Postfazione – Roberto Mosi
Il
Navicello
Il Navicello Etrusco è il simbolo della raccolta, composta da due
parti, la prima “Lo specchio di Turan”
in onore della dea etrusca dell’amore, della rinascita, raffigurata spesso
nell’atto di ammirarsi allo specchio. La seconda, “L’Ombra della sera”,
richiama la statuetta votiva, conservata nel museo di Volterra. Fu proprio
Gabriele D’Annunzio a darle questo nome perché nel guardarla, con la sua forma
allungata, venivano in mente al poeta le lunghe ombre del tramonto. Le due
parti della Raccolta riguardano momenti diversi, la prima legata al motivo
della luce del giorno in sintonia con lo specchio di Turan; la seconda
all’oscurità della sera, della notte.
Il
Navicello Etrusco naviga per il
mare di Populonia che fu un antico insediamento etrusco, di
nome Fufluna (da Fufluns, dio
etrusco del vino e dell'ebbrezza) o Pupluna, l'unica città etrusca sorta lungo la costa. Era una
delle dodici città della Dodecapoli etrusca, le città-stato che
facevano parte dell'Etruria, governate da un lucumone.
Il disegno stilizzato di una
nave mercantile etrusca, riportato nella copertina della raccolta, rielaborato
sulla base di elementi iconografici originali del VII secolo a.C., costituisce
il simbolo che, oggi, segnala i luoghi del commercio, richiama le radici culturali
della Toscana ed è promosso dalla Regione in collaborazione con i Comuni.
Il Navicello
percorre, sospinto dai venti della costa,
il tratto di mare dal golfo di Baratti al promontorio dell’attuale città
di Piombino, alle spiagge del golfo di Follonica, sempre al cospetto dell’isola
d’Elba. Attraversa, poi, sotto il nostro sguardo curioso, le acque, per lo più
tempestose, della storia che separano il mondo degli etruschi dai nostri
giorni, giorni pieni di ansie e di sconfitte, dall’alto dei quali ci rivolgiamo
sovente all’indietro per porre domande al mondo delle nostre origini.
Nella nostra costante ricerca,
troviamo di continuo tracce, materiali e immateriali.
Populonia deve il suo
splendore, oltre che allo sfruttamento delle risorse minerarie della vicina
isola d'Elba, che la resero uno dei centri più fiorenti della metallurgia
antica del bronzo e del ferro, anche alla sua felice posizione geografica. Fin
dall'Età del Bronzo Populonia diventa un importante crocevia dei traffici medio
tirrenici, vero porto di mare e luogo d'incontro privilegiato di influssi
provenienti dal resto del Mediterraneo. La vicinanza con l'Arcipelago toscano,
che si connota presto come un vero ponte di isole e sul quale la città inizia
presto a esercitare una forma di controllo, la rende un interlocutore di rilievo nei rapporti con la vicina Corsica e
la Sardegna.
Nel VI secolo a.C. visse
il suo periodo di massimo splendore, arrivando ad ospitare molte migliaia di
abitanti, con un'acropoli, una necropoli, diversi quartieri portuali ed
industriali (presso la marina, sul golfo di Baratti), munita di un'imponente
cinta muraria. L'acropoli e l'abitato erano difesi da una prima cinta, mentre
una seconda cinta era a protezione dei quartieri industriali situati presso il
porto; questi si erano estesi al di sopra delle necropoli più antiche, lasciando
una notevole quantità di scorie di ferro residuate dall'attività
metallurgica.
Sono appunto queste ultime
tracce materiali che noi oggi rinveniamo di continuo sulle in-cantevoli spiagge
dei nostri soggiorni al mare, residui impalpabili che luccicano come lamine
d’oro, come brillanti al sole e appaiono fra i componimenti poetici della
presente raccolta ( Il vulcano, Fonte di
San Cerbone). Presenze costanti sono,
poi, i ritrovamenti archeologici e il fascino dei luoghi in cui sono avvenuti,
che in-cantano come la voce delle sirene (L’anfora
di Antiochia, La fonte del Pozzino, Lo schiavo, L’archeologo).
Al centro della scoperta del
mondo etrusco, vi è naturalmente l’olimpo delle sue divinità e dei miti (Tagete, Turan dea dell’amore, Tular
Dardanium, Il navicello), l’arte e la sapienza dei sacerdoti (I fulmini degli dei, L’aruspice). In questo paesaggio storico e mitico,
risalta la figura della donna etrusca (Velia), presente nella vita pubblica e
privata, al pari dell’uomo, disprezzata, come è noto, da autori greci e latini,
per i quali era inconcepibile la sua libertà, fuori luogo il suo comportamento
Il
navicello fa vela, a ritroso, come
si è detto, verso i tempi della contemporaneità. Un passaggio importante è
rappresentato dalle invasioni barbariche e dal passare del tempo (Barbari), dal rovinare
dell’imponente città etrusca – e poi
romana - di Populonia . Rutilio Namaziano, nel viaggio per mare che lo
porterà da Roma a Narbona, dalla nave ancorata nel golfo di Baratti (anno 415)
scorge le rovine della città, ne rimane colpito e ne dà conto nel poema De reditu (vv. 413-414):
Non indignamoci che i corpi mortali si
disgreghino:
ecco
che possono anche le città morire.
Seguiranno i tempi delle
invasioni dei Goti e dei Longobardi e l’emergere della figura di San Cerbone,
vescovo di questa terra (La fonte di San
Cerbone)
Recenti ricerche archeologiche
per individuare i resti della tomba del santo e della cattedrale sulle rive del
golfo di Baratti, hanno fatto emergere, presso l’attuale chiesetta di San Cerbone, un
cimitero medievale con oltre trecento sepolcri: fra questi, due con i resti di
due donne: l’una “segnata” da un sacchetto di diciassette dadi, gioco del
diavolo, da osteria, infamante per una donna, forse messo nella tomba per
indicare il mestiere di meretrice; l’altra, forse una strega, segnata da una
serie di chiodi ricurvi nella bocca e da altri chiodi che la trafiggevano, per
fissare corpo e spirito al terreno (La
strega, Diciassette dadi). Una scoperta dunque che ci riporta a un’epoca
denotata da riti magici e da una marginalizzazione della donna.
Il Navicello
continua a navigare verso la contemporaneità ed è
significativo l’incontro con la figura di Napoleone, relegato dalle maggiori
potenze europee, dopo la sua avventura da imperatore, all’isola d’Elba, come re
di un minuscolo regno. Una composizione poetica della Raccolta (Elba) evoca questa epoca e, in
particolare, l’incontro con Maria Walewska nella “reggia sotto le stelle”, nell’accampamento
alzato presso la Madonna del Monte, sopra il paese di Marciana.
In questo percorso s’insinuano
ricordi più recenti legati all’ultima guerra, al promontorio di Punta di
Falcone, dove era piazzata una batteria navale a guardia del Canale di Piombino
(Punta Falcone), e al Castello di
Populonia, sopra il quale passava la rotta aerea per bombardare l’Italia
Centrale – e Firenze, in particolare. I bombardieri alleati, provenienti dagli
aeroporti della Tunisia e della Corsica, sfioravano la torre del Castello,
prendevano quota e si gettavano con il loro carico di bombe, sulle città (Aerei su Populonia).
Il porto di arrivo del viaggio
poetico per il mare di Populonia e di Piombino, è rappresentato dal “luogo del
nonlavoro”, la grande acciaieria con i forni spenti, un ammasso inutile di
ferraglia sul quale non svettano più le fiamme dell’altoforno. I personaggi
della poesia (La Sterpaia, Cigli erbosi), lavoratori disoccupati,
animano il nuovo paesaggio industriale, visto dalla lunga striscia di spiaggia
che si distende all’inizio del golfo di Follonica. Un breve componimento (Temporale) rappresenta la figura del
diavolo che scappa sotto il temporale, con una mantella rossa: forse, per
metafora, la figura di un operaio che fugge dall’inferno dell’altoforno.
Al porto d’arrivo del Navicello possono essere ritrovate anche
ragioni di speranza, uno stare bene, in definitiva, un essere felici, in un
luogo in-cantevole, ricco di storia, di bellezze naturali e artistiche, qualità
che possono marcare il futuro cammino culturale e economico di questa terra ( Turan dea dell’amore, Città nave, Città
libro, Città lanterna, Solstizio d’estate, Buca delle Fate, Parole, Dalla
loggia).
Il Navicello, infine, è pronto a salpare di nuovo per tornare ai tempi
delle origini, per le vie del mito. Nello scritto poetico Tular Dardaniu – Migrare, si
riprende la figura mitica di Dardano che partì dall’Etruria per andare a
fondare la città di Troia, attraversando il Mediterraneo. Questo mare vede i migranti
del nostro tempo che, al pari degli Etruschi di una volta, superano, al prezzo
di infiniti sacrifici e tragedie, i confini, alla ricerca di una nuova terra
che li possa accogliere. La
Raccolta si chiude con il pensiero rivolto ai sacrifici dei migranti (Mani, Uccelli migratori, La stella cometa,
35.5 Latitudine Nord – 12,6 Longitudine Est) nell’auspicio che si aprano
nuove rotte sulla via della solidarietà e della pace, che popoli diversi
s’incontrino per far germogliare nuove vitalità culturali.