Nicoletta e la leggerezza della parola - “I progetti vivono, si riscaldano al sole della primavera” – “Sinfonia per San Salvi”, occasione d’incontro: Roberto Mosi, Nicoletta Manetti e Gordiano Lupi
Prosegue il dialogo a distanza con amici e amiche in questo
periodo così duro, sui progetti rimasti in stand by. Questa volta il pensiero
che ho raccolto e condiviso è con l’amica Nicoletta Manetti che ha partecipato
con me alla preparazione del libro “Sinfonia per San Salvi”, ed. Il Foglio,
insieme a Gordiano Lupi, pubblicazione dedicata alle suggestioni di un luogo
particolare, quello dove sorgeva il manicomio di Firenze. Ora stiamo
perfezionando, io e Nicoletta, a distanza, il canovaccio della futura, (lontana?),
presentazione del libro.
Con
il libro ci si avvicina al tema della follia con una pluralità di strumenti
espressivi: la poesia, le parole dei racconti, le fotografie che giocano con il
mondo della musica nella forma dei quattro tempi della sinfonia, dedicati a
quattro visioni della “Terra” – Terra-Desolata, Terra-Follia, Terra-Liberata,
Terra-Riconquistata. Il motivo conduttore è quello dell’interrogarsi intorno
alla follia e tanto più lo sguardo porta a scoprire passaggi di sconfitte e di
disperazione, tanto più sono forti i tentativi di guardare verso orizzonti di
speranza, di liberazione, di riconquista della terra delle origini.
Il sogno è
quello di aprire sempre nuovi orizzonti (“Terra Desolata, 1° tempo) in luoghi
diversi, dal paesaggio cupo della Londra dopo la prima guerra mondiale,
tratteggiato da T. S. Eliot, alla atmosfera frenetica di Firenze, alla
desolazione delle acciaierie “spente” di Piombino.
Per passare poi (”Terra Follia”, 2° tempo)
nel precipizio della disperazione, nella memoria di quella che è stata la cura
della “istituzione” della follia, nell’ex-manicomio di San Salvi, alla
periferia di Firenze. In questo muoversi alla ricerca di altri orizzonti, vi è
il tentativo di guardare al nostro mondo con uno sguardo diverso (“Terra
Liberata”, 3° tempo), in consonanza con la ricerca di un futuro migliore.
Vi
è infine (“Terra Riconquistata”, 4° tempo) l’aprirsi del paesaggio marino, la
ricerca con la mente e con il corpo, dell’aria del mare, simbolo di speranza
nella Sinfonia, di riconquista di un diverso destino. Il movimento “Finale” va
in scena, appunto, in un luogo sul mare, fra i più belli che è dato conoscere,
piazza Bovio, a Piombino, uno spazio proteso sulle onde, che suscita nostalgia
di lontananze, desiderio d’infinito. Su questo palcoscenico si congiungono le
trame della narrazione, in un incontro di temi, linguaggi, forme espressive
musicali, coreografiche, poetiche, quasi a voler rompere in maniera definitiva
i confini della parola scritta.
Nello
svolgersi dei quattro tempi della “Sinfonia”, da parte mia c’è l’intento di
ri-costruire la memoria di un nonluogo particolare,
quello dove sorgeva l’Ospedale psichiatrico di San Salvi (si vedano le immagini
del video: https://www.youtube.com/watch?v=zj3xkwynxCk
).
Gordiano Lupi, con la sua Litania suPiombino (si veda: indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=TKX777M9Wf4
), porta il respiro e il profumo del mare come
segni di speranza, Nicoletta Manetti con l’intervento delle sue parole magiche,
il tono, alla maniera di Italo Calvino, della leggerezza, una leggerezza
sorprendente con la quale anima del resto il presente incontro con la
riflessione “Sul balcone”, il “luogo” di un’attesa al sole tiepido della
primavera – insieme a Oliver, il meraviglioso barboncino bianco - con il cuore
pieno di gratitudine per coloro che sono fuori a difenderci dal grande nemico.
“Il sole
scalda di azzurro il bricco sul fornello, mentre la radio aggiorna i numeri dei
contagi, dei guariti, dei morti, e chiede a noi di restare a casa – così inizia
il racconto di Nicoletta Manetti -Terminate le notizie, mi sintonizzo su
Toscana Classica ed esco sul balcone.
È sessanta
centimetri profondo il mio balcone, forse neppure, la sedia ci entra a malapena
di traverso, se sposto i vasi. Un cielo azzurro sfacciato, immobile di
silenzio. Un cielo vuoto di aerei, di scie. Benedico questo piccolo balcone
esposto ad est.
Nel calore del mio bozzolo, il cane accanto, mi vergogno di questa pace, della musica, del viaggio iniziato ieri tra le pagine in cui sono ruzzolata, come da un prato scosceso d’erba molle; tra poco ripartirò.
Colgo qualche foglia di salvia, un rametto di rosmarino; insieme al profumo, però, oggi sento il loro dolore nella mano: - Profumo per me, dolore per voi, scusate! - dico. Sì, lo dico a voce alta, devo essere impazzita. Sento ridere: è la vicina, affacciata al davanzale. Non ci incontravamo da mesi, ora ci ritroviamo a scambiarci ricette, quasi protese nel vuoto, quassù, dove il dolore arriva come un’eco, sospese, ma protette.
Ieri la cassiera, mascherina e guanti bianchi, aveva gli occhi di mia figlia; ha sorriso anche a una signora che, incurante del tempo rubato, discuteva il numero dei punti per la sua ridicola raccolta, il prezzo non tornava. Anche la farmacista, dopo, mi ha sorriso, lo sguardo stanco.
Le
ho lasciate lì, e sono tornata casa, sul mio balcone, a proseguire il viaggio
tra le pagine. Ci sono caduta davvero come Alice nella botola, lasciandomi poi
trasportare come facevo da bambina tra le onde quando il mare era mosso.
Oggi
però ho anche altro da fare: ringraziare.
Ringraziare
lui, lei, loro, che stanno là fuori, per approvvigionarci, nutrirci, curarci.
Grazie a te cassiera che somigli a mia figlia, e a te farmacista dagli occhi
stanchi.
Grazie
a chi è dentro l’inferno, incerottato nel camice, dove e quando il camice c’è,
a tentare, a sperare, e i figli e i genitori anziani a casa, e ciononostante i
numeri che salgono, e le file dei morti, che sono morti soli.
Grazie
ai sibili lontani delle sirene, sperando ogni giorno di udirne di meno. Al
canto del merlo sul comignolo. Ai bambini nel giardino di sotto che giocano a
squarciagola. All’amico poeta che gioca a battaglia navale con la nipotina
dall’altra parte della città.
Grazie
ai settemila che hanno risposto all’appello, trecento ne hanno chiesti, e in
settemila hanno risposto. L’umanità allora è bella.
Grazie
al mio amore lontano, alle figlie vicine, ai genitori che cercano di farcela,
alla persona che si prende cura di loro, ma è lontana dai suoi.
Grazie
agli amici per cui la distanza non esiste. Grazie al mio cane, ma noi siamo una
cosa sola, e sta scrivendo con me. Grazie a te, a te, a te.
Grazie
ai progetti che vanno avanti e sostengono, e sempre moltiplicano la vita, ma
adesso più che mai, perché compensano il non vivere fuori. Grazie a Roberto
(Mosi), l’amico poeta che non perde mai l’entusiasmo, lo spirito, l’iniziativa,
e mi coinvolge. Ed è contagioso.”
“Io
devo solo stare qui, lo chiamano sacrificio. Devo solo stare qui – conclude
Nicoletta - abbracciata a un raggio di sole sul mio balcone, tra le pagine di
un libro. A ringraziare.”
Prosegue il dialogo a distanza con amici e amiche in questo periodo così duro, sui progetti rimasti in stand by. Questa volta il pensiero che ho raccolto e condiviso è con l’amica Nicoletta Manetti che ha partecipato con me alla preparazione del libro “Sinfonia per San Salvi”, ed. Il Foglio, insieme a Gordiano Lupi, pubblicazione dedicata alle suggestioni di un luogo particolare, quello dove sorgeva il manicomio di Firenze. Ora stiamo perfezionando, io e Nicoletta, a distanza, il canovaccio della futura, (lontana?), presentazione del libro.
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