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Roberto Mosi
a
casa
Per le piazze, le strade
le colline di Firenze
Libera Università Popolare Umbra
a Delia e Bruno
vicini, in terre
lontane
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Armonie e disarmonie
La raccolta di poesie “a casa” è il ritorno a Firenze, la mia
città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle
contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E’ anche, naturalmente,
l’incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città.
Emergono le molte sfaccettature del vivere quotidiano, dalla gioia, alla
tristezza, al dolore che nei versi della poesia sono resi con registri
differenti, ricercando, di volta in volta, la connessione che pare più naturale
fra parola e suono.
Questa ricerca sulla
città presenta una pluralità di toni e di punti di osservazione come l’amore
per Firenze (Attraverso le piazze, L’oro
del fiume), le origini (Il Casone dei
poveri), le violenze all’ambiente sociale e naturale (La
Stazione , La piena
dell’Arno), i momenti di gioia che ci fanno sorridere d’improvviso (L’orchestra volante, Strade in festa),
le delusioni e le ferite che portiamo con noi anche quando siamo lontani, in
altri luoghi, come il ricordo delle stragi e il sangue delle vittime innocenti
(Oltre l’Appennino, Le colline di un
altro mondo, Facce di bimbi).
Può capitare nella vita
di tutti i giorni che lo sguardo si posi sulla bellezza e l’armonia delle
colline ma succede che riemergono allo stesso tempo , spinte da forze inconsce,
immagini che sanguinano ancora dentro di noi. Nel tempio della ricerca di senso
attraverso il linguaggio della poesia, si affacciano queste immagini, parti
inseparabili di quel guazzabuglio di sentimenti che formano le nostre persone.
Geometrie leggere evaporano
da piazza Santa Croce
linee dritte fuggono
dalle strade affollate di case
il cerchio vociante
dei bambini la sera
le ellissi stridule delle rondini
in volo radente
il punto di marmo vestito
delle vesti di Dante
il quadrato dei turisti seduto
sulla scalinata
il segmento blu libero
dalla retorica della Chiesa
la linea retta della palla
calciata al centro della piazza
l’arco della luna riflesso
nel pallore della facciata.
Attraverso le piazze
Attraverso le piazze
cerco pagine di storia
raccolgo immagini della vita
per segnalibro l’idea della bellezza.
L’Annunziata
Novanta passi è lunga la piazza
trenta le
colonne, otto bambini
in fasce, tondi bianchi di smalto,
sessanta
le api per il Granduca.
Sotto la loggia degli Innocenti,
salotto oggi lucidato a museo,
la ruota, la prima figlia esposta
aveva il nome Agata Smeralda.
Cantano le acque delle fontane.
Sotto la loggia dei Serviti lunga
la fila dei poveri per la minestra,
giovani fumano pensosi, il viso
trafitto da schegge d’argento.
Nell’ombra corpi stesi fra nere
coperte, dal cassonetto aperto
vampate penetranti di tanfo,
la donna cerca cose dal fondo.
Sulla strada di casa attraverso
la sera piazza dell’Annunziata.
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“In 1980 artist Mario Mariotti felicitiously conceived of having
a competition for “decorating” the austere facade of
Santo Spirito without defacing it .. ”
Barbara Grizzuti
Harrison, Italian days, 1989
Santo
Spirito
Le tende dei banchi
volano gonfie di vento
i vestiti appesi roteano
come allegri pupazzi
onde attraversano la piazza
si agitano nastri nei capelli
delle donne, il fare lento
della domenica mattina.
Sulla pietra dove cadde
colpito Potente
un vortice di foglie:“Non
appoggiate le biciclette
al muro”, dice il cartello
sotto le tre schegge di granata
infisse nel muro.
La facciata della Chiesa
apre le ali,piegate
nell’armonia delle volute.
Il mercato
dei cenci
Volano via i nomi
dalla mente, le celle
abbandonate hanno
ancora l’immagine
delle cose, una volta
appese alle pareti.
Per ricordare un nome
vago nel labirinto della mente,
se il nome riemerge
è festa, l’incontro
con l’amico ritrovato.
Al centro s’innalza
la dimora dell’Io
fra poco volerà il suo nome,
si raccoglierà qualche
frammento da portare
al mercato dei cenci.
E’ arrivato dai paesi dell’Est
lo stormo di uccelli migratori,
la notte dormono in stazione,
negli angoli più bui della città.
All’alba raccolgono gli averi
nascondono i cenci fra i rami
in mezzo ai nidi dei piccioni,
sopra i chioschi delle aranciate.
Uccelli vestiti da spazzino
afferrano i sacchi al mattino,
la sera si cerca un altro riparo
ai nidi delle rondini più vicino.
Porta San
Gallo
L’anello delle macchine ruota
nel cesto della piazza
marmellata di auto
sospesa sulla nebbia
squassata dai motori.
La freccia dal centro
del vortice trafigge
l’antica porta
le ombre dei portici
colpisce il cuore di Firenze.
Il Casone dei poveri
Alle porte di Firenze
s’innalza il castello
dei miei antenati,
il Casone dei poveri.
Passo oggi veloce
davanti al portone
dipinto di nero.
Un giorno salirò le scale
di pietra: nella cucina
la nonna
in piedi come
una regina, il soffietto
e la forchetta in mano,
il profumo delle patate
sul fornello a carbone.
Respiro l’aria
di questa reggia
i panni ad asciugare
il bagno sulla terrazza
il lavatoio nel cortile.
La nonna riprende il filo
del racconto, parla
di giorni d’allegria,
parla di quando ospiti
a tavolala fame e la miseria.
*****
Remember thee ?
Ay, thou
poor ghost, while memory holds a seat
In this
distracted globe.
William Shakespeare
Tosca mi guida per un varco
dall’argine del fosso macinante
dentro la fabbrica abbandonata
guscio vuoto di antica eleganza.
Sedici compagne attendono
al centro del piazzale, uscite
dai sedici fabbricati a raggiera
dove sono custodi del silenzio.
Ogni donna narra una storia,
Federiga ricorda un’immagine:
il portone della fabbrica si apre,
una foresta di mimose avanza,
le sigaraie escono cantando
per la festa dell’otto marzo.
Si accende il viso di Delia:
la sirena, è lo sciopero, sassi
sui fascisti entrati nel piazzale.
Parole sulla vita di ogni giorno,
la sirena e la corsa per il cartellino
il pianto affamato dei lattanti,
il girare vorticoso delle macchine
l’affanno per il cottimo.
Federiga e le compagne tornano
a difendere il silenzio della fabbrica.
Tosca mi porta al varco nel muro
fra i cespugli sull’argine del fosso:
“Parla delle idee che abbiamo
vissuto, tessi il filo della memoria”.
Scorrono le acque fumanti
del fosso, talpe nere si dirigono
verso il Centro, sulla discarica
il manichino, la maglia rosa
Dream-like
memory,
topi
si agitano nelle cavità degli occhi.
L’anello
dei viali
Le piazze del centro
respirano aria livida di paura,
alle vetrine barriere per scudo,
sul cartello: “chiuso per lusso”.
La polizia in assetto di guerra
il gracidare stridulo delle radio.
L’anello dei viali
ride dell’allegria dei giovani
giunti dagli angoli del mondo
per dipingere il sogno della pace.
Dieci novembre, duemila e due.
Le Giubbe
Rosse
Il salotto buono di Firenze
mi appare in bianco e nero,
i colori delle storie di Vasco:
le tute blu arrivano da Rifredi
la polizia schierata, sbuca
dai portici la camionetta
picchiano forte i manganelli
si grida in coro pane e lavoro.
Sono sbarrate le Giubbe
Rosse, i
poeti scomparsi
la musica è delle sirene,
i versi le urla degli operai.
Le pietre della
piazza
Alle nove si accende
sulle pietre della piazza
l’insegna luminosa.
Le sabbie
dei giardini
fioriscono
di profumi,
il falco si
tuffa nel blu
del mare
d’oriente,
un pesce
fra gli artigli.
Nel campo
beduino
le ragazze
ballano
occhi neri
d’antracite,
ogni
respiro circonda
la veste
nera del cielo.
Alle nove della sera
si spenge sulle pietre
l’insegna luminosa.
Porta al
Prato
Vola in grandi cerchi l’aeroplano
di carta lanciato dalla terrazza,
un foglio ripiegato, con i versi
della poesia, un colpo di vento
solleva il muso in alto, in alto,
Marta batte le mani, ride felice.
L’aeroplano d’argento arriva
improvviso, il rumore squassa
la corte, trema la casa: “Nonna
valigia” un grido, poi le bombe
sulle officine di Porta al Prato.
Sull’asfalto della strada plana
l’aeroplano di carta, lo raccoglie
un ragazzo, legge i versi stupito:
“Vola in grandi cerchi l’aeroplano
di carta lanciato dalla terrazza,
un foglio ripiegato, con i versi
della poesia, un colpo di vento
solleva il muso in alto, in alto,
Marta batte le mani, ride felice.”
Le Cure
Sessanta olive nere
novembre ha regalato
sul balcone sospeso
fra Fiesole e Le Cure.
Sessanta olive nere
coglie Marta dall’olivo
una ad una, le mani
grandi come le foglie.
Sessanta olive nere
da spremere per l’olio
color dell’oro, per gli
animali della fattoria.
Sei cucchiai d’olio
per il papero e il bue
il cavallo e l’asinello
e per la pipì del cane!
L’orchestra
volante
Scivola la bicicletta,
attraversa le piazze,
Marta è sul sellino
il casco rosa
cantiamo forte
e voialtri
bersaglieri.
Ad ogni strofa suona
la tromba, siamo
un’orchestra volante
la gente ci guarda
ride, scuote la testa.
Il vicolo
delle Brache
Raffiche di vento
sferzano la strada
trema la finestra
accesa per la veglia
al moribondo.
All’angolo della piazza
Federigo vestito
da cerimonia, pronto
a correre per primo.
Sopra lo spiovere
scuro del tetto
un angelo bianco
muove le ali, vicino
un angelo nero
la coda sporgente.
All’alba la corsa
per afferrare
l’anima, il corpo.
D’agosto
L’agosto porta il silenzio
l’ascensore immobile
gli appartamenti vuoti.
L’agosto porta il temporale
le cantine allagate
uno strato di melma nera.
L’agosto porta messaggi
dalla Norvegia, Marta
ha visto giocare le foche.
L’agosto porta il rumore
gigante degli orologi
nelle stanze sonnolenti.
L’agosto porta ombre
di ricordi legati dai fili
annodati di nostalgia.
Le
rificolone
Ona ona
oh che bella
rificolona
Alta la rificolona
sibilano intorno
cannucce di carta
urlano esaltati
i ragazzi, batterie
pronte di munizioni,
La rificolona prende
fuoco, un rosso falò
sull’asfalto un tizzone annerito.
Ona ona
oh che
bella rificolona.
La via del
carcere
Segna il nostro passaggio
il rumore dei chiavistelli
delle porte di ferro.
La luce è quella degli sguardi
si incrociano, interrogano
prendono le misure dell’altro.
Il calore è nella voce di Paola
al centro del refettorio, canta
accompagnata dalla chitarra.
Le canzoni si sciolgono
nel coro delle voci, nel ricordo
di amori lontani.
La bellezza nel volto delle ragazze
piovute da mondi lontani
che battono, lievi, le mani.
La speranza nel gesto della donna
che chiede a Paola di provare
gli accordi dell’ultima canzone.
La visita ha il colore della musica.
Le strade
di San Salvi
Maria alla finestra chiama
i passanti, urla ai rumori
parla di storie d’amore.
Gira la ruota della vita
nei reparti del manicomio
eri l’infermiera, tenevi
le chiavi della pazzia.
Abiti ora il mondo dei folli
le tue parole incrociano
i versi della poesia,
la nostalgia dell’amore
i ricordi delle donne
legate ai letti, l’acqua
gelida delle docce.
La finestra si chiude
rimane l’eco delle grida
sospeso sul gas dei motori.
Via Larga
Il corteo dei magi lascia
l’affresco della Cappella,
scende solenne le scale
lascia il Palazzo, appare
in vesti sontuose nella via,
sulle cavalcature i sovrani
della città, della provincia,
il grasso sceriffo: in dono
portano la stizza, il genio
fiorentino e l’arroganza.
Li circondano cittadini
osannanti, il capo
dei tassisti, i mercanti
più ricchi, i giocatori
del calcio in costume,
cinque famosi cuochi.
Nel paesaggio di colline
angeli in volo, gruppi
di
pastori, lavavetri
le braccia incrociate.
Vicino allo
Stadio
Canta il popolo di Vasco
nello Stadio, in piedi
ondeggiando, l’aria
respira di luci, rosso
azzurro, bianco
fino al cerchio dei colli.
L’eco scuote il sonno della città.
La folla nelle strade
risponde alla voce rotta
di Vasco, pensieri vitali
in frammenti, adagiati
su accordi di chitarra
sul ritmo della batteria.
Dall’angolo della strada
guardo la gente felice
mi perdo nella banalità
delle parole di Vasco,
la festa mi prende
mi trovo anch’io a cantare.
Vado al
massimo
Vado al
massimo
Sui
marciapiedi
Dormi fratello,
la notte è tiepida
svaniti i rumori
la valigia ai piedi.
Stiano lontani
i cani, la polizia.
Dormi fratello,
ricordo la terra oltre
il Danubio, le cicogne
sui camini dei villaggi
sgranati lungo le strade
di greggi e di carri,
la luce degli affreschi
sui muri dei monasteri.
Dormi fratello,
sulla chiesa di Voronet
al limitare del bosco,
l’affresco racconta
dei dannati alle fiamme
dell’inferno. Nel nostro tempo
i dannati giacciono
sui marciapiedi delle città.
Campo di Marte
Il treno blu
si ferma, l’ultimo
lamento delle carrozze
sorprende le ombre
annidate negli
angoli della stazione.
Sulla panca vicina
alla sala d’aspetto
una donna,lunghi
capelli grigi, parla
con un uomo
tenendolo per mano.
Riconosco il volto,
di una lontana
compagna di scuola:
“Vive alla stazione
di Campo di Marte”,
qualcuno mi ha detto.
Il treno blu
si muove sommesso
divorato lentamente
dal buio della notte.
Fogli
di poesia per le strade
Dal quaderno delle poesie
ho strappato trenta fogli.
Li lancio uno ad uno
aeroplani di carta rosa
dalla terrazza, una parte
cade pesante sulle pietre
per la scarsa fantasia
altri vanno giù in tralice
per qualche verso zoppo.
Un gruppo compie giri
larghi nell’aria, animato
da parole leggere. Solo
un foglio s’innalza piano
piano nel cielo, spinto
da scintille di emozione
di ricerca della verità.
Strade
in festa
Scoppi di luce
tutti i
regali
hanno aperto
la
pancia
piatti desolati
sotto le
carte
fogli lucidi
di ogni
colore
. . respirano le luci
dell’albero
. . bicchieri in alto
lanciano evviva
Marta ritta
sul tavolo
batte le mani
ride assediata
dai flash,
come
una diva
Le luci dell’albero
s’inseguono allegre
quattro
colori
il
rosso il verde
il giallo e il blu
fasciano la stanza
di un velo iridato
brillano negli
occhi
di Marta incantata
rapida sgambetta
ride felice
Il viale di Careggi
I vecchi padiglioni
sgranano occhi illuminati
i platani del viale
dormono nel gelo.
Da un lato il rosso
Babbo Natale
sale per le pareti,
bianche cicogne
atterrano sul tetto
della Maternità.
Dall’altra parte
ilviale è immobile,
si alza a
tratti
sul padiglione
l’ossuta Signora
agita lentamente
la falce fienaia.
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“Alla Chiesa di San Donato della Torre,
e ai servi di Dio che la custodiscono,
concediamo che siano esenti da ogni onere”
Federico Barbarossa.
e ai servi di Dio che la custodiscono,
concediamo che siano esenti da ogni onere”
Federico Barbarossa.
“Nel giardino della Torre
degli Agli
maturò il primo frutto di limone che
per la singolarità del suo ibridismo
ebbe il titolo di bizzaria” . . Emanuele Repetti
maturò il primo frutto di limone che
per la singolarità del suo ibridismo
ebbe il titolo di bizzaria” . . Emanuele Repetti
Le rose di Novoli
Il suono celeste delle chiarine
accoglie il corteo di nozze,
la principessa d’Austria, sposa
promessa, giunge a Novoli,alla villa.
Nella notte d’attesa sono culla
per i sogni il gracidare delle rane
nei fossi di via Polverosa, il profumo
dei limoni, il canto infinito dei grilli.
Striscio oggi lungo i muri lontano
dalla folla dei motori
per il quartiere di Novoli
stanza di sbratto della città
zona franca per le forme del brutto.
Scopro ancora ombre di storia
fra monconi assurdi di cemento
il convento di San Donato raggiunto
dall’imperatore Barbarossa,
la morte del Cristo affrescata
dal Veneziano,
il magico parco
dei principi giunti dall’est, la fonte
generosa d’acqua fresca d’estate
il muro dell’orto dove fiorivano
d’inverno rose scarlatte.
Nell’ultimo lembo di fabbrica
s’innalza la mole della ciminiera,
al crocevia di San Donato, gonfio
di strade fra la città e il mondo.
Sono belli i ragazzi, le ragazze
che affollano gli spazi vicini
dell’università, li vedo
muoversi allegri, riflessi
sulle pareti di vetro e d’acciaio.
“Dove scambieranno oggi le loro
tenerezze, conoscono il profumo
dei fiori sull’argine del Mugnone,
le ombre dei gasometri riflesse
sui vetri appannati delle auto?”
Crescono ancora d’inverno
rose scarlatte sui muri di Novoli.
Il cimitero
di Peretola
Il prato d’erba copre
la terra del cimitero,
sono sparite le croci.
Dieci anni è lunga
la stagione del cimitero,
ne ho già contate sei.
Solo un mucchio di terra,
una croce appoggiata,
macchia il verde del prato.
Arriveranno le altre
croci, la normalità
delle tombe dei vecchi,
lo strazio lancinante
della morte dei giovani.
Le nebbie
dell’Osmannoro
Spirali di nebbia
legate alle radici
della campagna,
il respiro opaco
dei putridi fossi,
davanti fari rossi,
l’angoscia del nulla
seduta al mio fianco.
Alla curva svaniscono
i fanali rossi, mi fermo,
al mio urlo risponde
l’eco sorda del padule.
Il corbezzolo rosso
sopra le rose canine,
i frutti si sciolgono
in teneri granuli
in bocca, il corpo
galleggia nell’aria.
Arrivano altri fanali,
si spengono, mani
afferrano i frutti
fra spirali di nebbia.
Treni a Sesto Fiorentino
I treni innamorati
s’incontrano la sera
a Sesto Fiorentino.
A volte s’incrociano
sui binari, fischiano
e sbattono le ciglia
dei fanali, improvvisa
è nata una passione.
Ho visto l’altra sera
l’eurostar dare baci
ardenti alla littorina,
nascerà un trenino,
il tenero gioco
per un bambino.
Mangerà spinaci
e ravanelli, d’estate
al Forte porterà
mamme e bambini,
viaggerà da grande
sui binari e, preso
d’amore, correrà
veloce nel parco
a Sesto Fiorentino.
Uno strano
convoglio
Sul prato dei sogni di Marta
non danzano fate benigne,
ti svegliano spesso i dolori
di pancia, piangi appoggiata
sul vaso fra il water e il bidet.
Ti tengo la testa fra le mani,
piccolo passerotto bagnato
il capo biondo ciondoloni.
Parte ogni volta uno strano
convoglio, io davanti, tu dietro,
la nonna Giovanna e il gatto
Arturo, tutto assonnato.
Le braccia sono stantuffi,
tù tù, la partenza dal bagno,
le fermate, l’arrivo in terrazza,
si alza il coperchio, barabumba
il pannolino giù nel secchio.
Quanti viaggi, Marta, per i tuoi
venti mesi, il
tù tù della cacca,
fra profumi, fischi e risate.
Lungarni
Da tutto il mondo
arrivano pullmann
sulle rive dell’Arno,
le dieci del mattino
Educational Trips
Rumenian Lines
Giotto Viaggi
Globus Holidays
ταξίδι
Voyages de la Citè
Viaggi di
Sogno,
Full Travel.it,
Transp. General Comes,
Linesur, Sita, Cap
Transportes de Viajeros
Worldwide Wikitravel
مع السلامة , اللة معك
Terravision.eu
Happy
Holidays
Per tutto il mondo
partono pullmann
dalle rive dell’Arno,
le quattro della sera.
Rumori
Pensiero
di antichi sogni
in una bianca risacca.
luce
di cento riflessi
in un raggio disteso
spuma
di mille gocce
in un’onda infinita
vento
di profondi respiri
in un vortice perenne
suono
di lunghi rumori
in un’eco che si allontana.
“…/flimmertmder Fluss,/flammet die Flut,/umfliessen
wir tauchend/tanzend und singend/ im seligen Bade dein
Bette!/Rheingold!/Rheingold!/Rheingold!”
Richard Wagner
L’oro del
fiume
Corro
incontro alle colline,
sulla riva del fiume al tramonto
le spalle alla città, sull’Incontro,
di fronte l’annuncio della luna.
Corro
sul prato che gioca con le canne
del fiume, sulla sponda di fronte
platani in fila, gli stivali nell’acqua.
Corro
a fianco una folla che va di corsa,
al passo, ragazze agili gazzelle,
giovani allegri, cani al guinzaglio.
Corro
fra scene di
storia, pietre di ponti
romani, antichi approdi, gualchiere
in disarmo, il labirinto dei mulini.
Corro,
fra vecchi amici, aironi sui massi,
la nutria pensosa, germani a frotte
sospesi sul filo della pescaia.
Corro incontro alla città,
sul sentiero percorso, di fronte
Firenze, raggi di sole coronano
le nubi sulla Cupola di rosso.
Corro
nelle ombre della sera, si infiammano
le acque di oro, di madreperla, mosse
al centro del fiume da cerchi di onde.
Corro
in queste acque abitano le figlie
del fiume, custodi dei nostri tesori,
quello che siamo, quello che saremo.
L’anello
delle colline
Una lunga fila d’amici cammina
sul sentiero delle colline, Firenze
è sullo sfondo, la Cupola
d’embrici e marmi si alza
dal rosso dei tetti, oltre
i cancelli aperti delle ville.
Altri amici raggiungono il sentiero
s’intrecciano mani d’ogni colore
alcuni salgono per Monte Morello
altri sono al convento di Certosa.
Davanti alle ville tavole coperte
di vino pane e formaggio, canti
si sciolgono nell’aria di primavera.
Dal Pratomagno spunta la luna
fauni e ninfe escono dai boschi
aprono la festa che gira in tondo
sui colli fra l’incanto del mondo.
Fiesole
Sul muro a secco
mi crogiolo al sole
immobile lucertola
segnata dai lunghi
brividi invernali
in basso la Cupola
incardina Firenze,
respiro le molte
armonie, le parole
di Michelucci sono
un suono vicino.
Sul muro a secco
passano le stagioni
nel volgere degli anni,
il taglio alla pancia
evapora lento lento
rinnovo la pelle
con squame sempre
più verdi, disteso
sul tiepido muro
della villa, a Fiesole.
Sopra il cielo di Firenze
Dove nascono le parole dei bambini ?
Bum ba, bi bi, co co, grash, grush
C’è un castello incantato sulle nubi
tre vecchiette e un salotto in stile,
si beve Martini rosso con le tartine.
Dalla torre scrutano brille i bambini
mentre cuociono le parole sul fuoco:
nella pentola grande bolle ma-mma,
nelle altre nubi di sillabe colorate.
Un passero prende i suoni col becco
li fa cadere nella bocca dei bambini.
ma-mma, cin
cin, ba ba, bumba.
Dove nascono le storie dei nonni ?
Bivigliano 1952
Giardini misteriosi su oscurità
ombrose, a sera il suono delle feste
avvolge Bivigliano fasciata di stelle.
Nella pensione il tempo è sospeso
fra profumi d’essenze di campo
e gli odori dei tegami sul fuoco.
Gira la giostra nella piazza rotonda,
dai cartelli balzano fuori la ninfa
Profumo
Paglieri e
le gambe velate
da Calze
Omsa, il giradischi suona
allegramente Papaveri
e Papere.
Macchine arrivano e partono
per la lontana Firenze, la Lancia
Ardea scivola fra gli alberi oltre
le ultime curve delle colline.
Il rifugio
di Fonte Santa
Una bandiera rossa
nascose nonno David
fra i muri
del rifugio
nel bosco a Fonte Santa.
Una bandiera rossa
sventola dalla finestra
fra i canti e l’euforia
della libertà ritrovata.
Una bandiera rossa
sulle spalle di Costanza
nel corteo di compagni
per le strade di Milano.
Una bandiera rossa
sullo scaffale più alto
avvolta dal silenzio
del triste tramonto.
Dalle ombre
del bosco
Dino mi ha regalato
occhi di madreperla
per guardare il mondo
dalle ombre del bosco
seguendolo sui sentieri
da Castagno d’Andrea
alla cima de La Verna.
Dino mi ha regalato
occhi di madreperla
per cercare nelle vie
della follia i misteri
del vivere, vestiti
di tenerezze d’amore
dei suoni del dolore.
L’Arno in piena
L’esercito
di plastica corre in riva
destra
dell’Arno, salta nel rombo
roboante
della Pescaia, sosta
nell’ansa
del fiume, prendono fiato
bottiglie,
corde, bambole storpiate,
girano
intorno a chiazze odoranti,
poi
riconquistano la corrente.
Al
centro della piena, la corsia
più
veloce trascina l’artiglieria
pesante,
tronchi, misteriose carcasse
sugli
alberi nudi spiano i cormorani
stupiti,
la ragazza lunghi, biondi
capelli
riprende le onde in tumulto.
Ai
massi, all’Anconella l’esercito
si
allarga, si apre in vortici ampi,
i
soldati risalgono la riva,
poi
s’incolonnano in squadre, solenni
conquistano
le pietre della città
inseguiti
da nere strisce di olio.
All’alba
giungono stremati alla foce
bianca
di spume, i voraci gabbiani
volano
in cerchio sugli eserciti in festa.
La strada
per il mare
La strada per il mare
ha il sapore del sangue
la curva fra gli alberi
la scena dell’incidente
in ginocchio davanti
allo sfacelo, il tempo
dei soccorsi eterno.
Vento gelido sfoglia
le pagine dei quaderni
sull’asfalto, la scrittura
i disegni dei bambini.
La ragazza sull’asfalto
si scuote per l’ultima
volta, sono di pietra
urlo mute parole.
Il tempo non ha lavato
il sangue dalle mie mani.
Le colonie
di Calambrone
Scivolano le tavole sulle onde
gonfie di libeccio, le vele tese
s’intrecciano sul mare, lontano
le isole, le navi in processione
davanti al porto di Livorno.
Scivola lo sciame dei ricordi,
la colonia è una nave arenata
fra le dune e il viale a mare,
la torre dell’acqua domina
le chiome dei pini e dei lecci,
segno scolpito del fascio.
Galleggiano nell’aria i simboli
del regime, danzano in cerchio
vecchi fantasmi in camicia nera,
architetti e direttrici boriose,
maestre i fischietti a la bocca.
Moltitudini di bimbi vocianti
irrompono sulla spiaggia:
sono un punto, la testa rapata
su due grandi occhi celesti.
Rivive la vita d’altri tempi
la valigia di cartone, il corredo
(quattro mutande, il costume,
tre magliette e un cappello),
la camerata di trenta letti.
Ascolto il canto di cinquecento
ragazzi schierati sul piazzale
rivedo gli occhi della mamma
lontana sulle onde delle dune,
sento gli altoparlanti rochi
urlare dai tetti la vittoria
di Gino Bartali a Briançon.
Riconosco il suono del vento,
le raffiche che agitano i pini,
abbracciano spettri di cemento,
s’infilano nei corridoi, scuotono
le porte delle camere, una ad una.
Il cartello sulle dune annuncia
la prossima vendita, mostra
il villaggio e la torre dell’acqua.
Dove vivrà la folla dei fantasmi?
Le tavole rientrano dal mare,
i raggi
incendiano le vetrate,
la colonia si innalza come prua
della nave, sul ponte di comando
sta per apparire il Comandante
per annunciare le sorti del mondo.
Oltre
l’Appennino
Il treno esce dall’Appennino
raggiunge la periferia
nella carrozza visi stanchi
computer accesi,
gli ultimi lavori del giorno.
La stazione, il cartello allarga
le braccia, scorrono gli edifici
del binario uno, la mensa,
Mac Donald, la biglietteria
e poi lo squarcio nel muro,
lo squarcio di luce
il bagliore della sala d’attesa.
Si avvampa il fascio dei ricordi
l’immagine di ventisette anni fa.
Sabato due agosto, le dieci
e venticinque, al
tavolo di lavoro,
piomba il foglio dell’Ansa,
morti alla stazione di Bologna.
Un cumulo poi di fogli, sono
dieci le vittime, sono trenta
è una strage, sono cinquanta,
settanta, si continua a scavare.
Angoscia, paura: perché, perché …
Un sussulto, il treno riparte
lascia lo squarcio di luce.
Nevi
assolate
Le ali verdi della valle
s’incontrano sulle nevi
assolate del Cevedale
racchiudono il lucente
silenzio dei paesi posati
sul declivio dei prati.
Non trovo lo scampanio
al pascolo delle mucche
i campanacci battenti
delle capre, le stalle
al confine del bosco.
Si racconta ai turisti
ogni giorno come
si faceva il formaggio
si tessevano i panni,
s’incontrava la morte
nella guerra fra fratelli.
L’ombra della vita di ieri
riposto nelle vetrine
di un triste museo.
Le colline
di un altro mondo
Da Asmara ad Adis Abeba
mi ha portato il racconto
di Bruno,
conosco l’andare
del mulo per gli altopiani
al passo lento dei soldati,
l’ assedio di Ailè Selassiè
l’assalto per la collina fino
alla mitragliatrice, i villaggi
abitati da sguardi nemici
i segni delle pulci perforanti
sulla pelle liscia degli stinchi.
Il racconto si è fermato
mille volte nel villaggio
di una valle fra erbe
inzuppate di silenzio,
un cespuglio di capelli
ricci raccolto da terra,
la testa di un bambino,
parola muta della strage
di uomini in camicia nera.
Facce di bimbi
Sulla veste bianca
della luna emergono
facce di bimbi
da altri mondi
gli sguardi eterni
nelle mani conchiglie
di un incredibile mare
dono alla loro innocenza.
*****
Ma misi me per l’alto mare aperto
Sol con un legno...
Sol con un legno...
Dante Alighieri
Lupo
solitario
Ho attraversato stagioni, atmosfere,
paesi
ho attraversato amicizie, passioni
amori
ho attraversato epoche, lotte,
battaglie
su terre sconosciute mi hanno gettato
nubifragi, la voglia di conoscere
scogliere si alzano davanti alla barca,
sprofonda e si alza sopra le onde
nel ricordo sfumano i contorni
delle terre conosciute
rimane la luce dei colori, la musica
delle parole, il profumo dei profumi.
Sul mare aperto, lupo solitario,
tengo fermo il timone.
**********
Roberto Mosi
Roberto Mosi vive a Firenze, è stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana. S’interessa di letteratura e fotografia.
Per la poesia ha pubblicato Navicello Etrusco (Il Foglio 2018, premio Giuria “Casentino” 2018; finalista premio Camaiore 2018), Eratoterapia (Ladolfi Editore 2017) e l’Antologia “Poesie 2009-2016” (Ladolfi Editore 2016; III premio Alda Merini 2017).
Per la narrativa ha pubblicato il romanzo Esercizi di volo, Europa Edizioni 2017 (riconoscimento premio “Casentino” 2017); Non oltrepassare la linea gialla (Europa Edizioni, 2014) e la guida Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone. Storie francesi da Piombino a Parigi (Il Foglio, 2013).
Una sintesi per la fotografia è riportata nell’e-book Firenze, foto grafie, www.larecherche.it.
Collabora con le riviste “Testimonianze”, “L’area di Broca”, “Semicerchio”, “Il Foglio Letterario”.
Cura i blog www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it.
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Indice
Le piazze
1.
Santa Croce
2.
Attraverso le piazze
3.
L’Annunziata
4.
Santo Spirito
5.
Il mercato dei cenci
6.
La Stazione
7.
Porta San Gallo
8.
Il Casone dei poveri
9.
La Manifattura Tabacchi
10. L’anello dei viali
11. Le Giubbe Rosse
12. Le pietre della piazza
13. Porta al Prato
14. Le Cure
15. L’orchestra volante
Le strade
16. Il vicolo delle Brache
17. D’agosto
18. Le rificolone
19. La via del carcere
20. Le strade di San Salvi
21. Via Larga
22. Vicino allo Stadio
23. Sui marciapiedi di Firenze
24. Campo di Marte
25. Fogli di poesia per le strade
26. Strade in festa
27. Il viale di Careggi
28. Le rose di Novoli
29. Il cimitero di Peretola
30. Le nebbie dell’Osmannoro
31. Treni a Sesto Fiorentino
32. Uno strano convoglio
33. Lungarni
34. Rumori
Le colline ed oltre
35. L’oro del fiume
36. L’anello delle colline
37. Fiesole
38. Sopra il cielo di Firenze
39. Bivigliano 1952
40. Il rifugio di Fonte Santa
41. Dalle ombre del bosco
42. L’Arno in piena
43. La strada per il mare
44. Le colonie di Calambrone
45. Oltre l’Appennino
46. Nevi assolate
47. Le colline di un altro mondo
48. Facce di bimbi
49. Lupo solitario
Armonie e disarmonie
RispondiEliminaLa raccolta di poesie “a casa” è il ritorno a Firenze, la mia città, per incontrarla ancora una volta nella sua bellezza, nelle contraddizioni di oggi, nelle speranze per il domani. E’ anche, naturalmente, l’incontro con me stesso, il rapporto con la storia vissuta nella città. Emergono le molte sfaccettature del vivere quotidiano, dalla gioia, alla tristezza, al dolore che nei versi della poesia sono resi con registri differenti, ricercando, di volta in volta, la connessione che pare più naturale fra parola e suono.
Questa ricerca sulla città presenta una pluralità di toni e di punti di osservazione come l’amore per Firenze (Attraverso le piazze, L’oro del fiume), le origini (Il Casone dei poveri), le violenze all’ambiente sociale e naturale (La Stazione, La piena dell’Arno), i momenti di gioia che ci fanno sorridere d’improvviso (L’orchestra volante, Strade in festa), le delusioni e le ferite che portiamo con noi anche quando siamo lontani, in altri luoghi, come il ricordo delle stragi e il sangue delle vittime innocenti (Oltre l’Appennino, Le colline di un altro mondo, Facce di bimbi).
Può capitare nella vita di tutti i giorni che lo sguardo si posi sulla bellezza e l’armonia delle colline ma succede che riemergono allo stesso tempo , spinte da forze inconsce, immagini che sanguinano ancora dentro di noi. Nel tempio della ricerca di senso attraverso il linguaggio della poesia, si affacciano queste immagini, parti inseparabili di quel guazzabuglio di sentimenti che formano le nostre persone.