Per i quarant’anni di “Salvo imprevisti” e “L’Area di
Broca”
Intervista a Mariella Bettarini
a cura di Roberto Mosi (anno 2013)
Nel febbraio del lontano 1973 fu pubblicato il primo
numero della rivista “Salvo imprevisti”, “numero unico”, in attesa di
autorizzazione. Dopo venti anni di vita della rivista, dal 1993, è stata innestata nell’alveo di
questa esperienza quella dell’“Area di Broca”, una pubblicazione periodica
ancora viva e vitale. Mariella Bettarini scrive nel supplemento all’ultimo
numero della Rivista (n. 96-97, lug. 2012 – giu. 2013), dedicato a questo
anniversario: “Fondata negli utopici primi anni Settanta da Silvia Batisti e
dalla sottoscritta, prendendo poi il sottotitolo “quadrimestrale di poesia e
altro materiale di lotta”, autofinanziata, interdisciplinare, caratterizzata da
fascicoli monografici, “Salvo imprevisti” raccolse intorno a sé vivi interessi,
dibattiti e circa quattrocento collaboratori, in un itinerario di ricerca e
sperimentazione piuttosto raro per vivacità e durata … Una rivista, un lavoro
ormai “storicizzati” , presenti, tra l’altro, in volumi di autori come Fortini,
Pasolini, Manacorda, Asor Rosa, Zagarrio, Marco Marchi, Giorgio Spini, ecc.”.
“L’Area di Broca” – dalla zona del cervello dedicata alle
funzioni del linguaggio - si è innestata su questo “tronco” di ricerca e di
passione, una rivista “di letteratura e conoscenza” ancora rigorosamente
autofinanziata, interdisciplinare, monografica, nella quale si alternano testi
creativi e scientifici, narrativa e filosofia, poesia e politica. Alcuni titoli
dei numeri monografici: “Cervello”, “Fotografia”, “Acqua”, “Caos”, “Macchine”,
“Suoni”, “Tempo”, “Amicizia/cooperazione”, “Cinema/video/TV”, “Numeri, numeri,
…”, “Gli altri”, “Denaro”, “Cibo”, “Lavoro”, Memoria”, ecc.
Prezioso il supplemento della Rivista, ora citato: con
l’indicazione dei 61 fascicoli pubblicati dal 1973 ad oggi, è riportato
l’elenco dei collaboratori e collaboratrici che hanno partecipato a questa
esperienza(circa ottocento). Fra questi, nomi quanto significativi della letteratura
e della cultura italiana, fra i quali Ernesto Balducci. La redazione si presenta all’appuntamento dei
quaranta anni, con un risultato quanto mai importante per il mondo della
cultura. Sono oggi consultabili sui siti www.emt.it/broca e www.emt.it/salvoimprevisti i 26 numeri dell’”Area di Broca” ; dei 37 fascicoli di
“Salvo imprevisti” sono oggi consultabili 11, in attesa della registrazione
degli altri numeri che sarà effettuata nei prossimi numeri.
INTERVISTA A MARIELLA BETTARINI
D. Il primo numero
di “Salvo imprevisti” portava il titolo “I perché di una pubblicazione”. Puoi
ricordare questi perché e dirci se, in
qualche misura, sono ancora attuali?
R. I “perché” che dettero il via alla pubblicazione
(ormai quarantennale) di “Salvo imprevisti”- che poi mutò il titolo con “L’area
di Broca” - mi paiono tuttora assai vivi. Si iniziava dicendo della scarsità
del numero dei lettori, e tuttavia si affermava la necessità di dar loro alternative mediante una
cultura che avesse un fiato più ampio, soprattutto che si rivolgesse “al mondo
di coloro che non hanno mai fatto né pensato la cultura, ma l’hanno soltanto
subìta”.
Certo, oggi il
cosiddetto “mondo della carta stampata” è divenuto il mondo di Internet, del
Web, di FaceBook, degli e-book, e via discorrendo, ma il senso profondo dei
problemi legati alla cultura, alla letteratura è rimasto lo stesso, specie in
un’Italia in cui il consumismo, la scarsa democrazia, il lassismo etico, la
scarsissima passione civile continuano imperterriti ad imperare, a contare
numerosissime “vittime”.
Un altro dei
“perché” di questa iniziativa consisteva, appunto, nella necessità di
“conoscere il fine di questi mezzi di
massa”. Scrivevo allora della indispensabilità di una cultura che vedesse
finalmente concludersi “la vergognosa divisione del lavoro”, che rappresentasse
“la rottura della subordinazione del lavoro manuale all’opera d’arte”. Mi pare che questi problemi non siano passati
di attualità. Al contrario…
D. E’ possibile
distinguere fasi, caratteristiche diverse nella vita di “Salvo imprevisti” e
“L’area di Broca”? Quando sono stati più vivi i rapporti con la vita politica e
culturale della città?
R. Direi che le caratteristiche di “Salvo imprevisti” e
de “L’area di Broca” risultano piuttosto simili, anzitutto nella volontà di
affrontare di volta in volta, di fascicolo in fascicolo, precisi temi monografici, ossia di fare delle
due riviste, sempre, un “territorio” di ricerca e di approfondimento su
temi via via individuati dalla redazione
e proposti ai vari collaboratori, piuttosto che
generiche “antologie” di testi in versi e in prosa.
Se, però, c’è
una certa differenza tra “Salvo imprevisti” e “L’area di Broca” questa
consiste, semmai, nel fatto che “Salvo imprevisti” aveva affrontato tematiche
più sociali e, diremmo, “civili”, mentre “L’area di Broca” ha ampliato
piuttosto gli interessi culturali, occupandosi anche dell’aspetto scientifico - e non solo letterario - della cultura.
Per quanto
riguarda i rapporti con la vita politica e culturale della nostra città, direi
che, forse, tali rapporti sono stati più intensi nella fase 1973-1992, ossia
con “Salvo imprevisti”, fase che corrisponde, poi, ad anni un po’ più
“impegnati” di quelli seguenti (direi meglio: un po’ meno “disimpegnati” di
quelli che sono seguiti…).
D. Ci vuoi parlare
di uno dei ricordi più cari, più
emblematici legati alla vita della rivista
R.Non mi è affatto facile fermarmi ad un solo ricordo
legato alla vita della rivista. Si tratta di moltissimi, vivi, variegati
ricordi lungo questi quattro decenni di incontri, discussioni, lavoro, gioia,
fatica, condivisione, conoscenze nuove, conferme, difficoltà, occasioni
straordinarie di collaborare spesso con la più viva “intellighenzia” che la
nostra nazione abbia avuto e abbia, e così via, così via…
Potrei citare i
nomi – tutti! – dei molti amici e amiche della redazione, con cui ho condiviso
(e condivido) questa magnifica esperienza. Così come potrei citare i nomi dei
moltissimi collaboratori e collaboratrici (esterni alla redazione), che con
assoluta generosità ci hanno onorato della loro presenza sulla rivista, che non
ha mai avuto “fini di lucro”, non si è mai servita di denaro pubblico e che è
stata tenuta in vita con il contributo
economico volontario da parte dei componenti la redazione e con svariati
abbonamenti (diminuiti nel tempo, pure per il fatto che la rivista è - ormai da
anni, com’è giusto e necessario - consultabile anche in Internet).
D.Tra i
collaboratori appare il nome di Ernesto
Balducci. Cosa puoi dire a questo proposito e del rapporto con padre Balducci?
R. Mentre la collaborazione di padre Balducci a ”Salvo imprevisti” risale al fascicolo 9
della rivista dedicato al tema “Dopo il
Sessantotto” e consiste in una
magnifica intervista da parte di Silvia Batisti a padre Ernesto dal titolo
“Sessantotto, fede e ideologia”, la mia personale conoscenza risale, invece, ai
primissimi anni Sessanta.
Allora vivevo a
Roma, erano gli indimenticabili anni del Concilio, e padre Ernesto era stato
“allontanato” da Firenze e viveva nei pressi della “Città eterna”. Ci furono
fin da allora, per me, molte preziose occasioni di incontro. Tra l’altro, padre
Balducci diceva spesso Messa nella piccola chiesa di S. Lucia, a due passi
dalla via Teulada, in cui – giovanissima - abitavo con la mia famiglia.
Tutto questo ha
rappresentato per me, senza dubbio, uno degli incontri umanamente e spiritualmente più “fecondi” della mia vita.
D. Sembra di poter
cogliere un maggiore distacco tra la politica e il mondo della cultura, una
netta distanza fra poesia e realtà sociale. Ci sono possibilità per ridurre
questo distacco e cosa può fare uno
strumento culturale come “L’area di Broca”? I giovani oggi sono sensibili al
mondo della poesia?
R. Domanda,
domande assai “tormentose”, complesse…
Sì, è vero: c’è ormai un enorme, “epocale” (come direbbe padre Ernesto),
forse incolmabile distacco tra politica e cultura, tra poesia e società.
Ci si chiede
che cosa può fare una rivista come “L’area di Broca”. Direi, senza infingimenti
e con dolore, praticamente quasi nulla. O forse nulla del tutto… Eppure, eppure
credo, crediamo ancora che non sia giusto cedere ad un totale, irrecuperabile
pessimismo. Credo, crediamo che forse non è ancora tutto perduto. Magari sono
un’inguaribile ingenua, siamo inguaribili “idealisti”. Eppure bisogna tentare
di non disperare, anche se i cosiddetti “segnali” di ripresa sono davvero
scarsissimi e quasi spenti. E tuttavia, se non sarà certo la poesia a “salvare
il mondo”, se alcuni giovani - che ancora seguono, scrivono, amano in qualche
modo la poesia – non saranno coloro che
determineranno un cambiamento, credo che i forti IDEALI di cui la letteratura,
la poesia (degne di questi nomi) sono portatrici contribuiranno ad un
rafforzamento degli IDEALI di eticità e di cooperazione, di giustizia e di
condivisione tra gli abitanti della Terra.
IDEALI che dovranno divenire FATTI CONCRETI, frutto di appassionato Pensiero e di approfondito uso della Parola, ossia
frutto di CULTURA come indispensabile complemento
e compendio di quei civili, etici
Ideali.
Spero di avere
(in sia pur minimo modo) risposto a questa complessa e tuttavia indispensabile
domanda, così come alle altre, mentre sentitamente ringrazio per l’ottima
occasione e per l’accoglienza, anche a nome e da parte delle amiche e amici
della redazione.
INTERVISTA A MARIELLA BETTARINI
RispondiEliminaD. Il primo numero di “Salvo imprevisti” portava il titolo “I perché di una pubblicazione”. Puoi ricordare questi perché e dirci se, in qualche misura, sono ancora attuali?
R. I “perché” che dettero il via alla pubblicazione (ormai quarantennale) di “Salvo imprevisti”- che poi mutò il titolo con “L’area di Broca” - mi paiono tuttora assai vivi. Si iniziava dicendo della scarsità del numero dei lettori, e tuttavia si affermava la necessità di dar loro alternative mediante una cultura che avesse un fiato più ampio, soprattutto che si rivolgesse “al mondo di coloro che non hanno mai fatto né pensato la cultura, ma l’hanno soltanto subìta”.
Certo, oggi il cosiddetto “mondo della carta stampata” è divenuto il mondo di Internet, del Web, di FaceBook, degli e-book, e via discorrendo, ma il senso profondo dei problemi legati alla cultura, alla letteratura è rimasto lo stesso, specie in un’Italia in cui il consumismo, la scarsa democrazia, il lassismo etico, la scarsissima passione civile continuano imperterriti ad imperare, a contare numerosissime “vittime”.
Un altro dei “perché” di questa iniziativa consisteva, appunto, nella necessità di “conoscere il fine di questi mezzi di massa”. Scrivevo allora della indispensabilità di una cultura che vedesse finalmente concludersi “la vergognosa divisione del lavoro”, che rappresentasse “la rottura della subordinazione del lavoro manuale all’opera d’arte”. Mi pare che questi problemi non siano passati di attualità. Al contrario…