sabato 11 agosto 2018

Poesia



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Roberto Mosi


           a casa

Per le piazze, le strade
le colline di Firenze



Libera Università Popolare Umbra
 CESVOL – Perugia 2008









                                                       a Delia e Bruno                        
                 vicini, in terre lontane







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Armonie e disarmonie

La raccolta di poesie “a casa” è il ritorno a Firenze, la mia città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E’ anche, naturalmente, l’incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città. Emergono le molte sfaccettature del vivere quotidiano, dalla gioia, alla tristezza, al dolore che nei versi della poesia sono resi con registri differenti, ricercando, di volta in volta, la connessione che pare più naturale fra parola e suono.
Questa ricerca sulla città presenta una pluralità di toni e di punti di osservazione come l’amore per Firenze (Attraverso le piazze, L’oro del fiume), le origini (Il Casone dei poveri), le violenze all’ambiente sociale e naturale (La Stazione, La piena dell’Arno), i momenti di gioia che ci fanno sorridere d’improvviso (L’orchestra volante, Strade in festa), le delusioni e le ferite che portiamo con noi anche quando siamo lontani, in altri luoghi, come il ricordo delle stragi e il sangue delle vittime innocenti (Oltre l’Appennino, Le colline di un altro mondo, Facce di bimbi).
Può capitare nella vita di tutti i giorni che lo sguardo si posi sulla bellezza e l’armonia delle colline ma succede che riemergono allo stesso tempo , spinte da forze inconsce, immagini che sanguinano ancora dentro di noi. Nel tempio della ricerca di senso attraverso il linguaggio della poesia, si affacciano queste immagini, parti inseparabili di quel guazzabuglio di sentimenti che formano le nostre persone.



                          Santa Croce


Geometrie leggere evaporano
da piazza Santa Croce

linee dritte fuggono
dalle strade affollate di case

il cerchio vociante
dei bambini la sera

le ellissi stridule delle rondini
in volo radente

il punto di marmo vestito
delle vesti di Dante

il quadrato dei turisti seduto  
sulla scalinata

il segmento blu libero
dalla retorica della Chiesa

la linea retta della palla
calciata al centro della piazza

l’arco della luna riflesso
nel pallore della facciata.




Attraverso le piazze

Attraverso le piazze
cerco pagine di storia
raccolgo immagini della vita
per segnalibro l’idea della bellezza.





L’Annunziata


Novanta passi è lunga la piazza
trenta  le colonne, otto bambini
in fasce, tondi bianchi di smalto,
sessanta  le api  per il Granduca.

Sotto la loggia degli Innocenti,
salotto oggi lucidato a museo,
la ruota, la prima figlia esposta
aveva il nome Agata Smeralda.

Cantano le acque delle fontane.

Sotto la loggia dei Serviti lunga
la fila dei poveri per la minestra,
giovani fumano pensosi, il viso
trafitto da schegge d’argento.
Nell’ombra corpi stesi fra nere
coperte, dal cassonetto aperto
vampate penetranti di tanfo,
la donna cerca cose dal fondo.

Sulla strada di casa attraverso
la sera piazza dell’Annunziata.



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        “In 1980 artist Mario Mariotti felicitiously conceived of having
a competition for “decorating” the austere facade of Santo   Spirito without defacing it .. ”

                                                                      Barbara Grizzuti Harrison, Italian days, 1989


Santo Spirito

Le tende dei banchi
volano gonfie di vento
i vestiti appesi roteano
come allegri pupazzi
onde attraversano la piazza
si agitano nastri nei capelli
delle donne, il fare lento
della domenica mattina.

Sulla pietra dove cadde
colpito Potente
un vortice di foglie:“Non
appoggiate le biciclette
al muro”, dice il cartello
sotto le tre schegge di granata
infisse nel muro.

La facciata della Chiesa
apre le ali,piegate
nell’armonia delle volute.



Il mercato dei cenci

Volano via i nomi
dalla mente, le celle
abbandonate hanno
ancora l’immagine
delle cose, una volta
appese alle pareti.

Per ricordare un nome
vago nel labirinto della mente,
se il nome riemerge
è festa, l’incontro
con l’amico ritrovato.

Al centro s’innalza
la dimora dell’Io
fra poco volerà il suo nome,
si raccoglierà qualche
frammento da portare
al mercato dei cenci.




La Stazione

E’ arrivato dai paesi dell’Est
lo stormo di uccelli migratori,
la notte dormono in stazione,
negli angoli più bui della città.

All’alba raccolgono gli averi
nascondono i cenci fra i rami
in mezzo ai nidi dei piccioni,
sopra i chioschi delle aranciate.

Uccelli vestiti da spazzino
afferrano i sacchi al mattino,
la sera si cerca un altro riparo
ai nidi delle rondini più vicino.

                                             


Porta San Gallo

L’anello delle macchine ruota
nel cesto della piazza
marmellata di auto
sospesa sulla nebbia
squassata dai motori.

La freccia dal centro
del vortice trafigge
l’antica porta
le ombre dei portici
colpisce il cuore di Firenze.





Il  Casone dei poveri


Alle porte di Firenze
s’innalza il castello
dei miei antenati,
il Casone dei poveri.

Passo oggi veloce
davanti al portone
dipinto di nero.

Un giorno salirò le scale
di pietra: nella cucina
la nonna  in piedi come
una regina, il soffietto
e la forchetta in mano,
il profumo delle patate
sul fornello a carbone.

Respiro l’aria
di questa reggia
i panni ad asciugare
il bagno sulla terrazza
il lavatoio nel cortile.

La nonna riprende il filo
del racconto, parla
di giorni d’allegria,
parla di quando ospiti
a tavolala fame e la miseria.


 *****
                           
                         Remember thee ?
                                   Ay, thou poor ghost, while memory holds a seat
                                    In this distracted globe.       
    
                                                                         William Shakespeare



La Manifattura Tabacchi

Tosca mi guida per un varco
dall’argine del fosso macinante
dentro la fabbrica abbandonata
guscio vuoto di antica eleganza.
Sedici compagne attendono
al centro del piazzale, uscite
dai sedici fabbricati a raggiera
dove sono custodi del silenzio.

Ogni donna narra una storia,
Federiga ricorda un’immagine:
il portone della fabbrica si apre,
una foresta di mimose avanza,
le sigaraie escono cantando
per la festa dell’otto marzo.
Si accende il viso di Delia:
la sirena, è lo sciopero, sassi
sui fascisti entrati nel piazzale.

Parole sulla vita di ogni giorno, 
la sirena e la corsa per il cartellino
il pianto affamato dei lattanti,
il girare vorticoso delle macchine
l’affanno per il cottimo.

Federiga e le compagne tornano
a difendere il silenzio della fabbrica.
Tosca mi porta al varco nel muro
fra i cespugli sull’argine del fosso:
“Parla delle idee che abbiamo
vissuto, tessi il filo della memoria”.

Scorrono le acque fumanti
del fosso, talpe nere si dirigono
verso il Centro, sulla discarica
il manichino, la maglia rosa
Dream-like memory, topi
si agitano nelle cavità degli occhi.






L’anello dei viali

Le piazze del centro
respirano aria livida di paura,
alle vetrine barriere per scudo,
sul cartello: “chiuso per lusso”.

La polizia in assetto di guerra
il gracidare stridulo delle radio.

L’anello dei viali
ride dell’allegria dei giovani
giunti dagli angoli del mondo
per dipingere il sogno della pace.

Dieci novembre, duemila e due.






Le Giubbe Rosse

Il salotto buono di Firenze
mi appare in bianco e nero,
i colori delle storie di Vasco:
le tute blu arrivano da Rifredi
la polizia schierata, sbuca
dai portici la camionetta
picchiano forte i manganelli
si grida in coro pane e lavoro.

Sono sbarrate le Giubbe
Rosse,  i poeti scomparsi
la musica è delle sirene,
i versi le urla degli operai.




Le pietre della piazza

Alle nove si accende
sulle pietre della piazza
l’insegna luminosa.

Le sabbie dei giardini
fioriscono di profumi,
il falco si tuffa nel blu
del mare d’oriente,
un pesce fra gli artigli.

Nel campo beduino
le ragazze ballano
occhi neri d’antracite,
ogni respiro circonda
la veste nera del cielo.

Alle nove della sera
si spenge sulle pietre
l’insegna luminosa.





Porta al Prato

Vola in grandi cerchi l’aeroplano
di carta lanciato dalla terrazza,
un foglio ripiegato, con i versi
della poesia, un colpo di vento
solleva il muso in alto, in alto,
Marta batte le mani, ride felice.

L’aeroplano d’argento arriva
improvviso, il rumore squassa
la corte, trema la casa: “Nonna
valigia” un grido, poi le bombe
sulle officine di Porta al Prato.

Sull’asfalto della strada plana
l’aeroplano di carta, lo raccoglie
un ragazzo, legge i versi stupito:

“Vola in grandi cerchi l’aeroplano
di carta lanciato dalla terrazza,
un foglio ripiegato, con i versi
della poesia, un colpo di vento
solleva il muso in alto, in alto,
Marta batte le mani, ride felice.”



Le Cure

Sessanta olive nere
novembre ha regalato
sul balcone sospeso
fra Fiesole e Le Cure.

Sessanta olive nere
coglie Marta dall’olivo
una ad una, le mani
grandi come le foglie.

Sessanta olive nere
da spremere per l’olio
color dell’oro, per gli
animali della fattoria.

Sei cucchiai d’olio
per il papero e il bue
il cavallo e l’asinello
e per la pipì del cane!




L’orchestra volante

Scivola la bicicletta,
attraversa le piazze,
Marta è sul sellino
il casco rosa
cantiamo forte
e voialtri bersaglieri.

Ad ogni strofa suona
la tromba, siamo
un’orchestra volante
la gente ci guarda
ride, scuote la testa.



Il vicolo delle Brache

Raffiche di vento
sferzano la strada
trema la finestra
accesa per la veglia
al moribondo.

All’angolo della piazza
Federigo vestito
da cerimonia, pronto
a correre per primo.

Sopra lo spiovere
scuro del tetto
un angelo bianco
muove le ali, vicino
un angelo nero
la coda sporgente.

All’alba la corsa
per afferrare
l’anima, il corpo.



D’agosto

L’agosto porta il silenzio
l’ascensore immobile
gli appartamenti vuoti.

L’agosto porta il temporale
le cantine allagate
uno strato di melma nera.

L’agosto porta messaggi
dalla Norvegia, Marta
ha visto giocare le foche.

L’agosto porta il rumore
gigante degli orologi
nelle stanze sonnolenti.

L’agosto porta ombre
di ricordi legati dai fili
annodati di nostalgia.


Le rificolone

Ona ona
oh che bella rificolona

Alta la rificolona
sibilano intorno
cannucce di carta
urlano esaltati
i ragazzi, batterie
pronte di munizioni,

La rificolona prende
fuoco, un rosso falò
sull’asfalto un tizzone annerito.

Ona ona
oh che bella rificolona.


La via del carcere

Segna il nostro passaggio
il rumore dei chiavistelli
delle porte di ferro.

La luce è quella degli sguardi
si incrociano, interrogano
prendono le misure dell’altro.

Il calore è nella voce di Paola
al centro del refettorio, canta
accompagnata dalla chitarra.

Le canzoni si sciolgono
nel coro delle voci, nel ricordo
di amori lontani.

La bellezza nel volto delle ragazze
piovute da mondi lontani
che battono, lievi, le mani.

La speranza nel gesto della donna
che chiede a Paola di provare
gli accordi dell’ultima canzone.

La visita ha il colore della musica.



Le strade di San Salvi

Maria alla finestra chiama
i passanti, urla ai rumori
parla di storie d’amore.

Gira la ruota della vita
nei reparti del manicomio
eri l’infermiera, tenevi
le chiavi della pazzia.

Abiti ora il mondo dei folli
le tue parole incrociano
i versi della poesia,
la nostalgia dell’amore
i ricordi delle donne
legate ai letti, l’acqua
gelida delle docce.

La finestra si chiude
rimane l’eco delle grida
sospeso sul gas dei motori.                                          


Via Larga

Il corteo dei magi lascia
l’affresco della Cappella,
scende solenne le scale

lascia il Palazzo, appare
in vesti sontuose nella via,
sulle cavalcature i sovrani
della città, della provincia,
il grasso sceriffo: in dono
portano la stizza, il genio
fiorentino e l’arroganza.

Li circondano cittadini
osannanti, il capo
dei tassisti, i mercanti
più ricchi, i giocatori
del calcio in costume,
cinque famosi cuochi.

Nel paesaggio di colline
angeli in volo, gruppi
di  pastori, lavavetri
le braccia incrociate.



Vicino allo Stadio

Canta il popolo di Vasco
nello Stadio, in piedi
ondeggiando, l’aria
respira di luci, rosso
azzurro, bianco
fino al cerchio dei colli.
L’eco scuote il sonno della città.

La folla nelle strade
risponde alla voce rotta
di Vasco, pensieri vitali
in frammenti, adagiati
su accordi di chitarra
sul ritmo della batteria.

Dall’angolo della strada
guardo la gente felice
mi perdo nella banalità
delle parole di Vasco,
la festa mi prende
mi trovo anch’io a cantare.

Vado al massimo
Vado al massimo



Sui marciapiedi

Dormi fratello,
la notte è tiepida
svaniti i rumori
la valigia ai piedi.
Stiano lontani
i cani, la polizia.

Dormi fratello,
ricordo la terra oltre
il Danubio, le cicogne
sui camini dei villaggi
sgranati lungo le strade
di greggi e di carri,
la luce degli affreschi
sui muri dei monasteri.

Dormi fratello,
sulla chiesa di Voronet
al limitare del bosco,
l’affresco racconta
dei dannati alle fiamme
dell’inferno. Nel nostro tempo
i dannati giacciono
sui marciapiedi delle città.     

Campo di Marte

Il treno blu
si ferma, l’ultimo
lamento delle carrozze
sorprende le ombre
annidate negli
angoli della stazione.

Sulla panca vicina
alla sala d’aspetto
una donna,lunghi
capelli grigi, parla
con un uomo
tenendolo per mano.

Riconosco il volto,
di una lontana
compagna di scuola:
“Vive alla stazione
di Campo di Marte”,
qualcuno mi ha detto.

Il treno blu
si muove sommesso
divorato lentamente
dal buio della notte.


Fogli di poesia per le strade

Dal quaderno delle poesie
ho strappato trenta fogli.

Li lancio uno ad uno
aeroplani di carta rosa
dalla terrazza, una parte
cade pesante sulle pietre
per la scarsa fantasia
altri vanno giù in tralice
per qualche verso zoppo.

Un gruppo compie giri
larghi nell’aria, animato
da parole leggere. Solo
un foglio s’innalza piano
piano nel cielo, spinto
da scintille di emozione
di ricerca della verità.


                                                            Strade
                              in festa                           
                             
                              Scoppi di luce
                                   tutti i regali
                            hanno aperto
                                         la pancia
                         
                            piatti desolati
                                      sotto le carte                                                                                                                                             
                        fogli lucidi                   
                                         di ogni colore
                                                                                                               .                                      .                    respirano le luci
                                                   dell’albero
                                                                                                             .                    .                  bicchieri in alto
                                               lanciano evviva

                 Marta ritta
                                                        sul tavolo

              batte le mani
                                                      ride assediata
            dai flash,
                                                        come una diva

                            Le luci dell’albero

                       s’inseguono allegre
                          quattro colori
                         il rosso il verde
                          il giallo e il blu
                        fasciano la stanza
                         di un velo iridato
                       brillano  negli  occhi
                        di Marta incantata
                         rapida sgambetta
                              ride felice

   

 Il viale di Careggi

I vecchi padiglioni
sgranano occhi illuminati
i platani del viale
dormono nel gelo.

Da un lato il rosso
Babbo Natale
sale per le pareti,
bianche cicogne
atterrano sul tetto
della Maternità.

Dall’altra parte
ilviale è immobile,
si alza  a tratti
sul padiglione
l’ossuta Signora
agita lentamente
la falce fienaia.


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“Alla Chiesa di San Donato della Torre,
e ai servi di Dio che la custodiscono,
concediamo che siano esenti da ogni onere”
                              
Federico Barbarossa.
“Nel giardino della Torre degli Agli
maturò il primo frutto di limone che
per la singolarità del suo ibridismo
ebbe il titolo di bizzaria”
                         .                                                          .                                 Emanuele Repetti
Le rose di Novoli

Il suono celeste delle chiarine
accoglie il corteo di nozze,
la principessa d’Austria, sposa
promessa, giunge a Novoli,alla villa.
Nella notte d’attesa sono culla
per i sogni il gracidare delle rane
nei fossi di via Polverosa, il profumo
dei limoni, il canto infinito dei grilli.

Striscio oggi lungo i muri lontano
dalla folla dei motori
per il quartiere di Novoli
stanza di sbratto della città
zona franca per le forme del brutto.

Scopro ancora ombre di storia
fra monconi assurdi di cemento
il convento di San Donato raggiunto
dall’imperatore Barbarossa,
la morte del Cristo affrescata
dal Veneziano,  il magico parco
dei principi giunti dall’est, la fonte
generosa d’acqua fresca d’estate
il muro dell’orto dove fiorivano
d’inverno rose scarlatte.

Nell’ultimo lembo di fabbrica
s’innalza la mole della ciminiera,
al crocevia di San Donato, gonfio
di strade fra la città e il mondo.

Sono belli i ragazzi, le ragazze
che affollano gli spazi vicini
dell’università, li vedo
muoversi allegri, riflessi
sulle pareti di vetro e d’acciaio.
“Dove scambieranno oggi le loro
tenerezze, conoscono il profumo
dei fiori sull’argine del Mugnone,
le ombre dei gasometri riflesse
sui vetri appannati delle auto?”
Crescono ancora d’inverno
rose scarlatte sui muri di Novoli.



Il cimitero di Peretola

Il prato d’erba copre
la terra del cimitero,
sono sparite le croci.

Dieci anni è lunga
la stagione del cimitero,
ne ho già contate sei.

Solo un mucchio di terra,
una croce appoggiata,
macchia il verde del prato.

Arriveranno le altre
croci, la normalità
delle tombe dei vecchi,
lo strazio lancinante
della morte dei giovani.



Le nebbie dell’Osmannoro

Spirali di nebbia
legate alle radici
della campagna,
il respiro opaco
dei putridi fossi,
davanti fari rossi,
l’angoscia del nulla
seduta al mio fianco.

Alla curva svaniscono
i fanali rossi, mi fermo,
al mio urlo risponde
l’eco sorda del padule.

Il corbezzolo rosso
sopra le rose canine,
i frutti si sciolgono 
in teneri granuli
in bocca, il corpo 
galleggia nell’aria.

Arrivano altri fanali,
si spengono, mani
afferrano i frutti
fra spirali di nebbia.


Treni a Sesto Fiorentino

I treni innamorati

s’incontrano la sera

a Sesto Fiorentino.

A volte s’incrociano
sui binari, fischiano
e sbattono le ciglia
dei fanali, improvvisa
è nata una passione.

Ho visto l’altra sera
l’eurostar dare baci
ardenti alla littorina,
nascerà un trenino,
il tenero gioco
per un bambino.

Mangerà spinaci
e ravanelli, d’estate
al Forte porterà
mamme e bambini,
viaggerà da grande
sui binari e, preso
d’amore, correrà
veloce nel parco
a Sesto Fiorentino.




Uno strano convoglio

Sul prato dei sogni di Marta
non danzano fate benigne,
ti svegliano spesso i dolori
di pancia, piangi appoggiata
sul vaso fra il water e il bidet.
Ti tengo la testa fra le mani,
piccolo passerotto bagnato
il capo biondo ciondoloni.

Parte ogni volta uno strano
convoglio, io davanti, tu dietro,
la nonna Giovanna e il gatto
Arturo, tutto assonnato.
Le braccia sono stantuffi,
tù tù, la partenza dal bagno,
le fermate, l’arrivo in terrazza,
si alza il coperchio, barabumba
il pannolino giù nel secchio.

Quanti viaggi, Marta, per i tuoi
venti mesi, il tù tù della cacca,
fra profumi, fischi e risate.


Lungarni   

Da tutto il mondo
arrivano pullmann
sulle rive dell’Arno,
le dieci del mattino

Educational Trips
Rumenian Lines
Giotto Viaggi
Globus Holidays
ταξίδι
Voyages de la Citè
Viaggi di Sogno,
Full Travel.it,
Cathay Pacific Airways
Transp. General Comes,
Linesur, Sita, Cap
Transportes de Viajeros
Worldwide Wikitravel 
مع السلامة , اللة معك  
Terravision.eu
Happy Holidays

Per tutto il mondo
partono pullmann
dalle rive dell’Arno,
le quattro della sera.

 Rumori


Pensiero
di antichi sogni
in una bianca risacca.

luce
di cento riflessi
in un raggio disteso

spuma
di mille gocce
in un’onda infinita

vento
di profondi respiri
in un vortice perenne

suono
di lunghi rumori
in un’eco che si allontana.






“…/flimmertmder Fluss,/flammet die Flut,/umfliessen wir tauchend/tanzend und singend/ im seligen Bade dein Bette!/Rheingold!/Rheingold!/Rheingold!”

                                                              Richard Wagner



L’oro del fiume

Corro 
incontro alle colline,
sulla riva del fiume al tramonto
le spalle alla città, sull’Incontro,
di fronte l’annuncio della luna.

Corro
sul prato che gioca con le canne
del fiume, sulla sponda di fronte
platani in fila, gli stivali nell’acqua.

Corro
a fianco una folla che va di corsa,
al passo, ragazze agili gazzelle,
giovani allegri, cani al guinzaglio.

Corro
fra scene di  storia, pietre  di ponti
romani, antichi approdi, gualchiere
in disarmo, il labirinto dei mulini.

Corro,
fra vecchi amici, aironi sui massi,
la nutria pensosa, germani a frotte
sospesi sul filo della pescaia.


Corro incontro alla città,
sul sentiero percorso, di fronte
Firenze, raggi di sole coronano
le nubi sulla Cupola di rosso.

Corro
nelle ombre della sera, si infiammano
le acque di oro, di madreperla, mosse
al centro del fiume da cerchi di onde.

Corro
in queste acque abitano le figlie
del fiume, custodi dei nostri tesori,
quello che siamo, quello che saremo.



L’anello delle colline

Una lunga fila d’amici cammina
sul sentiero delle colline, Firenze
è sullo sfondo, la Cupola
d’embrici e marmi si alza
dal rosso dei tetti, oltre
i cancelli aperti delle ville.

Altri amici raggiungono il sentiero
s’intrecciano mani d’ogni colore
alcuni salgono per Monte Morello
altri sono al convento di Certosa.

Davanti alle ville tavole coperte
di vino pane e formaggio, canti
si sciolgono nell’aria di primavera.
Dal Pratomagno spunta la luna
fauni e ninfe escono dai boschi
aprono la festa che gira in tondo
sui colli fra l’incanto del mondo.



 Fiesole


Sul muro a secco
mi crogiolo al sole
immobile lucertola
segnata dai lunghi
brividi invernali

in basso la Cupola
incardina Firenze,
respiro le molte
armonie, le parole
di Michelucci sono
un suono vicino.

Sul muro a secco
passano le stagioni
nel volgere degli anni,
il taglio alla pancia
evapora lento lento

rinnovo la pelle
con squame sempre
più verdi, disteso
sul tiepido muro
della villa, a Fiesole.



 Sopra il cielo di Firenze

Dove nascono le parole dei bambini ?

Bum ba, bi bi, co co, grash, grush

C’è un castello incantato sulle nubi
tre vecchiette e un salotto in stile,
si beve Martini rosso con le tartine.
Dalla torre scrutano brille i bambini
mentre cuociono le parole sul fuoco:
nella pentola grande bolle ma-mma,
nelle altre nubi di sillabe colorate.
Un passero prende i suoni col becco
li fa cadere nella bocca dei bambini.

ma-mma, cin cin, ba ba, bumba.

Dove nascono le storie dei nonni ?



Bivigliano  1952

Giardini misteriosi su oscurità
ombrose, a sera il suono delle feste
avvolge Bivigliano fasciata di stelle.
Nella pensione il tempo è sospeso
fra profumi d’essenze di campo
e gli odori dei tegami sul fuoco.

Gira la giostra nella piazza rotonda,
dai cartelli balzano fuori la ninfa
Profumo Paglieri e le gambe velate
da Calze Omsa, il giradischi suona
allegramente Papaveri e Papere.

Macchine arrivano e partono
per la lontana Firenze, la Lancia
Ardea scivola fra gli alberi oltre
le ultime curve delle colline.



Il rifugio di Fonte Santa

Una bandiera rossa
nascose nonno David
fra i  muri del rifugio
nel bosco a Fonte Santa.

Una bandiera rossa
sventola dalla finestra
fra i canti e l’euforia
della libertà ritrovata.

Una bandiera rossa
sulle spalle di Costanza
nel corteo di compagni
per le strade di Milano.

Una bandiera rossa
sullo scaffale più alto
avvolta dal silenzio
del triste tramonto.



Dalle ombre del bosco

Dino mi ha regalato
occhi di madreperla
per guardare il mondo
dalle ombre del bosco
seguendolo sui sentieri
da Castagno d’Andrea
alla cima de La Verna.

Dino mi ha regalato
occhi di madreperla
per cercare nelle vie
della follia i misteri
del vivere, vestiti
di tenerezze d’amore
                   dei suoni del dolore. 


L’Arno in piena

L’esercito di plastica corre in riva
destra dell’Arno, salta nel rombo
roboante della Pescaia, sosta
nell’ansa del fiume, prendono fiato
bottiglie, corde, bambole storpiate,
girano intorno a chiazze odoranti,
poi riconquistano la corrente.

Al centro della piena, la corsia
più veloce trascina l’artiglieria
pesante, tronchi, misteriose carcasse
sugli alberi nudi spiano i cormorani
stupiti, la ragazza lunghi, biondi
capelli riprende le onde in tumulto.

Ai massi, all’Anconella l’esercito
si allarga, si apre in vortici ampi,
i soldati  risalgono la riva,
poi s’incolonnano in squadre, solenni
conquistano le pietre della città
inseguiti da nere strisce di olio.

All’alba giungono stremati alla foce
bianca di spume, i voraci gabbiani
volano in cerchio sugli eserciti in festa.



La strada per il mare

La strada per il mare
ha il sapore del sangue

la curva fra gli alberi
la scena dell’incidente

in ginocchio davanti
allo sfacelo, il tempo
dei soccorsi eterno.

Vento gelido sfoglia
le pagine dei quaderni
sull’asfalto, la scrittura
i disegni dei bambini.

La ragazza sull’asfalto
si scuote per l’ultima
volta, sono di pietra
urlo mute parole.

Il tempo non ha lavato
il sangue dalle mie mani.






Le colonie di Calambrone

Scivolano le tavole sulle onde
gonfie di libeccio, le vele tese
s’intrecciano sul mare, lontano
le isole, le navi in processione
davanti al porto di Livorno.

Scivola lo sciame dei ricordi,
la colonia è una nave arenata
fra le dune e il viale a mare,
la torre dell’acqua domina
le chiome dei pini e dei lecci,
segno scolpito del fascio.

Galleggiano nell’aria i simboli
del regime, danzano in cerchio
vecchi fantasmi in camicia nera,
architetti e direttrici boriose,
maestre i fischietti a la bocca.

Moltitudini di bimbi vocianti
irrompono sulla spiaggia:
sono un punto, la testa rapata
su due grandi occhi celesti.
Rivive la vita d’altri tempi
la valigia di cartone, il corredo
(quattro mutande, il costume,
tre magliette e un cappello),
la camerata di trenta letti.

Ascolto il canto di cinquecento
ragazzi schierati sul piazzale
rivedo gli occhi della mamma
lontana sulle onde delle dune,
sento gli altoparlanti rochi
urlare dai tetti la vittoria
di Gino Bartali a Briançon.

Riconosco il suono del vento,
le raffiche che agitano i pini,
abbracciano spettri di cemento,
s’infilano nei corridoi, scuotono
le porte delle camere, una ad una.

Il cartello sulle dune annuncia
la prossima vendita, mostra
il villaggio e la torre dell’acqua.
Dove vivrà la folla dei fantasmi?

Le tavole rientrano dal mare,
i raggi  incendiano le vetrate,
la colonia si innalza come prua
della nave, sul ponte di comando
sta per apparire il Comandante
per annunciare le sorti del mondo.




Oltre l’Appennino

Il treno esce dall’Appennino
raggiunge la periferia
nella carrozza visi stanchi
computer accesi,
gli ultimi lavori del giorno.

La stazione, il cartello allarga
le braccia, scorrono gli edifici
del binario uno, la mensa,
Mac Donald, la biglietteria
e poi lo squarcio nel muro,
lo squarcio di luce
il bagliore della sala d’attesa.

Si avvampa il fascio dei ricordi
l’immagine di ventisette anni fa.
Sabato due agosto, le dieci 
e venticinque, al tavolo di lavoro,
piomba il foglio dell’Ansa,
morti alla stazione di Bologna.
Un cumulo poi di fogli, sono
dieci le vittime, sono trenta
è una strage, sono cinquanta,
settanta, si continua a scavare.
Angoscia, paura: perché, perché …

Un sussulto, il treno riparte
lascia lo squarcio di luce.


Nevi assolate

Le ali verdi della valle
s’incontrano sulle nevi
assolate del Cevedale
racchiudono il lucente
silenzio dei paesi posati
sul declivio dei prati.

Non trovo lo scampanio
al pascolo delle mucche
i campanacci battenti
delle capre, le stalle
al confine del bosco.

Si racconta ai turisti
ogni giorno come
si faceva il formaggio
si tessevano i panni,
s’incontrava la morte
nella guerra fra fratelli.

L’ombra della vita di ieri
riposto nelle vetrine
di un triste museo.



Le colline di un altro mondo

Da Asmara ad Adis Abeba
mi ha portato il racconto
di Bruno,
              conosco l’andare
del mulo per gli altopiani
al passo lento dei soldati,
l’ assedio di Ailè Selassiè
l’assalto per la collina fino
alla mitragliatrice, i villaggi
abitati da sguardi nemici
i segni delle pulci perforanti
sulla pelle liscia degli stinchi.

Il racconto si è fermato
mille volte nel villaggio
di una valle fra erbe
inzuppate di silenzio,
un cespuglio di capelli
ricci raccolto da terra,
la testa di un bambino,
parola muta della strage
di uomini in camicia nera.




Facce di bimbi

Sulla veste bianca
della luna emergono
facce di bimbi
da altri mondi
gli sguardi eterni
nelle mani conchiglie
di un incredibile mare
dono alla loro innocenza.

 *****

                        Ma misi me per l’alto mare aperto
                           Sol con un legno...
                     
                                  
                                                                Dante Alighieri
                                

       
Lupo solitario

Ho attraversato stagioni, atmosfere,
paesi

ho attraversato amicizie, passioni
amori

ho attraversato epoche, lotte,
battaglie

su terre sconosciute mi hanno gettato
nubifragi, la voglia di conoscere

scogliere si alzano davanti alla barca,
sprofonda e si alza sopra le onde

nel ricordo sfumano i contorni
delle terre conosciute

rimane la luce dei colori, la musica
delle parole, il profumo dei profumi.

Sul mare aperto, lupo solitario,
tengo fermo il timone.


**********

Roberto Mosi


Roberto Mosi vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana. S’interessa di letteratura e fotografia.

Per la poesia ha pubblicato Navicello Etrusco (Il Foglio 2018, premio Giuria “Casentino” 2018; finalista premio Camaiore 2018), Eratoterapia (Ladolfi Editore 2017) e l’Antologia “Poesie 2009-2016” (Ladolfi Editore 2016; III premio Alda Merini 2017).

Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Esercizi di volo, Europa Edizioni 2017 (riconoscimento premio “Casentino” 2017); Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni, 2014) e la guida Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio, 2013).

Una sintesi per la fotografia è riportata nell’e-book Firenze, foto grafie, www.larecherche.it.

Collabora con le riviste “Testimonianze”, “L’area di Broca”, “Semicerchio”, “Il Foglio Letterario”.



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           Indice
          

Le piazze
1.     Santa Croce
2.     Attraverso le piazze
3.     L’Annunziata
4.     Santo Spirito
5.     Il mercato dei cenci
6.     La Stazione
7.     Porta San Gallo
8.     Il Casone dei poveri
9.     La Manifattura Tabacchi
              10.  L’anello dei viali
              11.  Le Giubbe Rosse
              12.  Le pietre della piazza
              13.  Porta al Prato
              14.  Le Cure
              15.  L’orchestra volante

    Le strade
16. Il vicolo delle Brache
17. D’agosto
18. Le rificolone
19. La via del carcere
20. Le strade di San Salvi
21. Via Larga
22. Vicino allo Stadio
23. Sui marciapiedi di Firenze
24. Campo di Marte
25. Fogli di poesia per le strade
26. Strade in festa
27. Il viale di Careggi
28. Le rose di Novoli
29. Il cimitero di Peretola
30. Le nebbie dell’Osmannoro
31. Treni a Sesto Fiorentino
32. Uno strano convoglio
33. Lungarni
34. Rumori

   Le colline ed oltre
35. L’oro del fiume
36. L’anello delle colline
37. Fiesole
38. Sopra il cielo di Firenze
39. Bivigliano 1952
40. Il rifugio di Fonte Santa
41. Dalle ombre del bosco
42. L’Arno in piena
43. La strada per il mare
44. Le colonie di Calambrone
45. Oltre l’Appennino
46. Nevi assolate
47. Le colline di un altro mondo
48. Facce di bimbi
49. Lupo solitario

















1 commento:

  1. Armonie e disarmonie

    La raccolta di poesie “a casa” è il ritorno a Firenze, la mia città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E’ anche, naturalmente, l’incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città. Emergono le molte sfaccettature del vivere quotidiano, dalla gioia, alla tristezza, al dolore che nei versi della poesia sono resi con registri differenti, ricercando, di volta in volta, la connessione che pare più naturale fra parola e suono.
    Questa ricerca sulla città presenta una pluralità di toni e di punti di osservazione come l’amore per Firenze (Attraverso le piazze, L’oro del fiume), le origini (Il Casone dei poveri), le violenze all’ambiente sociale e naturale (La Stazione, La piena dell’Arno), i momenti di gioia che ci fanno sorridere d’improvviso (L’orchestra volante, Strade in festa), le delusioni e le ferite che portiamo con noi anche quando siamo lontani, in altri luoghi, come il ricordo delle stragi e il sangue delle vittime innocenti (Oltre l’Appennino, Le colline di un altro mondo, Facce di bimbi).
    Può capitare nella vita di tutti i giorni che lo sguardo si posi sulla bellezza e l’armonia delle colline ma succede che riemergono allo stesso tempo , spinte da forze inconsce, immagini che sanguinano ancora dentro di noi. Nel tempio della ricerca di senso attraverso il linguaggio della poesia, si affacciano queste immagini, parti inseparabili di quel guazzabuglio di sentimenti che formano le nostre persone.

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