Roberto Mosi si interessa di poesia e fotografia. Per la poesia ha pubblicato Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio 2018), Eratoterapia (Ladolfi 2017), Poesie 2009-2016 (Ladolfi 2016). L’autore ha realizzato mostre di fotografia presso caffè letterari, biblioteche, sale di esposizione. Cura i Blog: www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it .
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IL RUMORE DELLA VITA DI ROBERTO MOSI
RispondiEliminaIntroduzione di Giuseppe Panella al libro di poesia: Roberto Mosi, "La vita fa rumore", Ed. Teseo 2014.
"Poesia e lavoro"
«Ancora vita il tuo dolce rumore
dopo giorni bui e muti riprende.
Porta il vento di maggio l’odore
del fieno, il cielo immobile splende.
Gli occhi stanchi colpisce di lontano
il rosso papavero in mezzo al tenero grano»
(Attilio Bertolucci, Convalescente)
1. Il rumore del lavoro e la forza del ricordo
«La cultura viaggia nell’aria
suono di voci, note,
musica, fruscio di idee,
non porta degrado,
confonde facce di pietra
teste devote agli schermi»
Il punto di partenza di quest’ultimo progetto poetico di Roberto Mosi è legato a un fatto di cronaca che assume nei suoi versi una notevole importanza: la manifestazione avvenuta nel luglio del 2013 a Firenze in seguito a un’ordinanza che imponeva la chiusura alle ore ventidue dei locali della popolare Libreria Café de la Cité dove, invece, eventi culturali e attività musicali a essi connesse duravano fino a tarda ora, tra la rabbia e lo sconcerto degli abitanti del quartiere.
Il corteo che richiedeva il ripristino degli orari precedenti si era snodato, pur nell’afa estiva, pacifico ma molto colorito e vivacemente scandito dagli slogan gridati con forza e determinazione dai partecipanti alla lotta:
«Oggi si spalanca la porta:
si va in corteo, si parla
dell’essere alla città dell’avere.
Rabbia, lavoro che muore
sepolto il progetto di anni
oltre il senso comune.
Sul sagrato del Carmine
s’inchiodano cartelli
nell’afa di luglio:
“No alla città vetrina”
“La noia è normalità”
“Adotta un libraio”»
Il rumore prodotto dalla vita è esibito quale conferma del suo non conformismo e della sua progettualità, l’idea di un ritorno alla normalità dopo la dimostrazione che qualcosa di nuovo e di originale poteva essere perseguito scatena la rabbia di chi pensava che almeno qualche spazio di libertà sarebbe stato lasciato aperto per l’invenzione e la gioia di vivere da parte di chi vuole ridurre tutto a noia e a normalità, a consumo e ad esibizione di un’esistenza fasulla e legata esclusivamente all’avere. Ma non è una pura questione di rumore quella sollevata da Roberto Mosi: la posta in gioco è più alta ed è legata al problema del lavoro, della sua potenza, della sua mancanza.
In molti dei componimenti che seguono, infatti, il tono rievocativo si tinge di un pathos molto intenso. Il ricordo delle lotte del passato tinge di rimpianto e lo sciopero delle trecciaiole (nella poesia omonima) ne diventa il simbolo perduto.
«Tosca, cerco i fiori del bello
in periferia al calore delle utopie,
fiori rossi degli anni pari e dispari».
Il calore dell’utopia legata alla forza trasformatrice del lavoro e delle lotte organizzate per renderlo più umano e più equamente rimunerato riverbera in queste parole e si trasforma in un ritratto di donna (Tosca che avanza, il suo bambino in braccio, simbolo di un Quarto Stato ancora a venire ma sempre indomabile e impossibile da ricondurre nell’ambito della pura normalità produttiva).
La descrizione dei luoghi del lavoro si lega a quella delle lotte attuali di chi chiede “pane e lavoro” (lo slogan caro a Lenin e ai bolscevichi fin dal 1905 e sempre replicato con la stessa forza e insistenza nelle manifestazioni operaie). ....