venerdì 3 aprile 2020

Nicoletta e la leggerezza della parola - “I progetti vivono, si riscaldano al sole della primavera” – “Sinfonia per San Salvi”, occasione d’incontro: Roberto Mosi, Nicoletta Manetti e Gordiano Lupi


Prosegue il dialogo a distanza con amici e amiche in questo periodo così duro, sui progetti rimasti in stand by. Questa volta il pensiero che ho raccolto e condiviso è con l’amica Nicoletta Manetti che ha partecipato con me alla preparazione del libro “Sinfonia per San Salvi”, ed. Il Foglio, insieme a Gordiano Lupi, pubblicazione dedicata alle suggestioni di un luogo particolare, quello dove sorgeva il manicomio di Firenze. Ora stiamo perfezionando, io e Nicoletta, a distanza, il canovaccio della futura, (lontana?), presentazione del libro.


Con il libro ci si avvicina al tema della follia con una pluralità di strumenti espressivi: la poesia, le parole dei racconti, le fotografie che giocano con il mondo della musica nella forma dei quattro tempi della sinfonia, dedicati a quattro visioni della “Terra” – Terra-Desolata, Terra-Follia, Terra-Liberata, Terra-Riconquistata. Il motivo conduttore è quello dell’interrogarsi intorno alla follia e tanto più lo sguardo porta a scoprire passaggi di sconfitte e di disperazione, tanto più sono forti i tentativi di guardare verso orizzonti di speranza, di liberazione, di riconquista della terra delle origini.


Il sogno è quello di aprire sempre nuovi orizzonti (“Terra Desolata, 1° tempo) in luoghi diversi, dal paesaggio cupo della Londra dopo la prima guerra mondiale, tratteggiato da T. S. Eliot, alla atmosfera frenetica di Firenze, alla desolazione delle acciaierie “spente” di Piombino. 


Per passare poi (”Terra Follia”, 2° tempo) nel precipizio della disperazione, nella memoria di quella che è stata la cura della “istituzione” della follia, nell’ex-manicomio di San Salvi, alla periferia di Firenze. In questo muoversi alla ricerca di altri orizzonti, vi è il tentativo di guardare al nostro mondo con uno sguardo diverso (“Terra Liberata”, 3° tempo), in consonanza con la ricerca di un futuro migliore. 


Vi è infine (“Terra Riconquistata”, 4° tempo) l’aprirsi del paesaggio marino, la ricerca con la mente e con il corpo, dell’aria del mare, simbolo di speranza nella Sinfonia, di riconquista di un diverso destino. Il movimento “Finale” va in scena, appunto, in un luogo sul mare, fra i più belli che è dato conoscere, piazza Bovio, a Piombino, uno spazio proteso sulle onde, che suscita nostalgia di lontananze, desiderio d’infinito. Su questo palcoscenico si congiungono le trame della narrazione, in un incontro di temi, linguaggi, forme espressive musicali, coreografiche, poetiche, quasi a voler rompere in maniera definitiva i confini della parola scritta.


Nello svolgersi dei quattro tempi della “Sinfonia”, da parte mia c’è l’intento di ri-costruire la memoria di un nonluogo particolare, quello dove sorgeva l’Ospedale psichiatrico di San Salvi (si vedano le immagini del video: https://www.youtube.com/watch?v=zj3xkwynxCk ). 


Gordiano Lupi, con la sua Litania suPiombino (si veda: indirizzo: https://www.youtube.com/watch?v=TKX777M9Wf4 ), porta il respiro e il profumo del mare come segni di speranza, Nicoletta Manetti con l’intervento delle sue parole magiche, il tono, alla maniera di Italo Calvino, della leggerezza, una leggerezza sorprendente con la quale anima del resto il presente incontro con la riflessione “Sul balcone”, il “luogo” di un’attesa al sole tiepido della primavera – insieme a Oliver, il meraviglioso barboncino bianco - con il cuore pieno di gratitudine per coloro che sono fuori a difenderci dal grande nemico.


“Il sole scalda di azzurro il bricco sul fornello, mentre la radio aggiorna i numeri dei contagi, dei guariti, dei morti, e chiede a noi di restare a casa – così inizia il racconto di Nicoletta Manetti -Terminate le notizie, mi sintonizzo su Toscana Classica ed esco sul balcone.

È sessanta centimetri profondo il mio balcone, forse neppure, la sedia ci entra a malapena di traverso, se sposto i vasi. Un cielo azzurro sfacciato, immobile di silenzio. Un cielo vuoto di aerei, di scie. Benedico questo piccolo balcone esposto ad est.


Nel calore del mio bozzolo, il cane accanto, mi vergogno di questa pace, della musica, del viaggio iniziato ieri tra le pagine in cui sono ruzzolata, come da un prato scosceso d’erba molle; tra poco ripartirò.
Colgo qualche foglia di salvia, un rametto di rosmarino; insieme al profumo, però, oggi sento il loro dolore nella mano: - Profumo per me, dolore per voi, scusate! - dico. Sì, lo dico a voce alta, devo essere impazzita. Sento ridere: è la vicina, affacciata al davanzale. Non ci incontravamo da mesi, ora ci ritroviamo a scambiarci ricette, quasi protese nel vuoto, quassù, dove il dolore arriva come un’eco, sospese, ma protette.


Ieri la cassiera, mascherina e guanti bianchi, aveva gli occhi di mia figlia; ha sorriso anche a una signora che, incurante del tempo rubato, discuteva il numero dei punti per la sua ridicola raccolta, il prezzo non tornava. Anche la farmacista, dopo, mi ha sorriso, lo sguardo stanco.


Le ho lasciate lì, e sono tornata casa, sul mio balcone, a proseguire il viaggio tra le pagine. Ci sono caduta davvero come Alice nella botola, lasciandomi poi trasportare come facevo da bambina tra le onde quando il mare era mosso.
Oggi però ho anche altro da fare: ringraziare.
Ringraziare lui, lei, loro, che stanno là fuori, per approvvigionarci, nutrirci, curarci. Grazie a te cassiera che somigli a mia figlia, e a te farmacista dagli occhi stanchi.
Grazie a chi è dentro l’inferno, incerottato nel camice, dove e quando il camice c’è, a tentare, a sperare, e i figli e i genitori anziani a casa, e ciononostante i numeri che salgono, e le file dei morti, che sono morti soli.
Grazie ai sibili lontani delle sirene, sperando ogni giorno di udirne di meno. Al canto del merlo sul comignolo. Ai bambini nel giardino di sotto che giocano a squarciagola. All’amico poeta che gioca a battaglia navale con la nipotina dall’altra parte della città.
Grazie ai settemila che hanno risposto all’appello, trecento ne hanno chiesti, e in settemila hanno risposto. L’umanità allora è bella.
Grazie al mio amore lontano, alle figlie vicine, ai genitori che cercano di farcela, alla persona che si prende cura di loro, ma è lontana dai suoi.
Grazie agli amici per cui la distanza non esiste. Grazie al mio cane, ma noi siamo una cosa sola, e sta scrivendo con me. Grazie a te, a te, a te.
Grazie ai progetti che vanno avanti e sostengono, e sempre moltiplicano la vita, ma adesso più che mai, perché compensano il non vivere fuori. Grazie a Roberto (Mosi), l’amico poeta che non perde mai l’entusiasmo, lo spirito, l’iniziativa, e mi coinvolge. Ed è contagioso.”

“Io devo solo stare qui, lo chiamano sacrificio. Devo solo stare qui – conclude Nicoletta - abbracciata a un raggio di sole sul mio balcone, tra le pagine di un libro. A ringraziare.”





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