Itaca
– Incontro 2 luglio: Camminare il paesaggio dei poeti. Firenze e oltre. Escursioni e letture poetiche
Percorsi
1 - Anello del
Rinascimento
L'Anello del Rinascimento è un affascinante percorso trekking di ben 250 chilometri suddiviso in 8 tappe e 10 varianti di distanza differenziata (da un minimo di 5 a un massimo di 25 chilometri) che circondano il capoluogo toscano. L'itinerario alla scoperta dei dintorni di Firenze inizia e termina convenzionalmente presso il Castello di Calenzano; in realtà, trattandosi di un anello, è percorribile in modo libero. Il percorso originario di forma oggettivamente circolare, quasi da ogni punto del percorso si può vedere la Cupola del Brunelleschi; il percorso è stato integrato con nuove aggiunte che lo hanno reso più vario. Molti i punti di interesse coinvolti, fra centri storici, castelli, pievi e paesaggi diversi che vanno dall'argine del fiume alla montagna. Il percorso è di difficoltà media e attraversa strade di tipo sterrato e asfaltato.
Tappa 1 - Calenzano - Monte Morello - Vaglia
Tappa 2 - Vaglia – Alberaccio – Santa Brigida
Tappa 3 - Santa Brigida - Pontassieve
Tappa 4 - Pontassieve - Montecucco - San Donato in Collina
Tappa 5 - San Donato in Collina – Impruneta
Tappa 6 - Impruneta - La Certosa
Tappa 7 - La Certosa – Pian dei Cerri – Signa
Tappa 8 - Signa – Campi Bisenzio – Calenzano
- Luoghi del
percorso da segnalare “poeticamente”:
* Alla 2* tappa, al belvedere di Monte Senario: a.
Luzi, “Vanno ai monti i monti”
* Alla 5° tappa, a Fonte Santa, ricordo di un
femminicidio, la morte di Giulia, da “Orfeo in Fonte Santa” ( Mosi) cap. XIV,
pag. 43 (b.)
* Alla 6° tappa, verso l’Impruneta, si scorge bene la
Cupola: c. Mario Luzi: “Fiore nostro fiorisci ancora; Luzi, “Fiore della fede”
* Alla 8° tappa, fra Campi e Signa; d. Luzi, “Presso
il Bisenzio”, da Magma
2. Sentieri: “Gli
Anelli dei poeti”: 1. Il Centro di
Firenze 2. L’Oltrarno 3. Settignano
I. Percorso, l’ANELLO del Centro
Tempo del percorso: 3 ore, circa
•
PARTENZA - Via Santa Margherita, 1 – Dante
Alighieri / Nel mezzo del cammin
di nostra vita /
•
Via
G. Verdi, 11 – Giacomo Leopardi /
Parmi ogni più bel volto, ovunque io
miro /
•
SOSTA
Giardino di Borgo Allegri - LETTURE
•
Via
Ghibellina, 70 – Michelangelo Buonarroti / Che cosa è questo, Amore /
•
Viale Amendola (di fronte Archivio di St.) - Eugenio Montale / Tu non ricordi la casa dei
doganieri /
•
SOSTA Giardino Piazza d’Azeglio - Letture
•
Via
Cavour – Caffè storico Michelangelo / Un pensiero per i Macchiaioli /
•
Via Cavour, 1 – Lorenzo de’ Medici / Quant’è bella giovinezza /
•
Via
Martelli (Liceo G. Galilei) – Franco Fortini / Padre, il mondo ti ha
vinto giorno per giorno /
•
Via
del Giglio,11 - John Milton / Dell’uom la prima colpa e del vietato /
•
Piazza
della Repubblica / Caffè storico Le
Giubbe Rosse / Un pensiero veloce per i Futuristi / Palazzeschi /
La passeggiata/
•
Palazzo
Strozzi, Gabinetto Vieusseux - Eugenio Montale (vedi sopra)
•
Lungarno
Corsini, 2 – Vittorio Alfieri /
Notte! Funesta, atroce, orribil notte
/
•
Lung.
Corsini, 2 (Salotto della Contessa
d’Albany) – Ugo Foscolo / Forse perché della fatal quiete /
•
Lungarno
Corsini, 4 - Alessandro Manzoni / Ei
fu. Siccome immobile /
•
Parco
delle Cascine, Fontana del Narciso - P.
B. Shelley / Selvaggio vento
dell’Ovest, respiro /
•
ARRIVO
del primo percorso
- - - - -
II. Percorso, l’ANELLO d’Oltrarno (e oltre)
Tempo del percorso: 4 ore, circa
•
PARTENZA
– Piazza San Felice, 8 – Elizabeth Barrett
/ In quanti modi ti amo,
fammeli contare /
•
Piazza
San Felice, 8 – Robert Browing / La
pioggia di questa notte presto /
•
Via
Santo Spirito, 5 - Niccolò Machiavelli /
che sotto forma d’un Asin soffersi /
•
Piazza
Pitti, 15 – Carlo Levi / ozio, pesantissimo ozio/
•
Via
dei Serragli, Teatro degli Artigiannelli - Umberto Saba / Parlavo
vivo ad un popolo di morti /
•
Dall’ingresso del Giardino di Boboli, al Forte Belvedere, a
Porta San Niccolò
•
Scalinata
del Monte alle Croci, Giardino delle Rose, opere di Folon: Letture dedicate a
Firenze
•
Lungarno
in riva sinistra, si attraversa l’Arno al ponte S. Niccolò e si dirige verso:
•
Via
di San Salvi, Parco dell’ex Ospedale – Dino Campana / In un momento /
son sfiorite le rose /
•
Parco di S. Salvi – Edificio dipinto con la poesia
dagli ex-ricoverati – Pablo Neruda /E
quando in Palazzo Vecchio/ bello come un’agave di pietra,/salii i gradini
consunti …/
•
ARRIVO del secondo percorso
----
III. Percorso, l’Anello di Settignano (e oltre)
Tempo del percorso: 4 ore, circa
•
PARTENZA da Ponte a Mensola
•
Via di Corbignano, 10 Settignano – Casa Giovanni
Boccaccio / Avea la ninfa forse
quindici anni /
•
Via
di Vincigliata , 26 Villa I Tatti – Mary McCarty /
•
Torrente Mensola e Lettura del Ninfale
fiesolano
•
Villa La Capponcina (Settignano) – Gabriele
D’Annunzio / Taci. Sulle soglie
del bosco /
•
Si
prosegue per Via della Capponcina, Settignano, Villa Gamberaia: Letture
•
discesa
verso Rovezzano, sentiero in riva destra dell’Arno in direzione della città
•
Via della Bellariva, 20 – Mario Luzi / Sulla
sponda che frena il tuo pallore /
•
Si
prosegue per i Lungarni per arrivare a:
•
Piazza
dei Cavalleggeri – Piero
Bigongiari / Le unghie crescono
per additare qualcosa /
•
Da
Piazzale degli Uffizi verso Via Santa Margherita, 1 – Casa di Dante
•
Dante Alighieri / l’amor che move il sole e l’altre stelle ./
•
ARRIVO
dell’Anello dei poeti
- Luoghi del percorso da segnalare
“poeticamente”:
* Anello I: Palazzeschi, La passeggiata (e.)
* Anello I: “Selvaggio vento dell’ovest” (f.)
* Anello II: Saba: “Parlavo vivo ad un mondo di
morti” (g.)
3. Dante - sette passeggiate con il
poeta
Le passeggiate sono illustrate nel libro: R. Mosi “Ogni sera Dante ritorna a casa”, progettate in tempo di pandemia seguendo le 40 lapidi con i versi della Divina Commedia che il comune fece mettere nei primi anni del Novecento . Si parte dalla attuale Casa di Dante (I’ fui nato …,p. 18), al Palazzo Vecchio e Farinata (p. 25), a Corso Donati (via del Corso – chiesa di San Salvi, p. 47), via del Proconsolo, la Badia e Cacciaguida ( p. 61), via s: Margherita, il vicolo dello scandalo e Paolo e Francesca (p. 79), sotto la Cupola del Brunelleschi, presso la Misericordia a p. 92 (Vergine madre …), per finire al Battistero a p. 94, Se mai continga …
4. Campana. Canti Orfici. Da
Marradi a La Verna
Dal passo del Giogo, l’incontro con Aleramo al Barco, la discesa a
Moscheta, all’ingresso della Valle dell’Inferno la Casa Memoria- Museo-Mulino
del poeta Ivano Morini (cultore del ricordo di Campana), Casetta di Tiaria,
Marradi, La Verna
(alcune poesie nell’Allegato h.)
5. L’Arcadia: i Pastori Antellesi
La via è illustrata nel libro Orfeo in Fonte Santa, p. 14. La zona della
Fonte, sulla via etrusca da Fiesole a Volterra, sulla via della Transumanza
denominata Maremmana e oggi sull’Anello del Rinascimento, è stata frequentata
nel Seicento da un gruppo di giovani poeti dell’Arcadia Fiorentina: I
Pastori Antellesi che avevano denominato Fonte Santa la “Fonte dei Baci”.
Il “pastore” più noto Michelangelo Buonarroti il Giovane (pp. 17-18, la poesia
di Michelangelo e i versi di commento).
6. Sentiero Mario Luzi
Sono riportate sopra le 5 escursioni comprese nel Sentiero Mario Luzi. Le escursioni
sono illustrate, con i testi di poesia, nel post riportato all’indirizzo: https://poesia3002.blogspot.com/2025/02/sentiero-mario-luzi-2005-2025-mario.html
Delle escursioni si è già parlato illustrando alcune parti dell’Anello del
Rinascimento. Ora ci soffermiamo sulla prima escursione dedicata alle origini
del poeta e a Castello (Allegato i.).
7. Il sentiero di Rainer Maria Rilke in Toscana
Il sentiero è illustrato a p. 147 del libro “Il diario fiorentino di Rilke
per Lou Salomè”. Le poesie fiorentine sono al cap. IX; le poesie delle
“fanciulle di Viareggio, al cap. XIII.
ALLEGATO
a. Luzi, Vanno i monti ai monti
Da “Sotto specie umana” (1999)
Vanno ai monti i monti
da soli o con le nubi
sulla cresta o ai fianchi,
si uniscono, si salgono sulla groppa,
si celano l’un l’altro,
si confondono
terra in cielo,
cielo in rupi d’aria e nuvole,
cammini non sappiamo se per uomini o per numi
ne varcano le mutevole frontiera
a scendere e discendere
è il loro moto
tra roccia e terra di pianoro
aperto, senza riparo
dalle origini alle origini.
Ne recano il segno le tue musiche
chiunque tu sia che mi tormenti
con le tue lamentazioni
dal perduto grembo
di anima e materia,
di umano, divino, subumano,
uniti in un’orchestra,
tu, io, la secolare festa.
b. Mosi R., Orfeo
in Fonte Santa, cap. XIV
Incredibile la morte
fra i castagni, in file parallele,
colonne della Cattedrale,
rami alti formano archi.
Il sole al tramonto incornicia
vetrate iridescenti, il mormorio
delle acque, il sillabare
della preghiera per Giulia,
agnello vittima della furia.
Sangue, sangue sul verde
delle foglie, sul pavimento
della Cattedrale, le vetrate
aperte sulla città muta.
Firenze saprà, verrà qui
da San Donato a vedere,
a pregare smarrita
per la ferocia del suo figlio.
Giulia sorride nella foto,
è tornata alla Terra,
più vicina a comprendere, forse
a perdonare. Il canto si perde
nelle volte della Chiesa.
Con gli ultimi raggi del sole,
prima che chiudano le porte
della Cattedrale, giunge l’eco
del canto degli angeli
alto fino alle volte del cielo.
c.
Luzi. La Cupola del Brunelleschi
Da
“Fiore nostro fiorisci ancora” ( 1996)
Primo
operaio
L’Estate
è piena, il meriggio leva il cervello. Non bastano neppure questi ponti e
queste travature e rimuovere l’afa e l’oppressione. Sarà meglio dopo, quando la
cupola sarà tutta voltata fino all’ovo e chiusa sopra di noi. Allora ci sarà
anche fresco in ogni parte della basilica, si spera.
Intanto
di questa stagione siamo richiesti di accrescere il lavoro, di allungare la
giornata. Quando gli altri per tutta Firenze sonnecchiano nella lunga siesta
dei giorni di canicola, noi siamo più che mai all’opera. Le fiasche vanno e
vengono tra le mani dei garzoni e dei maestri e presto sono asciutte. Le ore
sono lunghe. Ser Filippo non conosce pausa, sparisce e ricompare di continuo.
Gli frullano per il capo mille idee ma una, fissa, le sovrasta tutte: questa
cupola. Se va avanti, se regge per geometria, se il calcolo era giusto. Sì, lui
a suo dire n’è sempre stato certo, era spavaldo con gli altri uomini dell’arte;
ma, guardarlo, è tranquillo fino a un certo punto. Domanda i capimastri, i
tagliapietre, i legnaioli, se stimano possibile per la loro parte dargli
conferma che l’impresa è giusta e ragionevole.
E,
lo sai bene anche tu,, chi è preso dalla sua mania e chi scuote la testa ma
continua con parecchia incredulità il suo lavoro nel cantiere.
Secondo
operaio
Tu
con chi stai, io con chi mi metto? Non so proprio rispondere neppure per me
stesso.
Primo
operaio
No,
non è facile... però io sono parte di questa fabbrica che cresce; e questo mi
basta. Non soltanto mi basta ma anche mi convince. La città edifica lei stessa
la sua chiesa, si alza verso il cielo e usa la nostra fatica e la nostra arte
per farlo. Mi ha preso e trascinato nel febbrile formicaio della sua officina. …
“Fiore
della fede”
E’
la mia voce ora che ascoltate,
sono
Santa Maria del Fiore.
Mi
volle la città fervente
alta
sopra di sé,
sopra
qualsiasi altra
delle
sue grandi basiliche
e
le sue umili parrocchie
e
Santa Reparata che custodisco in me.
Grande
mi concepirono i mercanti
e
il popolo minuto.
Ebbero
di me una visione grande
Arnolfo,
Giotto, ser Filippo,
assistettero
alla mia nascita, essi,
propiziarono
la mia crescita,
un
popolo di artefici si adoperò per me nei secoli,
l’Opificio
è ancora aperto;
non
sarò mai compiuta.
Si
tenevano fra le mie mura nascenti
i
dialoghi che avete ora ascoltato,
non
erano neanch’essi profani,
mi
alzavo sopra la città per opera della pietà comune
e
di spicciola pazienza.
d. Luzi. Presso il Bisenzio, da Magma
La nebbia ghiacciata affumica la
gora della concia
e il viottolo che segue la proda.
Ne escono quattro
non so se visti o non mai visti
prima,
pigri nell'andatura, pigri anche
nel fermarsi fronte a fronte.
Uno, il più lavorato da smanie e il
più indolente,
mi si fa incontro, mi dice: «Tu?
Non sei dei nostri.
Non ti sei bruciato come noi al
fuoco della lotta
quando divampava e ardevano nel
rogo bene e male».
Lo fisso senza dar risposta nei
suoi occhi vizzi, deboli,
e colgo mentre guizza lungo il
labbro di sotto
[un'inquietudine.
«Ci fu solo un tempo per redimersi»
qui il tremito
si torce in tic convulso «o
perdersi, e fu quello.»
Gli altri costretti a una sosta
impreveduta
dànno segni di fastidio, ma non
fiatano,
muovono i piedi in cadenza contro
il freddo
e masticano gomma guardando me o
nessuno.
«Dunque sei muto?» imprecano le
labbra tormentate
mentre lui si fa sotto e retrocede
frenetico, più volte, finché‚ è là
fermo, addossato a un palo, che mi
guarda
tra ironico e furente. E aspetta.
Il luogo,
quel poco ch'è visibile, è deserto;
la nebbia stringe dappresso le
persone
e non lascia apparire che la terra
fradicia dell'argine
e il cigaro, la pianta grassa dei
fossati che stilla muco.
E io: «E' difficile spiegarti. Ma
sappi che il cammino
per me era più lungo che per voi
e passava da altre parti». «Quali
parti?»
Come io non vado avanti,
mi fissa a lungo ed aspetta. «Quali
parti?»
I compagni, uno si dondola, uno
molleggia il corpo sui
[garetti
e tutti masticano gomma e mi
guardano, me oppure il [vuoto.
«E' difficile, difficile
spiegarti.»
C'è silenzio a lungo,
mentre tutto è fermo,
mentre l'acqua della gora fruscia.
Poi mi lasciano lì e io li seguo a
distanza.
Ma uno d'essi, il più giovane, mi
pare, e il più malcerto,
si fa da un lato, s'attarda sul
ciglio erboso ad aspettarmi
mentre seguo lento loro inghiottiti
dalla nebbia. A un [passo
ormai, ma senza ch'io mi fermi, ci
guardiamo,
poi abbassando gli occhi lui ha un
sorriso da infermo.
«O Mario» dice e mi si mette al
fianco
per quella strada che non è una
strada
ma una traccia tortuosa che si
perde nel fango
«guardati, guardati d'attorno.
Mentre pensi
e accordi le sfere d'orologio della
mente
sul moto dei pianeti per un
presente eterno
che non è il nostro, che non è qui
né ora,
volgiti e guarda il mondo come è
divenuto,
poni mente a che cosa questo tempo
ti richiede,
non la profondità, né l'ardimento,
ma la ripetizione di parole,
la mimesi senza perché né come
dei gesti in cui si sfrena la
nostra moltitudine
morsa dalla tarantola della vita, e
basta.
Tu dici di puntare alto, di là
dalle apparenze,
e non senti che è troppo. Troppo,
intendo,
per noi che siamo dopo tutto i tuoi
compagni,
giovani ma logorati dalla lotta.
Ascolto insieme i passi nella
nebbia dei compagni che si
[eclissano
e questa voce venire a strappi
rotta da un ansito.
Rispondo: «Lavoro anche per voi,
per amor vostro».
Lui tace per un po' quasi a ricever
questa pietra in cambio
del sacco doloroso vuotato ai miei
piedi e spanto.
E come io non dico altro, lui di
nuovo: «O Mario,
com'è triste essere ostili, dirti
che rifiutiamo la salvezza,
né mangiamo del cibo che ci porgi,
dirti che ci offende».
Lascio placarsi a poco a poco il
suo respiro mozzato [dall'affanno
mentre i passi dei compagni si
spengono
e solo l'acqua della gora fruscia
di quando in quando.
«E' triste, ma è il nostro destino:
convivere in uno stesso
[tempo e luogo
e farci guerra per amore. Intendo
la tua angoscia,
ma sono io che pago tutto il
debito. E ho accettato questa [sorte.»
E lui, ora smarrito ed indignato:
«Tu" tu solamente"».
Ma poi desiste dallo sfogo, mi
stringe la mano con le sue
[convulse
e agita il capo: «O Mario, ma è
terribile, è terribile tu non [sia dei nostri».
E piange, e anche io piangerei
se non fosse che devo mostrarmi
uomo a lui che pochi ne [ha veduti.
Poi corre via succhiato dalla
nebbia del viottolo.
Rimango a misurare il poco detto,
il molto udito, mentre l'acqua
della gora fruscia,
mentre ronzano fili alti nella
nebbia sopra pali e antenne. (…)
e. Aldo Palazzeschi,
La Passeggiata
- Andiamo?
- Andiamo pure.
All'arte del ricamo,
fabbrica passamanerie,
ordinazioni, forniture.
Sorelle Purtarè. Alla città di Parigi.
Modes, nouveauté.
Benedetto Paradiso
successore di Michele Salvato,
gabinetto fondato nell'anno 1843.
avviso importante alle signore !
La beltà del viso,
seno d'avorio,
pelle di velluto.
Grandi tumulti a Montecitorio.
Il presidente pronunciò fiere parole.
tumulto a sinistra, tumulto a destra.
Il gran Sultano di Turchia ti aspetta.
La pasticca di Re Sole.
Si getta dalla finestra per amore.
Insuperabile sapone alla violetta.
Orologeria di precisione.
Lotteria del milione.
Antica trattoria "La pace",
con giardino,
fiaschetteria,
mescita di vino.
Loffredo e Rondinella
primaria casa di stoffe,
panni, lane e flanella.
Oggetti d'arte,
quadri, antichità,
Corso Napoleone Bonaparte.
Cartoleria del progresso.
Si cercano abili lavoranti sarte.
Anemia !
Fallimento!
Grande liquidazione!
Ribassi del 90 %
Libero ingresso.
Hotel Risorgimento
e d'Ungheria.
Lastrucci e Garfagnoni,
impianti moderni di riscaldamento:
caloriferi, termosifoni.
Via Fratelli Bandiera
già via del Crocefisso.
Saldo
fine stagione,
prezzo fisso.
Occasione, occasione!
Diodato Postiglione
scatole per tutti gli usi di cartone.
Inaudita crudeltà!
Cioccolato Talmone.
Il più ricercato biscotto.
Duretto e Tenerini
via della Carità.
2. 17. 40. 25. 88.
Cinematografo Splendor,
il ventre di Berlino,
viaggio nel Giappone,
l?onomastico di Stefanino.
Attrazione ! Attrazione!
Cerotto Manganello,
infallibile contro i reumatismi,
l?ultima scoperta della scienza !
L?Addolorata al Fiumicello,
associazione di beneficenza.
Luigi Cacace
deposito di lampadine.
Legna, carbone, brace,
segatura,
grandi e piccole fascine,
fascinotte,
forme, pine.
Professor Nicola Frescura:
state all?erta giovinotti !
Camicie su misura.
Fratelli Buffi,
lubrificanti per macchine e stantuffi.
Il mondo in miniatura.
Lavanderia,
Fumista,
Tipografia,
Parrucchiere,
Fioraio,
Libreria,
Modista.
Elettricità e cancelleria.
L?amor patrio
antico caffè.
Affittasi quartiere,
rivolgersi al portiere
dalle 2 alle 3.
Adamo Sensi
studio d?avvocato,
dottoressa in medicina
primo piano,
Antico forno,
Rosticcere e friggitore.
Utensili per cucina,
Ferrarecce.
Mesticatore.
Teatro Comunale
Manon di Massenet,
gran serata in onore
di Michelina Proches.
Politeama Manzoni,
il teatro dei cani,
ultima matinée.
Si fanno riparazioni
in caloches.
Cordonnier.
Deposito di legnami.
Teatro Goldoni
i figli di nessuno,
serata popolare.
Tutti dai fratelli Bocconi !
Non ve la lasciate scappare !
Bar la stella polare.
Assunta Chiodaroli
levatrice,
Parisina Sudori
rammendatrice.
L’ arte di non far figlioli.
Gabriele Pagnotta
strumenti musicali.
Narciso Gonfalone
tessuti di seta e di cotone.
Ulderigo Bizzarro
fabbricante di confetti per nozze.
Giacinto Pupi,tinozze e semicupi.
Pasquale Bottega fu Pietro,
calzature...
- Torniamo indietro?
- Torniamo pure.
f. Shelley. Ode al vento dell’Ovest, la prima stanza
O selvaggio Vento dell’Ovest, tu alito dell’essere
d’Autunno,
Tu, dalla cui presenza invisibile le foglie morte
Sono scacciate, come fantasmi in fuga da un incantatore,
Giallo, e nero, e pallido, e rosso etico,
Moltitudini colpite dalla peste: O tu,
Che guidi il carro verso il loro oscuro letto invernale
I semi alati, dove giacciono freddi e bassi,
Ognuno come un cadavere nella sua tomba, finché
La tua azzurra sorella della Primavera soffierà
La sua tromba sulla terra sognante, e riempirà
(Spingendo dolci gemme come greggi a pascolare nell’aria)
Con tinte e odori viventi pianura e collina:
Spirito selvaggio, che ti muovi ovunque;
Distruttore e conservatore; ascolta, oh ascolta! (…)
g. Saba, Teatro
degli Artigianelli
Falce martello e la stella d’Italia
ornano nuovi la sala. Ma quanto
dolore per quel segno su quel muro!
Entra, sorretto dalle grucce, il
Prologo.
5 Saluta al pugno; dice sue parole
perché le donne ridano e i fanciulli
che affollano la povera platea.
Dice, timido ancora, dell’idea
che gli animi affratella; chiude: «E
adesso
10 faccio come i tedeschi: mi ritiro».
Tra un atto e l’altro, alla Cantina,
in giro
rosseggia parco ai bicchieri l’amico
dell’uomo, cui rimargina ferite,
gli chiude solchi dolorosi; alcuno
15 venuto qui da spaventosi esigli,
si scalda a lui come chi ha freddo
al sole.
Questo è il Teatro degli
Artigianelli,
quale lo vide il poeta nel mille
novecentoquarantaquattro, un giorno
20 di Settembre, che a tratti
rombava ancora il cannone, e Firenze
taceva, assorta nelle sue rovine.
- Dante: dal Libro Mosi, “Ogni sera
Dante ritorna a casa”
Vedi pp. 18, 47, 61, 79, 92, 94
h.
Campana. Canti
Orfici. Da Marradi a La Verna (primi riferim.)
Al passo del Giogo per scendere poco dopo al Barco
dove la mattina di giovedì 3 agosto 1916 Sibilla Aleramo scese dal postale per
incontrare il poeta di Marradi.
Fra
Dino e Sibilla vi era stato uno scambio di lettere, fra queste troviamo la
poesia della scrittrice:
Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…
con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.
Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.
Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo.
Dopo tre giorni passati al Barco, il successivo
incontro fu venti giorni dopo a Casetta di Tiara, un paese sperduto nei boschi
oltre Moscheta e la vicina Valle dell’Inferno (un’aspra gola incastrata fra i
monti, attraversata dal torrente Veccione), un soggiorno che vede la coppia
alla scoperta dei luoghi immersi fra i castagni.
La Badia di Moscheta è del secolo XI. Sopra il portone d’ingresso risalta l’insegna
in pietra della Badia, con l’immagine di San Pietro, patrono del Monastero, la
quercia e l’istrice come simbolo della solitudine e del silenzio che circonda
l’edificio. Fatti pochi passi si arriva al punto di accesso alla Valle
dell’Inferno, in località il Mulino, dove è presente un piccolo edificio,
abitato alcuni anni orsono dal poeta – ed amico - Ivo Morini che ha dedicato
molto del suo impegno al ricordo di Dino Campana. Una sua poesia descrive bene
il paesaggio selvaggio (si veda: Ivo Morini, Il monte della quercia dolce,
Pacini Editore 2006):
La Valle è di pietra
La roccia incombe
la serpe striscia
e grotte scavate dall’acqua
e vette spazzate al vento.
La Valle è di pietra.
Alta di massi
la rupe sgretola
se viene l’estate
esplode colori
La Valle fiorisce. …
Un
sentiero a mezza costa fra il torrente Veccione (dove è tornata, felicemente, a
scorrere l’acqua dopo gli imponenti lavori nel sottosuolo per la costruzione
della galleria ferroviaria, che avevano portato al prosciugamento del torrente)
e la cima dei monti, fra secolari piante di castagni, in un serpeggiare della
valle, porta a Casetta di Tiara, all’incontro con le memorie dei due famosi
personaggi.
In
questo tratto la passeggiata è di grande suggestione, come si può vedere dalle
foto, in un ambiente isolato dal mondo, invaso dal silenzio, mitigato dal
lontano scorrere delle acque del torrente e dal fruscio del vento fra le foglie
dei castagni, luminose, accese di rosso fuoco, in questa stagione autunnale.
In
questi luoghi, ci piace ricordare, abbiamo ambientato la prima parte del nostro
poemetto L’invasione degli storni, Edizioni Gazebo, 2012, che riporta, appunto,
il titolo Valle dell’Inferno. Prendiamo due, fra le prime strofe del
poemetto:
L’occhio del campanile
di Casetta di Tiara si affaccia
sopra i miasmi della valle.
La macchina cattura immagini
a misura dell’occhio digitale.
Il treno attraversa la galleria
nel pulsare delle vene d’acqua,
tremano le radici del bosco.
Il cervo scappa spaventato
sul fianco la ferita di uno sparo.
L’acqua canta tra il muschio
dei massi, si scompone in rapide
correnti, si ricompone in pozze
sommerse da morti rami.
Nella radura Gabriella, coronata
di luce, mostra la strada
che dalla valle sale a spirale
per i fianchi della montagna.
Sopra la cima dei castagni
la vertigine
delle rocce,
colonne aeree di una cattedrale
aperta sul candeggiare del cielo.
“Mi perdo in questi boschi
- le parole di Dino - ritrovo
il centro di me stesso tra i fumi
della Follia. Casetta di Tiara
oltre i fianchi della valle,
approdo per l’incendio d’amore.”
Le rocce parlano dell’essere
le acque giocano con l’apparire.
Le piene dell’inverno trascinano
pupazzi bianchi caduti dal cielo.
Sulle camicie ricamate, Libertà
Uguaglianza Fraternità
si disfano, approdano sui massi.
Immagini di pietra alle pareti,
ideologie sedimentate:
ora il volo libero del gabbiano
ora colonne fino alle guglie
della cattedrale attraversate
da oriente a occidente
da armenti ricamati di nuvole,
guidati dal fantasma della Ragione.
“Ci siamo avventurati sul sentiero
di Dino e Sibilla, insieme a Gilda, fino al momento in cui, dopo una curva, è
apparso in lontananza il paese di Casetta di Tiara, raggomitolato intorno
all’aguzzo campanile, una piccola isola nel mare verde dei boschi di castagno.
Siamo tornati indietro per il sentiero, fino alla Badia di Moscheta. Nel
ritorno sono usciti dai nostri zaini vari libri, dai Canti Orfici ad Un viaggio
chiamato amore e sul sentiero, fra le alte pareti della Valle dell’Inferno
abbiamo declamato, a piena voce, con l’eco che si alzava dalle acque del
ruscello allo scampolo di cielo azzurro, in alto, versi memorabili, che evocano
il ricordo di Dino Campana e di Sibilla Aleramo.”
Dino Campana: In un momento.
In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le
rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P. S. E così
dimenticammo le rose.
Dai Leggii posti a Marradi, lungo il fiume:
Dino Campana: L’invetriata (Canti Orfici)
La sera fumosa d’estate
Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra
E mi lascia nel cuore un suggello ardente.
Ma chi ha (sul terrazzo sul fiume si accende una
lampada) chi ha
A la Madonnina del Ponte chi è chi è che ha acceso la
lampada?
Nella stanza un odor di putredine: c’è
Nella stanza una piaga rossa languente.
Le stelle sono bottoni di madreperla e la sera si
veste di velluto:
E tremola la sera fatua: è fatua la sera e tremola ma
c’è,
Nel cuore della sera c’è
Sempre una piaga rossa languente.
- Arcadia: Pastori Antellesi
Da Mosi, “Orfeo in Fonte Santa”, I capitolo
I.
Epigrafe per la Fonte
dei Baci
Fermati all’ombre mie, sul prato giaci
Stanco Pastor, cui sete affanno accresca,
Conforta il core nell’acque mie vivaci,
Qui dov’Amore, e gioia ogni alma innesca
Ninfa in me vive, ch’amorosi baci
Rende, à chi nel mio le labbra infresca
Fonte di Baci son’, tu per quest’onde
Baciato, bacia lei, ch’in me s’asconde”.
Michelangelo Buonarroti Il Giovane (1568-1646)
Tempi di favola quelli dei
Pastori
Antellesi, parole
di giovani intorno alle acque,
allegre brigate per sentieri
e boschi dei colli vicini, convivi
succulenti, vini prelibati.
Ricerca di spazi, profumo
di libertà, lontano dalle
mura di Firenze, ritorno
alla semplicità della vita.
Sui monti del Parnaso sopra Delfi
fu scelta la fonte Castalia,
dea ispiratrice, trasformata da
Apollo in purissima fonte.
Sgorgava acqua santa:
i pellegrini si immergevano
prima dell’incontro con il dio.
I Pastori
Antellesi si bagnavano
nelle acque, alla “Fonte dei Baci”:
purificarsi al canto dell’amore.
i.
Luzi. Sentiero Luzi
Prima
Parte del Sentiero, le origini, Castello
Da
Il silenzio, la voce (1984)
“Il posto dove sono nato, presso Firenze, ha
in sé un contrasto molto
pronunziato.
In alto, sulle colline, la forma armoniosa e conclusa che gli
architetti
delle ville e dei giardini hanno dato alla natura del
Rinascimento
e nel Sei Settecento, in basso la polverosa animazione di
una
borgata industriale. Inoltre un contrasto anche più lacerante
assimilato,
anch’esso nella prima infanzia: quelle sobrie ma
monumentali
dimore del potere e del privilegio ho imparato a conoscerle
quando
trasformate in ospedali militari ingoiavano dentro i loro cancelli
colonne
di autoambulanze con a bordo i feriti che i treni provenienti dai
fronti
della prima guerra mondiale scaricavano sulle banchine dei binari
morti
nella piccola stazione di Castello di cui mio padre era il capo:
qualcuno
di quegli uomini deposti sulle barelle con le bende
insanguinate
mi resta anche oggi stampato in mente. Lo stesso luogo mi
fece
conoscere i disordini sociali del dopoguerra e le violenze fasciste.
Più tardi spostandomi per alcuni anni in uno
scenario più antico e
quasi
araldico, a Siena e dintorni, tutto questo, unito alla consapevolezza
muta
e profonda delle figure di quell’arte mi scese addentro come dramma e come
enigma. Credo che l’alternanza e la mescolanza di questi due sentimenti abbiano
avuto un seguito ininterrotto e siano rimasti costanti nei riguardi delle
vicende della nostra epoca: il fascismo, la guerra, l’irrequietezza piena di
incubi del dopoguerra e dell’oggi.”
Dal fondo delle campagne (1965)
Mia madre
Mia madre, mia eterna margherita
che piangi e mi sorridi
viva ora più di prima,
lo so, lo so quel che dovrei, pazienza
di forte non è questa ostinazione
d’uomo che teme la sua resa. Forza
è pace. Il sopore che s’insinua
nell’ora giusta fra due giuste veglie
è forza anch’esso, non viltà. Ma ormai
che i tuoi occhi mi s’aprono
solamente nell’anima, due punti
tenaci al fondo del braciere
con cui guardare tutto il resto, o santa,
non è il taglio a fil di lama
che partisce ombra e sole in queste vie
puntate contro il fuoco
del mare all’orizzonte, è un altro il segno
a cui dovrò tener fronte, segno
che ferisce, passa da parte a parte.
“Dal fondo delle campagne” (1965)
Il duro filamento
“Passa sotto la nostra casa qualche volta,
volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti.
Ma non ti soffermare troppo a lungo”.
La voce di colei che come serva fedele
chiamata si dispose alla partenza,
pianse ma preparò l’ultima cena
poi ascoltò la sentenza nuda e cruda
così come fu detta, quella voce
con un tremito appena più profondo,
appena più toccante ora che viene
di là dalla frontiera d’ombra e lacera
come può la cortina d’anni e fora
la coltre di fatica ed abiezione,
cerca il filo del vento, vi s’affida
finché il vento la lascia a sé,
s’aggira
ospite dove fu di casa, timida
e spersa in queste prime albe dell’anno.
….
“Passa sotto la nostra casa qualche
volta,
volgi un pensiero al tempo ch’eravamo ancora tutti.
Ma non ti soffermare troppo a lungo”
l. Sentiero Rilke
Dal libro “Il diario fiorentino di Rainer
Maria Rilke per Lou Salomé”:
-
poesie del soggiorno a Firenze, capitolo IX
-
poesie del soggiorno a Viareggio, “Le fanciulle”, cap. XIII
Itaca – Incontro 2 luglio: Camminare il paesaggio dei poeti. Firenze e oltre. Escursioni e letture poetiche
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