venerdì 3 febbraio 2023

Omaggio con Mariella Bettarini: martedì 14-febbr. alle Murate: i 50 anni delle Riviste "L' area di Broca" e "Salvo Imprevisti"









Per i quarant’anni di “Salvo imprevisti” e “L’Area di Broca”

Intervista a Mariella Bettarini

a cura di Roberto Mosi (anno 2013)

 

Nel febbraio del lontano 1973 fu pubblicato il primo numero della rivista “Salvo imprevisti”, “numero unico”, in attesa di autorizzazione. Dopo venti anni di vita della rivista,  dal 1993, è stata innestata nell’alveo di questa esperienza quella dell’“Area di Broca”, una pubblicazione periodica ancora viva e vitale. Mariella Bettarini scrive nel supplemento all’ultimo numero della Rivista (n. 96-97, lug. 2012 – giu. 2013), dedicato a questo anniversario: “Fondata negli utopici primi anni Settanta da Silvia Batisti e dalla sottoscritta, prendendo poi il sottotitolo “quadrimestrale di poesia e altro materiale di lotta”, autofinanziata, interdisciplinare, caratterizzata da fascicoli monografici, “Salvo imprevisti” raccolse intorno a sé vivi interessi, dibattiti e circa quattrocento collaboratori, in un itinerario di ricerca e sperimentazione piuttosto raro per vivacità e durata … Una rivista, un lavoro ormai “storicizzati” , presenti, tra l’altro, in volumi di autori come Fortini, Pasolini, Manacorda, Asor Rosa, Zagarrio, Marco Marchi, Giorgio Spini, ecc.”.

“L’Area di Broca” – dalla zona del cervello dedicata alle funzioni del linguaggio - si è innestata su questo “tronco” di ricerca e di passione, una rivista “di letteratura e conoscenza” ancora rigorosamente autofinanziata, interdisciplinare, monografica, nella quale si alternano testi creativi e scientifici, narrativa e filosofia, poesia e politica. Alcuni titoli dei numeri monografici: “Cervello”, “Fotografia”, “Acqua”, “Caos”, “Macchine”, “Suoni”, “Tempo”, “Amicizia/cooperazione”, “Cinema/video/TV”, “Numeri, numeri, …”, “Gli altri”, “Denaro”, “Cibo”, “Lavoro”, Memoria”, ecc.

Prezioso il supplemento della Rivista, ora citato: con l’indicazione dei 61 fascicoli pubblicati dal 1973 ad oggi, è riportato l’elenco dei collaboratori e collaboratrici che hanno partecipato a questa esperienza(circa ottocento). Fra questi, nomi quanto significativi della letteratura e della cultura italiana, fra i quali Ernesto Balducci.  La redazione si presenta all’appuntamento dei quaranta anni, con un risultato quanto mai importante per il mondo della cultura. Sono oggi consultabili sui siti www.emt.it/broca e www.emt.it/salvoimprevisti i 26 numeri dell’”Area di Broca” ; dei 37 fascicoli di “Salvo imprevisti” sono oggi consultabili 11, in attesa della registrazione degli altri numeri che sarà effettuata nei prossimi numeri.

 




INTERVISTA A MARIELLA BETTARINI

 

D. Il primo numero di “Salvo imprevisti” portava il titolo “I perché di una pubblicazione”. Puoi ricordare questi perché  e dirci se, in qualche misura, sono ancora attuali?

R. I “perché” che dettero il via alla pubblicazione (ormai quarantennale) di “Salvo imprevisti”- che poi mutò il titolo con “L’area di Broca” - mi paiono tuttora assai vivi. Si iniziava dicendo della scarsità del numero dei lettori, e tuttavia si affermava la necessità di dar loro alternative mediante una cultura che avesse un fiato più ampio, soprattutto che si rivolgesse “al mondo di coloro che non hanno mai fatto né pensato la cultura, ma l’hanno soltanto subìta”.

     Certo, oggi il cosiddetto “mondo della carta stampata” è divenuto il mondo di Internet, del Web, di FaceBook, degli e-book, e via discorrendo, ma il senso profondo dei problemi legati alla cultura, alla letteratura è rimasto lo stesso, specie in un’Italia in cui il consumismo, la scarsa democrazia, il lassismo etico, la scarsissima passione civile continuano imperterriti ad imperare, a contare numerosissime “vittime”.

     Un altro dei “perché” di questa iniziativa consisteva, appunto, nella necessità di “conoscere il fine di questi mezzi di massa”. Scrivevo allora della indispensabilità di una cultura che vedesse finalmente concludersi “la vergognosa divisione del lavoro”, che rappresentasse “la rottura della subordinazione del lavoro manuale all’opera d’arte”.  Mi pare che questi problemi non siano passati di attualità. Al contrario…

 


D. E’ possibile distinguere fasi, caratteristiche diverse nella vita di “Salvo imprevisti” e “L’area di Broca”? Quando sono stati più vivi i rapporti con la vita politica e culturale della città?

R. Direi che le caratteristiche di “Salvo imprevisti” e de “L’area di Broca” risultano piuttosto simili, anzitutto nella volontà di affrontare di volta in volta, di fascicolo in fascicolo, precisi temi monografici, ossia di fare delle due riviste, sempre, un “territorio” di ricerca e di approfondimento su temi  via via individuati dalla redazione e proposti ai vari collaboratori, piuttosto che  generiche “antologie” di testi in versi e in prosa.

     Se, però, c’è una certa differenza tra “Salvo imprevisti” e “L’area di Broca” questa consiste, semmai, nel fatto che “Salvo imprevisti” aveva affrontato tematiche più sociali e, diremmo, “civili”, mentre “L’area di Broca” ha ampliato piuttosto gli interessi culturali, occupandosi anche dell’aspetto scientifico  - e non solo letterario -  della cultura.

   Per quanto riguarda i rapporti con la vita politica e culturale della nostra città, direi che, forse, tali rapporti sono stati più intensi nella fase 1973-1992, ossia con “Salvo imprevisti”, fase che corrisponde, poi, ad anni un po’ più “impegnati” di quelli seguenti (direi meglio: un po’ meno “disimpegnati” di quelli che sono seguiti…).

 

D. Ci vuoi parlare di   uno dei ricordi più cari, più emblematici legati alla vita della rivista

R.Non mi è affatto facile fermarmi ad un solo ricordo legato alla vita della rivista. Si tratta di moltissimi, vivi, variegati ricordi lungo questi quattro decenni di incontri, discussioni, lavoro, gioia, fatica, condivisione, conoscenze nuove, conferme, difficoltà, occasioni straordinarie di collaborare spesso con la più viva “intellighenzia” che la nostra nazione abbia avuto e abbia, e così via, così via…

    Potrei citare i nomi – tutti! – dei molti amici e amiche della redazione, con cui ho condiviso (e condivido) questa magnifica esperienza. Così come potrei citare i nomi dei moltissimi collaboratori e collaboratrici (esterni alla redazione), che con assoluta generosità ci hanno onorato della loro presenza sulla rivista, che non ha mai avuto “fini di lucro”, non si è mai servita di denaro pubblico e che è stata tenuta in vita con il contributo economico volontario da parte dei componenti la redazione e con svariati abbonamenti (diminuiti nel tempo, pure per il fatto che la rivista è - ormai da anni, com’è giusto e necessario - consultabile anche in Internet).

 

D.Tra i collaboratori appare  il nome di Ernesto Balducci. Cosa puoi dire a questo proposito e del rapporto con padre Balducci?

R. Mentre la collaborazione di padre Balducci  a ”Salvo imprevisti” risale al fascicolo 9 della rivista dedicato al tema “Dopo il Sessantotto”  e consiste in una magnifica intervista da parte di Silvia Batisti a padre Ernesto dal titolo “Sessantotto, fede e ideologia”, la mia personale conoscenza risale, invece, ai primissimi anni Sessanta.

   Allora vivevo a Roma, erano gli indimenticabili anni del Concilio, e padre Ernesto era stato “allontanato” da Firenze e viveva nei pressi della “Città eterna”. Ci furono fin da allora, per me, molte preziose occasioni di incontro. Tra l’altro, padre Balducci diceva spesso Messa nella piccola chiesa di S. Lucia, a due passi dalla via Teulada, in cui – giovanissima - abitavo con la mia famiglia.

   Tutto questo ha rappresentato per me, senza dubbio, uno degli incontri  umanamente e spiritualmente  più “fecondi” della mia vita.

 

D. Sembra di poter cogliere un maggiore distacco tra la politica e il mondo della cultura, una netta distanza fra poesia e realtà sociale. Ci sono possibilità per ridurre questo distacco e  cosa può fare uno strumento culturale come “L’area di Broca”? I giovani oggi sono sensibili al mondo della poesia?

 R. Domanda, domande assai “tormentose”, complesse…  Sì, è vero: c’è ormai un enorme, “epocale” (come direbbe padre Ernesto), forse incolmabile distacco tra politica e cultura, tra poesia e società.

    Ci si chiede che cosa può fare una rivista come “L’area di Broca”. Direi, senza infingimenti e con dolore, praticamente quasi nulla. O forse nulla del tutto… Eppure, eppure credo, crediamo ancora che non sia giusto cedere ad un totale, irrecuperabile pessimismo. Credo, crediamo che forse non è ancora tutto perduto. Magari sono un’inguaribile ingenua, siamo inguaribili “idealisti”. Eppure bisogna tentare di non disperare, anche se i cosiddetti “segnali” di ripresa sono davvero scarsissimi e quasi spenti. E tuttavia, se non sarà certo la poesia a “salvare il mondo”, se alcuni giovani - che ancora seguono, scrivono, amano in qualche modo  la poesia – non saranno coloro che determineranno un cambiamento, credo che i forti IDEALI di cui la letteratura, la poesia (degne di questi nomi) sono portatrici contribuiranno ad un rafforzamento degli IDEALI di eticità e di cooperazione, di giustizia e di condivisione tra gli abitanti della Terra.  IDEALI che dovranno divenire FATTI CONCRETI, frutto di appassionato Pensiero e di approfondito uso della Parola, ossia frutto di CULTURA come indispensabile complemento e compendio di quei civili, etici Ideali.

   Spero di avere (in sia pur minimo modo) risposto a questa complessa e tuttavia indispensabile domanda, così come alle altre, mentre sentitamente ringrazio per l’ottima occasione e per l’accoglienza, anche a nome e da parte delle amiche e amici della redazione. 





 

1 commento:

  1. INTERVISTA A MARIELLA BETTARINI



    D. Il primo numero di “Salvo imprevisti” portava il titolo “I perché di una pubblicazione”. Puoi ricordare questi perché e dirci se, in qualche misura, sono ancora attuali?

    R. I “perché” che dettero il via alla pubblicazione (ormai quarantennale) di “Salvo imprevisti”- che poi mutò il titolo con “L’area di Broca” - mi paiono tuttora assai vivi. Si iniziava dicendo della scarsità del numero dei lettori, e tuttavia si affermava la necessità di dar loro alternative mediante una cultura che avesse un fiato più ampio, soprattutto che si rivolgesse “al mondo di coloro che non hanno mai fatto né pensato la cultura, ma l’hanno soltanto subìta”.

    Certo, oggi il cosiddetto “mondo della carta stampata” è divenuto il mondo di Internet, del Web, di FaceBook, degli e-book, e via discorrendo, ma il senso profondo dei problemi legati alla cultura, alla letteratura è rimasto lo stesso, specie in un’Italia in cui il consumismo, la scarsa democrazia, il lassismo etico, la scarsissima passione civile continuano imperterriti ad imperare, a contare numerosissime “vittime”.

    Un altro dei “perché” di questa iniziativa consisteva, appunto, nella necessità di “conoscere il fine di questi mezzi di massa”. Scrivevo allora della indispensabilità di una cultura che vedesse finalmente concludersi “la vergognosa divisione del lavoro”, che rappresentasse “la rottura della subordinazione del lavoro manuale all’opera d’arte”. Mi pare che questi problemi non siano passati di attualità. Al contrario…

    RispondiElimina