sabato 15 aprile 2023

"Concerto", Gazebo Libri, Roberto Mosi - "Concerto appunto di suoni, voci, suadenti parole: musica che inneggia il sole, la luna, le stelle, la terra, l’acqua e il vento"

 



"Concerto" di Roberto Mosi, Gazebo Libri, 2013

Scrive Nicla Morletti in MANUALE DI MARI, 2014

"Intellettuale di rara sensibilità, dotato di una profonda cultura umanistica, Roberto Mosi racchiude nel suo animo doti di grande capacità espressiva ed un infinito senso di amore teso alla suprema elevazione del cuore e della mente. Ne è una testimonianza questo libro di sublimi poesie, armoniche, ritmiche, quasi un ditirambo greco, un “Concerto” appunto di suoni, voci, suadenti parole. Musica che inneggia il sole, la luna, le stelle, la terra, l’acqua e il vento. Questo prezioso florilegio di poesie si apre con una sinfonia dedicata alla città etrusca di Populonia, luogo di incanti e magie. Segue l’inno dedicato alla ninfa Flora, il mitico personaggio che richiama la meravigliosa Firenze con il suo antico appellativo “Fiorenza” che per la sua bellezza scioglie il cuore, ammalia e incanta, tocca e commuove. Il flusso delle emozioni che scivola pian piano durante la lettura di queste meravigliose pagine, tra frammenti di memoria, simbologie e tanto sentimento nel raccontare e descrivere luoghi e personaggi, penetra nell’animo del lettore e lo eleva spiritualmente alle più alte vette della conoscenza e del sapere. Il tutto è coronato da un gioco di richiami, metafore, allegorie in una fusione completa tra sogno e realtà, desiderio e ricordo. Questa raccolta è un vero e proprio canto anche per la primavera, l’estate, l’autunno, l’inverno, con i loro colori, sfumature e toni. Versi soavi che comunicano al lettore un senso di pace ed armonia. Poesie che catturano per la loro intensità emotiva, per la melodiosa linea musicale e per i versi densi di una forte carica espressiva. Nicla Morletti

Anteprima del libro

I. Inverno

Caos

Labirinto caos
domato da Dedalo
misura finita circondata
dal mare infinito.

Scrosci d’acqua
sciolgono la notte,
Populonia è muta
aggrappata alla costa,
ruscelli di melma
uccidono il mare,
le scorie galleggiano
precipitano sul fondo.

A trecento chilometri
il treno per la città.
L’incontro da “Mimi
alla Ferrovia”, gli amici.
Sulla tovaglia tracce
di vino, la città di Gomorra.
Nove cerchi rossi
del nostro Inferno.

Al centro il porto
intorno Secondigliano,
Scampia e Forcella,
Torre Annunziata.
“La gente, vermi della terra,
rimangono vermi, sempre”,
la voce d’aspide
della Camorra.

“Sono cinque giorni
che mangiamo arance
nascosti nell’aranceto.”
La faccia appare
al telegiornale.
Per le strade di Rosarno
la furia della gente,
ronde di bianchi in giro.

Seduti nell’ombra
aspirano crack,
fiammelle per la dose,
uomini e donne
di Castel Volturno.
Sopravvissuti alla droga,
la pelle di cenere.
Morti gli altri, senza nome.

Osservo l’andare
alla via Domiziana
per prostituirsi,
e il ritorno per la droga.
Chiuderanno gli occhi
tra monti di spazzatura,
sono solo immigrati
e, peggio, neri africani.

***

Passione

Labirinto passione
di Teseo per Arianna
il filo teso
nei rossi meandri.

Ogni sera m’affaccio
alla terrazza Mascagni:
i gabbiani guidano
le navi. Alla Meloria
si accende l’occhio rosso.
Si allontana l’ombra
della Moby Prince
per il destino di fuoco.

“Aiuto”, l’eco rimbomba,
dilata la paura. Intorno
ossa biancheggianti
infisse nella grotta.
Avanzo a fatica, le onde
padrone del corpo.
Vespero si affaccia,
vedetta, in attesa.

Euridice alla guida
della pala ruotante,
nell’Inferno, l’elmetto
sopra i capelli biondi.
Orfeo implora Ade
di lasciarla partire.
“Alla fine dello scavo,
al passaggio del treno”.

Brillano gli sguardi
nell’ombra, un fuoco sottile
affiora rapido alla pelle *
“Lasciateci amare
come vogliamo”  ha scritto
sul muro della scuola.
La dolce-ridente Saffo
coronata di viole **.

* Saffo, fr. 2. (trad. S. Quasimodo)
** Alceo, fr. 63. (trad. S. Quasimodo)

Venere, l’impiegata
più bella dell’ufficio,
ha lasciato Efesto,
placido e triste.
Adone il nuovo
compagno. La sera
frusta l’Alfa Romeo
per arrivare da lui.

Bolle la pentola
il sogno d’Europa
ballano le fiamme
le streghe agitano il brodo.
Il dito del banchiere
l’occhio di un rom
il sorriso di un nero.
Le vecchie gettano dentro.

***

Mito

Labirinto mito
al centro la vampa
dell’Io, in volo
con ali di cera.

È forse uguale
a un dio l’uomo
senza ombra
che dorme in piedi
alla porta di Populonia?
I ginocchi piegati
la testa in avanti.

Ogni notte l’Eroe
raggiunge la reggia.
Penelope dorme stizzita,
Arturo saluta, la coda ritta.
Apre la posta, ordina le armi,
si distende sul letto,
il risveglio vicino.
Ulisse toma sempre a Itaca.

Sono giunto alle terre
degli Etruschi. Le navi
passano il Bosforo,
bandiere al vento.
Inseguo Giasone
alla conquista del vello
d’oro, le carovane
sulla via della seta.

Striscio nel bosco,
in mano il pugnale:
il Santuario di Diana,
fra le colonne, al centro,
l’albero dal Ramo d’oro.
Spio i passi del sacerdote,
il vento intona un lugubre,
continuo lamento.

Scatto, un serpente.
Il pugnale si abbassa,
una lotta furiosa
per il Ramo d’oro.
Ritorno sui miei passi.
Appendo il Ramo alla porta
di Populonia. La luce
rischiara i nostri tempi.

Un gemito. Dal solco
scavato si è alzata
tra le zolle rimosse
la testa di un bambino.
“Sono Tagete, arrivato
tra voi per mostrare
i segni del Cielo.”
E nel silenzio scompare.

***
Concerto
di Roberto Mosi
2013, pag. 75
Gazebo Libri


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