mercoledì 2 settembre 2020

Campiglia si racconta: "Intelligenza artificiale", "Labirinto", "Il metaverso", "Una vacanza sicura", "Porte chiuse", "Dante a Campiglia"






 Da “Raccontare Campiglia 2024”

 

 

“L’intelligenza artificiale dentro le mura del Borgo”

 

 

      Il regionale 18270 per Pisa delle 6.26 è in ritardo di mezz’ora e Annamaria cammina avanti e indietro sul marciapiede n. 2 della stazione di Campiglia Marittima, nella mattina fresca, nel leggero vento che spinge le nubi verso il mare, oltre le colline di Populonia. Per lei è una giornata importante, deve presentare gli ultimi capitoli della tesi al relatore, il professore Fortunato Squattrini, illustrarli e poi, se vanno bene, sarà fissata la data per la discussione. Frequenta il corso di Informatica Umanistica all’Università di Pisa, un corso nato di recente, adatto ai suoi interessi e ai suoi sogni. Ogni mattina prende il treno per raggiungere Pisa e, nella città, l’attende un percorso di quindici minuti a piedi, fino a piazza Torricelli, non lontano dalla Sapienza, dove ha sede la facoltà.

      Sono molte le attività alle quali si dedica, nel volontariato per le persone anziane e nelle iniziative dell’Ente Valorizzazione Campiglia Marittima; ha inoltre una vera passione per la politica e nelle ultime elezioni è stata eletta nel consiglio comunale. Uno dei suoi pallini è quello di promuovere e organizzare iniziative sociali e culturali nella sua comunità, partendo dai momenti di base della partecipazione e applicando, poi, per la definizione dei progetti, le tecniche che offre oggi l’informatica connessa alle discipline del management e della logistica.

      Riguardo alle manifestazioni estive già in programma a Campiglia Marittima, ha maturato proprie idee che l’hanno portata a discutere fortemente, a volte, in maniera aspra, con coloro che sono per ripetere di anno in anno gli stessi eventi, gli stessi programmi, in maniera stantia, lasciandosi guidare dalla tradizione e da quelle che sono le sfere più consolidate degli interessi dei commercianti.

      Dopo l’incontro con il professore Filippo Squattrini, deve frequentare tre lezioni nelle materie che le rimangono per terminare il corso, sociolinguistica, arte e multimedialità, diritto dell’informatica. Spera di poter prendere la freccia delle 17.07 per il ritorno, con una grande corsa verso la stazione; a Campiglia l’attende una riunione all’ente di valorizzazione  e, poi, una seduta del consiglio comunale. Ne avrà fin a sera tardi e domani dovrà fare la solita levataccia prima dell’alba.

      Il treno tarda ancora ad arrivare, si siede sulla panchina e tira fuori dalla cartella i fogli che ha preparato per l’incontro con il professore; sul primo foglio a caratteri cubitali il titolo della tesi: “Campiglia Marittima. Programma degli eventi per l’estate 2024: impiego delle tecniche A.I.”. Ripete ancora una volta, dentro di sé, il discorso che ha preparato e che dovrà ripetere davanti al professore:

 

      “Il programma, con gli allegati, è stato generato da due reti neuronali, due AI (Artificial Intelligence). Per il testo ho usato ChatGPT4, per le immagini Midjourney versione 5. L’idea di base è stata quella di innovare il programma delle manifestazioni, ormai invecchiato, superato, che pone Campiglia Marittima in affanno rispetto alla forte concorrenza con gli altri centri della Costa Etrusca, così agguerriti, che procedono in ordine sparso, perseguendo ognuno un proprio fine. Alla Chat testuale ho richiesto, con le procedure stabilite dalle regole interne, i programmi per sette fine settimana, elaborando i dati desumibili, in particolare, dai racconti più adatti, raccolti fino ad oggi nelle pubblicazioni annuali del concorso letterario  “Raccontare Campiglia”; per le immagini, una serie di foto riprese nel corso delle manifestazioni e nei concorsi di fotografia e di pittura estemporanea.  Un valido aiuto per la costruzione della base dati è venuto anche da una ricerca bibliografica mirata, svolta alla biblioteca comunale “Renato Fucini”, con l’aiuto di Francesco, il bibliotecario.

Sono state così definite sette nuove manifestazioni, dal volto nuovo che formano per Campiglia come una collana di sette perle: per ognuna sono pronte una serie di schede per la comunicazione locale, regionale e nazionale, le immagini, il piano per la sicurezza, il piano finanziario, il piano logistico, etc.

Il primo appuntamento, “Il Minotauro nel labirinto del Borgo”, pone in risalto lo straordinario, intricato, impianto urbano del paese, l’atmosfera misteriosa dei vicoli, il fascino del mito.

Il secondo, “Tullio Namaziano passò da Campiglia Marittima”, riprende il racconto del passaggio del poeta romano nel 415 d.C., con il suo naviglio, dal golfo di Baratti, sotto Populonia, e dell’ipotetica battuta di caccia organizzata nell’entroterra.

Segue fra le proposte degli eventi, l’appuntamento con “Campiglia, borgo medievale, borgo sicuro”, che rivive la storia medievale, con le porte che si chiudono la sera, le guardie sulle mura, le ronde di volontari in giro la notte, vestiti da antichi miliziani. Con l’evento “Dante Alighieri nel Borgo”, si dà vita a scene riprese dalla Divina Commedia, come “L’invasione dei diavoli guidati da Malacoda” (Inferno XXI) o “Il volo di Dante e Virgilio” (Inferno XVII), sull’orrendo mostro.  Non manca poi fra le possibili iniziative, l’assalto del pirata Barbarossa alle mura del Borgo: “Mamma, i Turchi alle porte del Borgo!”

Per completare la rassegna, il passaggio ai tempi di oggi, “Il Borgo nel metaverso”: il mondo virtuale, i robot dilagano per le strade, nelle piazze, rievocano meraviglie e angosce per il nostro futuro. Alla fine si affaccia la vita al tempo della pandemia, del dilagare del Covid, “Vacanze nel Borgo, al tempo della pandemia”: impera il vincolo della separazione fra le persone, si raggiunge la spiaggia, il mare in mongolfiera, si costruiscono piattaforme abitabili sugli alberi, per le famiglie.

Alla fine dell’anno sono previsti, infine, resoconti particolareggiati per ogni esperienza, i livelli di gradimento da parte del pubblico, l’analisi degli obiettivi raggiunti e di quelli falliti, dei processi di autoapprendimento da parte delle macchine, l’ottimizzazione delle scelte per gli anni futuri.”

 

      Finalmente il campanello che segnala l’arrivo del treno da Follonica prende a trillare, il convoglio arriva e Annamaria infreddolita, assonnata, ripone i fogli nella cartella, sale sulla prima carrozza e sprofonda a sedere.

 

      Davanti al professore Fortunato Squattrini illustra con voce decisa i punti di forza del progetto “Campiglia Marittima. Programma degli eventi per l’estate 2024: impiego delle tecniche A.I.”, passa poi ai particolari delle tecniche informatiche, dei processi di autoapprendimento, la voce più bassa, cantilenante, sempre più fievole. Il professore, un uomo giovane sui quarant’anni, la guarda fisso, aggrotta le ciglia:

“Signorina, tutto questo castello di carte su cosa si regge, a cosa serve veramente? Ha fatto una ricerca di mercato? E l’analisi di fattibilità? I programmi A.I. utilizzati sono ormai vecchi.”

      Annamaria si sente raggelare, comincia a balbettare:

“Eppure ho ripreso i test dalle riviste più aggiornate, ho fatto tutti gli aggiustamenti opportuni per  gli algoritmi utilizzati, ho dedicato tanto tempo …”.

      Il professore Fortunato Squattrini stringe forte i fogli degli ultimi capitoli della tesi, ha la voce alterata:

“Ma no, non è vero, la base dei dati è insufficiente, non considera i diritti degli autori dei testi e delle immagini, arriva a conclusioni che non sono supportate dall’impianto teorico e dalla raccolta dei dati.”

      Prende i fogli che ha portato Annamaria e li scaglia in alto; i fogli volano per la stanza e qualcuno plana dolcemente per terra, fra i piedi di alcuni studenti che per caso si trovano a passare, incuriositi dalle grida del professore.

 

      “Siamo arrivati, siamo arrivati, è già la stazione di Pisa!”, urla forte la voce di un amico.

      Annamaria si sveglia, si scuote, ritorna sulla terra …

Allora è tutto un sogno, non è altro che un sogno”, pensa, sollevata. S’infila rapida nella porta del treno e corre verso la facoltà, all’appuntamento con il professore Fortunato Squattrini. Non manca però di fare una piccola deviazione in Borgo Stretto, alla pasticceria Salsa, per un budino di riso e il cappuccino. Le darà la forza per affrontare la prova di questa mattina e per tenere alto l’onore del Borgo, di Campiglia Marittima. 

 



Da "Raccontare Campiglia 2023"

Il metaverso a Campiglia, Borgo 3.0

 

  La decisione era stata presa ad Atlanta, in Georgia, negli Stati Uniti, dalla direzione generale della IperInvesto Ltd., la società di gestione degli investimenti nei nuovi settori dell’informatica, che opera a livello mondiale, quotata alla Borsa di New York, con oltre diecimila dipendenti e uffici presenti in più di venti Paesi. Si era deciso di accogliere le proposte di piccole comunità locali interessate a diventare centri all’avanguardia nei mondi del metaverso.

  Fra le comunità locali prescelte, Campiglia Marittima, nota per la storia e la bellezza del paese, posta in alto sulle colline in vista del mare e dell’Arcipelago Toscano, circondata ancora dalle antiche mura, frequentata da turisti italiani ed europei, divenuta celebre a livello nazionale anche per i riconoscimenti ricevuti al concorso per il Borgo più Bello.

  L’amministrazione comunale e molti cittadini si erano fatti una vera cultura sulle nuove frontiere della tecnologia ed erano disposti a scommettere che il metaverso avrebbe fornito importanti occasioni di sviluppo al comune toscano, con una chiara vocazione nel campo dell’accoglienza dei giovani e del turismo.

  Avevano imparato che il metaverso, grazie alla sua capacità di aggregare in modo efficace tutti gli elementi dell’era digitale, dalla nascita di Internet ad oggi, rende agevolmente fruibile per tutti e in ogni momento la frequentazione di mondi e ambienti virtuali dove le persone possono lavorare, giocare, acquistare, intrattenersi e vivere esperienze di notevole fascino. Avevano imparato che il metaverso rappresenta lo stadio più avanzato  dell’evoluzione di Internet: lo stadio Web 3.0, che è la naturale evoluzione del Web 2.0 (social network, dove la produzione di contenuti personali riveste un aspetto molto importante) e, ancora prima, del Web 1.0 (dove Internet era frequentata solo per ricercare informazioni). I tre cambiamenti strutturali che stanno guidando l’ultima fase evolutiva di Internet, rappresentano l’ultimo progresso tecnologico (visori più leggeri e attrezzati con sensori che riproducono le espressioni facciali), si sono ampiamente sviluppate nel periodo della pandemia di Covid-19 (insegnando che né il lavoro né la socializzazione possono essere interrotti). La pandemia ha visto un’enorme diffusione delle videoconferenze e il lavoro ibrido costituisce oggi la normalità, supportato dall’emergere di soluzioni tecnologiche adatte a garantire che i dipendenti rimangano connessi, a casa o in ufficio.

 

  Era stato pubblicato un bando d’intesa fra il comune di Campiglia Marittima e la società IperInvesto per la raccolta di progetti, con la previsione di finanziare quelli ritenuti migliori. Molti i partecipanti al concorso da tutto il mondo con idee brillanti, originali, alcune delle quali sono state realizzate grazie alla ragguardevole somma di investimenti messa a disposizione da parte della società americana.

  All’inizio della stagione turistica gli ospiti si sono trovati davanti ad un’offerta incredibile. Ogni sera avevano la possibilità di una passeggiata nel mondo virtuale, da una parte all’altra del paese, in contesti virtuali diversi, suddivisi per le varie epoche; vi era poi l’occasione di incontrare e parlare con personalità celebri, fra le quali Elisa Baciocchi, principessa di Piombino e di Lucca, circondata dalla sua corte, Giuseppe Garibaldi e gruppi di garibaldini, personaggi dello spettacolo che erano passati da Campiglia, come Sabrina Ferilli ed altre dive del cinema italiano. In ogni angolo di strada vi era un segno, lo spunto per immergersi in mondi virtuali, dagli etruschi ai giorni nostri, conoscere, riflettere, divertirsi.

  Alcuni ristoratori avevano dato vita nei loro locali a mondi particolarmente legati alla Maremma, con i colori, i profumi, i sapori della tradizione.

  Un grande successo aveva avuto il progetto dal titolo “Viaggio al centro della Terra” che si avvaleva del paesaggio delle Cave, degli scenari disegnati nel libro da Giulio Verne e dal cinema. I partecipanti al viaggio virtuale, muniti degli speciali visori, entravano nelle cavità create dallo sbancamento della collina vicina a Campiglia Marittima e “iniziavano la discesa” fino al centro della Terra, circondati dai paesaggi illustrati dal romanziere, fino ad incontrare il “lago di lava”.

  Alcuni progetti del metaverso erano legati alla felice posizione, in alto, del paese, agli strepitosi, vasti paesaggi che si ammirano, in particolare, dalla Rocca e dalla terrazza davanti alla Porta del Ribellino. Era possibile vedere la città etrusca di Populonia, sommersa dal fumo dei forni accesi sulla spiaggia del Golfo di Baratti, immergersi nell’antica conformazione delle terre di pianura sommerse in gran parte da paludi e acquitrini, partecipare alla caccia al cinghiale nei boschi dell’entroterra, al tempo dei romani,  scorgere la flottiglia di barche del magistrato romano Rutilio Namaziano nel 415 d. C., in viaggio lungo le coste del mare, invase dai barbari, da Ostia alla Gallia, fuggire terrorizzati per l’incursione dei pirati saraceni sulla costa del mare, guidata dal terribile Barbarossa, seguire con il fiato sospeso la fuga di Napoleone nella notte del 26 febbraio 1814 dall’isola d’Elba, per raggiungere Frejus in Francia e dare di nuovo vita all’Impero, percorrere le vie della transumanza dall’Appennino, a Siena, alle Maremme.

  Infine un progetto riguardava l’ultima guerra mondiale, le flotte dei bombardieri che si alzavano, nel 1943-44, dagli aeroporti della vicina Corsica per colpire le città italiane occupate dai nazisti e passavano sopra il castello di Populonia dove un presidio di soldati, giovani ciechi, capaci di avvertire il rumore, in lontananza, stavano all’erta, pronti a lanciare l’allarme.

 

  L’esperienza dei mondi del metaverso fu coronata all’inizio da un grande successo, i cartelli pubblicitari avevano invaso le strade per arrivare a Campiglia, i giornali, i programmi locali della televisione ne parlavano continuamente. Finalmente molti giovani trovarono un’occupazione qualificata, furono tenute conferenze, anche se un qualche malcontento serpeggiava nel paese per l’invasione rumorosa di molte persone, specie nelle ore serali. Ma era poi tanto interessante il nuovo mondo? Non era forse meglio la vecchia maniera degli incontri reali, faccia a faccia, con le guide in carne ed ossa?

 

  Nella seconda parte della stagione estiva, passata la settimana del Ferragosto, i dirigenti della società di Atlanta scoprirono che i guadagni non erano poi così straordinari come avevano pensato all’inizio dell’esperienza. Dopo qualche approfondimento decisero di ridurre in maniera drastica gli stipendi dei lavoratori,  per arrivare, come impresa, a livelli di guadagno più soddisfacenti.

  La notizia raggelò il clima sereno che caratterizzava il rapporto con gli americani, si tennero assemblee dei lavoratori e fu proclamato uno sciopero di tre giorni che bloccò, realmente, ogni attività.

  Alla fine dell’estate, improvvisa, la comunicazione dalla Georgia che IperInvesto Ltd. si ritirava dai progetti in corso a Campiglia Marittima, delocalizzava i suoi interventi e trasferiva completamente nel mondo virtuale tutte le iniziative.

  Sarebbe sorta a breve, per l’Italia, la Società I Borghi Italiani Più Belli, 3.0, con sede ad Atlanta, Georgia, Stati Uniti.

 

* * * * *


 

                       Da "Raccontare Campiglia, 2020"

Una vacanza sicura e divertente 



Caro Diario, 

ho passato un’estate meravigliosa a Campiglia Marittima con i miei genitori. Siamo rientrati in città e fra pochi giorni ricomincia la scuola. L’ultimo compito delle vacanze riguarda proprio la più bella esperienza di questa estate e per me la cosa più bella è stata la vacanza che ho trascorso a Campiglia Marittima.




Come sai, sta per finire l’estate dell’epidemia, del pericolo del contagio. I miei genitori si erano informati per tempo sui luoghi più sicuri per passare le vacanze e hanno visto che Campiglia era la località alla quale erano state assegnate cinque stelle su cinque per la sicurezza delle famiglie, in questo difficile momento.
Il babbo prima della partenza mi ha detto solo la meta del nostro viaggio, che aveva scelto insieme alla mamma:
«Marchino vedrai che sorpresa, che vacanza speciale! Ora non ti dico nulla, sarà una sorpresa per te e per Annina.»
Annina è la sorellina più piccola, per me è un po’ una scocciatura, mi sta sempre attaccata come un francobollo.




La sorpresa, all’arrivo a Campiglia! I miei genitori avevano affittato due grandi alberi, due grosse querce in un campo vicino alle mura che circondano le mura, vicino a Porta Pisana. Un albero era per i genitori e l’altro per me e Annina. 




Sui rami più alti erano piazzati le piattaforme per il nostro soggiorno, con due casine dai muri trasparenti. Scalette di corda e passaggi con funi, permettevano di raggiungere le piattaforme da terra e vi era anche un passaggio aereo fra i due alberi. Che cosa stupefacente, per scongiurare i rischi del contagio era stato realizzato un gioco meraviglioso, incredibile. 




Il proprietario del campo con i due alberi, Mario, ci disse che la scelta di promuovere un paese DOC riguardo al rischio del contagio, era stata della sindaca e tutti i cittadini di Campiglia l’avevano seguita con entusiasmo.
Con le ordinazioni al servizio “Amico Turista” della Coop, arrivavano fino agli alberi, i pacchi della spesa. I nostri vicini d’albero e degli ultimi piani delle case limitrofe, vicino alle mura, erano simpatici, di spirito allegro. La sera, una volta tornati dal mare, si intrecciavano discorsi, si scambiavano battute e poi qualcuno prendeva la chitarra e si incominciava a cantare, come era successo in città, al tempo del “tutti in casa”, dalle terrazze dei condomini, all’ora del tramonto.
Io e Annina abbiamo inventato dei giochi con gli altri ragazzi, il gioco dei mimi, gli indovinelli, il paroliere, a nascondino, “io Tarzan tu Jane”, ecc. ecc. Abbiamo imparato a muoverci con le funi proprio come avevamo visto fare al cinema, a Tarzan con le liane della foresta e si riusciva, con i nuovi amici, ad arrivare fino alle mura e ad avventurarci lungo queste e sui tetti delle case.




Al mattino veniva a farci visita uno scoiattolo e, alla sera, un gatto arrampicatore, con il quale giocava Annina e alcune sere, rimaneva a dormire con noi, sul letto. Incredibile la colonia degli uccelli che saettava intorno a noi, anche troppo rumorosa. Alcuni uccelli apparivano timidi, come i passerotti, altri intraprendenti, come i colombi e le cornacchie che finivano dentro la casina per cercare dei resti del pane. Si veniva svegliati dal cinguettio, sempre in crescendo, dal cuu cuu cuk, insopportabile, delle tortore, in particolare. Ho fatto amicizia con un merlo dal canto dolcissimo, rispondeva al mio fischio e si facevano dei lunghi discorsi.




La sera non c’era la televisione ma, al momento di addormentarsi, si apriva sopra di noi il cielo stellato della Maremma ed era un incanto lasciarsi andare al suono del fruscio delle foglie, al canto dei grilli, avvolti dal profumo delle piante e della terra lavorata dei campi. È da dire che in certi momenti il fruscio delle foglie era sovrastato dal russare forte, sorprendente del babbo che finiva per zittire tutti gli altri rumori della natura. Un episodio clamoroso: la mamma, una sera dopo che era venuta ai nostri lettini per rimboccarci le coperte e darci il bacio della buonanotte, trovò un topo sul suo letto. Cacciò un urlo così forte che risvegliò mezzo paese e la sindaco, sempre sollecita, si alzò e mandò i vigili urbani in perlustrazione.



Un momento emozionante era la spedizione di ogni mattina per andare al mare, rinchiusi come in una bolla d’aria sollevata da terra. Mario, il proprietario del campo, un po’ genialoide, nel rispetto dell’adagio “contadino scarpe grosse e cervello fino”, aveva inventato il sistema insieme ad altri amici intraprendenti, dei palloni aerei, o delle bolle, a doppio strato, ci si infilava dentro e veniva gonfiata la camera d’aria esterna. Si alzavano in alto da terra, trattenute da una corda e un boccaglio collegato con l’esterno permetteva di respirare.
Ogni mattina, dopo la colazione, si celebrava il rito della bolla d’aria, arrivava Mario con gli attrezzi e si saliva a bordo e poco dopo … su per l’aria, pronti a partire. Che meraviglia vedere il paese, il groviglio delle stradine e delle sue case medievali, la Rocca, lo snodarsi delle mura fasciate dal verde della campagna e, più lontano la striscia azzurra del mare, oltre le pinete. Il babbo, grande amante dei cavalli, si era organizzato con Mario perché ogni mattina gli portasse dal vicino maneggio un cavallo. Arrivava puntuale Ombrosa, alta, imponente, ci saliva sopra e attaccava le estremità delle corde dei due palloni aerei, dietro la sella, uno con dentro la mamma e l’altro, con me e Annina. La questione era quella di gonfiare al punto giusto le due bolle, altrimenti il rischio era di sollevare in volo anche cavallo e cavaliere.
E poi via verso il mare di Rimigliano, sempre all’entrata numero sei del parco dove c’è anche il bar, il ristorante e la strumentazione necessaria per l’arrivo e la partenza dei palloni. Alla spiaggia c’è tutto lo spazio per stare distanti gli uni dagli altri, per passare giornate felici.
Per me, caro Diario, le vacanze sono state un modo nuovo di vivere le vacanze al mare, più genuino, sempre a contatto con la natura, con il grande divertimento del volo di ogni giorno nel pallone. Ti devo dire anche dei rischi che comporta il viaggio aereo nei palloni. Una mattina Mario ha gonfiato troppo il pallone con la mamma dentro, si è alzato in alto, in alto nel cielo. La mamma gridava al babbo, al telefonino
«Altiero, Altiero fammi scendere, aiuto!»
Ma il vento l’ha trascinata via, oltre le colline, il pallone è passato sopra il paese di Suvereto, con lei che batteva forte, arrabbiatissima contro le pareti trasparenti del pallone. Tutta la gente del paese è uscita per le strade, per vedere lo spettacolo insolito. Il giorno dopo ne ha parlato anche il Tirreno. E ancora via, via fino alla Valle del Diavolo, non lontano da Radicondoli, dove il pallone si è sgonfiato a poco a poco e la mamma è scesa in mezzo al vapore caldo di un soffione boracifero e si è anche un po’ scottata … Da questo giorno non è più voluta salire nel pallone, ha voluto montare su Ombrosa, dietro al babbo. Povero animale, con quel dolce peso …
Anche a noi è capitata un’avventura con il pallone, un giorno al mare con il vento che tirava forte da terra: siamo finiti in mezzo al mare agitato, sopra le onde ma noi non abbiamo avuto paura anche se i grandi urlavano al telefonino:
«State calmi, state calmi, ora vi facciamo scendere, vi prendiamo per la fune.»



Era però la solita bugia dei grandi, siamo andati al largo e poi verso la bocca del porto di San Vincenzo: meno male che il bagnino aveva la motocicletta d’acqua del soccorso ed è riuscito, con fatica, a raggiungerci e ad afferrare la corda del pallone.
I giorni delle vacanze sono volati via in un battibaleno e mi è dispiaciuto tornare in città, dove si vive ancora con la mascherina sul viso, ben distanziati gli uni dagli altri. Spero, caro Diario, che il virus ci lasci presto, che si possa riprendere una vita normale.


La vacanza a Campiglia Marittima è stata comunque straordinaria e vorrei dare il consiglio di mantenere anche per il futuro l’esperienza delle casine sugli alberi e dei viaggi aerei nei palloni, magari stabilendo prima un protocollo d’intesa con la colonia dei volatili sullo stridio delle loro voci al risveglio del mattino.

                         Marchino

------------------------     ------------------   -----------------

Secondo racconto da "Raccontare Campiglia 2019" 

Porte chiuse

     Parlava con voce tonante nella sala del consiglio comunale, dall’alto del suo scranno di sindaco, dando di tanto in tanto un’occhiata alle pagine che aveva scritto nei giorni passati. Per lui era un passaggio importante nella sua carriera, o meglio, missione di sindaco, eletto con uno straordinario successo sulla base di un programma sulla sicurezza della città e per ristabilire un clima di serenità e di fiducia fra i cittadini, superando ansie e paure. Stava parlando già da mezz’ora ai consiglieri, in un’aula gremita di cittadini di tutte le età, alcuni con cartelli: “Vogliamo vivere tranquilli!”, “Via gli zingari dal Fossone”, “Le case popolari anche ai bianchi”, ecc. ecc.



Fino a questo momento si era limitato ai fatti accaduti, furti nelle case, una rapina, facce strane in giro, partendo dalla definizione del quadro internazionale e dai difficili rapporti con i comuni vicini, del comprensorio della Val di Cornia, piuttosto egoisti nei loro interessi, lontani dal difendere i valori della tradizione. Passi in avanti erano stati fatti sulla via della sicurezza, era stato raddoppiato il corpo dei vigili urbani, si erano iniziati i lavori per rafforzare l’antica cinta muraria della città, ogni più piccolo angolo delle vie era stato munito di telecamere collegate con la stanza del sindaco, ma bisognava andare avanti.
D’altra parte i campigliesi avevano aderito con entusiasmo al programma del sindaco, vi erano state assemblee affollate per l’informazione sulla sicurezza con la partecipazione di rappresentanti delle forze dell’ordine e di psicologi per la paura ed erano state formate pattuglie di ronda che giravano giorno e notte per il labirinto delle strade medievali. Il pericolo era, piuttosto, quello di evitare, la notte, scontri fra le ronde che scambiavano gli altri come nemici.
Il sindaco arrivò alle proposte che gli stavano più a cuore: rafforzare le ronde e farle girare intorno alla città in maniera parallela, per evitare gli scontri, chiudere le porte della città la notte, dalle 11 la sera alle 7 la mattina, acquistare droni che consentissero di fotografare dall’alto le macchine straniere in arrivo, fornire a tutti i partecipanti alle feste una tessera dell’amicizia, con la fotografia.
Le proposte furono approvate con entusiasmo in mezzo agli applausi dei presenti. Il sindaco aveva ancora una volta la conferma che era in stretta sintonia con l’anima del suo popolo.



Una delle pattuglie di ronda era formata da un gruppo di giovani, amici ed amiche, che avevano visto dapprima l’impegno come una cosa affascinante, divertente, un gioco. Nei tempi successivi, nelle sere di veglia per le strade, i discorsi si fermavano spesso sulla situazione della loro città, li aveva colpiti in particolare la decisione di chiudere le porte della città ogni sera dalle undici in poi, proprio quando era il momento di incontrarsi nei locali della costa. Era stato steso su Campiglia un manto di paura insopportabile, strano, una situazione diversa dall’atmosfera che si respirava nei paesi vicini.


Vennero all’improvviso delle idee a qualcuno, fatte subito proprie da tutto il gruppo. Bisognava rompere l’assedio della paura. Nei giorni seguenti successero fatti strani: la notte, gatti neri con le code iridescenti, saltarono fra le gambe delle pattuglie di ronda, che corsero via, in fuga. In una sera di nebbia, un grane cervo (l’asino dell’ortolano, truccato) attraversò solenne piazza della Repubblica e scomparve per via Italia.



Il sindaco e il parroco convennero che si trattava, senz’altro, di fatti diabolici, era necessaria una processione con la Madonna in testa, passare per i luoghi dove il diavolo si era manifestato. Così, la settimana successiva la processione ebbe luogo, in maniera solenne, con la banda in testa. Il percorso previsto si allungava fuori della cerchia delle mura, fino al cimitero e alla Basilica di San …


Al ritorno della processione, la porta a Mare era chiusa, sbarrata. Il sindaco bussò, cominciò a urlare: “Chi ha osato fare questo scherzo? E’ un’offesa a me e alla mia carica.”  Mandò il capo dei vigili a vedere le altre porte ma erano tutte chiuse. Imprecò, maledisse: “Qui ci vuole la mano dura, durissima.”


In quel momento si alzò dalla cima del campanile della Chiesa una musica, ripresa da altri altoparlanti, sulle porte, le torri, le strade principali. Era il Valzer dell’Imperatore, di Strauss, che in un vortice di note si diffuse in ogni parte, dalla terra fino al cielo.

La porta a Mare si aprì d’improvviso, comparvero ridendo i giovani che avevano architettato tutto quel trambusto, ognuno scelse un compagno o una compagna e si lanciò nel ballo. La processione si sciolse, si formarono tante coppie, prese nel vortice del valzer.
Il sindaco, alla porta continuava a imprecare, a minacciare ma forse l’epoca della paura stava passando oltre. 



   ----------------------       -------------------      --------------

Terzo racconto da "Raccontare Campiglia, 2018"


Labirinto. Vicoli di Campiglia, miti e misteri
  
E’ mattina presto, sono seduto nella loggia della casa davanti al giardino, è già caldo e sulla tavola davanti a me sono distesi i disegni, le fotografie per la mostra che penso di realizzare a Firenze nella sala del Circolo degli Artisti. Anche questa volta sto lavorando intorno ad uno dei miti più celebri, l’impresa di Teseo che si avventura nei meandri del Labirinto in mano il filo di Arianna, per affrontare e uccidere il mostro, il Minotauro. Insieme a questo materiale, una pila di libri a supporto della mia ricerca.  




Per approfondire il tema del Labirinto e raffigurarne l’immagine, mi sono ispirato ai racconti di Jorge Luis Borges e, in particolare, “La Biblioteca di Babele” in cui si rappresenta una biblioteca praticamente infinita disegnata come un immenso alveare, dove conservare tutto il sapere del mondo. Borges sostiene che i labirinti più suggestivi sono quelli disegnati all’interno di ognuno di noi, quelli riferiti alla dimensione soggettiva. Il progetto prevede quattro pannelli legati alla mia visione del labirinto: il tempo, lo spazio, la pelle del labirinto, il centro, l’intreccio centrale del dedalo, dove meglio il Minotauro può tendere il suo agguato a Teseo.  Per la mia opera ho raccolto un’infinità di fotografie che andranno a illustrare le quattro parti del Labirinto.

Ancora non ho gli scatti per l’ultimo quadro, la tana, il nascondiglio del Minotauro: sto coltivando, da un po’ di tempo, l’idea di riprendere gli angoli più riposti di Campiglia Marittima, uno dei borghi medievali della Val di Cornia, di perdermi con la macchina fotografica fra le antiche stradine, le viuzze, i sottopassaggi per evocare lo scenario dei luoghi dove il Minotauro ti può sorprendere da un momento all’altro. Questa mattina non ho voglia di andare al mare e mi sembra il momento adatto per questa impresa fotografica.
Sento muoversi una porta, un fruscio, forse è il gatto. Due manine si appoggiano sulle mie spalle, mi abbracciano. E’ Anna, la mia nipotina, che si è svegliata, vuole, come sempre, farmi una sorpresa. Si mette a sedere sul tavolo fra le fotografie, i disegni, le matite, i libri. Vuol sapere tutto del mio lavoro, del mito del Labirinto, chiede di Arianna, se era bella, quanto era lungo il filo di lana, se il Minotauro era veramente così spaventoso. Mi fa piacere raccontare, inseguire le domande, le sue risate.
- “Perché stamani non facciamo a meno di andare al mare?" Vieni con me a Campiglia, con la tua macchinetta, e mi aiuti a cercare i posti dove meglio si potrebbe nascondere il Minotauro”.
La spedizione è organizzata in un attimo e dopo appena un’ora siamo nella piazza del Popolo del paese, la piazza principale, con le nostre attrezzature, il cavalletto, le macchine fotografiche, un taccuino.


Anna si scatena nell’intrico delle strade, la perdo di vista, la chiamo a squarciagola con l’eco che mi raggiunge da tutte le direzioni, a un tratto eccola alle mie spalle, continua a fotografare, a volte urla:
- “Sta qui, sta qui il Minotauro!”
Sto al gioco e nelle parti del borgo con l’aria più misteriosa, mi apposto con la macchina reflex e fotografo da tutte le posizioni, sdraiato per terra in maniera radente, verso l’alto sugli scampoli di cielo, di fronte sulle ombre che si allungano dalle grate nei muri piene di ragnatele.
Non mi lascio sfuggire nemmeno il nome di una via, che annoto con cura sul taccuino con la mente rivolta alle possibili origini di quei nomi, alcune immediate, altre incomprensibili: via Calda, dell’Orto, dei Sospetti, delle Locande, Sdrucciolo Pericoloso, del Cignale, delle Donne, via Giudea, delle Veglie, piazza del Silenzio, della Chiesa Sfatta, del Laberinto, Scala Santa.
Mentre siamo in via Beccasole, una via che riesce a conquistarsi appena un raggio di sole, un boato dall’alto ci sorprende, Anna mi abbraccia.
- “Il Minotauro, il Minotauro!”

Poche parole per rassicurarla, il Minotauro non esiste è una storia inventata nell’antichità per impressionare la gente; il boato che abbiamo sentito viene dalla cava di pietre attiva oltre la collina sopra Campiglia: è stato senz’altro lo scoppio di una mina per fare cadere un costone di roccia. Il Minotauro rappresenta, in definitiva, le paure dell’uomo, il rimorso che egli prova, forse nel nostro caso, il senso di colpa per l’abbattimento di un’intera collina: una ferita nel paesaggio delle colline sopra Venturina.
Mi rendo conto che le mie parole non riescono a rassicurare del tutto Anna. Ci riesce, invece, un grande gelato del bar gelateria, nella piazza del Popolo.
Alla sera, dopo i giochi del pomeriggio e un bagno alla spiaggia del Pozzino nel golfo di Baratti, Anna  nella nostra casa di via delle Caldanelle, riversa le foto dalla memoria della sua macchina nel computer. Le foto scorrono davanti ai nostri occhi, sono meravigliose, Anna è stata più brava di me nel modo di riprendere l’atmosfera delle strade del centro del paese, è riuscita a rendere bene il senso di luoghi abitati da un mostro, il buio degli anfratti, i luoghi dove Teseo deve maggiormente temere possibili assalti. Sono certo che alla prossima mostra al Circolo degli Artisti di Firenze, farò, anzi, faremo un figurone. Siamo felici, alziamo le braccia al cielo come quando vediamo allo Stadio, dalla curva Ferrovia, segnare la Fiorentina.

Passa ancora un’immagine, l’ultima, sul computer, il passaggio della Scala Santa, in forte salita sotto le ombre del soffitto a travi nere: sullo sfondo un muro bianco illuminato dal sole, sul quale si allunga l’ombra di un uomo con l’enorme testa di toro.
Stanotte non si addormenterà facilmente.


Roberto Mosi


- - - - - - - - - - - - - - -

Quarto racconto, anno 2021



Dante a Campiglia Marittima


 Ero stato molto incerto se partecipare al concorso del Presidente della Regione Toscana nell’anno della celebrazione di Dante, a settecento anni dalla sua scomparsa. Troppa effervescenza intorno al personaggio, con sfacciati inviti rivolti ad aumentare i flussi del turismo e dei consumi. Il bando si rivolgeva alle piccole compagnie di teatro, a gruppi di performer, di poeti, di musicisti, con lo scopo evidente di sostenere le persone impegnate su questi versanti, colpite in maniera atroce dalla pandemia. Chiedeva di presentare un progetto per rianimare uno dei molti borghi della Toscana, con azioni, per dirla in breve, artistiche dedicate a celebrare la Divina Commedia e la storia del sommo poeta. Erano previsti questi passaggi: approvare il progetto, realizzarlo in tre fasi nell’arco di una giornata, inviare riprese video alla mega giuria, insediata nel Castello di Poppi, presso la piana di Campaldino. La proclamazione dei vincitori sarebbe avvenuta nel corso di una festa alla fine del mese di giugno, ripresa dalla Rai con la conduzione di Carlo Conti. 



Dapprima io e gli amici del Teatro dell’Incognito di Rifredi, a Firenze, abbiamo snobbato questa proposta; ma quando Arturo ha detto che si poteva pensare a Campiglia Marittima per realizzare il nostro progetto si è accesa come una lampadina e nel giro di una notte il Teatro dell’Incognito di Rifredi (T.I.R.) composto da me, Arturo e la mia compagna, Amanda, aveva già preparato il progetto con la divisione delle parti e la scenografia. Nel giro di un mese, dopo Pasqua, è arrivata la risposta positiva, con i permessi necessari, che ci ha galvanizzato tutti. 


Quattro giorni prima della festa finale al Castello di Poppi, la domenica sera, siamo partiti per Campiglia Marittima, con il mitico furgoncino Volkswagen, un po’ rattoppato ma sempre valido, e abbiamo parcheggiato il mezzo, alla fine del viaggio, vicino alla Porta Fiorentina. Il venerdì pomeriggio è dedicato a preparare le scene per il giorno dopo, riordinare i costumi ammassati nel furgone e incontrare un gruppo di ragazzi per chiedere la loro collaborazione come comparse e come animatori. C’è stata poi l’affissione agli angoli delle strade dei manifesti, di un rosso squillante, con l’annuncio dell’arrivo di Dante e della rappresentazione di alcune scene della Divina Commedia: “L’invasione dei diavoli guidati da Malacoda” (Inferno XXI), “Sul trenino minerario per l’incontro con Pia dei Tolomei” (Purgatorio V), “Il volo di Dante e Virgilio” (Inferno XVII). 



Sabato mattina dalle antiche porte d’accesso al paese entrano figure subumane, si dirigono al centro, verso la piazza centrale: esseri orribili, deformi, con corna, fruste, artigli e uncini, ali da pipistrello, con atteggiamenti arroganti; urlano, fanno boccacce ai passanti che incontrano. Qualche bambino scappa, altri si fermano, rispondono alle boccacce, si accodano alla masnada dei diavoli, comandati da Malacoda. Si distinguono Alichino, Calcabrina, Scarmiglione, Cagnazzo, Barbariccia, Libicocco, Draghignazzo, Ciriatto con le zanne, Graffiacane, Farfarello, Rubicante. A momenti si fermano, confabulano fra loro e poi riprendono a camminare dopo un segnale d’intesa di grande volgarità:


Per l’argine sinistro volta diemmo;

ma prima avea ciascun la lingua stretta

coi denti, verso lor duca, per cenno;

ed elli avea del cul fatto trombetta.


Sono schierato in piazza della Repubblica, nella parte in alto, a osservare la scena, con Amanda, al mio fianco, nelle vesti di Beatrice, i capelli biondissimi, con lunghi giri di trecce fissate sulla testa, una sottana bianca con sopra una gonnella rossa, un mantello foderato di pelliccia, calzari alti viola; al suo fianco, Arturo, nel costume ispirato al personaggio di Dante, i capelli rossi, con nelle mani un grosso volume illustrato della Divina Commedia, la gonnella che scende alle ginocchia, stretta in vita dalla cintura, la guarnacca, il lucco il tipico mantello fiorentino con il cappuccio a punta; calze rosse e stivali di cuoio. Riprendo le scene con la mia piccola macchina da ripresa, mi soffermo sulle facce stupite della gente, la sorpresa dei bambini, l’agitazione dei diavoli. Dopo la registrazione del video, con una certa soddisfazione, invio subito l’opera, come prima prova, all’organizzazione del Premio, all’indirizzo: info@dantefarivivereiborghi.it. 



Nel primo pomeriggio al Parco Minerario di San Silvestro varie sorprese attendono i curiosi che hanno risposto all’appello dei manifesti e salgono sul trenino minerario che percorre la galleria Temperino-Lanzi. Alla partenza, ritira i biglietti un personaggio strano, dalle sembianze di Caronte, il tenebroso figlio della Notte, gli occhi cerchiati di fuoco, bianco per antico pelo:


Caron dimonio, con occhi di bragia (Inf. III, 109).


Tre squilli di tromba e poi Caronte sale sulla locomotiva, il treno parte e si immerge sferragliando nel buio più profondo della galleria. Vi è come un’atmosfera diabolica, che incute paura. 



 Si illumina sulla parte destra del convoglio la parete di roccia; improvvisa, appare la figura di Minosse, un demonio, un mostro orribile, che ringhia, che avvolge la lunga coda intorno al suo corpo:


Stavvi Minòs, orribilmente, e ringhia:

essamina le colpe ne lintrata;

giudica e manda secondo ch'avvinghia (Inf. V, 4-6).


Percorse ancora poche decine di metri nel buio più assoluto, alla sinistra del trenino la roccia nera s’infiamma di luce e appare l’immagine di Cerbero, il cane a tre teste, con una barbaccia unta e sporca, le zampe unghiate, la pancia grossa, gli occhi vermigli; abbaia furiosamente, l’eco del latrare spaventa i viaggiatori:


Cerbero, fiera crudele e diversa,

con tre gole caninamente latra

sovra la gente che quivi è sommersa (Inf. VI, 13-15)


Lascia, poco dopo, letteralmente impietriti il volto di Medusa, con lo sguardo che fa diventare di pietra, i serpenti velenosi che fanno da cintura e da capelli:


Volgiti n dietro e tien lo viso chiuso;

che se l Gorgòn si mostra e tu l vedessi,

nulla sarebbe di tornar mai suso” (Inf. IX, 55-57)


Il convoglio avanza nella notte della Galleria, s’indovinano le facce bianchissime dei viaggiatori. Finalmente il treno si ferma in un largo spazio della galleria, dove convergono altre gallerie della miniera. Sono esposti gli attrezzi originali da lavoro utilizzati dai minatori nel passato, in mezzo a mucchi di minerali dalle forme e dai colori suggestivi. Da una galleria avanza, con passo solenne, una giovane donna, alta, in vesti antiche, eleganti; si ferma al centro del piazzale e rivolta ai viaggiatori, con voce alta, piena di malinconia:


«Deh, quando tu sarai tornato al mondo

e riposato de la lunga via»,

seguitò l terzo spirito al secondo,

«ricorditi di me, che son la Pia:

Siena mi fé, disfecemi Maremma:

salsi colui che nnanellata pria

disposando m’avea con la sua gemma» (Purg. V, 130-136).


Fra la commozione di tutti, la giovane che ha interpretato il famoso personaggio sale sul convoglio, nel vagone, accanto al mio posto: abbraccio Amanda – in arte, Pia dei Tolomei – nell’ultimo tratto della galleria. Si arriva infine all’aperto, sul versante della valle di Lanzi, alla stazione finale del trenino. Al centro della valle svetta la Rocca di San Silvestro sopra l’antico villaggio dei minatori. Pia dei Tolomei/Amanda scende dal treno e si avvia per il bianco sentiero verso la Rocca, uno dei monumenti memorabili della Maremma di altri tempi.



Nel viaggio di ritorno distribuisco fra i viaggiatori la copia del commovente dipinto di Pompeo Molmenti (1819-1894), Pia de Tolomei condotta in Maremma, conservato ai Musei Civici di Verona. Si può leggere il commento: “Con questo dipinto lartista affrontava per la prima volta il soggetto storico dispirazione letteraria, caro alla cultura romantica. Il tema si sofferma su un episodio trascurato dai pittori, quello del mesto viaggio della Pia verso la sua prigione maremmana. Le figure dei due viaggiatori, minuziosamente descritte, si stagliano sul paesaggio del litorale toscano, reso cupo e malinconico dalla giornata nuvolosa in patetica armonia con lo stato d’animo della giovane sposa desolata. Anche gli animali riflettono i sentimenti dei protagonisti, focoso e irruento l’uno, remissivo e al passo quello della Pia.»

L’ultimo appuntamento alla Rocca di Campiglia Marittima, la sera: ha incominciato a soffiare un vento forte dall’entroterra verso il mare: è molta, però, l’aspettativa e si decide di fare lo stesso lo spettacolo di Dante Alighieri che vola. È lunga la fila delle persone in attesa e il loro accesso al prato, sotto la Rocca, è controllato da due vigili urbani. In una specie di cavea sono in attesa Arturo nelle vesti di Dante e Amanda in quelle di Virgilio, il grande cappello verde sulla testa. Accanto a loro la sagoma del mostro infernale Gerione, in materiale di plastica gonfiabile, attaccato a una piccola mongolfiera, ancorata a terra con alcune corde. Il mostro ha due braccia enormi e pelose, un corpo da drago, schiena, petto e fianchi multicolori, coda da serpente, in fondo biforcuta e velenosa come quella di uno scorpione; è il mezzo che permetterà ai due, nel loro viaggio nell’Oltretomba, di passare da un cerchio all’altro dell’Inferno. Dopo un rullare di tamburi, Dante e Virgilio salgono a cavallo del mostro Gerione, sostenuto dalla mongolfiera, e io, sul prato, riprendo la scena e leggo al microfono il passo della Divina Commedia:


Trova’ il duca mio ch’era salito

già su la groppa del fiero animale,

e disse a me: “Or sie forte e ardito.

Omai si scende per sì fatte scale:

monta dinanzi, ch’i’ voglio esser mezzo,

sì che la coda non possa far male”

()

I’ m’assettai in su quelle spallacce;

sì volli dir, ma la voce non venne

com’io credetti: “Fa che tu m’abbracce”

()

Maggior paura non credo che fosse

()

che fu la mia, quando vidi ch’i’ era

ne l’aere d’ogne parte, e vidi spenta

ogne veduta fuor che de la fera.

Ella sen va notando lenta lenta;

rota e discende, ma non me n’accorgo

se non che al viso e di sotto mi venta. (Inf. XVII, 79-117)


Alle parole Fa che tu m’abbracce, ho fatto cenno ai ragazzi che controllavano le corde della mongolfiera, di mollare tutto, fidando nella tenuta di un’ulteriore corda, di lunga gittata, che doveva fermare, in alto, il mezzo aereo e il mostro Gerione, che a esso era attaccato: il calcolo era però sbagliato, e la forza del vento era tale che la mongolfiera ha continuato il suo volo verso le nubi nere, minacciose, sopra di noi, in direzione del mare. Ho sperato che il volo fosse comunque breve, fino ai boschi e ai campi vicini al paese e mi sono preoccupato di spedire le ultime riprese, di grande effetto, all’organizzazione del Premio, a info@dantefarivivereiborghi.it . Le cose sono andate diversamente; il tempo passava e di Arturo e Amanda, nessuna notizia. Sono cominciate ricerche a tappeto, con la partecipazione della Protezione Civile, mentre tutto il paese era in grande apprensione. Sono così passate ore e ore di attesa; io sono rimasto sempre con il cellulare in mano, in moto fra il Municipio, piazza della Repubblica e il nostro furgoncino.

Alle otto di sera della domenica, la buona notizia: erano stati ritrovati sul monte Capanne, all’isola d’Elba, dove erano stati trascinati dalla tempesta, e avevano trascorso la notte in un capanno. È arrivata anche la notizia, allo stesso tempo, che ci eravamo qualificati al concorso di Poppi.

Poco dopo Amanda e Arturo si sono fatti vivi con una video chiamata, sono apparsi sorridenti, allegri, hanno tenuto a rassicurami che stavano bene, proprio bene. Ho dato la buona notizia del Premio e ho detto, con voce quasi rotta dal pianto, che li aspettavo, che Amanda mi mancava moltissimo. La video chiamata si è interrotta bruscamente e, nello stesso momento, ho visto alla televisione del bar la faccia sorridente di Carlo Conti che annunciava: “Il Teatro dell’Incognito di Rifredi, detto T.I.R., vince il Premio per l’anno 2021, Dante fa rivivere i borghi”.

Nel bar è scoppiato un grande applauso e nonostante il tempo di pandemia vi sono stati abbracci, strette di mano. Il T.I.R., dunque, ha vinto insieme a Campiglia: io, però, come mi devo considerare, sono fra i vincitori o sono, invece, da ritenere il vero sconfitto?

                Roberto  Mosi - Disegni di Enrico Guerrini

                      * * * * *

Gli autori

 

Scheda biografia Enrico Guerrini

Enrico Guerrini, nato a Firenze nel 1977, attratto da tutte le espressioni artistiche dal fumetto al graffito, espone regolarmente in mostre personali. Ha illustrato, in una serie di mostre a Empoli, alcune opere teatrali di Ferruccio Busoni; ha allestito mostre organizzate da Giancarlo Marini su importanti personalità del 900: sui cantautori, Fabrizio De André e Piero Ciampi, e il jazzista Luca Flores.  Appassionato di musica classica, ha collaborato al progetto Dipingendo Bach con il violoncellista Luca Provenzano. Realizza insieme al poeta Roberto Mosi, performances in cui, all’impronta, illustra testi poetici e collabora anche con alcune associazioni teatrali fiorentine come scenografo. Ha illustrato le tre cantiche della Divina Commedia e i lavori sono stati esposti – una cantica ogni anno, dal 2016 – in mostre alla Casa di Dante. Nel maggio 2017 organizza una mostra antologica delle sue opere I miei primi quarant’anni; nel giugno dello stesso anno, realizza Il murale della scrittura nel cortile delle Muratine a Pontassieve. Dal 2019 espone le sue opere negli spazi allestiti dalla Toraia, nei mesi estivi, sul Lungarno del Tempio. Recente è la collaborazione con il dantista Massimo Seriacopi in una serie di opere dedicate al sommo poeta.

 

Scheda biografica Roberto Mosi

Roberto Mosi vive a Firenze, è stato dirigente per la Cultura alla Regione Toscana. L'ultimo libro pubblicato: Ogni sera Dante ritorna a casa. Sette passeggiate con il poeta (Il Foglio 2021). Nell’anniversario delle celebrazioni dantesche, l’autore partendo dal tema del libro, ha realizzato video, riportati su YouTube, ed ha animato varie manifestazioni.  Mosi si interessa di poesia, racconti e fotografia. Per la poesia ha pubblicato Promethéus. Il dono del fuoco (Ladolfi 2021), Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio 2018), Eratoterapia (Ladolfi 2017), Poesie 2009-2016 (Ladolfi 2016), Concerto (Gazebo 2014). Per la narrativa ha pubblicato Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone (Il Foglio 2013), Esercizi di volo (Europa Edizioni 2016) e Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni 2014).  L’autore ha realizzato mostre di fotografia presso caffè letterari e sale di esposizione. La ricerca è rivolta al rapporto fra l’immagine fotografica, la pittura e la poesia. Fra le mostre: Firenze, foto grafie, Passaggi, Firenze Riflessa, Mito Firenze, Nonluoghi. Mosi è fra i redattori di “Testimonianze”, rivista fondata da Ernesto Balducci, e “L’area di Broca”, diretta da Mariella Bettarini. Cura i Blog: www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it.  

Indice

"Il metaverso nel Borgo"

 "Una vacanza sicura",

"Porte chiuse"

 "Labirinto"

"Dante a Campiglia" 

Gli autori                             


1 commento:

  1. Caro Diario,

    ho passato un’estate meravigliosa a Campiglia Marittima con i miei genitori. Siamo rientrati in città e fra pochi giorni ricomincia la scuola. L’ultimo compito delle vacanze riguarda proprio la più bella esperienza di questa estate e per me la cosa più bella è stata la vacanza che ho trascorso a Campiglia Marittima.

    RispondiElimina