Rubrica aprile 2024
Curarsi con la poesia
Dino Campana: una ricetta
per i passaggi difficili della vita
Mi hanno scritto alcuni
lettori, e ne ho parlato con vari amici, sull’idea di curarsi con la poesia e
alcuni hanno tenuto a sottolineare come l’arte, in generale, possa
rappresentare un’efficace cura. Trovo che sia senz’altro vero, devo però
aggiungere che le mie esperienze mi hanno portato a cogliere direttamente il
valore della poesia.
Per quanto mi riguarda, è
stato importante l’incontro con Dino Campana (Marradi 1885-Castelpulci 1932). A quindici anni, vengono diagnosticati al
poeta i primi disturbi nervosi che non gli impediranno di frequentare i vari
cicli di scuola. Quando rientra a Marradi dopo gli studi, le crisi nervose si
acutizzano, come pure i frequenti sbalzi di umore, sintomi dei difficili
rapporti con la famiglia, soprattutto con la madre, con il paese natio. Campana
espresse il suo "male oscuro" con un irrefrenabile bisogno di fuggire
e dedicarsi ad una vita errabonda. La prima reazione della famiglia e del
paese, e poi dell'autorità pubblica, fu quella di considerare le stranezze di
Campana come segni lampanti della sua pazzia. Nel 1913 Campana si reca a
Firenze e si presenta a Giovanni Papini e ad Ardengo Soffici, cui consegna il
manoscritto dal titolo "Il più lungo giorno". Non viene preso in
considerazione e il manoscritto va perso. Nell'inverno del 1914, convinto di
non poter più recuperare il manoscritto, Campana decide di riscriverlo tutto
affidandosi alla memoria. Nella primavera del 1914, riesce finalmente a
pubblicare la raccolta, con il titolo di "Canti Orfici". Conosce
Sibilla Aleramo, l'autrice del romanzo “Una donna”, ed inizia con lei
un'intensa e tumultuosa relazione. Nel 1918 Campana viene internato presso
l'ospedale psichiatrico situato nella Villa di Castelpulci, presso Scandicci,
dove muore per una forma di setticemia.
Nella sua poesia
visionaria, ricca di immagini molto intense, si amalgamano i suoni, i colori e
la musica in potenti bagliori, mi colpisce particolarmente il motivo
dell’oscurità fra il sogno e la veglia e come questo viene reso nei suoi versi:
gli aggettivi e gli avverbi ritornano con una ripetitiva insistenza come di chi
detta durante un sogno, sogno però interrotto da forti trasalimenti. Fino al
suo internamento a Castel Pulci, lotterà per la sua poesia e per una vita che
non era mai riuscita a donargli nulla in termini di serenità e pace, anche la
strada dell'amore, il suo incontro con Sibilla Aleramo, si trasformerà in una sconfitta.
L’incanto della sua
poesia mi è vicino e riaffiorano spesso alla mia mente i suoi versi, ad iniziare dal
canto “L’invetriata”, che esprime attraverso l’immagine del tramonto, simbolo
di ferita e disfacimento, il suo tormento esistenziale: La sera fumosa
d’estate/Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra/ E mi lascia nel cuore
un suggello ardente … Ho letto i libri e visto i film sulla vita, ho
ricercato poi, dal vivo, lo “sguardo del poeta”, i luoghi del paese celebrati
dalla poesia, i leggii con i testi dei componimenti che il Comune di Marradi ha posto negli angoli
più suggestivi del paese, ho ricostruito percorsi a tema, sulla base dei testi
poetici e delle notizie sulla vita: l’incontro di Dino Campana con Sibilla Aleramo,
al Barco, sotto il Passo del Giogo e il cammino verso Moscheta e la valle
dell’Inferno, la sosta a Casetta di Tiara; il pellegrinaggio da Marradi a Stia,
al Falterona, alla Verna; la visita al parco dell’ex Manicomio di San
Salvi, con il pensiero rivolto alla degenza alla quale fu costretto. Questi percorsi
sono stati scelti da un’ associazione di trekking per i propri soci e ho avuto
l’incarico di guidare un gruppo alla scoperta di questi luoghi, seguendo le
orme di Dino: nel percorso ogni socio aveva i testi dei canti e nelle diverse soste,
abbiamo letto insieme alcuni versi, ad alta voce, nei boschi, davanti
alle montagne, lungo i corsi d’acqua, con lo spirito di cui parla Mariangela
Guarnieri nel suo libro – L’incanto fonico. L’arte di dire la poesia, Salerno
Editrice: “Questo ci tocca, liberare nell’aria il verso, trovare/ la sua forma
sonora. Incanto fonico si chiama.”
Questa esperienza mi ha particolarmente
coinvolto e mi ha fatto capire come la poesia possa alleviare le sofferenze del
poeta e, d’alta parte, arricchire di nuove sensazioni e sentimenti, il lettore.
La familiarità con alcuni luoghi dei Canti Orfici è stata per me fonte
di ispirazione per un mio poemetto, L’invasione degli storni, Ed.
Gazebo, nel quale canto, anche se con flebile voce poetica, la bellezza
selvaggia della Valle dell’Inferno, presso Moscheta: Sopra la cima dei
castagni/ la vertigine delle rocce, / colonne aeree di una cattedrale/ aperta
sul candeggiare del cielo.
Per coloro dunque che si
trovano ad affrontare una fase impegnativa della loro vita – che per me ha
riguardato il passaggio dall’attività lavorativa alla pensione - Erato ha la
ricetta pronta, per superare meglio il trauma del passaggio fra “stagioni”
diverse dell’esistenza: l’incontro con la poesia, la storia, i sogni di un
grande, amato poeta.
(FOTO)
Roberto Mosi si interessa
di poesia, narrativa e fotografia, collabora con riviste fiorentine. È stato
dirigente per la cultura alla Regione Toscana. Per la poesia ha pubblicato Sinfonia
per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019),
Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio
2018); le antologie Poesie 2009-2016
(Ladolfi 2016) e Amo le parole. Poesie 2017-2023 (Ladolfi 2023). Per la
narrativa: Barbari (Masso delle Fate 2022), Ogni sera Dante ritorna a
casa (Il Foglio 2021), Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone (Il
Foglio 2013), Esercizi di volo (Europa Edizioni 2016). Blog:
www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it ; e-mail: mosi.firenze@gmai.com
Nessun commento:
Posta un commento