particolari, incisive per il suo futuro.

        È naturale dunque cercare di cogliere analogie con il tempo presente, specie riguardo ai miti che in quei tempi sono stati coltivati, come il mito della nazione e il mito del comandante supremo, del leader, che oggi ricompaiono con forti tratti, sugli scenari incerti del nostro presente: la scrittura, il lavoro di scavo, di analisi ad essa collegato, dei fenomeni in corso, aiuta nella ricerca di un terreno più solido sul quale fondare le nostre speranze.






 

 

 








 

1 commento:

  1. Perché si scrive? Questa domanda si fa per me urgente ora che sto per pubblicare il mio ultimo romanzo sul mondo dell’imperatore Napoleone, dopo che sono passati dieci anni dal mio primo lavoro.

    Mi dedico alla scrittura per recuperare una cosa che mi viene a mancare, per riempire un vuoto che si è creato vicino a me, oppure, per scongiurare un pericolo, per sconfiggere la paura.

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