mercoledì 17 aprile 2024

"EROS" domenica 21 aprile, ore 17- Circolo degli Artisti Casa di Dante - 4 sguardi su Paolina Bonaparte, Venere Vincitrice: Arte e Mito, Partriarcato, Libertà, Tanatos


 Ἔρως

Paolina Bonaparte Leclerc Borghese, Venere vincitrice, seguace di Ἔρως

 

Ἔρως mi ha ispirato una visita alla Galleria Borghese di Roma per rendere omaggio a Venere vincitrice, il capolavoro di Antonio Canova, immagine dello splendore di un giovane corpo femminile, opera che esprime i sentimenti di amore, di tenerezza, che attraversano i pensieri degli uomini, “è il Mito che si fa carne e diventa accessibile ai desideri e ai sogni, fa avvertire il tepore delle forme femminili, la pulsione del desiderio” (A. Paolucci, 2022). Venere/Paolina, la modella, tiene nella mano sinistra, con indicibile grazia, il pomo della vittoria vinto nella gara istituita da Paride.

Nella sala della Galleria, davanti alla statua colgo la sottile sensualità che emana dalla figura di Paolina, il gioco di luci ed ombre che danno naturalezza alle carni e alle stoffe, il tono leggermente ambrato dei marmi. Canova per rendere più viva l’opera aveva spalmato  una cera rosata e aveva escogitato un ingranaggio che faceva girare la statua intorno all’asse verticale, di 360 gradi.

Seguo idealmente il movimento della Venere vincitrice e riprendo con la macchina fotografica quattro punti di  osservazione che mi viene spontaneo collegare allo straordinario, irrequieto, personaggio di Paolina Bonaparte Leclerc Borghese:

1° - Il simbolo di  Ἔρως; 2° - La donna più bella del tempo (Napoleone); 3° - Donna libera, don Giovanni in abiti femminili; 4° - L’incontro di Ἔρως con Θάνατος.

Prende così vita il mio progetto per l’ottavo anniversario dell’Officina del Mito, legato a Paolina Bonaparte e alla presenza di Tre principesse francesi a Firenze, sorelle di Napoleone.

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Progetto: Paolina Bonaparte, Venere Vincitrice, devota seguace di Eros
Progetto di Roberto Mosi
Interventi di Virginia Bazzechi, Andrea Simoncini, Roberto Mosi, Enrico Guerrini (pittore). Letture di Renato Simoni.
L'iniziativa si svolge nell'ambito della Mostra sul Mito di Eros presso Il Circolo degli Artisti Casa di Dante (20 aprile- 2 maggio 2024).
Il progetto ricerca una visione universale, partendo dalla storia di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, e dall'opera di Antonio Canova ("Venere Vincitrice" alla Galleria Borghese), sulla relazione fra la la fiamma di Eros e Paolina, Venere Vincitrice: 4 punti di vista: Arte e Mito, Partriarcato, Libertà, Tanatos 

venerdì 5 aprile 2024

"Toscana nuova": Curarsi con la Poesia: "Dino Campana, una ricetta per i passaggi difficili della vita" -Aprile 2024

 


Rubrica aprile 2024

 

Curarsi con la poesia

Dino Campana: una ricetta per i passaggi difficili della vita

 

Mi hanno scritto alcuni lettori, e ne ho parlato con vari amici, sull’idea di curarsi con la poesia e alcuni hanno tenuto a sottolineare come l’arte, in generale, possa rappresentare un’efficace cura. Trovo che sia senz’altro vero, devo però aggiungere che le mie esperienze mi hanno portato a cogliere direttamente il valore della poesia.

Per quanto mi riguarda, è stato importante l’incontro con Dino Campana (Marradi 1885-Castelpulci 1932).  A quindici anni, vengono diagnosticati al poeta i primi disturbi nervosi che non gli impediranno di frequentare i vari cicli di scuola. Quando rientra a Marradi dopo gli studi, le crisi nervose si acutizzano, come pure i frequenti sbalzi di umore, sintomi dei difficili rapporti con la famiglia, soprattutto con la madre, con il paese natio. Campana espresse il suo "male oscuro" con un irrefrenabile bisogno di fuggire e dedicarsi ad una vita errabonda. La prima reazione della famiglia e del paese, e poi dell'autorità pubblica, fu quella di considerare le stranezze di Campana come segni lampanti della sua pazzia. Nel 1913 Campana si reca a Firenze e si presenta a Giovanni Papini e ad Ardengo Soffici, cui consegna il manoscritto dal titolo "Il più lungo giorno". Non viene preso in considerazione e il manoscritto va perso. Nell'inverno del 1914, convinto di non poter più recuperare il manoscritto, Campana decide di riscriverlo tutto affidandosi alla memoria. Nella primavera del 1914, riesce finalmente a pubblicare la raccolta, con il titolo di "Canti Orfici". Conosce Sibilla Aleramo, l'autrice del romanzo “Una donna”, ed inizia con lei un'intensa e tumultuosa relazione. Nel 1918 Campana viene internato presso l'ospedale psichiatrico situato nella Villa di Castelpulci, presso Scandicci, dove muore per una forma di setticemia.

Nella sua poesia visionaria, ricca di immagini molto intense, si amalgamano i suoni, i colori e la musica in potenti bagliori, mi colpisce particolarmente il motivo dell’oscurità fra il sogno e la veglia e come questo viene reso nei suoi versi: gli aggettivi e gli avverbi ritornano con una ripetitiva insistenza come di chi detta durante un sogno, sogno però interrotto da forti trasalimenti. Fino al suo internamento a Castel Pulci, lotterà per la sua poesia e per una vita che non era mai riuscita a donargli nulla in termini di serenità e pace, anche la strada dell'amore, il suo incontro con Sibilla Aleramo, si trasformerà in una sconfitta.

L’incanto della sua poesia mi è  vicino e riaffiorano spesso  alla mia mente i suoi versi, ad iniziare dal canto “L’invetriata”, che esprime attraverso l’immagine del tramonto, simbolo di ferita e disfacimento, il suo tormento esistenziale: La sera fumosa d’estate/Dall’alta invetriata mesce chiarori nell’ombra/ E mi lascia nel cuore un suggello ardente … Ho letto i libri e visto i film sulla vita, ho ricercato poi, dal vivo, lo “sguardo del poeta”, i luoghi del paese celebrati dalla poesia, i leggii con i testi dei componimenti  che il Comune di Marradi ha posto negli angoli più suggestivi del paese, ho ricostruito percorsi a tema, sulla base dei testi poetici e delle notizie sulla vita: l’incontro di Dino Campana con Sibilla Aleramo, al Barco, sotto il Passo del Giogo e il cammino verso Moscheta e la valle dell’Inferno, la sosta a Casetta di Tiara; il pellegrinaggio da Marradi a Stia, al Falterona, alla Verna; la visita al parco dell’ex Manicomio di San Salvi, con il pensiero rivolto alla degenza alla quale fu costretto. Questi percorsi sono stati scelti da un’ associazione di trekking per i propri soci e ho avuto l’incarico di guidare un gruppo alla scoperta di questi luoghi, seguendo le orme di Dino: nel percorso ogni socio aveva i testi dei canti e nelle diverse soste, abbiamo letto insieme alcuni versi, ad alta voce, nei boschi, davanti alle montagne, lungo i corsi d’acqua, con lo spirito di cui parla Mariangela Guarnieri nel suo libro – L’incanto fonico. L’arte di dire la poesia, Salerno Editrice: “Questo ci tocca, liberare nell’aria il verso, trovare/ la sua forma sonora. Incanto fonico si chiama.”

Questa esperienza mi ha particolarmente coinvolto e mi ha fatto capire come la poesia possa alleviare le sofferenze del poeta e, d’alta parte, arricchire di nuove sensazioni e sentimenti, il lettore. La familiarità con alcuni luoghi dei Canti Orfici è stata per me fonte di ispirazione per un mio poemetto, L’invasione degli storni, Ed. Gazebo, nel quale canto, anche se con flebile voce poetica, la bellezza selvaggia della Valle dell’Inferno, presso Moscheta: Sopra la cima dei castagni/ la vertigine delle rocce, / colonne aeree di una cattedrale/ aperta sul candeggiare del cielo.

Per coloro dunque che si trovano ad affrontare una fase impegnativa della loro vita – che per me ha riguardato il passaggio dall’attività lavorativa alla pensione - Erato ha la ricetta pronta, per superare meglio il trauma del passaggio fra “stagioni” diverse dell’esistenza: l’incontro con la poesia, la storia, i sogni di un grande, amato poeta.

 

 

(FOTO)

 

Roberto Mosi si interessa di poesia, narrativa e fotografia, collabora con riviste fiorentine. È stato dirigente per la cultura alla Regione Toscana. Per la poesia ha pubblicato Sinfonia per San Salvi (Il Foglio 2020), Orfeo in Fonte Santa (Ladolfi 2019), Il profumo dell’iris (Gazebo 2018), Navicello Etrusco (Il Foglio 2018); le antologie  Poesie 2009-2016 (Ladolfi 2016) e Amo le parole. Poesie 2017-2023 (Ladolfi 2023). Per la narrativa: Barbari (Masso delle Fate 2022), Ogni sera Dante ritorna a casa (Il Foglio 2021), Elisa Baciocchi e il fratello Napoleone (Il Foglio 2013), Esercizi di volo (Europa Edizioni 2016). Blog: www.robertomosi.it e www.poesia3002.blogspot.it ; e-mail: mosi.firenze@gmai.com






 


mercoledì 3 aprile 2024

La fiamma di ἜΡΩΣ 21 aprile: Circolo Casa di Dante: PROGETTO PAOLINA BONAPARTE LECLERC BORGHESE, VENERE VINCITRICE, SEGUACE DI ἜΡΩΣ



Progetto: Le fiamme di ἜΡΩΣ:  PAOLINA BONAPARTE LECLERC BORGHESE, 

VENERE VINCITRICE, SEGUACE DI ἜΡΩΣ

Ἔρως mi ha ispirato una visita alla Galleria Borghese di Roma per rendere omaggio a Venere vincitrice, il capolavoro di Antonio Canova, immagine dello splendore di un giovane corpo femminile, opera che esprime i sentimenti di amore, di tenerezza, che attraversano i pensieri degli uomini, “è il Mito che si fa carne e diventa accessibile ai desideri e ai sogni, fa avvertire il tepore delle forme femminili, la pulsione del desiderio” (A. Paolucci, 2022). Venere/Paolina, la modella, tiene nella mano sinistra, con indicibile grazia, il pomo della vittoria vinto nella gara istituita da Paride.

Nella sala della Galleria, davanti alla statua colgo la sottile sensualità che emana dalla figura di Paolina, il gioco di luci ed ombre che danno naturalezza alle carni e alle stoffe, il tono leggermente ambrato dei marmi. Canova per rendere più viva l’opera aveva spalmato una cera rosata e aveva escogitato un ingranaggio che faceva girare la statua intorno all’asse verticale, di 360 gradi.

Seguo idealmente il movimento della Venere vincitrice e riprendo con la macchina fotografica quattro punti di osservazione che mi viene spontaneo collegare allo straordinario, irrequieto, personaggio di Paolina, la sorella dell’imperatore Napoleone Bonaparte: 1° - Il simbolo di Ἔρως; 2° - La donna più bella del tempo (Napoleone); 3° - Donna libera, don Giovanni in abiti femminili; 4° - L’incontro di Ἔρως con Θάνατος.

Prende così vita il mio progetto per l’ottavo anniversario dell’Officina del Mito, legato a Paolina Bonaparte e alla presenza di Tre principesse francesi a Firenze, sorelle di Napoleone. Blog: www.robertomosi.it , www.poesia3002.blogspot.it ; e-mail: mosi.firenze@gmail.com

www.robertomosi.it. mosi.firenze@gmail.com .

Società delle Belle ArtiCircolo degli Artisti “Casa di Dante” Società delle Belle Arti- Circolo degli Artisti “Casa di Dante” Via Santa Margherita 1r- Firenze www.circoloartisticasadante.com - info@circoloartisticasadante.com COMUNICATO STAMPA Mostra: Mostra collettiva “Eros…che move il mondo” Artisti: Rosa Cianciulli, Guido Del Fungo, Enrico Guerrini, Nicoletta Manetti, Giovanni Mazzi, Salvatore Monaco, Roberto Mosi, Margherita Oggiana, Andrea Ortuño , Roberto Romoli, Andrea Simoncini, Umberto Zanarelli, Pareskevì Zerva Inaugurazione Mostra: Sabato 20 Aprile 2024 ore 17.00 Durata Mostra: 20 Aprile –2 Maggio 2024 Luogo: Società delle Belle Arti- Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, via Santa Margherita n.1/r, Firenze Sito web: www.circoloartisticasadante.com Email: info@circoloartisticasadante.com Tel. +39 055 218402 Orario apertura: da Martedì a Domenica compresi dalle 10:00 -12:00 e dalle 16.00-19.00; Ingresso libero “Eros…che move il mondo” è il titolo della nuova imperdibile rassegna artistica del gruppo di “Officina del mito”, che sarà ospitata nelle prestigiose sale espositive della Società delle Belle Arti-Circolo degli Artisti “Casa di Dante” di Firenze. Un nuovo tema quello affrontato in questa edizione, accattivante e dalle molteplici sfaccettature: l’Eros. L’attuale smisurata sovraesposizione d’immagini di nudo, l’uso martellante e smaliziato di corpi svestiti nei media, nelle pubblicità, come nel web, non solo ci lasciano immagini che hanno ben poco da raccontare, poiché completamente prive di un’anima; ma soprattutto autorizzano una mercificazione dei corpi ed un neo-liberismo selvaggio che limita e circoscrive il concetto di Eros alla dimensione puramente corporea dei sessi. Agli albori della storia dell’umanità però Eros era considerato una forza primigenia, nata dal cháos primordiale (Χάος), per poi diventare, secondo una mitologia più tarda, il figlio di Afrodite ed Ares. Ed è proprio in questa veste che forse lo conosciamo meglio: ritratto innumerevoli volte nell’arte europea, Eros o Cupido, assume le sembianze di un efebo bellissimo o di un fanciullo alato che si diverte a scagliare le proprie frecce, gettando gli uomini nelle passioni più incontrollabili. Una kermesse artistica che svela dunque, un Eros dai tanti volti, un Eros che scorre sui tanti piani della nostra vita, un Eros che soffia sui tanti volti dell’esistente. Non quindi una sottovalutazione della pulsione erotica nell’incontro delle anime e dei corpi, ma la sua collocazione in una dimensione onnicomprensiva, in quanto impulso vitale dalle tante sfaccettature. Per gli artisti di “Officina del mito” Rosa Cianciulli, Guido Del Fungo, Enrico Guerrini, Nicoletta Manetti, Giovanni Mazzi, Salvatore Monaco, Roberto Mosi, Margherita Oggiana, Andrea Ortuño , Roberto Romoli, Andrea Simoncini, Umberto Zanarelli, Pareskevì Zerva, lo stimolo erotico diventa cioè, un esercizio emotivo con cui sollecitiamo i nostri sensi, nel riconoscere ciò che nella mediocrità è il sublime, ciò che nella meccanica è energia; ciò che nella vita è quel coraggio indispensabile per esplorare le dimensioni psichiche ed emotive. Scrive infatti Byung-Chul Han riferendosi a Platone: “dall’Eros proviene uno slancio spirituale; l’animo sollecitato eroticamente realizza cose belle e soprattutto buone azioni che hanno un valore universale». L’inaugurazione della mostra “Eros...che move il mondo” avrà luogo Sabato 20 aprile 2024 alle ore 17.00 presso la Società delle Belle Arti- Circolo degli Artisti “Casa di Dante”, in via Santa Margherita n.1/r, Firenze. La mostra sarà presentata dalla storica e critica d’arte Virginia Bazzechi Ganucci Cancellieri. Durante il periodo della mostra saranno inoltre organizzati diversi appuntamenti letterari e musicali. Tutte le informazioni riguardanti date ed orari sono segnalati nella locandina








 

lunedì 1 aprile 2024

Protomoteca di Roma: "Amo le parole. Poesie 2017-23": Premio Alberoandronico-In partenza



XVII EDIZIONE
PREMIO NAZIONALE
ALBEROANDRONICO

Roma, 21 marzo 2024

Gentile Roberto Mosi,

abbiamo il piacere di informarla che, a seguito della valutazione effettuata dalla Giuria del Premio nazionale di poesia, narrativa, fotografia, cortometraggi e pittura Alberoandronico, XVII edizione, la sua Opera
 

“Amo le parole. Poesie 2017-2023"


è stata selezionata tra quelle di oltre 900 concorrenti.
Nel ringraziarla per la partecipazione, esprimiamo i nostri più vivi complimenti per il risultato raggiunto.

Con la presente, la S.V. è invitata alla Cerimonia di premiazione che avrà luogo a Roma, mercoledì 15 aprile 2024 alle ore 16.00, presso la Sala della Protomoteca in Campidoglio, Piazza del Campidoglio 1.

Nel corso dell’evento, presenti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo, tra gli Autori selezionati saranno proclamati i vincitori.




Scheda Editoriale
Roberto Mosi, “Amo le parole. Poesie 2017-2023”, Ladolfi Editore, Borgomanero (Novara) 2023. Prefazione di Carmelo Consoli. Pagg. 264, € 14

 

L’autore, Roberto Mosi, fiorentino di nascita, già dirigente per la cultura alla Regione Toscana, poeta, fotografo, scrittore, vive un momento importante del suo impegno. Ha pubblicato il romanzo storico “Barbari. Dalle Steppe a Florentia alla porta contra Aquilonem”, Masso delle Fate, 2022, e prosegue la sua partecipazione alle attività del Circolo degli Artisti “Casa di Dante”: nel trascorso mese di febbraio ha preso parte con le sue fotografie, alla mostra collettiva dell’Officina del Mito: “I mille volti di Antigone”.

Per la poesia di rilievo la pubblicazione del libro: “Amo le parole. Poesie 2017-2023”, Ladolfi Editore, la seconda antologia dell’autore che presenta in quarta di copertina la lirica Amo le parole.  “In questa spettacolare carrellata filmica – dalla prefazione di Carmelo Consoli - seguiremo le vicende di una Firenze trasmutata dalla fantasia di un poeta innamorato, ci inoltreremo per piazze, strade, colline (Il profumo dell’iris), nelle terre delle sacre fonti e delle contese partigiane (Navicello Etrusco), (Orfeo in Fonte Santa), (Eratoterapia), nei territori delle follie manicomiali di un presidio psichiatrico come San Salvi (Sinfonia per San Salvi), nelle vivificanti viscere di un mitico Prometeo (Prometeo); ed infine giungiamo alle lacerazioni del mondo contemporaneo, il ritorno della guerra in Europa, la pandemia, la crisi climatica (Il nostro giardino globale), (I nostri giorni)” .

La raccolta Promethéus. Il dono del fuoco, compresa in questa antologia, è fra le opere segnalate al Premio Città di Como 2023.

La prima antologia di Roberto Mosi, “Poesie 2009-2016”, Ladolfi Editore, è del 2016 e comprende le raccolte Nonluoghi, Luoghi del mito, Florentia, L’invasione degli storni, Concerto per Flora, Sinfonia per Populonia, Dialoghi con Marcel Proust; è stata premiata al concorso “Alda Merini” (2016) e al Premio Casentino (2017).





 

giovedì 28 marzo 2024

Merc. 10 aprile libro: "Amo le parole", sede "Testimonianze" - Antologia "Poesie 2017-23", R. Mosi, interventi Saccardi, Salsi, Guerrini


 



L’utopia di restare umani

Hannah-Arendt

Hannah Arendt

L'utopia di restare umani 

Dico subito, per favorire la chiarezza, che la mia tesi consisterà nel sostenere che il luogo di realizzazione dell’utopia non deve essere ricercato più fuori di noi, come avveniva con le vecchie utopie, bensì dentro di noi, nella nostra interiorità, l’unico luogo dove talora si può intravedere l’isola che non c’è e che nell’immenso mare dell’essere non ci sarà mai. Voi direte: vedere qualcosa che non c’è? Non è follia? Forse, ma di quella follia di cui Erasmo da Rotterdam fece l’elogio e che costituisce precisamente la disposizione della mente chiamata utopia.   
Utopia letteralmente significa “non luogo”. Per capirne il concetto occorre distinguere idea da ideale, differenza che consiste nel fatto che l’ideale è un’idea + energia, e quindi motiva l’azione. Voi potete incontrare chi ha molte idee e nessun ideale: l’ascoltate, l’ammirate, ma rimanete freddi. Viceversa potete incontrare chi ha idee con valenza ideale e quando l’ascoltate sentite affluire calore vitale e dentro qualcosa si muove. Ebbene, l’utopia è un ideale, un’idea dotata di energia. Io la definisco “idea emotiva”, nel senso letterale del termine emozione, dal latino emoveo, “mettere in moto”. Più precisamente, l’utopia è l’ideale coltivato da chi non si fa bloccare dallo status quo. È chiaro: bisogna guardare in faccia la realtà, tuttavia chi coltiva l’utopia non si rassegna a spegnere la sua luce interiore scambiando per illusione la tensione verso il bene e la giustizia. Anzi, a partire da alcuni giusti in cui ha visto realizzarsi questa tensione, l’utopista sente che la vita vera è quella rispecchiata da queste poche persone luminose, e non quella dell’esistenza grigia dei più. Come dichiarò un giorno Eraclito: “Uno solo vale per me diecimila, se è il migliore” (DK 22 B 49) …L’utopista sa altrettanto bene però che il trasferimento di quella luce sulla totalità del reale non è possibile e che quindi il suo ideale non giungerà mai a risplendere completamente in un luogo concreto ma rimarrà sempre “senza luogo”, ou topos, utopico; sempre necessariamente “aldilà dell’essere”, come indicò Platone, tra i primi e più grandi utopisti. L’essere non sarà mai la piena realizzazione del bene. E se anche un giorno potesse pervenirvi, il prezzo pagato sarebbe comunque troppo alto, perché nessuna realizzazione storica giustifica il mare di sangue versato dalla natura e dalla storia.Tuttavia l’utopista sente che il fatto che l’ideale non possa avere piena realizzazione non lo rende un’illusione. Sente che la realtà più vera è data da ciò che non si vede e non si potrà mai vedere, ma di cui egli non può fare a meno. Come scriveva Oscar Wilde: “Una carta geografica che non comprenda l’isola di Utopia non merita nemmeno uno sguardo, perché escluderebbe l’unico paese al quale l’Umanità approda in continuazione” (L’anima dell’uomo sotto il socialismo, in Opere, p. 1177).C’è qui una perfetta dialettica: l’utopia in quanto non-luogo non sarà mai sulla carta geografica del mondo; e tuttavia, se la carta in qualche modo non la comprendesse sarebbe un fallimento, perché tutti gli esseri umani degni di questo nome ricercano quest’isola e quando danno il meglio di sé vi approdano. Il che significa che l’essere umano può essere diverso dal mondo. Il che significa che noi, se coltiviamo l’ideale del bene e della giustizia, siamo più grandi del mondo. Il che significa che la meta di ognuno di noi è oltre il mondo. Esattamente come scrisse Wittgenstein: “La soluzione dell’enigma della vita nello spazio e nel tempo è aldilà dello spazio del tempo” (Tractatus logico-philosophicus 6.4312). Ritenere che la nostra vita sia un enigma, che possa avere una soluzione, e che questa però sia solo aldilà dello spazio e del tempo: questa è, genuinamente intesa, l’utopia.Ma qual è la “nuova” utopia per l’Occidente? Temo che stiamo vivendo giorni dei quali in futuro si parlerà riprendendo un celebre titolo di Hannah Arendt, Le origini del totalitarismo. Si legge in quest’opera: “Il suddito ideale del regime totalitario non è il nazista convinto o il comunista convinto, ma l’individuo per il quale la distinzione tra realtà e finzione, tra vero e falso, non esiste più” (Le origini del totalitarismo, p. 649). Non riconoscere più la distinzione basilare tra realtà e finzione; scambiare la realtà per fiction e la fiction per la più vera realtà; essere del tutto sconnessi con il reale e del tutto immersi nel virtuale: ecco le condizioni ottimali per il totalitarismo.Hannah Arendt scrisse anche queste altre parole, oggi di un’attualità sconcertante: “Noi che abbiamo fatto esperienza delle organizzazioni totalitarie di massa possiamo affermare che il loro primo interesse è eliminare qualunque possibilità di solitudine… Non solo le forme secolari di coscienza, ma anche quelle religiose vengono eliminate quando non è più garantito lo stare un po’ soli con se stessi… Un essere umano non può mantenere intatta la propria coscienza se non può mettere in atto il dialogo con se stesso, cioè se perde la possibilità della solitudine, necessaria per ogni forma di pensiero” (Socrate, pp. 46-47).  Oggi in Occidente, anche se non ci sono più organizzazioni totalitarie di massa, la coscienza corre un grande pericolo perché è minacciata nella condizione necessaria del suo esercizio, cioè la solitudine in quanto raccoglimento e silenzio interiore. Senza silenzio interiore, nessun ascolto reale; senza ascolto, nessun pensiero creativo; senza pensiero creativo, nessuna coscienza; e senza coscienza è la fine dell’umanità. È solo grazie al silenzio interiore che la mente genera coscienza e umanità, ma oggi è proprio il silenzio interiore a essere in pericolo. In queste condizioni qual è la nuova utopia per l’Occidente?La nuova utopia è minimale, il suo nome è antico, si chiama umanità. Umanità ha due significati assai diversi tra loro: l’insieme degli esseri umani, la loro natura più autentica. Io l’assumo nel secondo significato sostenendo che la nostra vera natura si compie come libera intelligenza che sceglie il bene agendo così in modo, appunto, umano. La nuova utopia consiste nel ritenere che, di fronte all’immenso potere della tecnologia e alla possibilità che essa modifichi il nostro corpo e la nostra mente per una metamorfosi dell’umanità nella direzione di una sconosciuta postumanità, l’umanità, in quanto intelligenza libera e buona, sarà conservata. Le vecchie utopie miravano a cambiare il mondo, la nuova utopia mira molto più modestamente a non farsi cambiare dal mondo e a custodire l’umanità. Ricordo le celebri parole di Dante: “Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Né bruti né macchine: la nuova minimale utopia crede che rimarremo umani, desiderosi di coltivare la nostra essenza nell’esercizio della conoscenza e della virtù. È un pensiero realistico? A giudicare da molti segnali no, e infatti è un’utopia, una terra che sulla carta geografica del mondo non c’è. Ma “una carta geografica che non comprenda l’isola di Utopia non merita nemmeno uno sguardo”, ed è per questo che invito tutti noi a ragionare con il cuore coltivando l’idea emotiva di questa nuova, in realtà antichissima, utopia.

Vito Mancuso, La Stampa 30 giugno 2022

Roberto Mosi, “Amo le parole. Poesie 2017-2023”, Ladolfi Editore, Borgomanero. Prefazione Carmelo Consoli. Postfazione Giuliano Ladolfi

 

Commento di Giuliano Ladolfi dalla Posfazione al libro

«La poesia prende il posto / dei sogni»

 

Penso che la concezione poetica di Roberto Mosi sia chiarita dal seguente passo compreso in questa antologia: «Credo che sia possibile curarsi con la

poesia, per vincere le paure, stati di sofferenza, per stringere sogni che passano in volo, per divertirsi. La voce della poesia arriva dal dentro, potente nelle ore della notte, debole e distratta il giorno. Porta sollievo,

se non guarigione, dolcezza di ricordi, sapori tenui di malinconia»... eratoterapia, senza dubbio. Bastano queste righe per depositare nel bidone dei rifiuti tutte le concezioni avanguardistiche e neoavanguardistiche.

Il poeta, infatti, assegna la scrittura in versi alla dimensione umana e non a quella puramente intellettuale o linguistica.

Il titolo di questa pubblicazione, che raccoglie testi editi da 2017 al 2023, costituisce un’ulteriore conferma: Amo le parole. E non si può amare senza collocare questo sentimento nell’intimità dell’essere umano. Si ama quando tra l’individuo e l’altro-da sé scocca una scintilla destinata a incendiare il

mondo. E ciò può avvenire con ogni tipo di realtà, che in questo caso si identifica con l’esistente, l’esistente che entra in empatia con il poeta.

Le parole poetiche per lui non sono flatus vocis, ma dichiarazioni d’amore che trasformano chi le pronuncia e chi le legge. Non si gioca sui significati

quando il sentimento ha il sopravvento. E questo sentimento è contagioso perché non permette al lettore di essere indifferente di fronte alla bellezza di Firenze, alla sua storia, alla sua arte, ai suoi colori, alle sue vie, ai suoi palazzi. Anche chi la conosce trova in questi versi nuovi occhi per contemplarla non con lo sguardo dello studioso o del turista, ma con l’entusiasmo di chi la ama come si ama una madre amorevole e affettuosa.

E poi il sentimento si espande al mondo intero, anche a situazioni dolorose, come la guerra o come la devastazione climatica. Se «la poesia prende il posto / dei sogni», è fondamentale che a tutti sia concesso di sognare tramite

quest’arte, a tutti sia concesso di ritrovare in essa l’impulso ad approfondire quel senso dell’esistere che Roberto Mosi propone come un’avventura meravigliosa e inesauribile.



Il traghetto per Lampedusa*

.

Parte a mezzanotte il traghetto

da Trapani per Lampedusa

il mare dei 305 figli annegati

.

Stabat Mater dolorósa

iuxta crucem lacrimósa,

dum pendébat Fílius.

.

Cerco dalla nave 305 stelle

sul cielo dell’Africa,

le parole della preghiera

.

Vidit suum dulcem natum

moriéntem desolátum,

dum emísit spíritum.

.

Sono sul camion, quindici giorni

da Tamara a Misurata

tempesta di sabbia, violenze

.

Eia, mater, fons amóris,

me sentíre vim dolóris

fac, ut tecum lúgeam.

.

Sono nascosto fra le dune

in attesa del barcone

bagliori lancinanti di speranza

.

Sancta Mater, istud agas,

crucifíxi fige plagas

cordi meo válide.

.

Sono sul barcone carico di esistenze

da Misurata a Lampedusa

odore di nafta, paura, fame

.

Fac me vere tecum pie flere,

Crucifíxo condolére

donec ego víxero.

.

Sono nell’urlo dei disperati

le onde mi sbattono contro il relitto

sprofondo, conquisto la pace.

-

Sul silenzio del mare

il bisbiglio di mille preghiere

l’urlo assordante dei tamburi.

.

* Stabat mater: preghiera del XIII secolo attribuita a Jacopone da

Todi. – “Navicello Etrusco”, Gazebo, Roberto Mosi

 



 


martedì 26 marzo 2024

Il murale di Enrico Guerrini al Parco Fluviale Fabrizio De Andrè, Pontassieve -La poesia per il naufragio a Lampedusa, 2013


Cerimonia per la Giornata dell'Accoglienza - Pontassieve


35.5 Latitudine Nord, 12.6 Longitudine Est

Il traghetto per Lampedusa

Poesia di Roberto Mosi

       


Parte a mezzanotte il traghetto

da Trapani a Lampedusa


il mare dei 305 figli annegati

 

Stabat Mater dolorósa

iuxta crucem lacrimósa,

dum pendébat Fílius.

 

Cerco dalla nave 305 stelle

sul cielo dell’Africa Eritrea

 Etiopia Ghana

le parole della preghiera

 

Vidit suum dulcem natum

moriéntem desolátum,

dum emísit spíritum.

 

Sono sul camion, quindici giorni

da Tamara a Misurata

deserto, tempesta di sabbia, violenze

 

Eia, mater, fons amóris,

me sentíre vim dolóris

fac, ut tecum lúgeam.

 

Sono nascosto fra le dune del mare

in attesa del barcone

bagliori lancinanti di speranza

 

Sancta Mater, istud agas,

crucifíxi fige plagas

cordi meo válide.

 

Sono sul barcone carico di esistenze

da Misurata a  Lampedusa

odore di nafta, di paura, di fame

 

Fac me vere tecum flere,

Crucifíxo condolére

donec ego víxero.

 

Sono nell’urlo dei disperati

le onde mi sbattono contro il relitto

sprofondo nell’acqua, conquisto la pace

 

Iuxta crucem tecum stare,

te libenter sociáre

in planctu desídero

 

Sul silenzio del mare

il bisbiglio di mille preghiere

l’urlo assordante dei tamburi




35.5 Latitudine Nord, 12.6 Longitudine Est

Il traghetto per Lampedusa

Poesia di Roberto Mosi

       


Parte a mezzanotte il traghetto

da Trapani a Lampedusa

il mare dei 305 figli annegati

 

Stabat Mater dolorósa

iuxta crucem lacrimósa,

dum pendébat Fílius.

 

Cerco dalla nave 305 stelle

sul cielo dell’Africa Eritrea

 Etiopia Ghana

le parole della preghiera

 

Vidit suum dulcem natum

moriéntem desolátum,

dum emísit spíritum.

 

Sono sul camion, quindici giorni

da Tamara a Misurata

deserto, tempesta di sabbia, violenze

 

Eia, mater, fons amóris,

me sentíre vim dolóris

fac, ut tecum lúgeam.

 

Sono nascosto fra le dune del mare

in attesa del barcone

bagliori lancinanti di speranza

 

Sancta Mater, istud agas,

crucifíxi fige plagas

cordi meo válide.

 

Sono sul barcone carico di esistenze

da Misurata a  Lampedusa

odore di nafta, di paura, di fame

 

Fac me vere tecum flere,

Crucifíxo condolére

donec ego víxero.

 

Sono nell’urlo dei disperati

le onde mi sbattono contro il relitto

sprofondo nell’acqua, conquisto la pace

 

Iuxta crucem tecum stare,

te libenter sociáre

in planctu desídero

 

Sul silenzio del mare

il bisbiglio di mille preghiere

l’urlo assordante dei tamburi