ITINERA
Roberto Mosi
Prefazione
I viaggi di ogni tempo iniziano
dalla corte della mia infanzia
Il titolo “Itinera” rivela l’intima
struttura di una parabola lirica che abbraccia la dimensione del “sogno”,
’antidoto invocato dall’incontaminata età dell’infanzia per mantenere viva
quella speranza che permette al poeta di credere nel cambiamento e disinquinare
una società complessa e caotica dai profili consumistici fagocitanti, dalle
profonde solitudini individuali, dallo spettro di guerre incombenti
all’orizzonte.
Messa da parte la pratica del linguaggio
referenziale, dopo una lunga attività di Funzionario nell’Amministrazione
Pubblica, Roberto Mosi riscopre “l’esercizio” della scrittura quale esperienza
“iniziatica” per dare libero sfogo alla facoltà creativa, affidandosi alle
parole per rivestire le emozioni sul piano fonico e semantico nel gioco
allusivo di segrete analogie.
Nell’avvicendarsi di
passato-presente-futuro si dipana la preziosa dinamica dei componimenti poetici
in una poliedrica varietà di “occasioni esistenziali”, da cui emerge il profilo
di una personalità che intende superare i limiti del reale verso una
completezza della propria identità, nella dimensione incoercibile del
“Viaggio”:
Ho fatto
parte di un popolo
migrante sui treni
sopravvissuto alla guerra
alla scoperta di città rinate
“Peregrinare”, come dimensione
dell’esistenza “in fieri”, non per mania di evasione, né per dimenticare, ma
per conoscersi nel confronto con l’ambiente circostante vicino o lontano,
passato o presente, purchè viva nel ricordo, assaporandolo come parte di noi.
Incondizionata è l’affezione per la propria
terra, la Toscana, nei suoi felici segmenti di vita campestre; con predilezione
per Firenze, le piazze cittadine, le antiche vestigia di un passato glorioso,
“Città cupola”, vertice armonico e prospettico nella verdeggiante valle
coronata da dolci colline. Irrinunciabili i soggiorni estivi nella tersa
solarità del litorale Versiliese, cullati dal mare al cospetto delle solenni
Alpi Apuane.
Cadenzato è il delinearsi di un filone
lirico trasversale, di ascendenza “Calviniana”, in cui si configura l’estro
icastico di conferire “denominazioni metaforiche” alla fisionomia di città nel
loro tessuto territoriale, ambientale, commerciale: insediamenti dell’abitare,
luoghi di incontro, di scambio morale e culturale, cari per soggiorni abituali
o visionati attraverso soste turistiche: “La città piazza”, “La città nave”,
“La città porto”, “La città luna”, “La città dispensa”.
Preziosa per connotazioni visive è la
sezione dedicata ad affascinanti viaggi nel Vicino-Oriente, in cui si alternano
trasalimenti estatici a momenti di richiamo alla cruda realtà: dalla Tunisia
meridionale, nella regione sahariana al confine con l’Algeria, fino al porto
d’Aquaba sul Mar Rosso, crocevia di popoli confinanti e nemici:
L’acqua è torbida nel mare
di Aqaba, attraversata
da grigie navi da guerra
A contatto con queste civiltà esotiche,
diverse per etnia, di fronte ad economie di sussistenza, esplorando entroterra
montuosi con villaggi alveari dal fascino arcano, il poeta alimenta la sua
esperienza umana e riscopre un salutare respiro d’infinito dinnanzi alla
vastità della zona desertica con le sue spettacolari volte stellate:
Nella notte di stelle disteso
sulla stuoia, mi sento felice
vicino al cuore della terra
Una parentesi di italianità mediterranea il
soggiorno in Basilicata, l’antica Lucania, visitando paesi situati sulle
pendici del Monte Sirino nella valle del fiume Noce, foriero di nuovi incontri
nella cornice di un’anedottica del peregrinare, avvicinando usi, costumi e
problemi di integrazione sociale.
A chiusura della Raccolta, si
spalancano i vertiginosi scenari di Capo Nord, in Lapponia, ai confini del
mondo dove il sole tramonta a mezzanotte, in cui il poeta avverte la
sproporzione tra la consapevolezza della precarietà dell’esistenza umana e
l’esigenza di eternità insondabile:
/una fredda paura m’invade/….
Lo
smarrimento si attenua a contatto con il popolo “Sami” che conserva le
ascendenze dell’antica spiritualità sciamanica, il cui fascino ridimensiona la
sofferenza individuale in partecipazione cosmica:
Nel viaggio raccolgo
i dolori del mondo…
nel viaggio raccolgo
le
speranze del mondo
... per non rinunciare ad inseguire
/sogni iridati di pace/.
Stupore, malinconia, fertilità di immagini,
sentimento individuale e corale connotano il linguaggio poetico di Roberto Mosi
in un ritmo lirico limpido, lineare e simbolico, aderente e travalicante il
vero: disamina incisiva dei moti interiori, rituale nella rimembranza, ironico
e riflessivo quando entrano in gioco tematiche sociali dell’etica quotidiana
nelle contraddizioni dell’oggi, ma costantemente aperto alla possibilità di
rendere “ideale” l’utopia attraverso “il sogno”.
Silvia Ranzi
La partenza
La corte
I viaggi di ogni tempo iniziano
dalla corte della mia infanzia
magico quadrato di terra tra case
cadenti, chiuso da un cancello
di ferro aperto sul mondo.
Nel magico quadrato si scioglie
il racconto dei viaggi: affiorano
per primi i ricordi dei padri
di ritorno dalle guerre sofferte
in ogni parte
del mondo.
Il racconto infinito si confonde
con i miti, le scoperte di Ulisse,
le spedizioni nel Bengala, all’isola
di Mompracem. Nella scatola
da scarpe, cartoline e foto sgualcite.
Con la scatola dei sogni in mano
ho superato il cancello di ferro.
Viaggi d’altri tempi
Ho fatto parte di un popolo
migrante sui treni.
Tra i primi ricordi il viaggio
a Rimini sul carro bestiame
nel primo dopoguerra.
Dalle assi sconnesse i sassi
della massicciata, il verde
dei fiumi sotto i binari
sospesi nel vuoto.
Ho fatto parte di un popolo
migrante sui treni.
Il duro legno della terza classe
le soste nella campagna
la gente con l’uva tra le mani
il profumo delle mense
dei ferrovieri nelle città.
Ho fatto parte di un popolo
migrante sui treni.
Sopravvissuto alla guerra
alla scoperta di città rinate
viste dai finestrini del tram.
L’abbraccio di un sonno
di piombo al ritorno, cullato
dallo sferraglìo del treno.
Labirinto
Luci
azzurre nei corridoi
fasciano il silenzio delle stanze.
Avanzo tra presenze del passato
nel labirinto dell’antico ospedale.
Attraverso reparti, seguo tracce di storie
che qui hanno visto la fine.
Da una stanza emerge
nonna Fosca dal dolce sorriso
il grembiule da cuoca
poi Francesco in mano gli arnesi
da calzolaio. In fondo appare
Vasco vestito da marinaio
lo sguardo deciso e sorridente.
Intreccio il filo delle vostre storie
per orientarmi nel labirinto della notte.
Movimento
Ritorno a ritrovarmi
nel nocciolo
che rimbalza qua, là
non so dove.
Ricerco la ricerca
di un motivo
che risuoni dentro, fuori
nel tempo indefinibile.
Sogno di sognare
un respiro
che si espanda
in giro, in giro.
Rotola la ruota
sull’asse
in perenne moto
consuma il mio io
naufrago.
Emozioni
Cerco le parole
che rotolano per terra
nel ripetersi del giorno
fra risa e pianti
vestite di pane e di vino.
Cerco le parole
che vagano nella mente
nel silenzio assordante dell’io
testimoni diuturne
del dialogo con le ombre.
Cerco le parole
che vestono le emozioni
e il riflesso nella tua voce
incrinata, nella luce
dei tuoi occhi.
* * * * * *
Collana di eBook a cura di Giuliano Brenna e Roberto Maggiani
eBook n. 48 :: Itinera, di Roberto Mosi |
La corte
RispondiEliminaI viaggi di ogni tempo iniziano
dalla corte della mia infanzia
magico quadrato di terra tra case
cadenti, chiuso da un cancello
di ferro aperto sul mondo.
Nel magico quadrato si scioglie
il racconto dei viaggi: affiorano
per primi i ricordi dei padri
di ritorno dalle guerre sofferte
in ogni parte del mondo.
Il racconto infinito si confonde
con i miti, le scoperte di Ulisse,
le spedizioni nel Bengala, all’isola
di Mompracem. Nella scatola
da scarpe, cartoline e foto sgualcite.
Con la scatola dei sogni in mano
ho superato il cancello di ferro.