lunedì 15 dicembre 2025

"Il cortocircuito urbano" nella Città che Cambia- Testimonianze al Circolo Vie Nuove - Il caso Novoli e i Demidoff

 


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La città che cambia fra memoria e futuro. Il caso Novoli

Roberto Mosi

 

La linea della tramvia per l’aeroporto di Firenze, da via Gordigiani, dopo aver sfiorato il liceo scientifico Leonardo da Vinci, s’impenna sul lungo ponte intitolato a Margherita Hack, alla confluenza del Mugnone e del Terzolle, e scende su via di Novoli per raggiungere la fermata San Donato-Università. Per coloro che sono nati nella zona come me e hanno una certa età, l’impatto con il paesaggio urbano di oggi è veramente sconvolgente. Da una parte, nella direzione dell’Arno, gli imponenti agglomerati degli edifici costruiti negli anni Settanta, lasciano un breve respiro all’antica chiesa di San Donato in Polverosa, al suo campanile medievale e ad un tratto della villa Demidoff, sottoposta di recente ad una drastica opera di restauro. Dalla parte opposta della via di Novoli, verso Monte Morello, i segni più forti dei recenti cambiamenti avvenuti nella città, con la realizzazione del centro commerciale di San Donato, aperto su un’ampia piazza da dove inizia il percorso verso il polo delle Scienze Sociali dell’Università di Firenze; con il restauro dell’imponente ex Centrale Termica dello stabilimento Fiat, trasformata in urban centre. Poco oltre si apre il parco di San Donato, realizzato in questi ultimi anni, un’area verde che, per dimensioni, è la terza nella città; all’estremità del parco, sul viale Guidoni, si alza l’enorme massa di cristalli e cemento del Palazzo di Giustizia.

Nella definizione di questo nuovo contesto urbano, accennato a grandi linee, si può individuare, per un verso, la ricerca della salvaguardia della memoria del luogo, per l’altro, lo sviluppo in questa zona di nuove funzioni importanti per il quartiere e per la città. Sono aspetti diversi fra loro ma crediamo che richiedano una precisa attenzione, passaggi importanti per dare consapevolezza e speranza ad un’intera comunità. Tre sono gli elementi legati alla memoria collettiva della zona: il lavoro, la religione, le acque.

Riguardo al primo elemento, l’edificio della centrale termica dell’ex stabilimento industriale Fiat, è certamente un simbolo di rilievo all’interno del nuovo scenario urbano. Si tratta di un edificio a torre, alto 30 metri con struttura portante in cemento armato dalla cui sommità si innalzava, una volta, una ciminiera che raggiungeva i 50 metri di altezza, ora sostituita da un insieme di tralicci che ne rievocano la forma. È un’occasione unica per i cittadini visitare questo luogo, scoprirne la storia e comprendere gli interventi che stanno trasformando il sito in un polo culturale. Le visite consentono di accedere al cuore della centrale, ovvero agli spazi dove sul finire degli anni Trenta del Novecento, furono costruite due imponenti caldaie, in grado di fornire l’approvvigionamento elettrico utile all’adiacente stabilimento Fiat. Il complesso, più volte modificato, è rimasto in funzione fino agli anni Novanta. Dal piano alto dell’edificio si ha uno sguardo d’insieme sul quartiere di Novoli, sulla sua struttura urbana, sull’articolazione delle residenze e delle fabbriche.

Ricordo bene, quando ero ragazzo, il concerto delle sirene al mattino e alla sera, le cui voci si alzavano, con tonalità diverse, dallo stabilimento Fiat, dalla Manifattura Tabacchi e, più lontano, dalle Officine Galileo e dalla Nuova Pignone. Questa zona, d’altra parte, è stata sempre dedicata al lavoro sia agricolo che industriale; già nel secolo XIII si insediò l’Ordine degli Umiliati che, grazie all’abbondanza delle acque e dei fossi, presenti fin dalla centuriazione romana, intraprese la lavorazione della lana, che poi trasferì in Borgo Ognissanti. Nell’Ottocento l’imprenditore russo Anatolio Demidoff nel parco della villa, pianta quaranta mila alberi di gelso e avvia, per alcuni anni, un ciclo completo di una fiorente industria della seta. La stessa villa è il centro della gestione degli affari del ricchissimo industriale, proprietario di fabbriche e miniere anche in Russia, in Siberia, nella regione degli Urali, in Crimea: da qui partono collegamenti internazionali, resi possibili dall’uso del telegrafo.



In merito al secondo elemento preso in considerazione, un particolare significato riveste la chiesa di San Donato in Polverosa, dagli anni Sessanta del secolo passato sede della parrocchia della zona, aperta a tutte le ore del giorno, un rifugio prezioso di raccoglimento, sfiorato oggi dal traffico convulso verso le autostrade. Sorta come oratorio nei pressi del Mugnone, ha origini romaniche, risalenti al 1187, l’interno restaurato è ad un’unica navata, conserva alcuni affreschi staccati del XIV-XV secolo: di Matteo di Pacino sono l'Annunciazione, il Martirio di san Sebastiano, San Giorgio e il drago e la Madonna della Cintola, mentre l'Adorazione dei Magi e la Nascita del Battista furono dipinti da Cenni di Francesco di Ser Cenni;  di Gaetano Bianchi è il dipinto neogotico Pazzino de' Pazzi, crociato fiorentino,  che rende omaggio a san Donato (1880). Da questa chiesa partirono nel febbraio 1188, 84 cavalieri fiorentini per la Terza Crociata dopo che le loro insegne erano state benedette dall’inviato del papa. Dalle terre d’oriente, conquistate allora dai crociati, arrivano oggi molti migranti, che vivono una pacifica integrazione con le persone del quartiere.

Il grande portone della chiesa si apre, dopo gli ultimi lavori alla villa, su una piazzetta, ben visibile dalla fermata della tramvia, arredata con pannelli multicolori che danno conto della storia antica, preziosa del luogo; a metà dell’Ottocento, lo spazio dell’edificio religioso fu utilizzato per la biblioteca Demidoff, composta da quaranta mila volumi tecnici e umanistici, nelle più diverse lingue; nella villa vi era un patrimonio di collezioni d’arte antica e moderna che unite a quelle dei palazzi della famiglia di Pietroburgo, Mosca, Parigi, formavano una raccolta fra le più ricche del mondo, che poi è andata dispersa in numerose, celebri aste.

Riguardo al terzo elemento della memoria collettiva, le acque, merita soffermarsi sul toponimo Polverosa che ricorda le esondazioni dai fossi, dai torrenti che per lunghi secoli hanno interessato d’inverno il quartiere di Novoli, invaso dal fango: d’estate la fanghiglia si seccava e la polvere invadeva strade e campi; un paesaggio ben diverso da quello dell’epoca romana, in cui, partendo dalla via di Novoli, che seguiva l’allineamento del decumano maggiore (est-ovest), si era dato vita, nella pianura fiorentina, alla centuriazione, ad un’agricoltura prospera, per un lungo periodo. La Polverosa, nei tempi a noi più vicini, comprendeva una zona che dalle mura della città arrivava a Peretola, tutto il territorio era accomunato dalla stessa realtà ambientale, i torrenti a corso libero devastavano le magre cultura agricole, l’Arno, ancora privo di argini, si diramava, circondando le Cascine e scorrendo sull’attuale tracciato di via Baracca, formava continuamente acquitrini ed isolotti. Un mondo ricco di acque, libere, regimentate via via, con grande fatica dall’opera dell’uomo. Ricordo, da parte mia, da ragazzo, via di Novoli, stretta fra alte siepi, spesso d’inverno allagata, impraticabile; allo stesso tempo, conservo ancora l’immagine del bindolo, il marchingegno vicino alla casa del contadino su via di Novoli, azionato da due asini bendati, per il sollevamento dell’acqua dal pozzo; dallo stesso pozzo saliva acqua freschissima, di grande conforto per il vicinato nelle estati caldissime.




Nella progettazione del parco di San Donato si è dato un giusto peso alla memoria delle acque, che abbiamo visto protagoniste della storia di questa zona. Il parco è stato realizzato da pochi anni (inaugurazione nel 2008) a seguito della valorizzazione di parte dell'area dell'ex stabilimento Fiat (la restante parte è servita per la costruzione dell'enorme complesso del Palazzo di Giustizia, la cui mole domina buona parte dell'orizzonte del parco). Se si escludono le Cascine, il parco di San Donato, pur trovandosi in un quartiere periferico, risulta tra le aree verdi pubbliche più grandi di Firenze. Sono stati inseriti degli elementi di abbellimento o funzionali: una cascata, un laghetto di forma ellittica attraversato da un lungo ponte, ruscelli, una collinetta artificiale con cipressi a cui si accede costeggiando una siepe che sale a tortiglione, arriva ad un belvedere aperto su uno spazio occupato da una sorta di tettoia con sottostanti panchine, un'area giochi per i piccoli, un'area cani, alcune fontanine. Nel parco, polmone verde di oltre dieci ettari, si è curata negli ultimi anni la piantagione di un nuovo bosco urbano, con oltre 250 alberi. È importante rilevare che questo tipo interventi fanno oggi riferimento al “Piano del verde e degli spazi aperti”, approvato dal Comune all’inizio del 2025: Firenze è fra le prime città in Italia a dotarsi di questo strumento, con il quale si perseguono le strategie necessarie per adattarsi ai cambiamenti climatici e mitigarne gli effetti, ispirandosi al principio 3-30-300: 3 alberi visibili da ogni finestra, il 30% di copertura verde e 300 metri al massimo tra casa e lo spazio verde più vicino. L'obiettivo dichiarato è quello di rendere Firenze sostenibile, resiliente e vivibile per le generazioni presenti e future anche di fronte al cambiamento del clima di cui già si stanno vedendo gli effetti. Il Piano analizza e fotografa la situazione attuale della città, dalle caratteristiche ambientali e climatiche, alla temperatura media fino alle piogge e alla loro evoluzione nel tempo, passando dalla disponibilità di aree per mettere a dimora alberi in giardini, strade, piazze o parcheggi. Il Piano, che è stato chiamato Iris in onore del fiore simbolo della città di Firenze, si occupa di tutti gli spazi aperti e non solo del verde urbano (pubblico o privato) promuovendo una trasformazione green delle aree pubbliche. 




Sono stati analizzati i cambiamenti del clima nel corso del tempo con alcuni indici usati comunemente in climatologia, dai quali emergono evidenti tendenze al riscaldamento del clima nell’area fiorentina. È stata registrata, ad esempio, una temperatura media annuale del ventennio 2001-2020 più alta di 1,4 gradi rispetto a quella registrata fra il 1878–1918. Anche il freddo è cambiato: i giorni di gelo sono scesi da 270 medi in 10 anni fino agli anni ’40 ai circa 100 medi del decennio 2011 – 2020. Sono aumentati i giorni di caldo (temperatura superiore ai 34 gradi) passati dai 50 medi in dieci anni registrati fino agli anni ‘20 agli oltre 200 medi in dieci anni degli anni 2000 fino a superare i 400 giorni caldi medi nel decennio 2011-2020. Sulla base dei dati storici raccolti nel Piano si nota anche l’aumento dei fenomeni temporaleschi ma con una minore disponibilità idrica (perché le piogge sono più forti e concentrate in pochi giorni). Sulla base dei dati raccolti che mettono in risalto l’evidente riscaldamento della città, l’aumento dei fenomeni temporaleschi estremi e la minore disponibilità idrica, sono state evidenziate le aree con le maggiori criticità e la loro densità abitativa, informazioni importanti per poter definire le priorità di intervento. 

Il territorio fiorentino, con le sue tipologie di spazi aperti, ha un patrimonio verde di 922,3 ettari di cui 189 sottoposti a vincolo storico e con ben 875 ettari di competenza dell’amministrazione comunale, con meno verde a disposizione degli abitanti nel Quartiere 1 e nel Quartiere 5, dove sorge, appunto, il parco di San Donato.

Il Piano evidenzia la necessità generale di recuperare ogni spazio disponibile per realizzare “infrastrutture verdi” e arricchire il tessuto urbano di elementi naturali, recuperando vivibilità. In primo luogo, prevede nuovi alberi con funzione di ombreggiamento specialmente lungo strade e parcheggi (oltre arbusti, cespugli e prati), nuovi spazi verdi anche di dimensioni ridotte, soluzioni basate sulla natura (depavimentazioni, rain garden e trincee drenanti, pareti e tetti verdi). Piccoli e grandi interventi per portare in 5 anni 50.000 nuovi alberi e arbusti, 20 nuovi spazi verdi vicino casa, 50 nuove aree gioco, 10 piazze verdi, 10.000 mq di superfici rese permeabili.

Sono queste tappe importanti nel processo di cambiamento della città, generale e nelle singole parti, dal centro alle periferie, che fanno sperare in un futuro accettabile per l’uomo. 








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