domenica 22 luglio 2018

Teatro Oklahoma: James Joyce e il mondo dei sogni



E’ stata una fortuna sabato 21 luglio ritrovarsi alle pendici di Monte Senario – l’antico Monte Asinaio, sopra il paese di Bivigliano – a “Casa al vento”, fra le prime ombre della sera per partecipare all’evanescenza, al profumo di un sogno, reso nella forma di un incantevole spettacolo. 

Essenziale il cartellone dello spettacolo: “Opus 3” al teatro Oklaoma, estate 2018. Il testo era tratto da un’opera preziosa di James Joyce “Finnegans wake” (“La veglia per Finnegan”), pubblicata a Londra nel 1939, “una novella dalla trama complessa che mescola la realtà con il mondo dei sogni”.

Gli spettatori della serata, un gruppo di amici di Firenze e dintorni, che per tradizione nel mese di luglio si ritrovano dopo il tramonto del sole al teatro Oklaoma, un gruppo curioso, amante del teatro e della letteratura (e della golosa avventura del dopo spettacolo). 

Gli attori, una comunità di dilettanti entusiasti del teatro, devoti al regista-condottiero, pronti a seguirlo nelle più stupefacenti avventure.
Il luogo dello spettacolo, alle pendici della collina. Il pubblico si distende sul prato degradante, di fronte al palcoscenico - non è un vero e proprio palcoscenico ma una serie di strutture che su spazi a più livelli, rievocano i luoghi della rappresentazione, il tutto immerso fra gli alberi del bosco. 

L’ora dell’inizio, tardi, dopo che si sono allungate le prime ombre della notte, le cicale si sono chetate, discende per ogni dove un profondo silenzio, interrotto, a tratti, dal fruscio del vento fra le foglie degli alberi e dal gracidare delle rane nel vicino laghetto.
Infine Stefano, il regista-condottiero, l’anima del teatro Oklaoma, di una sensibilità e competenza profonda, per la musica, le scene, il testo, le dinamiche della regia, la scelta di ricorrere alle molteplici forme della multimedialità; competenze che sabato passato si sono rivelate ancora una volta strategiche per l’originale copione che è stato composto e animato. 

Finnegans Wake è l'ultimo romanzo di James Joyce considerato uno dei testi letterari in cui la tecnica del “flusso di coscienza” viene portata alle estreme conseguenze.
L'opera, un poema eroicomico in prosa, scritto con un linguaggio onirico e polisemico. Concepito come una sorta di "storia universale", la suprema sintesi del  creato, Finnegans Wake trae spunto dall'omonima ballata  popolare tradizionale irlandese, Finnegan's Wake, che si era diffusa intorno al 1850; la morte e la comica
resurrezione del protagonista, Tim Finnegan, entrambe causate dall’ "acqua della vita", diventano un'allegoria del ciclo universale della vita. L'inglese wake significa allo stesso tempo "veglia funebre", ma anche "risveglio".
La tecnica del “flusso di coscienza”, già usata in precedenza nell'Ulisse è qui portata alle sue estreme conseguenze. La narrazione, la storia di una famiglia residente nel villaggio di Chapelizod, accanto a Phoenix Park, alla periferia
di Dublino, si svolge interamente all'interno di un sogno del protagonista: vengono abolite le normali norme della grammatica e dell'ortografia. Sparisce la punteggiatura, le parole si fondono tra loro cercando di riprodurre la
simbologia del linguaggio onirico [informazioni queste riprese da pagine di Wikipedia].

Partendo dunque da questo complesso quadro narrativo del romanziere irlandese, il regista e gli attori sono stati quanto mai bravi, a ricreare per brani e per cenni,
l’a
tmosfera d’incanto dell’opera, con una proposta equilibrata ed efficace. Un vero e proprio dono per il pubblico che è stato preso per mano a scoprire le diverse
pagine del “sogno”, risonanti di un linguaggio dagli accenti musicali, un tipo di dono del quale si avverte oggi quanto mai il bisogno, per gli anni critici che stiamo vivendo. 

  

1 commento:

  1. Bravo Roberto!!! Non avrei saputo fare un commento migliore !! Sei uno spettatore attento, nonché graditissimo... Grazie!!!

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