INTERVENTO
DI ROBERTO MOSI
19
NOVEMBRE presso Il CIRCOLO DEGLI ARTISTI “CASA DI DANTE” OFFICINA DEL MITO
Umberto
Zanarelli al pianoforte -Brani di Schuman
Roberto
Mosi - Poeta e fotografo - Miti della
famiglia dei Medici
Paolo
Tranchina- Psicanalista junghiano : saggio“ Il Mito di Afrodite”
Epilogo:
Silvia Ranzi
In
occasione della Collettiva “ I CONFINI
DEL MITO”. 12, 24-11 ARTISTI PARTECIPANTI:
Valerio Giovannini, Enrico
Guerrini, Salvatore Monaco, Roberto Mosi, Simonetta Occhipinti, Margherita
Oggiana, Rioberto Orangi, Andrea Simoncini, Paolo Tranchina.
“Parlerò de "Il Mito e la famiglia dei Medici”, partendo da
due capolavori del Botticelli, “La Primavera” e “La Nascita di Venere”.
Si è parlato del primo
capolavoro come di “un mirabile messaggio di bellezza”. Non è certo l’anno in
cui fu composta l’opera (1478 o 1485 o 1486). Il quadro rappresenta il vertice
dell’arte del pittore fiorentino, realizzato in anni non facili. Basti ricordare
che il 1478 è l’anno della congiura dei Pazzi, con la morte di Giuliano e il
ferimento di Lorenzo il Magnifico. E’ curioso notare che nell’epoca dominata da
Lorenzo, Botticelli dipinge i suoi capolavori per un ramo cadetto dei Medici,
quello di Pierfrancesco dei Medici.
Opera enigmatica, con nove personaggi fissati in un ambiente
arboreo, ricco di fiori; al centro, in alto, un putto che scocca una freccia,
sopra la testa di una figura femminile (Venere? ). Alla sua destra le tre
Grazie e la figura di un giovane armato con in mano un bastone, ornato da due
serpenti avvinghiati; alla destra una figura adorna di fiori che avanza verso
il centro del quadro (Flora?), dietro una donna coperta di un velo, sorretta da
una figura alata. E’noto che molte sono le interpretazioni date dei simboli che
animano il quadro.
Nella poesia che ho dedicato a questo quadro – “Concerto per
Flora” , nell’antologia R. Mosi “Poesie 2009 - 2016, G. Ladolfi Editore, pp. 165- 180 – ho
fatto riferimento alla interpretazione di Cristina Acidini Luchinat
(“Botticelli. Allegorie Mitologiche”, Electa 2001): “La Primavera” celebra la
riconquista della pace sotto la guida dei Medici, in onore di “Flora”, o di
“Fiorenza” che avanza al centro del quadro spargendo fiori. Una posizione
importante assume nel quadro la figura del giovane armato, “Mercurio”: “Ecco
dunque che col suo caduceo inquieto, in via di pacificazione, il dio tuttora in
assetto di guerra dissolve una nube, forse un’ultima nube, residuo di una
grande discordia”.
Ecco l’inizio della
poesia, la parte dedicata a “Flora”.
Flora
Flora esce con lieta
baldanza dal bosco,
sparge rose recise
raccolte nel grembo.
Nel volto il sorriso
della rinata Fiorenza.
Zefiro al suo fianco
le gote gonfie di
vento,
strida di donna,
frasche
spezzate, afferra Clori
l’amata ninfa, zampilli
di fiori dalla bocca.
Il vento s’ingorga
nei pepli, li scuote,
li increspa a onde
in un turbinio
continuo di stoffe,
gremite di petali e
fiori.
Venere accenna
a un passo di danza
al centro del prato
un tappeto di fiori,
saluta, un breve gesto,
l’arrivo della
Primavera.
Riprende l’eterea
danza delle Grazie.
Cupido sta per scoccare
la freccia, bendato.
Un colpo e si accende
il fuoco dell’Amore.
Mercurio nel bosco
profumato d’aranci,
in vesti da guerra,
alza in alto il caduceo
cinto da due feroci
serpenti avvinghiati.
Trafigge l’ultima nube
residuo della
discordia,
mostra il tempo della
pace.
La tempesta vola via
dalla città di
Fiorenza,
dalla terra dei Medici.
Il quadro “La Nascita di Venere” fa parte della stessa
commissione, proposta da Pierfrancesco dei Medici e fu destinato anch’esso alla
Villa di Castello. E’ rappresentato un mito classico, con il rinvio ad una
folta serie di messaggi simbolici. La dea che sorge dal mare, pare un’allusione
al mistero attraverso cui gli uomini apprendono il divino messaggio della
bellezza. Venere emersa dal mare, in piedi su una conchiglia, è spinta verso la
terra dai Venti, raffigurati in volo tra una pioggia di rose. La dea riceve
dalle Ninfe un manto di porpora. Il dipinto è una sinfonia di linee aggraziate
e un’armoniosa, poetica ricerca della bellezza pura. Nello studio di Cristina
Acidini Luchinat, sopra citato, la dea in piedi sulla conchiglia, è spinta
verso la costa della Toscana, la terra dei Medici, per fare dono delle sue ricchezze,
della sua bellezza.
In sintonia con questo
pensiero, così recita la poesia “Flora” nella parte finale dedicata a Venere.
Venere
Venere spinta dai venti
giunge alla riva,
ai piedi della Galleria
degli Uffizi, dove
un tempo sorgeva
il porto romano.
Tosca in disparte
dal Ponte Vecchio
osserva l’arrivo
di una nuova stagione,
assapora il profumo
della primavera.
Flora accoglie la dea,
la coperta ricamata
di gigli fra le
braccia.
Mano nella mano
salgono la scalinata,
raggiungono gli Uffizi.
L’Alba si annuncia.
C’è ancora il tempo
per intrecciare una
danza,
per invitare Mercurio
a rinnovare il rito
per un nuovo
Rinascimento.
I capolavori del Botticelli ci portano al centro dell’Umanesimo
e del Rinascimento, al rapporto con il mondo di grandi ingegni, come Marsilio
Ficino, Pico della Mirandola e molti altri. Si afferma, in questa epoca, una
nuova visione dell’uomo insieme alla centralità della bellezza.
Proponiamo che l’espressione “Nuovo Rinascimento” sia
ripresa nell’ambito del progetto “Officina del Mito “ – in questa stagione
difficile che stiamo attraversando – per coniugarla nelle sue valenze e
imparare, ancora oggi, a “sognare
sapendo di sognare” liberando in questa ricerca le energie racchiuse nel mito.
Roberto
Mosi
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