Roberto Mosi ha presentato alla mostra
la composizione “Terzo paesaggio”, articolata in otto fotografie a colori con
al centro la poesia “Cigli erbosi”, che racchiude il senso dell’opera.
Nell’esergo della poesia, il riferimento al “Manifesto del Terzo paesaggio”
di Gilles Clément (edizione Quodlibet, Macerata 2014). Con l’espressione “Terzo
Paesaggio” Clément indica:
“i
luoghi abbandonati dall’uomo: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree
disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili:
le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al
centro di un’aiuola spartitraffico … Sono spazi diversi, accomunati solo
dall’assenza di ogni attività umana ma che presi insieme sono fondamentali per
la conservazione della diversità
biologica”.
A un lato del quadro presentato da
Mosi, il testo della poesia dialoga con le fotografie:
Cigli erbosi
Al
margine della città
i cigli
erbosi della strada
i bordi
dei campi dove nasce
un’erba
strana, senza nome
l’aiuola
dismessa, indecisa
sulla
sua natura,
indefinita
sul suo destino.
Zone
libere
zone che
sfuggono al nostro controllo,
meritano
rispetto per la loro verginità
per la
loro disposizione naturale all’indecisione.
La
diversità
trova
rifugio su il ciglio della strada
l’orlo
dei campi, un acquitrinio
o un
piccolo orto non più coltivato
un
piazzale invaso da erbacce
o il
margine di un’area industriale
laddove non
ci sia l’intervento dell’uomo.
Residui
dove nascono cose nuove,
idee
nuove, forze nuove. No.
Potrebbero
nascere
ma non è detto che
nascano.
Le fotografie mostrano i “cigli erbosi”
nati lungo i binari della ferrovia e fra le pietre di un antico muro, delle
macchie che invadono una vecchia fabbrica, un giardino abbandonato dall’uomo,
ecc.
In consonanza con il tema della prima
opera “Terzo Paesaggio”, Mosi ha presentato la composizione “Autunno in Fontesanta”
che segna ancora l’incontro fra poesia e fotografia, nel paesaggio autunnale
dei boschi che “invadono” l’affascinante località sulle colline presso
Firenze, e fanno da corona alla “via
delle Maremme”, sentiero storico della
transumanza dal Casentino alla costa della Maremma.
Autunno in Fontesanta
Transumare
di greggi
sulla
via delle Maremme,
di
genti etrusche, romane.
Nel
canto dell’autunno
colori,
suoni, memorie.
Macchie
di rosa canina
sul
sentiero di crinale,
ai
lati i luminosi castagni,
macchie
marroni, lucide
di
folgoranti toni rossi.
Passi
scricchiolano
sul
tappeto di foglie,
frusciano
ruote veloci
di
biciclette. Sorprende
il
galoppo dei cavalli.
Dal
bosco traspare
in
basso, la Cupola.
La
città distesa nei raggi
del
sole, signora elegante,
emerge
dalla tela dei rami.
Transumare
di ricordi
sul
sentiero, la costruzione
del
Rifugio in tempi aspri,
riparo
di giovani nei giorni
della
liberazione di Firenze.
Transumanare.
Il sapore
in
bocca della rosa canina,
la
musica perenne della Fonte,
essere
felici nel respiro
scricchiolante
della natura.
Roberto Mosi ha presentato alla mostra la composizione “Terzo paesaggio”, articolata in otto fotografie a colori con al centro la poesia “Cigli erbosi”, che racchiude il senso dell’opera. Nell’esergo della poesia, il riferimento al “Manifesto del Terzo paesaggio” di Gilles Clément (edizione Quodlibet, Macerata 2014). Con l’espressione “Terzo Paesaggio” Clément indica:
RispondiElimina“i luoghi abbandonati dall’uomo: i parchi e le riserve naturali, le grandi aree disabitate del pianeta, ma anche spazi più piccoli e diffusi, quasi invisibili: le aree industriali dismesse dove crescono rovi e sterpaglie; le erbacce al centro di un’aiuola spartitraffico … Sono spazi diversi, accomunati solo dall’assenza di ogni attività umana ma che presi insieme sono fondamentali per la conservazione della diversità biologica”.