Poesie di Roberto Mosi
1. Acqua
Da “Orfeo in Fonte Santa”, Ladolfi Editore –
Lettura 60’’
(I)Tempi
di favola quelli dei
“Pastori
Antellesi”, parole
di
gentiluomini intorno alle acque,
allegre
brigate per sentieri
e
boschi dei colli vicini, convivi
succulenti,
vini prelibati.
Ricerca
di spazi, profumo
di
libertà, lontano dalle
mura
di Firenze, ritorno
alla
semplicità della vita.
Sui
monti del Parnaso sopra
Delfi
fu scelta la fonte Castalia,
dea
ispiratrice, trasformata da
Apollo
in purissima fonte.
Sgorgava
acqua santa:
i
pellegrini si immergevano
prima
dell’incontro con il dio.
I
Pastori Antellesi si bagnavano
nelle
acque, alla “Fonte
dei
Baci”, per purificarsi
al
canto, amore, poesia.
(III)
Offrirò il suono dei ricordi
per
il canto dell’esistenza.
Il
passato si intona all’oggi,
un
accordo di alternanze
sonore,
silenzio e respiro,
elementi
primi della vita.
Il
canto celebra le cadenze,
vive
nel fluire dell’ispirazione
nella
voce della fonte, scandisce
il
battito del tempo, interrompe
il
suono e lo riaccende.
L’assenza
si capovolge
in
presenza, attività e passività
si
integrano, figure immobili
sono
superate da immagini
in
movimento. “Alla terra
immobile” dico “io scorro”,
all’acqua
rapida “io sono”.
All’oblio
che si distende
risponde
il canto che afferra
l’esistenza,
“io sono”, “io sono”.
2.
Terra
“Tagete”, da “Luoghi del mito”, Lieto
Colle, lettura 60’’
“Ho sentito un gemito dal trattore.
Dal
solco appena scavato,
si
sono alzate zolle di terra,
è
comparsa una testa ricciuta.”
Fatima
stringe il neonato
al
petto, muove lieve le braccia.
Occhi
di meraviglia intorno,
occhi
inquieti che chiedono.
Scattano
i flash degli obiettivi,
ronzio
continuo di telecamere.
Il
bambino ora alza la testa,
sorride
e parla, parla!
“Sono
Tagete, figlio di Genio
e di
Terra. Sono venuto fra voi
per
mostrare i segni del Cielo.”
Racconta
per ore. Si allontana
poi
fra i solchi, verso Populonia,
scompare
fra le zolle brune.
Nella
valle scende il silenzio
la
folla si disperde, pensosa.
Fatima
è sola. Un’ora
di
lavoro prima del tramonto.
Si
aggiusta il velo, avvia
il trattore, Massey
Ferguson.
3.
Aria
I. Tempo, 30’’
“Rumori”,
da “Il profumo dell’iris, Gazebo Libri
Pensiero
di
antichi sogni
in
una bianca risacca
luce
di
cento riflessi
in
un raggio disteso
spuma
di
mille gocce
in
un’onda infinita
vento
di
profondi respiri
in
un vortice perenne
suono
di
lunghi rumori
in
un’eco che si allontana.
II. Tempo, 2.33’’
Da
“Nonluoghi”, Comune di Firenze
Intorno
alla rotonda
fiumi d’auto
tagliano la strada
facce di pietra, clacson
al centro macchie d’erba
d’olio, vernice spray
sulle zampe dei viadotti.
Fantasmi di cemento,
case d’altri tempi, il rombo
d’aerei in fase di decollo.
Intorno alla rotonda
fantasmi di cemento
case d’altri tempi
il rombo d’aerei
in fase di decollo.
Lontane le vie d’uscita,
la casa di una volta
la pace del cimitero
il chiostro della chiesa
l’argine del fiume culla
d’erba d’antichi amori.
Pensieri in fase di decollo.
Dormo
nella notte
di Linate, sala partenze.
Chiuse le porte,
i motori hanno ingoiato
ogni rumore. Mi abbraccia
la panca, lo zaino ai piedi.
La macchina lava
il linoleum, sfiora
banconi deserti.
Balugina uno schermo
al plasma, Sull’orario
le partenze del mattino.
In testa la striscia dei sogni.
Sorta
dall’orlo delle colline
al di là dei binari,
la luna versa
una luce bianca di latte.
Il treno taglia la notte.
Scivola l’anima delle città
raggiunte
ai quattro
angoli
del mondo.
Rimangono
nella rete
schegge
di storia,
riflessi
di uno stesso viso,
vesti
nuove cucite
per
la vanità di Narciso.
Cerco
l’anima delle città.
Pony express sui pedali
girovago
sognatore
portatore
di dispacci.
Baschetto,
lucchetto a U
ricetrasmittente,
borraccia,
borsa
a tracolla
divisa
rossa, riflessi
sulle
vetrine, infinita
serie
di pixel
Il
cortile è un pozzo profondo
cinquanta finestre assiepate
vicine gomito a gomito
in basso il nero del fondo
in alto uno spicchio di luna.
Sferraglia la lavatrice.
Il cortile ha il respiro
della gente che dorme.
Evaporano sogni dalle finestre
affanni di corse angosciose
voci, gemiti d’amore
s’incontrano sul fondo.
Il cortile centrifuga stagioni:
all’alba un vortice si alza
disperde sogni e ricordi.
I gatti salutano divertiti
si stirano languidi.
III.
Tempo. 4.40 ‘’
Da “Nonluoghi”, Comune di Firenze
Bolle la
pentola bolle
il sogno d’Europa il sogno
le fiamme ballano intorno
le streghe agitano il brodo.
Il dito del banchiere deluso
l’occhio aguzzo di un rom
il bianco sorriso di un nero
le vecchie gettano dentro.
Ronde occhiute in giro
zero tolleranza zero
idee solidali in fumo
lo scudo spaziale nel cielo.
Deflagra nella normalità del giorno
il messaggio e - mail
porta il dolore del mondo.
Bit byte
bit byte
zero uno zero uno
uno zero
acceso spento spento acceso
locale globale globale locale
punto rete punto rete
rete punto
nano secondo nano secondo
secondo nano
blog ergosum sum ergoblog
google
yahoo google yahoo
yahoo
google
messaggio d’amore d’amore messaggio
you tube you tube
tube you
4. Fuoco
“Erato”
da “Parole e paesaggi”, Libroitaliano – Lettura 50’’
Oh divina Erato,
signora della poesia,
io invoco il tuo aiuto
per comporre in versi
suoni e silenzi
per formare un ammasso
d’argilla da modellare
a piene mani.
Leggo e rileggo
i versi, ascolto
la mia voce, cerco
tracce di colori,
riflessi di luce
pieni e vuoti d’ombra,
scompongo e ricompongo
l’argilla, inzuppo la fantasia
nella tavolozza dei colori.
Sono sazio di penetrare
di mani l’argilla,
ora il fuoco del forno
abbraccia la forma,
è pronta per essere
affidata all’aria,
alla polvere del giorno.
Oh divina Erato,
signora della poesia,
io ti ringrazio
per il dono di rovistare
nel tuo scrigno di parole,
di suoni, di silenzi,
alla luce del tuo fuoco.
V. Quinto elemento, lettura 5 minuti
“Il silenzio dipinto delle pagine” (La
Recherche, Lo studio di Eltsin), da
“Poesie 2009 – 2016”, Ladolfi Editore
Silenzio seducente del
quadro
nel rumore di folla del Salone.
Scopro metafore fissate
tra le frasi delle immagini,
pittore senza arte, compongo
dall’arte di più pittori
da un frammento del mondo
da artifici di immagini
da prospettive inattese.
Comprendo, trasformo
catturo la mia pittura
penetrando nei quadri.
Dipingo con la parola
per pennello la parola
per trama la tela della parola
per colore il suono della parola.
Silenzio sonoro del porto.
Multiforme, potente unità
nessun confine, terra e mare
l’acqua penetra le case, oltre
i tetti gli alberi dei battelli.
Uomini spingono alla spiaggia
barche tra i flutti, la sabbia
bagnata riflette le chiglie,
specchio lucido d’acqua.
Una nave lontana nascosta
ora dagli edifici, sembra
avanzare in mezzo alla città.
Alla bocca del porto le onde
battono contro gli scogli,
uomini governano le barche
piegate ad angolo acuto,
al galoppo, veloci sul mare.
Altrove specchi d’acqua
calmi, in una bella mattina
dopo il temporale, i riflessi
degli scafi accavallati
sul profilo delle chiese.
Più lontano tratti neri,
bianchi di spume, di nebbia
compongono la carreggiata
dell’erta impennata
di una nave verso il cielo,
una carrozza che scrolla via
l’acqua all’uscire dal guado.
Silenzio ambiguo del ritratto.
Acquerello pieno d’incanto,
soggetto singolare, seducente
fascino da scoprire di giovane
donna non bella, il copricapo
simile a un cappello duro
orlato dal nastro color ciliegia,
la sigaretta accesa
nella mano coperta dal guanto.
Sul tavolo un vaso di rose.
Travestimento per il ballo?
Un’attrice di altri tempi
a mezzo vestita da uomo?
Tratti mascolini del volto,
forse un giovane effeminato.
Tristezza nello sguardo
posa piccante, provocante
da personaggio del teatro.
Libertà dalla normalità?
Silenzio d’acqua delle ninfee.
Cinque, sei tele per dipingere
passo dall’una all’altra
inseguendo l’attimo
la sorpresa dell’inatteso.
Punti d’osservazione diversi
per le stagioni dell’anno
il mese, il giorno, l’ora.
Una tela, un pennello diversi
al variare dei brandelli di cielo
il passare di una nuvola
l’improvvisa folata di vento
l’arrivo della tempesta.
La superficie s’increspa
s’infrange in piccole onde
si sgualcisce il telo di seta,
i colori si accendono vivi
si spengono, ombre di morte.
Silenzio simbolo di seduzione.
Danza
il corpo segnato
da
simboli misteriosi,
danza
una rosa in mano
in
attesa del carnefice,
danza
davanti ad Erode
gli
occhi accesi di brace,
danza
per la decapitazione
sorreggendo
il vassoio,
danza
per la testa che brilla
di
un’aureola di gloria.
Dipinti,
acquerelli, disegni
si
moltiplicano: la danzatrice
torna
a sollevare il braccio,
a
muovere i passi fatali.
Silenzio della pagina scritta.
Regno
della lenta cognizione
per
l’occhio educato alla pittura,
si
stacca dal ritmo usuale
del
tempo dello spazio,
nel
laboratorio aperto
per
la nuova creazione,
conquista
una folla
d’immagini
cospiranti,
convergenti
in mille rivoli,
allontana
di pagina in pagina
il
soffio silenzioso della morte.
Umberto Zanarelli al pianoforte
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